DIRITTO SOCIETARIO: LA RIDUZIONE NOMINALE DEL CAPITALE SOCIALE NELLE S.R.L.

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La riduzione nominale del capitale sociale nelle S.r.l.: disciplina, obblighi e strategie operative

Introduzione

Il capitale sociale rappresenta uno degli elementi strutturali fondamentali delle società di capitali, svolgendo la duplice funzione di parametro per la misura della partecipazione dei soci e di garanzia per i creditori sociali.
Nel contesto normativo delineato dal Codice Civile, la disciplina della riduzione del capitale sociale riveste un ruolo centrale, in quanto garantisce che il capitale nominale rifletta la reale consistenza patrimoniale della società, tutelando al contempo soci, creditori e terzi.

In questo articolo analizziamo la riduzione nominale del capitale nelle S.r.l., distinguendo tra le ipotesi facoltative e obbligatorie, con un confronto sistematico rispetto alle S.p.A. e cenni alle peculiarità delle S.r.l. PMI e delle S.r.l. semplificate.
Lo Studio Legale Bonanni Saraceno, forte di una consolidata esperienza nel diritto societario, è in grado di assistere imprese e soci nelle delicate operazioni di riequilibrio patrimoniale, predisponendo soluzioni giuridicamente solide e strategicamente funzionali.


La perdita di capitale: nozione economica e giuridica

Per comprendere la ratio della disciplina occorre distinguere tra:

  • perdita economica: la differenza negativa tra costi e ricavi che emerge dal conto economico;
  • perdita giuridica: la perdita che, dopo aver eroso le riserve patrimoniali accantonate, incide direttamente sul capitale sociale, rendendo applicabili gli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c.

Solo la perdita giuridica, cioè quella idonea a ridurre il capitale sociale, rileva ai fini della riduzione nominale.


La riduzione facoltativa del capitale sociale nelle S.r.l.

La riduzione facoltativa si configura quando i soci deliberano una diminuzione del capitale pur in assenza di obblighi derivanti da perdite rilevanti.
Si tratta di un’operazione discrezionale, volta ad adeguare il capitale alla reale consistenza patrimoniale o a perseguire esigenze finanziarie specifiche.

  • Procedura: l’assemblea dei soci può deliberare la riduzione con le maggioranze previste dallo statuto;
  • Effetti: la società continua ad operare regolarmente, senza che vi siano obblighi stringenti di intervento immediato.

La riduzione obbligatoria del capitale sociale nelle S.r.l.

La riduzione diventa obbligatoria nei seguenti casi:

  1. Perdite superiori ad un terzo del capitale sociale (art. 2482-bis c.c.);
  2. Capitale ridotto al di sotto del minimo legale (art. 2482-ter c.c.).

Gli amministratori hanno l’obbligo di convocare senza indugio l’assemblea, presentando una relazione sulla situazione patrimoniale, eventualmente accompagnata dalle osservazioni dell’organo di controllo (se presente ex art. 2477 c.c.).

Se le perdite non vengono riassorbite entro l’esercizio successivo, l’assemblea deve procedere alla riduzione proporzionale del capitale o deliberare l’aumento per riportarlo almeno al minimo legale, pena lo scioglimento della società.


Confronto tra S.r.l. e S.p.A.

La disciplina delle riduzioni di capitale nelle S.r.l. ricalca quella prevista per le S.p.A. (artt. 2446 e 2447 c.c.), ma presenta alcune differenze sostanziali:

AspettoS.r.l.S.p.A.
Organi coinvoltiAmministratori (senza obbligo di collegio sindacale salvo art. 2477 c.c.)Obbligo di collegio sindacale e revisore
Flessibilità statutariaElevata, con possibilità di soluzioni personalizzateMinore, disciplina più formalizzata
ProceduraPiù snella e adattabile alle esigenze della PMIPiù rigida, con obblighi informativi più stringenti

Questa differenza riflette la maggiore adattabilità della S.r.l. al tessuto imprenditoriale delle piccole e medie imprese italiane.


Le peculiarità delle S.r.l. PMI e delle S.r.l. semplificate

  • S.r.l. PMI: la flessibilità statutaria consente di adottare strumenti innovativi, come quote con diritti particolari e strumenti finanziari partecipativi (D.L. 179/2012). La disciplina delle riduzioni di capitale deve essere coordinata con tali strumenti, favorendo trasparenza e riequilibrio patrimoniale anche in ottica di passaggi generazionali.
  • S.r.l. semplificate: caratterizzate dal capitale minimo di un euro (art. 2463-bis c.c.), pongono maggiori rischi per i soci, che devono prestare particolare attenzione agli obblighi informativi e alle riduzioni di capitale, data la ridotta soglia patrimoniale.

Conclusioni

La riduzione del capitale sociale nelle S.r.l. rappresenta un passaggio delicato nella vita societaria, che richiede una gestione attenta sia sotto il profilo giuridico che strategico.
La distinzione tra riduzione facoltativa e obbligatoria, così come le conseguenze derivanti da perdite che riducono il capitale sotto il minimo legale, riflettono il bilanciamento tra autonomia privata e tutela dei creditori.

Lo Studio Legale Bonanni Saraceno mette a disposizione la propria esperienza in materia di diritto societario, assistendo imprenditori, amministratori e soci:

  • nell’analisi delle perdite e nella valutazione delle soluzioni più opportune;
  • nella redazione e approvazione delle delibere assembleari;
  • nella gestione delle operazioni straordinarie di riduzione e ricapitalizzazione;
  • nella consulenza strategica per PMI e startup innovative.

Affrontare correttamente la riduzione del capitale non è un mero adempimento contabile, ma una scelta che incide profondamente sulla continuità aziendale e sulla fiducia dei creditori. Per questo, il supporto di professionisti specializzati è fondamentale per tutelare gli interessi della società e dei soci.


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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
Piazza Giuseppe Mazzini, 27 – 00195 – Roma

Tel+39 0673000227

Cell. +39 3469637341

@: avv.bonanni.saraceno@gmail.com

@: info@versoilfuturo.org

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CORTE COSTITUZIONALE: RECENTE PRONUNCIA SULLA SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE PER GLI ENTI PRIVI DI PERSONALITÀ GIURIDICA

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Il Palazzo della Consulta, detto anche la Consulta, è un edificio romano in piazza del Quirinale, 41, in cui dal 1955 ha sede la Corte costituzionale della Repubblica Italiana

La Corte costituzionale e la responsabilità degli amministratori nelle associazioni non riconosciute: effettività della tutela e sospensione della prescrizione

Introduzione

La recente pronuncia della Corte costituzionale ha riaperto il dibattito sulla tutela giuridica degli enti sprovvisti di personalità giuridica, affrontando il tema della responsabilità degli amministratori e della sospensione della prescrizione.
Si tratta di una decisione di grande rilievo, poiché segna un’evoluzione rispetto alle precedenti sentenze del 1998 e del 2015, fondando l’illegittimità costituzionale non soltanto sulla violazione dell’art. 3 Cost. (irragionevole disparità di trattamento), ma anche sull’art. 24 Cost., che tutela il diritto di difesa in senso effettivo.

Lo Studio Legale Bonanni Saraceno, da sempre attento alle più recenti evoluzioni della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, offre una competenza specifica nell’analisi delle azioni di responsabilità contro amministratori e nella gestione dei rapporti tra enti privi di personalità giuridica e tutela effettiva degli associati.

La ratio decidendi: effettività della tutela

La Consulta ha sottolineato come il diritto di difesa degli associati non sia pienamente garantito dall’obbligo annuale di convocazione dell’assemblea ex art. 20, comma 1, c.c. né dal rendiconto ex art. 1713 c.c., che si realizza soltanto alla cessazione dell’incarico dell’amministratore.
Tre i punti fondamentali:

  1. Mancanza di controllo effettivo: l’assemblea annuale non consente agli associati una reale cognizione sull’operato degli amministratori.
  2. Rendiconto solo a fine mandato: gli associati possono conoscere le modalità di gestione solo alla cessazione della carica.
  3. Condizionamenti interni: durante il mandato, il peso degli amministratori in carica può ostacolare l’impulso a promuovere l’azione di responsabilità.

Ne consegue che, per garantire una tutela effettiva dell’ente, la sospensione della prescrizione è necessaria anche per le associazioni non riconosciute, al pari di quelle dotate di personalità giuridica.

Un diritto vivente in evoluzione

La Corte costituzionale richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui il riconoscimento della personalità giuridica non segna più una linea di demarcazione assoluta nella dimensione della soggettività giuridica.
Tuttavia, la norma oggetto di censura non può applicarsi in via analogica, essendo eccezionale rispetto al principio generale secondo cui i diritti soggettivi si prescrivono per inerzia del titolare.

L’apertura della Consulta, pur significativa, lascia spazio a nuovi interrogativi: la questione potrà ripresentarsi in relazione a società semplici, comitati, condomini, cioè ad altri enti privi di personalità giuridica ma dotati di organi amministrativi.

Profili critici e prospettive

L’analisi giuridica di questa decisione consente di evidenziare due direttrici di riflessione:

  • il bilanciamento tra certezza del diritto e effettività della tutela, con la sospensione della prescrizione quale strumento straordinario ma necessario;
  • l’estensione dei principi costituzionali anche agli enti non riconosciuti, in linea con una concezione moderna della soggettività giuridica.

La competenza dello Studio Legale Bonanni Saraceno

La complessità di questa materia richiede un approccio integrato, che tenga insieme diritto civile, diritto costituzionale e diritto societario.
Lo Studio Legale Bonanni Saraceno offre assistenza qualificata in:

  • azioni di responsabilità contro amministratori di associazioni e altri enti;
  • gestione dei rapporti associativi in caso di conflitti interni o di mala gestio;
  • difesa dei diritti degli associati, anche in sede costituzionale e di legittimità;
  • consulenza preventiva per la redazione di statuti associativi che rafforzino i controlli interni e l’effettività della tutela.

La capacità dello Studio di coniugare analisi giuridico-scientifica e pratica forense garantisce un supporto mirato sia per enti associativi che per singoli associati, ponendosi come interlocutore autorevole nel campo della responsabilità degli amministratori e della tutela effettiva dei diritti associativi.

Conclusioni

La decisione della Corte costituzionale non rappresenta un punto di arrivo, ma un passaggio decisivo nel percorso di riconoscimento dell’effettività del diritto di difesa in relazione agli enti non riconosciuti.


Lo Studio Legale Bonanni Saraceno, forte della sua esperienza e di un approccio scientifico e multidisciplinare, si colloca tra i pochi studi in grado di affrontare con competenza e visione comparata le questioni di responsabilità degli amministratori, sospensione della prescrizione e tutela costituzionale dei diritti associativi.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
Piazza Giuseppe Mazzini, 27 – 00195 – Roma

Tel+39 0673000227

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DIRITTO DEL LAVORO (NUOVE FRONTIERE): NEURODIRITTI PER LA TUTELA DEI LAVORATORI DAL LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO A CAUSA DELLE NEUROTECNOLOGIE

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BCI (Brain – Computer Interfaces)

Il rischio di licenziamento illegittimo nell’era delle neurotecnologie: tra tutela dei diritti e nuove frontiere del diritto del lavoro

Introduzione

L’evoluzione delle neurotecnologie e l’applicazione di sistemi BCI (Brain – Computer Interfaces) nei luoghi di lavoro solleva interrogativi giuridici di enorme rilievo. La possibilità per i datori di lavoro di raccogliere ed elaborare dati neurali dei dipendenti, seppure con finalità dichiarate di sicurezza o produttività, apre scenari inediti che si intrecciano con i diritti fondamentali tutelati dalla CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) e con il diritto antidiscriminatorio.
In questo contesto, il licenziamento illegittimo rappresenta una delle conseguenze più critiche, capace di incidere direttamente sul diritto al lavoro e alla dignità personale. Lo Studio Legale Bonanni Saraceno analizza tali profili con un approccio integrato, unendo la prospettiva giuslavoristica a quella dei diritti fondamentali.


Neurotecnologie e sorveglianza occulta: il rischio di violazione della privacy

Un primo profilo da considerare è quello del monitoraggio occulto tramite BCI. Se un datore di lavoro dichiara di voler utilizzare il dispositivo per rilevare l’affaticamento, ma in realtà raccoglie dati ulteriori – come livelli di attenzione o stati emotivi – il rischio di un controllo illecito è concreto.

La giurisprudenza della Corte EDU, in particolare il caso Bărbulescu c. Romania (Ric. n. 61496/08), evidenzia come il monitoraggio del lavoratore, se non correttamente comunicato e proporzionato, possa configurare una violazione dell’art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata). In analogia, l’utilizzo di BCI senza adeguata informazione e consenso del dipendente potrebbe rendere il licenziamento basato su tali dati illegittimo, poiché fondato su prove raccolte in violazione dei diritti fondamentali.


Licenziamento e discriminazione algoritmica

Un ulteriore rischio è rappresentato dalla discriminazione indiretta derivante dall’uso di algoritmi di decodifica cerebrale. Gli studi scientifici evidenziano come tali sistemi possano produrre risultati distorti, soprattutto in relazione a categorie protette (es. etnia, genere, condizioni di salute mentale).

Si pensi al caso del cameriere escluso da una promozione perché ritenuto “più incline a perdere la calma” sulla base di dati BCI. In tali scenari, i principi dell’Equality Act 2010 (e, in Italia, quelli derivanti dal D.Lgs. 198/2006 e dal D.Lgs. 216/2003) possono costituire la base per un’azione legale per discriminazione, sebbene la prova richieda analisi tecnico-scientifiche complesse.


Lacune normative e onere di tutela

Il quadro normativo attuale appare insufficiente a prevenire gli abusi:

  • Le garanzie della CEDU operano solo ex post, ossia dopo il licenziamento.
  • Al lavoratore rimane spesso l’onere di dimettersi e ricorrere in giudizio, con costi e incertezze elevate.
  • La disciplina antidiscriminatoria offre strumenti utili, ma richiede perizie scientifiche costose per dimostrare il malfunzionamento degli algoritmi.

Il ruolo dello Studio Legale Bonanni Saraceno

Lo Studio Legale Bonanni Saraceno si distingue per la capacità di affrontare queste nuove frontiere del diritto del lavoro con un approccio multidisciplinare:

  • Tutela giudiziale del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo fondato su tecniche di monitoraggio neurale non proporzionate o non comunicate.
  • Azioni per discriminazione diretta e indiretta, anche mediante il supporto di perizie scientifiche di parte.
  • Consulenza preventiva alle imprese per adeguare le pratiche di monitoraggio ai principi della privacy, della trasparenza e della proporzionalità.

Grazie a un approccio che integra diritto del lavoro, diritto europeo dei diritti fondamentali e diritto antidiscriminatorio, lo Studio è in grado di fornire soluzioni concrete e avanzate sia a lavoratori sia a imprese, contribuendo a colmare il vuoto normativo attuale.


Conclusioni

Il licenziamento illegittimo nell’era delle neurotecnologie rappresenta una sfida centrale per il diritto del lavoro del futuro. La giurisprudenza europea e le normative antidiscriminatorie offrono un primo livello di protezione, ma non sempre adeguato a prevenire abusi e discriminazioni algoritmiche.


In tale contesto, l’assistenza legale qualificata diventa essenziale. Lo Studio Legale Bonanni Saraceno si pone come punto di riferimento per la tutela dei diritti dei lavoratori e per l’accompagnamento delle imprese verso un uso responsabile e conforme delle tecnologie emergenti.


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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

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Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
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DANNO NON PATRIMONIALE (NUOVE FRONTIERE): NEURODIRITTI E TUTELA GIURIDICA PSICHICA

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Diritto alla Privacy cognitiva


Neurodiritti e tutela giuridica della mente: dall’America Latina all’Europa

Introduzione: la nuova frontiera del diritto

L’avvento delle neurotecnologie ha spalancato scenari inediti per il diritto. Dispositivi in grado di raccogliere, interpretare e persino manipolare i segnali cerebrali pongono domande radicali su privacy, libertà cognitiva e integrità psichica. Non si tratta più soltanto di proteggere i dati biometrici o genetici, ma di salvaguardare la sfera più intima dell’essere umano: i pensieri.
In questo contesto emergono i neurodiritti, un insieme di garanzie fondamentali ancora in fase di elaborazione normativa, che potrebbero costituire una vera e propria nuova generazione di diritti umani.

L’America Latina come laboratorio giuridico

Il Cile è stato il primo Paese al mondo a introdurre i neurodiritti nella propria Costituzione (2021), stabilendo che lo sviluppo scientifico e tecnologico debba avvenire nel rispetto dell’integrità fisica e mentale dei cittadini. A rendere storica questa scelta è arrivata la prima causa al mondo per furto di dati cerebrali (2022), con la Corte Suprema cilena che ha riconosciuto la violazione del diritto alla privacy cognitiva.

A seguito di questo caso, altri Stati latinoamericani hanno avviato riforme costituzionali o progetti di legge per regolamentare:

  • la classificazione dei neurodati come categoria di dati sensibili;
  • la tutela della libertà mentale e del consenso informato;
  • i limiti all’uso delle neurotecnologie in medicina, sport e forze dell’ordine.

La diffusione internazionale dei neurodiritti

Dopo il Cile, diversi Paesi hanno seguito la strada dei diritti neurologici:

  • Messico e Brasile: progetti di legge costituzionali e sulla protezione dei neurodati;
  • Argentina e Colombia: proposte di comitati speciali e riforme processuali;
  • Costa Rica e Uruguay: prime iniziative di adeguamento normativo;
  • Stati Uniti: il Colorado e la California hanno introdotto la protezione dei neurodati nei rispettivi atti sulla privacy.

L’Unione Europea, invece, si è mossa con più cautela, limitandosi finora a regolare dispositivi neurotecnologici basati su impulsi elettrici, senza affrontare le tecniche emergenti (stimolazione del nervo vago, ultrasuoni, fotobiomodulazione).

Profili giuridici aperti

I neurodiritti sollevano interrogativi cruciali per il diritto costituzionale, penale, civile e internazionale:

  • Tutela della libertà cognitiva: può lo Stato o un’impresa limitare la sfera del pensiero?
  • Neuroprivacy: i dati cerebrali rientrano tra i dati personali sensibili? Quali standard di sicurezza devono rispettare le aziende?
  • Responsabilità civile e penale: chi risponde di un danno causato da manipolazione neurologica o da uso improprio di neurotecnologie?
  • Ammissione probatoria: le prove ottenute tramite neurotecnologie possono essere utilizzate in giudizio?

Si tratta di un diritto in divenire, che richiede un approccio comparato e multidisciplinare.

La competenza dello Studio Legale Bonanni Saraceno

Lo Studio Legale Bonanni Saraceno segue con attenzione l’evoluzione dei neurodiritti, integrando competenze di diritto costituzionale, diritto alla privacy, bioetica e responsabilità civile. L’esperienza maturata in materia di diritti fondamentali, nuove tecnologie e responsabilità da trattamento dei dati consente allo Studio di affrontare con rigore scientifico e prospettiva internazionale i casi legati alla protezione dell’integrità mentale.

In particolare, lo Studio è in grado di offrire:

  • analisi comparata delle normative internazionali e delle prime sentenze in materia di neurodiritti;
  • tutela giudiziale e stragiudiziale in casi di violazione della neuroprivacy e dei diritti cognitivi;
  • consulenza a imprese tecnologiche che sviluppano dispositivi neurotecnologici, per conformarsi agli standard etici e giuridici emergenti;
  • ricerca scientifico-giuridica per anticipare le ricadute normative delle nuove tecnologie cerebrali.

Conclusioni

Il riconoscimento dei neurodiritti rappresenta uno dei passaggi più significativi nella storia del diritto contemporaneo, perché segna l’ingresso della mente umana come bene giuridicamente tutelato. Se il Cile ha aperto la strada, la sfida è ora globale.
In questo scenario, lo Studio Legale Bonanni Saraceno si propone come interlocutore qualificato per chiunque intenda affrontare le implicazioni giuridiche, etiche e pratiche di una rivoluzione tecnologica che ha già iniziato a trasformare il diritto.

In questo scenario, lo Studio Legale Bonanni Saraceno si propone come interlocutore qualificato per chiunque intenda affrontare le implicazioni giuridiche, etiche e pratiche di una rivoluzione tecnologica che ha già iniziato a trasformare il diritto.

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DIRITTO DEL LAVORO E PRIVACY: IL GARANTE INTERVIENE A TUTELA DEI LAVORATORI SULLA CONSERVAZIONE DEI METADATI DELLE E-MAIL E SULLA CRONOLOGIA INTERNET

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GPDP

Introduzione

La gestione e la conservazione dei metadati della posta elettronica in ambito lavorativo rappresentano uno dei temi più delicati nel diritto della protezione dei dati personali. Il Garante per la protezione dei dati personali, con il recente provvedimento n. 243 del 29 aprile 2025, ha affrontato nuovamente la questione, sancendo importanti principi che intrecciano la disciplina privacy (GDPR) con quella giuslavoristica, in particolare con l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Lo Studio Legale Bonanni Saraceno, da anni specializzato in tutela della privacy, data protection e controlli in ambito lavorativo, offre assistenza a enti pubblici e imprese per l’adeguamento alle linee guida del Garante e la gestione dei rapporti sindacali e ispettivi derivanti dall’utilizzo di strumenti informatici.


Il quadro normativo: dal 2007 al documento del 2024

Il Garante si era già espresso nel 2007 con le Linee guida per posta elettronica e Internet, che fissavano le prime indicazioni su navigazione e utilizzo degli strumenti informatici in azienda.

Successivamente, con il documento di indirizzo del 6 giugno 2024 (“Programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica nel contesto lavorativo e trattamento dei metadati”), l’Autorità aveva stabilito che il termine massimo ordinario di conservazione dei metadati non dovesse superare i 21 giorni, salvo comprovate esigenze tecniche e di sicurezza.

Il provvedimento del 2025 segna però un passaggio ulteriore: per la prima volta, le indicazioni del documento di indirizzo diventano la base di un procedimento sanzionatorio.


Il caso: ente regionale e conservazione dei metadati

Dall’istruttoria del Garante sono emerse tre violazioni principali:

  1. Conservazione dei metadati della posta elettronica per 90 giorni senza accordo sindacale o autorizzazione dell’Ispettorato, sebbene successivamente l’ente vi abbia provveduto.
  2. Raccolta e conservazione sistematica della cronologia Internet dei dipendenti per un anno, con possibilità di ricostruzione delle attività individuali, anch’essa in assenza iniziale di accordo sindacale e valutazione d’impatto.
  3. Conservazione illimitata dei dati di assistenza tecnica, mantenuti dal 2016 fino alla cessazione del servizio, in contrasto con il principio di minimizzazione.

L’interpretazione del Garante: art. 4 Statuto dei Lavoratori e GDPR

Il nodo centrale riguarda l’applicazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori:

  • Comma 2: legittima trattamenti connessi a esigenze tecniche, organizzative e di sicurezza, senza necessità di accordo sindacale.
  • Comma 1: impone invece garanzie procedurali (accordo sindacale o autorizzazione dell’Ispettorato).

Il Garante ha ritenuto che la conservazione dei metadati per 90 giorni non potesse qualificarsi come trattamento strettamente necessario al funzionamento del sistema, bensì come attività rientrante nel comma 1, dunque soggetta ad accordo sindacale.

Per la cronologia Internet, la raccolta generalizzata dei log è stata qualificata come un vero e proprio controllo a distanza, soggetto anch’esso alle garanzie del comma 1.

Infine, sulla conservazione dei dati di assistenza tecnica, l’Autorità ha richiamato il principio di minimizzazione dei dati (art. 5 GDPR), affermando che le esigenze contrattuali avrebbero potuto essere soddisfatte senza mantenere dati personali identificativi.


Implicazioni pratiche per enti e imprese

Il provvedimento n. 243/2025 conferma che:

  • Il termine di 21 giorni per i metadati è lo standard di riferimento; ogni estensione richiede rigorosa prova tecnica.
  • La conservazione sistematica della cronologia Internet configura un controllo a distanza, quindi necessita di accordo sindacale o autorizzazione.
  • La data retention policy deve rispettare il principio di minimizzazione e accountability, evitando conservazioni illimitate.

Questo orientamento rafforza il legame tra disciplina privacy e normativa giuslavoristica, con impatti diretti sulle politiche HR e IT di enti e aziende.


Il ruolo dello Studio Legale Bonanni Saraceno

Lo Studio Legale Bonanni Saraceno assiste enti pubblici e imprese in materia di:

  • redazione e revisione di accordi sindacali ex art. 4 Statuto dei Lavoratori;
  • valutazioni d’impatto privacy (DPIA) su strumenti informatici aziendali;
  • policy di retention dei dati e compliance al GDPR;
  • difesa nei procedimenti sanzionatori dinanzi al Garante Privacy.

L’approccio dello Studio si fonda su un costante aggiornamento giurisprudenziale e regolamentare, per garantire soluzioni personalizzate e conformi ai più recenti orientamenti dell’Autorità.


Conclusioni

Il provvedimento del Garante del 29 aprile 2025 rappresenta un punto di svolta: per la prima volta le indicazioni orientative del 2024 vengono tradotte in una sanzione effettiva, destinata a incidere sulle pratiche organizzative di enti e imprese.

La gestione di metadati e cronologia Internet non è più soltanto un tema tecnico, ma un ambito dove si intrecciano privacy, diritto del lavoro e compliance aziendale.

Per evitare sanzioni e conflitti con i sindacati o l’Ispettorato, diventa essenziale affidarsi a professionisti specializzati come lo Studio Legale Bonanni Saraceno, che offre consulenza strategica e difesa legale nelle questioni di protezione dei dati personali in ambito lavorativo.

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STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
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DIRITTO DIGITALE EUROPEO: ENFORCEMENT DIGITALE NELL’EU TRA GDPR, DSA E AI ACT PER UNA GOVERNANCE EFFICACE

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General Data Protection Regulation (GDPR) – Digital Services Act (DSA) – Artificial Intelligence Act (AI Act)

Negli ultimi anni l’Unione Europea ha adottato un insieme di atti normativi strategici nel settore digitale, che segnano un cambio di paradigma nella regolazione delle tecnologie:

  • il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR);
  • il Digital Services Act (DSA);
  • l’Artificial Intelligence Act (AI Act).

Queste norme hanno rafforzato i diritti dei cittadini online e, al tempo stesso, ampliato i poteri delle autorità pubbliche in materia di vigilanza e controllo. Tuttavia, mentre l’attenzione politica e accademica si è concentrata prevalentemente sul contenuto delle nuove disposizioni, meno spazio è stato dedicato al tema centrale dell’enforcement, ossia alle modalità concrete con cui queste regole trovano applicazione.


Enforcement frammentato: il cuore del problema

Il sistema regolatorio europeo del digitale presenta oggi un mosaico complesso e frammentato.
Le piattaforme online si trovano a operare in un contesto in cui si intrecciano:

  • obblighi di moderazione dei contenuti (DSA);
  • regole sulla profilazione e tutela della privacy (GDPR);
  • norme sull’intelligenza artificiale (AI Act);
  • disposizioni settoriali su comunicazione audiovisiva, cybersicurezza e concorrenza.

Ne deriva che un singolo comportamento di una piattaforma può rientrare simultaneamente nell’ambito applicativo di più normative, richiamando competenze di autorità diverse.


Moltiplicazione delle autorità: tra sovrapposizione e conflitti di competenza

L’architettura europea prevede un enforcement distribuito tra:

  • la Commissione europea;
  • le autorità nazionali garanti della privacy;
  • le autorità di regolazione dei media;
  • le autorità antitrust;
  • le agenzie nazionali ed europee per la cybersicurezza.

Questa moltiplicazione istituzionale, pur teoricamente arricchente, genera rischi di disallineamento decisionale e di conflitti di competenza.

Un esempio significativo è rappresentato dal caso Meta Platforms, in cui la Corte di giustizia dell’Unione europea è intervenuta per chiarire i rapporti tra autorità antitrust e autorità per la protezione dei dati personali.


Frammentazione orizzontale e verticale

La frammentazione si sviluppa:

  • orizzontalmente, tra autorità con competenze parallele (ad es. Garante Privacy, AGCOM e Antitrust in Italia);
  • verticalmente, nei rapporti tra istituzioni europee e autorità nazionali.

Nei casi transfrontalieri, la situazione si complica ulteriormente: interpretazioni divergenti tra Stati membri aumentano l’incertezza giuridica per imprese e cittadini.


Governance digitale europea: rischi e prospettive

L’Unione Europea ha costruito una solida impalcatura normativa che mira a tutelare diritti fondamentali, concorrenza leale e valori democratici nello spazio digitale. Tuttavia, senza un rafforzamento del coordinamento tra autorità, questa architettura rischia di trasformarsi in una struttura incompiuta.

Non è tanto la semplificazione normativa a rappresentare la priorità, quanto piuttosto la definizione di meccanismi efficaci di cooperazione e coordinamento istituzionale. Solo così sarà possibile garantire certezza del diritto e coerenza applicativa, elementi imprescindibili per imprese, utenti e investitori.


L’approccio dello Studio Legale Bonanni Saraceno

Lo Studio Legale Bonanni Saraceno vanta un’esperienza consolidata nella gestione di questioni complesse che si collocano all’intersezione tra diritto europeo, diritto digitale e diritto della concorrenza.

Grazie a una solida preparazione in materia di:

  • protezione dei dati personali (GDPR);
  • responsabilità delle piattaforme digitali (DSA);
  • regolazione dell’intelligenza artificiale (AI Act);
  • profili antitrust e di cybersicurezza,

lo Studio è in grado di fornire consulenza altamente specializzata sia alle imprese che ai soggetti istituzionali coinvolti nei procedimenti di enforcement.

La nostra metodologia integra:

  • analisi sistematica del quadro normativo europeo e nazionale;
  • valutazione dei rischi di conflitto di competenza;
  • strategie di compliance multilivello volte a ridurre l’incertezza derivante dalla frammentazione regolatoria.

Conclusioni

Il futuro della governance digitale europea dipenderà dalla capacità di superare le attuali criticità dell’enforcement.

In questo scenario, rivolgersi a professionisti con competenze interdisciplinari come lo Studio Legale Bonanni Saraceno significa poter affrontare con strumenti concreti le sfide poste dall’evoluzione normativa europea.

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NUOVI DANNI NON PATRIMONIALI: LA NEUROTECNOLOGIA, LA NEUROMARKETING E LA NEUROPOLITICA MINANO LA SALUTE PSICHICA, I DIRITTI UMANI E LA LIBERTÀ DI SCELTA

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Introduzione

Lo sviluppo delle neurotecnologie e delle interfacce cervello-computer (BCI) apre scenari inediti sul piano scientifico, economico e soprattutto giuridico. Se da un lato queste innovazioni promettono applicazioni rivoluzionarie in ambito medico e tecnologico, dall’altro pongono interrogativi cruciali sulla tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, in particolare sulla libertà di pensiero, sull’autonomia decisionale e sull’integrità mentale.

Lo Studio Legale Bonanni Saraceno si occupa di questi temi di frontiera, offrendo assistenza giuridica e consulenza specialistica nei casi in cui le nuove tecnologie rischiano di compromettere le libertà civili e i diritti umani.

Neurotecnologie e rischio per il libero arbitrio

Le interfacce cervello-computer, un mercato che negli Stati Uniti ha già superato i 400 miliardi di dollari (dati PatentVest), consentono di decodificare impulsi neurali e trasformarli in informazioni digitali.

Secondo le Nazioni Unite, tali strumenti possono “danneggiare o interrompere il delicato equilibrio della psiche umana”.

La questione è evidente: se i pensieri costituiscono il nucleo dell’identità personale, la possibilità di leggerli, modificarli o sfruttarli a fini commerciali e politici comporta un rischio diretto per la dignità e la libertà dell’individuo.

Neuromarketing e neuropolitica: il nuovo terreno del conflitto giuridico

Il neuromarketing utilizza tecniche neuroscientifiche come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) o l’elettroencefalografia (EEG) per analizzare le reazioni cerebrali dei consumatori. Queste informazioni vengono poi sfruttate per influenzare decisioni d’acquisto a livello inconscio.

La stessa logica è stata traslata in ambito politico, dando vita alla cosiddetta neuropolitica. Nel 2015, un partito messicano fu accusato di aver manipolato elettori tramite un cartellone digitale che adattava i messaggi in tempo reale sulla base delle reazioni emotive dei passanti, registrate da una telecamera nascosta.

Si tratta di una delle prime vicende giudiziarie in cui la manipolazione neurologica del consenso politico è approdata in tribunale.

Neurodiritti e quadro normativo

La comunità scientifica e giuridica è divisa tra due approcci:

Estensione delle norme esistenti: alcuni autori ritengono che la tutela della libertà di pensiero (già riconosciuta da convenzioni internazionali come la CEDU e il Patto sui diritti civili e politici) sia sufficiente a ricomprendere anche i rischi posti dalle neurotecnologie. Nuovi diritti fondamentali: altri sostengono la necessità di introdurre specifici neurodiritti, come il diritto all’integrità mentale e alla libertà cognitiva, comprendente la privacy mentale, la libertà di pensiero e l’autodeterminazione cognitiva (cfr. Lavazza; Farahany).

Il recente rapporto ONU sulle neurotecnologie invita gli Stati a sviluppare strumenti di soft law, capaci di armonizzare la regolamentazione e prevenire abusi da parte sia dei governi sia delle multinazionali tecnologiche.

Le implicazioni giuridiche: la prospettiva dello Studio Legale Bonanni Saraceno

La mancanza di una disciplina unitaria lascia ampi spazi di contenzioso. Gli avvocati, in questo contesto, hanno il compito di:

tutelare la privacy cognitiva degli individui contro l’uso improprio di dati neurali da parte di aziende e partiti politici; denunciare pratiche di manipolazione occulta, fondate su tecniche neuroscientifiche, che minano l’autonomia dell’elettore o del consumatore; promuovere azioni legali innovative basate sul diritto all’autodeterminazione, sulla protezione dei dati sensibili e sull’estensione della nozione di “libertà di pensiero” a contesti tecnologici inediti.

Lo Studio Legale Bonanni Saraceno segue con attenzione l’evoluzione giurisprudenziale e normativa in materia di neurodiritti, consapevole che il futuro delle democrazie e della libertà individuale passa anche da qui.

Conclusioni

Le neurotecnologie, se non adeguatamente regolamentate, rischiano di trasformarsi da strumenti di progresso a mezzi di condizionamento e manipolazione di massa.

Il diritto è chiamato a fornire risposte concrete a queste sfide, coniugando innovazione tecnologica e tutela dei diritti fondamentali.

Lo Studio Legale Bonanni Saraceno è in prima linea nello studio e nella difesa giuridica contro i rischi del neuromarketing e della neuropolitica, offrendo assistenza legale a cittadini, imprese e istituzioni che si trovino coinvolti in questa nuova frontiera del diritto.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
Piazza Giuseppe Mazzini, 27 – 00195 – Roma

Tel+39 0673000227

Cell. +39 3469637341

@: avv.bonanni.saraceno@gmail.com

@: info@versoilfuturo.org

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GIUSTIZIA DIGITALE E IA: PERICOLO DI SQUILIBRIO TRA EFFICIENZA GIUDIZIARIA E GARANZIE COSTITUZIONALI (ART. 24 COST.)

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Regolamento UE sull’IA (AI Act)

Introduzione: il processo di digitalizzazione dei sistemi giudiziari

La digitalizzazione della giustizia è ormai una realtà in continua evoluzione. Secondo un rapporto della Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia (CEPEJ), le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) rappresentano uno strumento strategico nei sistemi giudiziari moderni. Esse si applicano principalmente a tre ambiti fondamentali:

automazione delle attività ripetitive (elaborazione dei documenti, pianificazione delle udienze, gestione delle notifiche); riorganizzazione e gestione dei procedimenti, con strumenti di case management e monitoraggio delle prestazioni; capacità generative, che consentono di ottimizzare risorse e tempi.

La spinta verso la giustizia digitale è evidente non solo in Europa, ma anche a livello globale: basti pensare all’introduzione di Microsoft AI Copilot nei tribunali del Regno Unito e alle iniziative comunitarie come la Strategia Digitale dell’UE e il Next Generation EU, che promuovono la modernizzazione delle giurisdizioni nazionali. Anche l’Italia sta adottando piani ambiziosi per rinnovare l’infrastruttura digitale dei tribunali.

Tuttavia, accanto a questo entusiasmo emergono questioni cruciali legate alla tutela dei diritti fondamentali e alla compatibilità tra giustizia digitale e garanzie costituzionali.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale nella giustizia

A fianco delle TIC tradizionali, l’intelligenza artificiale (IA) sta entrando con forza nei sistemi giudiziari. Gli algoritmi e le tecnologie di AI generativa vengono già sperimentati in diversi contesti: dalla valutazione del rischio di recidiva, al calcolo degli indennizzi, fino al supporto all’attività giudiziale.

Caso ipotetico: uno scenario problematico

Si immagini che un comune cittadino venga licenziato ingiustamente e ricorre al giudice del lavoro. La decisione del tribunale riconosce un risarcimento, ma l’importo è stato determinato da un algoritmo integrato nella procedura giudiziaria.

Il suddetto cittadino intende impugnare la decisione, ma si trova di fronte a tre ostacoli principali:

– torbidità algoritmica: non ha accesso ai criteri e ai dati utilizzati dall’IA;

oneri di accertamento: dovrebbe incaricare esperti per analizzare il funzionamento dell’algoritmo;

autonomia giudiziaria condizionabile: i giudici sono incentivati ad affidarsi agli strumenti digitali per ridurre l’arretrato giudiziario.

Questo quadro mostra come l’uso di algoritmi opachi possa compromettere l’effettività del diritto di difesa e la possibilità di un ricorso effettivo, pilastri della tutela giurisdizionale sancita dall’art. 24 Cost. e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

La sfida della trasparenza algoritmica

Il nodo centrale è l’assenza di spiegabilità delle decisioni algoritmiche. Senza conoscere i criteri adottati, il cittadino non può contestare la correttezza né l’imparzialità del risultato. Questo fenomeno, noto come black box effect, mina la fiducia nel sistema giudiziario e pone interrogativi sulla stessa indipendenza del giudice, potenzialmente vincolato alle logiche di un sistema automatizzato.

Il Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale

Un elemento normativo decisivo è il Regolamento UE sull’IA (AI Act), che introduce un modello di governance basato sul rischio dei sistemi di intelligenza artificiale:

alto rischio: sistemi soggetti a rigorosi requisiti di trasparenza e controllo; medio-basso rischio: requisiti più limitati.

L’IA applicata al settore giudiziario si colloca in una categoria intermedia, generando dubbi interpretativi. Se il sistema utilizzato dal giudice non rientra tra quelli ad alto rischio, il cittadino potrebbe non avere diritto a una spiegazione ai sensi dell’art. 86 AI Act.

Ciò rischia di ampliare il divario tra esigenze di efficienza e diritti di difesa, incidendo sull’effettività delle garanzie giurisdizionali.

Opportunità e rischi della giustizia digitale

La giustizia digitale presenta indubbi vantaggi: riduzione dei tempi processuali, ottimizzazione delle risorse e accesso più rapido alle informazioni. Tuttavia, senza un adeguato quadro di garanzie, si rischia di sacrificare la centralità della persona e i principi fondamentali dello Stato di diritto.

Punti di forza

maggiore efficienza; riduzione dell’arretrato giudiziario; strumenti di supporto per giudici e avvocati.

Punti critici

rischio di bias e discriminazioni; opacità dei processi decisionali; limitazione della discrezionalità giudiziaria; difficoltà di impugnazione delle decisioni algoritmiche.

Conclusioni: verso una giustizia artificiale responsabile

La storia ipotetica succitata, pur essendo fittizia, rivela i dilemmi concreti che l’algoritmizzazione della giustizia porta con sé. L’uso dell’IA nei tribunali non può essere considerato solo un progresso tecnologico, ma va analizzato come un cambiamento strutturale del diritto processuale e delle garanzie fondamentali.

Per evitare derive distopiche, occorre assicurare:

trasparenza algoritmica, con accesso ai criteri decisionali; controllabilità tecnica, attraverso audit indipendenti; preservazione della discrezionalità giudiziaria, per evitare una giustizia automatizzata priva di umanità.

La giustizia digitale deve essere concepita come uno strumento al servizio dei diritti, non come un ostacolo alla loro tutela. Solo un approccio prudente, bilanciato e giuridicamente consapevole potrà garantire che l’intelligenza artificiale nella giustizia rappresenti davvero un’opportunità e non un pericolo.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

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MODELLO 231 E LA COMPLIANCE ALGORITMICA: RESPONSABILITÀ PENALE DELL’ENTE PERCHÉ L’ALGORITMO NON DELINQUE, MA PUÒ FAR DELINQUERE

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Modello 231 – “AI Governance Protocol”

1. Introduzione: AI, diritto penale e responsabilità 231

L’intelligenza artificiale (IA) non è soggetto di diritto e, in quanto tale, non può essere considerata penalmente responsabile. Tuttavia, le condotte poste in essere tramite algoritmi e sistemi di AI possono integrare fattispecie di reato e, soprattutto, determinare la responsabilità amministrativa degli enti ex d.lgs. 231/2001.

La questione centrale non è se “l’algoritmo possa delinquere”, ma come l’impiego dell’IA da parte di società e organizzazioni possa configurare condotte penalmente rilevanti, generando rischi che – se non governati – si traducono in colpa di organizzazione.

2. L’immedesimazione organica rafforzata e i reati-strumento dell’IA

Quando un reato viene commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente da un soggetto apicale o subordinato, opera il meccanismo dell’immedesimazione organica “rafforzata”.

In tale prospettiva, l’ente risponde non tanto perché “colpevole in sé”, ma per non aver predisposto strumenti idonei a prevedere, prevenire o contenere i rischi connessi all’uso di tecnologie avanzate.

Esempi di possibili reati-strumento commessi tramite algoritmi includono:

reati societari e finanziari: generazione automatica di bilanci falsi, manipolazioni di mercato (pump and dump, wash trading); reati contro la pubblica amministrazione: automatizzazione di pratiche mendaci e richieste fraudolente; reati ambientali: alterazione di dati sulle emissioni; reati in materia di sicurezza sul lavoro: incidenti derivanti da robot industriali “intelligenti” ma mal programmati.

Il punto critico è che tali condotte possono risultare più rapide, pervasive e difficili da intercettare rispetto a quelle commesse da un soggetto umano.

3. I protocolli 231 e la nascita degli “AI Governance Protocol”

L’art. 6, comma 2, lett. b), del d.lgs. 231/2001 impone l’adozione di protocolli diretti a programmare e attuare decisioni aziendali in relazione ai reati da prevenire.

Con l’avvento dell’IA, emerge la necessità di una nuova declinazione: gli “AI Governance Protocol”, che dovranno integrare principi etici, cautele tecnologiche e presidi organizzativi.

Tra gli strumenti essenziali si segnalano:

registri degli algoritmi e tracciabilità delle decisioni automatizzate; audit tecnici periodici e mappature del rischio tecnologico; sistemi di alert automatici per anomalie operative; separazione di funzioni tra sviluppatori e controllori; controllo ex post sulle decisioni algoritmiche.

Questi presidi, se inseriti nei Modelli 231, possono costituire esimenti o attenuanti in caso di contestazione.

4. Le novità normative: dal disegno di legge nazionale all’AI Act europeo

Il legislatore italiano e quello europeo stanno accelerando la regolamentazione dell’intelligenza artificiale.

Disegno di legge italiano (2025): approvato dal Senato il 20 marzo 2025 e modificato dalla Camera il 25 giugno 2025, introduce: aggravanti specifiche per reati commessi tramite AI (es. aggiotaggio e manipolazione del mercato); nuove fattispecie, come la diffusione di contenuti deepfake (art. 613-quater c.p.); incriminazione dello scraping abusivo e del data mining illecito. AI Act europeo: già parzialmente in vigore, vieta pratiche ad alto rischio (es. social scoring, sorveglianza biometrica in tempo reale) e impone obblighi stringenti alle imprese che adottano sistemi di AI ad alto impatto. Le sanzioni previste sono particolarmente severe, con l’obiettivo di armonizzare la governance tecnologica nel mercato unico.

5. Colpa di organizzazione e barriere culturali

Se l’ente ignora i rischi, delega senza controlli o si limita ad adottare protocolli formali privi di effettività, si configura la colpa di organizzazione.

Prevenire significa dunque programmare, non solo in senso tecnico ma anche culturale.

Le imprese dovranno adottare:

formazione continua per personale e management; audit multidisciplinari congiunti tra compliance, IT e risk management; dialogo costante tra organi di controllo e top management; criteri rigorosi di selezione per collegi sindacali e organismi di vigilanza.

In definitiva, non è l’algoritmo a delinquere, ma l’ente che lo sceglie e lo utilizza senza adeguati presidi.

6. Conclusioni: verso una responsabilità penale “algoritmica” degli enti

Il binomio AI e responsabilità penale degli enti rappresenta una delle sfide più delicate del diritto contemporaneo.

Se da un lato l’IA può potenziare l’efficienza delle organizzazioni, dall’altro espone a rischi penalmente rilevanti che impongono un ripensamento dei Modelli 231 e un’integrazione di protocolli tecnologici avanzati.

La compliance algoritmica non è più una scelta facoltativa, ma un obbligo strategico e giuridico: solo anticipando i rischi e governando la complessità tecnologica le imprese potranno evitare di trasformare l’innovazione in responsabilità penale.

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Lo Studio Legale Bonanni Saraceno è specializzato nell’implementazione dei Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo (Modelli 231) con particolare riferimento alla responsabilità legata all’intelligenza artificiale. Forte di una consolidata esperienza in diritto penale dell’economia e compliance, lo studio supporta le imprese nella definizione di protocolli innovativi e integrati, quali i “AI Governance Protocol”, indispensabili per la gestione del rischio tecnologico e l’adeguamento alla normativa nazionale ed europea. Pertanto, per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

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DIRITTO PENALE TRIBUTARIO: CONFISCA DIRETTA (SE OBBLIGATORIA) ANCHE DOPO LA PRESCRIZIONE DEL REATO, SE VI È STATA UNA CONDANNA IN PRIMO GRADO

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Art. 12-bis D.Lgs. 74/2000

1. Introduzione

La sentenza n. 29372/2025 della Corte di Cassazione affronta un tema centrale nel diritto penale patrimoniale: la possibilità di disporre la confisca diretta anche dopo l’estinzione del reato per prescrizione, in presenza di una precedente condanna di primo grado e qualora si tratti di una confisca obbligatoria.

Il caso si colloca nell’ambito del diritto penale tributario, in particolare in riferimento all’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000, che disciplina la confisca del profitto o del prezzo del reato nei delitti tributari.

2. La natura giuridica della confisca diretta

La Corte ribadisce un principio ormai consolidato: la confisca diretta del profitto del reato costituisce misura di sicurezza patrimoniale e non pena accessoria.

Questa qualificazione giuridica è determinante per due motivi:

Sottrae la confisca alla regola dell’estinzione delle pene conseguente alla prescrizione. Ne consente l’applicazione anche in assenza di condanna definitiva, purché vi sia stata almeno una sentenza di primo grado che abbia accertato la sussistenza del reato e la natura obbligatoria della confisca.

3. Il quadro normativo di riferimento

Art. 12-bis D.Lgs. 74/2000: prevede la confisca obbligatoria del prezzo o del profitto dei reati tributari, o, in caso di impossibilità, la confisca per equivalente. Art. 240 c.p.: disciplina la confisca come misura di sicurezza. Art. 578-bis c.p.p.: introdotto dalla L. 103/2017, consente di decidere sulle confische obbligatorie anche in caso di estinzione del reato per prescrizione o amnistia.

4. Il principio affermato dalla Cassazione n. 29372/2025

La Suprema Corte ha affermato che:

“La confisca diretta, qualificabile come misura di sicurezza patrimoniale, può essere applicata anche in caso di prescrizione del reato, qualora sia intervenuta condanna in primo grado e si verta in ipotesi di confisca obbligatoria, come quella prevista dall’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000.”

Questo significa che la prescrizione non impedisce allo Stato di acquisire i beni costituenti il prezzo o il profitto del reato, se l’obbligatorietà della misura è espressamente prevista dalla legge.

5. Implicazioni pratiche nel diritto penale tributario

La decisione ha rilevanti ricadute operative:

Per la difesa: la strategia di puntare alla prescrizione per evitare la perdita patrimoniale risulta inefficace nei casi di confisca obbligatoria. Per l’accusa: la pronuncia rafforza l’azione confiscatoria anche in presenza di tempi processuali prolungati. Per il contribuente-imputato: l’esito del processo può determinare la perdita definitiva di beni o somme di denaro anche in assenza di condanna definitiva.

6. Considerazioni dottrinali

La sentenza si inserisce nel solco di un orientamento che distingue nettamente la funzione preventiva della confisca diretta dalla funzione retributiva della pena.

Dottrina e giurisprudenza maggioritarie concordano nel ritenere che la confisca obbligatoria, in quanto misura di sicurezza, non è soggetta alle garanzie proprie della pena e può sopravvivere all’estinzione del reato. Tuttavia, non manca un dibattito critico sul possibile conflitto con il principio di proporzionalità e con l’art. 7 CEDU, che vieta l’applicazione di misure sostanzialmente punitive senza condanna definitiva.

7. Conclusioni

La Cassazione n. 29372/2025 conferma un principio di particolare importanza:

la confisca diretta obbligatoria è applicabile anche dopo la prescrizione, a condizione che vi sia stata una condanna in primo grado.

Per gli operatori del diritto penale tributario, ciò implica che la prescrizione non rappresenta uno strumento di protezione del patrimonio in presenza di beni direttamente collegati al profitto o al prezzo del reato.

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Foto

Cassazione Penale, sentenza n. 29372/2025 integrale, in versione pdf:

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