Luci sbiadite di un’Italia già morta

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di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno

Luci sbiadite di un’Italia già morta

In una nazione senza alcuna memoria storica come l’Italia, composta da una popolazione di contemporanei, ignara completamente delle proprie origini e del proprio passato, non dovrebbe sorprendere il fatto che la maggioranza degli italiani, nonostante abbia visto violare reiteratamente la propria Carta costituzionale, peraltro nei principi fondamentali e per questo (teoricamente) inalienabili, gioisca per gli sviluppi politici ed istituzionali, come la conferma del Governo Draghi, ossia il “sicario” della nostra libertà di circolazione e della nostra libertà economica, con un ministro della Salute, Roberto Speranza, che in diverse occasioni ha palesemente dimostrato la sua grave responsabilità nella gestione della pandemia. Soprattutto al suo inizio, quando lo stesso consigliava di somministrarsi la Tachipirina a chi si era contagiato di Covid e che, sempre all’inizio, vietava che venissero svolte le autopsie sui primi deceduti a causa del Covid-19.

La natura servile e di sudditanza radicata nella cultura atavica degli italiani si è declinata in modo apodittico soprattutto nell’osannare la rielezione dello stesso Presidente della Repubblica, che ha avallato quanto sopra esposto, soprattutto il modus agendi incostituzionale del Governo Conte prima e del Governo Draghi attualmente con i loro atti non aventi alcuna forza di legge come i Dpcm. Ma soprattutto hanno applaudito il Capo dello Stato che, nel suo discorso d’insediamento del secondo mandato presidenziale, ha denunciato tutto ciò che egli stesso nel suo primo mandato ha permesso che accadesse, diventandone complice.

Gli italiani, sedicenti “brava gente”, hanno dimostrato semplicemente di essere un gregge senza alcun buon senso: dopotutto basta dargli una nuova edizione del festival nazional-popolare e un reality show, insieme al conduttore o conduttrice popolani e demagogici di turno, che con le loro trasmissione grottesche e grette lobotomizzano la mente omologata dell’italiano medio. Con questo scenario subumano e incolto è palese che gli italiani siano entusiasti e abbiano fiducia nel loro presidente del Consiglio, che dopo aver affossato l’economia e distrutto diverse piccole e medie imprese con le sue “lungimiranti” restrizioni, afferma gioioso e soddisfatto che l’economia italiana è cresciuta del 6 per cento nel 2021 rispetto al 2020. Un dato surreale, perché nasce dal confronto con quello del 2020 in cui l’economia italiana era totalmente ferma a causa del lockdown totale.

Detto ciò, trovo ancora più sconvolgente che gli italiani, oltre a non denunciare la povertà emergente in modo progressivo ed esponenziale nella propria economia reale, non si preoccupino neanche dei dati drammatici macroeconomici della propria nazione. A cominciare da quelli sulle dinamiche demografiche e del mercato del lavoro dell’Italia, da cui si evince un esiziale crollo delle nascite negli ultimi cinquant’anni, che di conseguenza ha generato un divario tra coloro che escono ed entrano nella fascia di età lavorativa. Addirittura, da questi dati emerge che grazie agli immigrati (non clandestini) si è più che compensato l’impatto delle dinamiche demografiche sulla forza lavoro. Ma nonostante questa compensazione straniera, la situazione andrà a peggiorare, in quanto il divario tra uscenti ed entranti in età lavorativa aumenterà in modo drastico a causa del pensionamento delle coorti dei “baby boomer” degli anni Cinquanta e primi anni Sessanta, che non potrà essere limitato e compensato neanche dal saldo migratorio.

Con un’analisi più approfondita si evince che l’andamento del saldo demografico è condizionato dal calo della natalità dell’ultimo cinquantennio. Nello specifico, le nascite sono diminuite passando dalle 900.000 unità di inizio anni Settanta a circa mezzo milione tra la fine degli anni Ottanta e l’ultimo decennio, fino a raggiungere l’inquietante calo di meno delle 400.000 unità nel 2021. Da quanto finora esposto, si deduce che in Italia sta progressivamente emergendo che non solo ci sarà nei prossimi anni una carenza di forza lavoro riguardo a quelle occupazioni che gli italiani rifiutano di svolgere, ma ci sarà anche una carenza di forza lavoro specializzata e professionale, sempre a causa della drammatica diminuzione delle nascite.

Oltre al danno anche la beffa. Infatti, anche se la politica incapace e molto spesso cialtrona cambiasse rotta e attuasse delle politiche che favorissero e incentivassero l’aumento della natalità in Italia, sarebbe comunque ormai troppo tardi per vederne i primi effetti nel breve e nel medio periodo, ma bisognerebbe sperare di riscontarne i primi solo nel lungo periodo. In sostanza, questo significa che oramai l’Italia, così come noi riteniamo in modo miope di concepire già non esiste più, è morta, come quelle stelle ormai implose di cui si scorge ancora una fievole luce nel cielo oscuro, perché questi scenari sopra esposti dimostrano che per sostenere la forza lavoro nei prossimi vent’anni, sempre a causa delle suddette tragiche dinamiche demografiche, sarà improcrastinabile e necessario attingere all’immigrazione straniera, portando il suo numero a livelli molto superiori di quelli già riscontrati nel primo ventennio del Duemila.

Come dire, Italia è già avviata a passare da Patria nostra a Patria loro, ma dopotutto ogni popolo si merita ciò che il proprio riflesso, ossia la propria classe politica, ha seminato negli anni. E questo è ciò che l’Italia si meriterà. Aura popularis (italica).

https://www.opinione.it/politica/2022/02/08/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_italia-memoria-immigrazione-pandemia-lockdown/

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