DA ORDINE COSTITUZIONALE A LOGGIA INCONSTITUZIONALE

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(Articolo di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno)

Riforma del Csm, Unicost: “No assoluto al sorteggio” – Il Dubbio

Quando il “quarto potere”, come lo definì il grande regista Orson Welles nel suo famoso cult-movie, ossia la stampa, si prodiga a parlare di tutto (anche di personaggi discutibili per la loro sedicente arte canora, come il caso Fedez e la sua polemica sulla presunta censura da parte della Rai), tranne che del caso Palamara e del suo prosieguo, ossia il caso Amara, allora significa che il regime è perfetto in ogni sua repressiva declinazione ed il suo pensiero unico rasenta livelli inimmaginabili, anche per illustri visionari come fu il letterato George Orwell.

Per usare una suggestiva figura retorica come l’ossimoro, il silenzio assordante della nostrana stampa riguardo alla sconcertante denuncia di corruzione nei confronti di una parte rilevante dell’Ordine costituzionale della Magistratura, impone un’approfondita riflessione sul momento critico che sta attraversando il nostro sistema democratico, con tutti i suoi pesi e contrappesi costituzionali e della conseguente destabilizzazione dell’ordine costituito.

Premesso ciò, entriamo nel merito della questione, dunque, il procuratore milanese Storari interrogando l’avvocato Amara, il teste chiave del processo Palamara, emergono dei fatti a dir poco sconcertanti, che riguardano magistrati, l’ex premier Conte, svelando l’esistenza di una Loggia (tipo P2) denominata “Ungheria”, forse con riferimento toponomastico a piazza Ungheria di Roma.

Il Pm Storari trovando inspiegabili ostacoli durante le sue indagini, si vede costretto a consegnare l’intero suo fascicolo d’indagine a colui che allora era un consigliere del Csm, ossia Piercamillo Davigo, allora anche esponente della corrente di maggioranza “rosso-bruna” predominante nel Consiglio Superiore della Magistratura.

Davigo tranquillizza Storari dicendogli che questo suo fascicolo lo avrebbe consegnato a chi di dovere.

Dal quotidiano “Il Fatto Quotidiano” emerge che il destinatario sarebbe stato niente poco di meno che il presidente della Repubblica Mattarella, nonché, secondo la Costituzione, presidente dello stesso Csm.

Successivamente la segretaria di Davigo furtivamente consegna il plico, commettendo così un reato, sia al giornale “la Repubblica” che al giornale “Il Fatto Quotidiano”.

Le due testate, invece di pubblicare le informazioni scandalose, riscopre il rispetto del segreto  giudiziario ed evitano di pubblicare alcunché, dopo che nella loro storia entrambi i quotidiani si sono contraddistinti per aver pubblicato intercettazioni coperte da segreto….

Se fosse accertata la veridicità di questa notizia, emergerebbe uno scandalo epocale, perché ci sarebbe anche una complicità del Capo dello Stato nell’occultare questa indagine.

Infine lo stesso magistrato Nino Di Matteo avrebbe ricevuto una copia di questo fascicolo da un mittente anonimo ed egli dopo qualche giorno ha denunciato il fatto, derubricando arbitrariamente il fascicolo ricevuto come calunnie.

In una nazione veramente democratica e liberale, le principali testate giornalistiche avrebbero dovuto indagare e porre delle questioni di fondamentale importanza per uno stato di diritto, ovvero cercare di capire chi fossero i componenti di questa Loggia e le conseguenze giudiziarie, che tale caso esige, nei confronti dei magistrati coinvolti e capire perché il magistrato Davigo, anche e soprattutto, come consigliere del Csm non abbia consegnato il plico in questione al Consiglio Superiore della Magistratura,  condotte che se riconosciute colpevoli, potrebbero configurare i reati di rivelazione di ufficio ex art. 326 c.p., omessa denuncia ex art. 361 c.p., il reato di abuso di ufficio ex art.  323 c.p. e anche di favoreggiamento ex art. 378 c.p.

Dopo il caso Palamara, che con il suo libro ha dato un quadro devastante di come è gestito l’ordine della magistratura, ora di fronte a questo nuovo caso, di fronte alla presunta esistenza di questa “loggia Ungheria” non possiamo non prendere atto di quanto in Italia il potere giudiziario sia ormai marcio, non solo per la dilagante corruzione esistente al suo interno, ma anche e soprattutto perché evidenzia una sua pericolosissima mutazione, che compromette l’equilibrio del sistema costituzionale, fondato sulla divisione (risalente a quella di Montesquieu) dei tre poteri indipendenti tra loro, il potere legislativo, il potere esecutivo ed il potere giudiziario.

Questa deleteria e progressiva trasformazione della magistratura è stata alimentata dallo sconfinamento funzionale del Csm, che da originario organo di autogoverno e di controllo dei magistrati è finito per diventare un appendice prevaricante del Parlamento, una sorta di “terza camera”, da cui impartire i principi ispiratori e condizionanti l’attività legislativa, un potere sconfinato anche grazie al vuoto lasciato dalla crisi del sistema dei partiti, venutosi a creare a partire da Tangentopoli e che progressivamente ha compromesso il principio basilare per ogni democrazia liberale che si rispetti, ossia quello della separazione dei poteri, oltre al fatto che un ordine costituzionale che non prevede la divisione delle carriere tra pm e giudici, non può evitare alcun conflitto d’interesse tra i magistrati e neanche una condizione di inferiorità processuale per la difesa a confronto con l’accusa, visto che il pm è un diretto collega del magistrato giudicante.

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