IL DANNO MORALE NELLA SUA NATURA GIURIDICA DI DANNO NON PATRIMONIALE

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Sommario: 1. Introduzione e definizione – 2. Risarcibilità del danno morale in presenza del danno contrattuale e in presenza del danno extra-contrattuale 6. Conclusioni.

1. Introduzione e definizione

Il danno morale soggettivo si determina nella perturbatio dell’animo della vittima e rientra nell’ampia categoria del danno non patrimoniale, in cui rientrano anche il danno biologico, ossia inteso come danno all’integrità fisica e psichica, tutelato dalla garanzia dell’art. 32 Cost., e il danno dinamico-relazionale (ex danno esistenziale), che consiste in quel danno conseguente alla lesione di altri beni non patrimoniali, ma considerati di rango costituzionale, in sostanza rientrano tutte quelle lesioni di valori riguardanti la persona.

Invero, risulta necessario palesare il criterio di distinzione tra danno morale e danno psichico, in quanto, rispettivamente, il primo consiste in una mera sofferenza psichica, invece il danno psichico consiste nella devianza patologica dell’ordinario decorso psichico che ha subito il danneggiato e di conseguenza è un vero e proprio danno biologico.

Per i motivi suesposti appare inappropriata la tesi secondo la quale sia il danno morale che il danno psichico debbano essere valutati come due stadi dello stesso nocumento, considerando più intenso il primo e di minore intensità il secondo.

Quindi, il danno morale, inteso come sofferenza soggettiva, rappresenta una voce dell’ampia categoria del danno non patrimoniale e ben può derivare da un inadempimento contrattuale che pregiudica un diritto inviolabile della persona.

Nello specifico, il danno morale deve manifestarsi come danno da stress o da patema d’animo, la cui risarcibilità postula la sussistenza di un pregiudizio sofferto dal titolare dell’interesse leso.

Sul medesimo titolare grava l’onere della prova del danno morale subito, anche attraverso presunzioni semplici.

In finale, il danno morale, nel suo positivo riconoscimento e nella sua concreta liquidazione per i pregiudizi causati alla persona danneggiata mantiene la propria autonomia in modo integrale rispetto a qualsiasi altra fattispecie di danno non patrimoniale.

Questo perché il danno suddetto consiste in una sofferenza di natura assolutamente interiore e per niente relazionale e di conseguenza legittima il danneggiato a chiedere un risarcimento come compenso aggiuntivo, a prescindere dalla personalizzazione prevista per la compromissione degli aspetti puramente dinamico-relazionali della vita individuale.[1]

2. Risarcibilità del danno morale in presenza del danno contrattuale e in presenza del danno extra-contrattuale

Qualsiasi illecito per determinare responsabilità civile, con il conseguente risarcimento, deve inconfutabilmente produrre un danno.

A tale proposito è stato rilevato dalla dottrina come <<un modello nel quale il rimedio risarcitorio viene disancorato da qualsiasi considerazione dei riflessi negativi a carico della vittima porta, infatti, ad un inevitabile snaturamento dell’istituto aquiliano; la rinuncia a transitare attraverso una nozione di danno distinta dall’illecito spinge, infatti, verso un allargamento ingovernabile dei confini del danno risarcibile; né tale problema può essere aggirato attraverso l’introduzione di un filtro selettivo, costituito dalla rilevanza costituzionale dell’interesse leso; proprio dalle applicazioni giurisprudenziali emerge, infatti, la tendenza a ravvisare la violazione di un interesse protetto a livello costituzionale qualunque sia il genere di torto in questione; le corti pervengono, cioè, all’individuazione (o meglio, vera e propria creazione) di diritti soggettivi aventi rilevanza costituzionali al solo scopo di assicurare alla vittima il risarcimento di questa nuova voce di danno>>[2]

Pertanto, da quanto finora esposto emerge un sistema risarcitorio che il vigente codice civile declina in modo bipolare, visto che al danno patrimoniale contrappone, con definizione decisamente negativa e con valenza residuale, il danno non patrimoniale.

Nella categoria del danno non patrimoniale sono collocate tutte quelle ipotesi di lesione di valori riguardanti la persona, tipo il danno morale soggettivo e tipo il danno biologico, nonché il danno dinamico- relazionale (danno esistenziale).

Infatti, secondo un’interpretazione giurisprudenziale, il risarcimento di danno biologico è legato alla lesione del diritto costituzionale alla salute sancito dall’art. 32 Cost..

La relativa disciplina ha subito una lunga evoluzione giurisprudenziale, che ha infine condotto la Suprema Corte di Cassazione a definirlo espressamente come danno non patrimoniale.

Per tali motivi, si ritiene risarcibili, oltre al danno morale e al danno non patrimoniale nei casi espressamente previsti dalla legge, anche tutti i danni non patrimoniali che conseguono ad una lesione di diritti costituzionalmente garantiti, ivi compresi il danno biologico e tutti quei pregiudizi di carattere esistenziale subiti dalla vittima.

L’art. 32 della Costituzione che tutela e garantisce il diritto alla salute, oltre ad essere considerato fondamentale, è anche l’unico diritto costituzionale considerato assolutamente inviolabile ed è la fonte normativa del danno biologico, il quale riguarda sia il danno all’integrità fisica che il danno all’integrità psichica e nello specifico, il danno all’integrità psichica è definito danno psichico.

A questo punto diventa fondamentale effettuare un distinguo, sul piano giuridico, tra il danno morale e il danno psichico, proprio per evitare che qualsiasi mutamento dell’umore possa essere considerato un danno alla salute.

Infatti, il danno psichico si fonda su un’alterazione patologica delle funzioni psichiche dell’individuo, la quale deve essere riconosciuta dalla scienza medica in generale e dalla psichiatria in particolare e di conseguenza accertabile da un punto di vista medico-legale, mentre il danno morale non altera in modo patologico le funzioni psichiche del danneggiato, sebbene il medesimo ne subisca delle sofferenze.

Inoltre, non può sussistere alcuna richiesta di risarcimento senza la concretizzazione di un danno e quindi di un fatto illecito.

In effetti, l’altro presupposto per cui possa delinearsi un diritto al risarcimento è proprio il fatto illecito commesso, la cui essenza incide sulle modalità e sulla tipologia del risarcimento dovuto al danneggiato.

Questo perché il fatto illecito rappresenta una violazione del diritto e perciò la causa del danno ingiusto.

Invero, nell’evoluzione del concetto di danno ingiusto, il legislatore si è ispirato al principio informatore della materia di risarcimento del danno nel considerare come danno ingiusto la lesione di qualsiasi interesse giuridicamente rilevante, salvo la presenza di un contrapposto interesse prevalente dell’autore della condotta lesiva.

L’illecito civile è normato e previsto sia all’art. 2043 cod.civ. (responsabilità extracontrattuale o aquiliana), che regola il principio generale dell’ingiustizia del danno erga omnes in quanto stabilisce che “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”, sia all’art. 1218 cod.civ. (responsabilità contrattuale) quando il danno è ingiusto a causa di un inadempimento inerente a un precedente rapporto obbligatorio (in personam), questo perché “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

In sostanza, per il nostro diritto vigente, l’illecito civile postula sia la responsabilità contrattuale che quella extracontrattuale, di conseguenza il danneggiato è legittimato ad agire per entrambe le tipologie di responsabilità.

Questo perché, nel nostro ordinamento, quando si è in presenza di un illecito civile vige il principio della cumulabilità dei due tipi di responsabilità succitati nel momento in cui uno stesso fatto, che generi in modo autonomo un danno, implichi gli estremi dell’inadempimento contrattuale ex art. 1218 cod.civ. e del torto aquiliano 2043 cod.civ.

Invero, il danno non patrimoniale consiste in  tre sotto-categorie, come il danno biologico, danno morale e danno dinamico-relazionale (danno esistenziale).

6. Conclusioni

La definizione di danno morale come categoria di sofferenza psichica rimane stabile sia presso i giudici di legittimità[3] sia presso i giudici di merito.

Pertanto, il danno morale, quando viene provata la sua esistenza, deve essere riconosciuto anche a ristoro della sofferenza psichica provata da colui che ha subito delle lesioni fisiche, a causa delle quali sia subentrato dopo breve tempo l’exitus.

Inoltre, quando la vittima delle lesioni fisiche suddette vive in uno stato di lucidità l’agonia in cui si trova, con la drammatica consapevolezza di attendere la propria fine, si determina il danno tanatologico, il quale viene ricondotto nella dimensione del danno morale inteso nella sua più elastica accezione.

In sostanza, il danno tanatologico consiste nella sofferenza che la vittima prova assistendo lucidamente alla spegnersi della propria esistenza.

Quindi, il danno morale appartiene decisamente alla categoria dei danni non patrimoniali e la legittimità di ottenere il risarcimento da parte di coloro che lo subiscono si rinviene nel dettame dell’art. 2059 cod.civ.

La liquidazione del danno morale non potrà che essere rigidamente equitativa, poiché anche quando il giudice di merito ricorresse a indici valutativi oggettivi e schematizzati non potrebbe esimersi dall’effettuare una necessaria personalizzazione del risarcimento, al fine di adeguare concretamente il ristoro al fatto lesivo patito[4].
Da quanto finora esposto emerge in modo sempre più inconfutabile quanto sia necessario procedere a una adeguata personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale, proprio perché è fondamentale prendere in considerazione l’entità della sofferenza morale che prova il danneggiato, anche procedendo secondo un criterio di valutazione presuntiva.

Al postutto, il danno morale soggettivo non può non essere oggetto di un’autonoma valutazione e liquidazione per risarcire integralmente il danno non patrimoniale scaturente da lesione della salute, in cui è annoverato il danno biologico senza, però, che siano escluse altre possibili conseguenze non patrimoniali di un evento dannoso.[5]


[1] Cass., 9 novembre 2021, n. 32935, in www.top24diritto.ilsole24ore.com.

[2] CENDON P.-ZIVIZ P., Il risarcimento del danno esistenziale, Milano, 2003, 63.

[3] Cass., 17 maggio 2022, n. 15733, in www.top24diritto.ilsole24ore.com.

[4] Cass., 24 ottobre 2022, n. 31332, in www.top24diritto.ilsole24ore.com.

[5] Cass., 19 settembre 2022, n. 27380, in www.top24diritto.ilsole24ore.com.

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