Sommario: 1. Premessa – 2. Articoli riformati – 2.1. Creazione di due CSM e divisione delle carriere, modifica art. 87 Cost. – 2.2. Divisione della funzione giurisdizionale, modifica art. 102 Cost. – 2.3. Introduzione del sistema elettivo dei magistrati tramite sorteggio, per il Csm giudicante e per il Csm requirente, modifica art. 104 Cost. – 2.4. Creazione dell’Alta Corte per l’esercizio della giurisdizione disciplinare dei magistrati, modifica art. 105 Cost. – 2.5. Regolamentazione della nomina dei magistrati sulla base di un sistema binario, modifica art. 106 Cost. – 2.6. Sospensione dal servizio del magistrato in seguito a decisione del rispettivo Csm, modifica art. 107 Cost. – 3. Conclusioni
- Premessa
Ab illo tempore da parte dell’opinione pubblica in generale e della politica in particolare si è sempre sentito disquisire e discutere riguardo a come risolvere l’annosa questione della riforma dell’ordine costituzionale della Magistratura senza alcuna soluzione di continuità, perché in realtà nessun esecutivo è mai riuscito fattivamente a risolvere l’annoso problema.
In questa situazione rimasta finora stagnante l’attuale governo con il suo ministro della Giustizia Carlo Nordio sembrerebbe voler affrontare la questione concretamente, presentando un disegno di legge (nel prosieguo, anche dl) in cui, senza mezzi termini, si propone una modifica dell’assetto dell’ordine costituzionale più garantito dai padri costituenti.
Invero, a causa dell’esperienza storica, alquanto deleteria, del ventennio fascista[1], la Magistratura nella stesura della Carta costituzionale fu particolarmente tutelata e resa volutamente autonoma nelle definizioni costituzionali dei poteri alla stessa attribuiti.
Fintanto che la politica ricopriva un ruolo operativo fondamentale nell’esercizio delle sue funzioni la sproporzionalità dei poteri e dell’autonomia della Magistratura nell’esercizio del suo potere giudiziario in rapporto al potere legislativo del Parlamento e del potere esecutivo del Governo non emerse.
Quando però il fenomeno di “tangentopoli” ridimensionò la politica e i partiti che la rappresentavano, a quel punto la magistratura ricoprì inevitabilmente quel vuoto di potere che il penta-partito (Dc-Psi-Pri-Pli-Psdi) aveva lasciato con tutti i processi giudiziari che portarono a svariati arresti dei componenti della classe dirigente politica.
I diversi governi succedutisi nel tempo hanno sempre provato a compiere un’epocale riforma costituzionale della magistratura, ma per motivi di timori e di riverenza nei confronti della Magistratura e di contrasti interni alla propria maggioranza nessuno è mai riuscito a realizzarla.
- Articoli riformati
Il disegno di legge del governo Meloni presentato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio presenta dei cambiamenti radicali da un punto di vista costituzionale e che di seguito cercherò di riassumere in modo efficace evidenziando in grassetto le diverse modifiche semantiche dei vari articoli della Carta costituzionale.
Pertanto, sono sette gli articoli oggetto della riforma prevista dal disegno di legge costituzionale.
2.1. Creazione di due CSM e divisione delle carriere, modifica art. 87 Cost.
La prima modifica riguarda l’art. 87 della Costituzione, il quale stabilisce le attribuzioni del Presidente della Repubblica e che secondo quanto stabilito all’art. 1 del disegno di legge costituzionale in oggetto cambierebbe nel modo di seguito riportato:
<< Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica>>.
Come si evince palesemente dalle modifiche evidenziate, con tale riforma ci sarebbe la tanto agognata divisione delle carriere in magistratura giudicante e magistratura requirente, con due rispettivi Consigli superiori della magistratura, ovviamente entrambi sempre presieduti dal Presidente della Repubblica.[2]
2.2 Divisione della funzione giurisdizionale, modifica art. 102 Cost.
L’altra modifica è prevista all’art. 2 dello stesso dl e riguarda l’art 102 della Costituzione, che regolamenta la funzione giurisdizionale:
<<La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario, le quali disciplinano altresì le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti
Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.
La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia>>.
Anche in questo caso si precisa ulteriormente la divisione binaria delle carriere dei magistrati.[3]
2.3 Introduzione del sistema elettivo dei magistrati tramite sorteggio, per il Csm giudicante e per il Csm requirente, modifica art. 104 Cost.
Per quanto concerne l’art. 104 Cost., il quale regolamenta la magistratura, l’attuale testo è il seguente:
<<La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.
Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.
Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della corte di cassazione.
Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
Il Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento.
I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale>>.[4]
Mentre all’art. 3 del disegno di legge in oggetto si prevede una radicale modificariportata nel seguente testo:
<<La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente.
Il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente sono presieduti dal presidente della Repubblica.
Ne fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge.
Ciascun Consiglio elegge il proprio vicepresidente fra i componenti sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento.
I membri designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale>>.
Da questo nuovo testo dell’art. 104 Cost. si evince la creazione del nuovo metodo elettivo dei magistrati componenti i due nuovi Consigli superiori della magistratura (quello giudicante e quello requirente), ossia il metodo del sorteggio.
Il suddetto metodo è proposto nell’intento da parte del legislatore di far garantire la massima imparzialità nell’elezione dei magistrati dei due nuovi futuri Csm.
2.4 Creazione dell’Alta Corte per l’esercizio della giurisdizione disciplinare dei magistrati, modifica art. 105 Cost.
Invero, la modifica più “rivoluzionaria” di questa riforma riguarda quella presente nell’art. 105 Cost., che stabilisce le attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura, in cui, secondo quanto previsto dall’art. 4 del dl costituzionale, verrebbe creato un nuovo organo per esercitare la giurisdizione disciplinare riguardante tutti i magistrati e la relativa procedura elettiva dei rispettivi componenti.
L’attuale art. 105 Cost. stabilisce:
<<Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati>>.[5]
Invece, il testo dell’art. 105 Cost. sarebbe modificato nel seguente modo:
<<Spettano a ciascun Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati.
La giurisdizione disciplinare dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita all’Alta Corte disciplinare.
L’Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.
L’Alta Corte elegge il presidente tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento.
I giudici dell’Alta Corte durano in carica quattro anni. L’incarico non può essere rinnovato.
L’ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un consiglio regionale o del Governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.
Contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata.
La legge determina gli illeciti disciplinari e le relative sanzioni, indica la composizione dei collegi, stabilisce le forme del procedimento disciplinare e le norme necessarie per il funzionamento dell’Alta Corte; e assicura che i maggiori giudicanti o requirenti siano rappresentati nel collegio>>.
In realtà, il passaggio semantico “Contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata”del suesposto articolo modificato appare decisamente nebuloso e troppo generico, in quanto non si comprende chi e come sarebbero nominati coloro che dovrebbero sostituire i componenti che hanno emesso il giudizio disciplinare impugnato.
2.5 Regolamentazione della nomina dei magistrati sulla base di un sistema binario, modifica art. 106 Cost.
Altre modifiche stabilite dall’art. 5 del dl costituzionale, in cui si ribadisce la divisione binaria delle carriere dei magistrati, riguardano l’art. 106 Cost., il quale regolamenta la nomina dei magistrati.
Il testo attuale è il seguente:
<<Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.
La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori>>.
Invece, il suddetto articolo costituzionale modificato si declinerebbe in questo modo:
<<Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.
La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura giudicante possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche, magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni nonché avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori>>.[6]
2.6 Sospensione dal servizio del magistrato in seguito a decisione del rispettivo Csm, modifica art. 107 Cost.
L’art. 107 Cost., che sancisce l’inamovibilità dei magistrati, viene modificato dall’art. 6 del dl costituzionale nel seguente testo:
<<I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del rispettivo Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare.
I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.
Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario>>.[7]
Inoltre, l’art. 7 del dl costituzionale prevede che l’art. 110 Cost., il quale stabilisce le funzioni del Ministro della Giustizia, cambierebbe nel seguente modo:
<<Ferme le competenze di ciascun Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia>>.[8]
Al postutto, all’art. 8 del succitato dl sono stabilite le disposizioni transitorie per il passaggio dagli attuali testi a quelli nuovi:
<<1. Le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare sono adeguate alle disposizioni della presente legge costituzionale entro un anno dalla sua entrata in vigore.
2. Fino all’entrata in vigore delle leggi di cui al comma 1 continuano a osservarsi le norme vigenti>>.
- Conclusioni
Secondo quanto finora esposto, la suddetta riforma appare tanto complessa per i cambiamenti previsti quanto complicata nella sua legiferazione, non solo per l’iter legislativo che il suo rango di legge costituzionale impone, visto che le leggi di revisione della Costituzione e altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione, ma anche e soprattutto per le ostilità che incontrerà all’interno dello stesso Parlamento.
<<Durum hoc est sed ita lex scripta est>> (dal Digesto, Ulpiano)
[1] Durante il regime fascista il ministro di Grazia e giustizia esercitava un potere sullo stato giuridico dei magistrati (ingresso in carriera,assegnazione delle sedi e delle funzioni, trasferimenti, promozioni, iniziative disciplinari) imponendo un rafforzamento dei vincoli gerarchici verso i capi degli uffici che prevedevano dei doveri che andavano ben oltre l’esercizio delle funzioni, ossia la declinazione dei principi del fascismo.
Invero, i magistrati “inferiori” erano sottoposti alle incessanti pressioni delle circolari ministeriali sull’interpretazione delle leggi che dovevano rappresentare maggiormente l’interesse del regime.
[2] Il Costituente ha previsto che il Presidente della Repubblica nel rispetto della ripartizione dei poteri e del sistema di democrazia parlamentare, che debba essere il garante della Costituzione e debba rappresentare l’unità nazionale.
In sostanza, il Presidente della Repubblica facilita i collegamenti tra tutti i soggetti rilevanti nella vita dello Stato (organi costituzionali, cittadini, autonomie locali ecc.).
Al Presidente della Repubblica spettano competenze che incidono su ognuno dei poteri statali, affinché venga salvaguardata tanto la separazione dei poteri quanto il loro equilibrio.
Pertanto, al Capo dello Stato sono attribuiti degli strumenti per indurre gli altri poteri costituzionali a svolgere correttamente le proprie funzioni.
Secondo ZEGREBELSKY, il Presidente della Repubblica deve essere definito come persuasore supremo della Repubblica.
Per la Corte Costituzionale il Presidente della Repubblica è al centro dell’ordinamento costituzionale con funzioni di raccordo ed equilibrio fra i poteri dello Stato ed è per questo che sussiste l’intangibilità delle comunicazioni presidenziali.
Sul punto è opportuno riportare la sentenza n. 1/2013 della Corte costituzionale, che in riferimento al conflitto fra il Presidente della Repubblica e Procura di Palermo in merito alla possibilità di intercettare le conversazioni i del Cap del Stato ha ribadito che <<lo stesso è stato collocato dalla Costituzione al di fuori dei tradizionali poteri dello Stato e, naturalmente, al di sopra di tutte le parti politiche>>.
Inoltre, per la Consulta, il Presidente della Repubblica <<per svolgere efficacemente il proprio ruolo di garante dell’equilibrio costituzionale e di magistratura di influenza [….] deve tessere costantemente una rete di raccordi allo scopo di armonizzare eventuali posizioni in conflitto ed asprezze polemiche, indicare ai vari titolari di organi costituzionali i principi in base ai quali possono e devono essere ricercate soluzioni il più possibile condiviso dei diversi problemi che via via si pongono>>.
[3] Il primo comma statuisce un principio che trova la sua ratio nella necessità di garantire l’indipendenza della magistratura (v. 101 Cost.) anche dagli altri poteri dello Stato.
Il divieto di istituire giudici straordinari o speciali è una componente fondamentale del principio del giudice naturale (art. 25 Cost.).
La partecipazione del popolo, invece, deriva dal precedente art. 101 comma 1 della Costituzione.
La legge sull’ordinamento giudiziario fu istituito nel periodo fascista (R.D. 30.01.1941 n. 12) e per quanto la Costituzione preveda una nuova legge sull’ordinamento giudiziario nella IV disposizione transitoria, in realtà non è stata ancora emanata.
Tramite la L. 25.07.2005, n. 150 c’è stata l’emanazione di diversi decreti legislativi inerenti ad alcuni aspetti del sistema giudiziario, come l’accesso alla magistratura, la formazione dei magistrati, l’organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, gli illeciti disciplinari dei magistrati, l’organizzazione dei Consigli giudiziari e altro ancora.
[4] Il CSM consiste in un organo di autogoverno della magistratura perché si occupa di ogni questione che concerne la carriera dei singoli componenti di essa (promozioni, procedimenti disciplinari ecc.). Inoltre, esso svolge la funzione di tutelare l’indipendenza dagli altri poteri, con i quali si rapporta.
il Capo dello Stato presiede il suddetto organo e regola queste relazioni.
La magistratura costituisce un ordine e non un potere, perché è rappresentato da un apparato centralizzato che si manifesta con una sola voce.
Questo perché ciascun organo giudicante rappresenta un potere dello Stato, definito diffuso, che può essere parte attiva o passiva riguardo ai conflitti di attribuzione con altri poteri dello Stato.
Il Costituente ha attribuito al Presidente della Repubblica la presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura (nel prosieguo anche C.S.M.), allo scopo di collegare in modo diretto lo stesso all’organo istituzionale super partes, garante del rispetto della Costituzione.
Secondo la dottrina, in particolare FERRI, il Presidente della Repubblica può svolgere sia la funzione del difensore degli interessi del C.S.M. che quella del moderatore affinché venga garantita l’autonomia dell’ordinamento giudiziario.
Comunque, sempre secondo FERRI, nella prassi, la funzione del Presidente della Repubblica come presidente del C-S.M. ha un significato prevalentemente simbolico, visto che è impossibilitato ad essere presenti a tutte le riunioni a causa dei suoi numerosi impegni istituzionali.
Per il succitato motivo, il Capo dello Stato delega a svolgere i compiti relativi alla sua presidenza il Vicepresidente eletto all’interno del C.S.M., che nella sua figura ibrida si relaziona tanto al Presidente della Repubblica quanto al C.S.M.
Sentenza n. 22 del 1959 della Consulta: Invero l’art. 101 (“ il giudice è soggetto soltanto alla legge “), enunciando il principio della indipendenza del singolo giudice, ha inteso indicare che il magistrato nell’esercizio della sua funzione non ha altro vincolo che quello della legge.
L’art. 104, infine, (“ la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere “) pone il principio della indipendenza della organizzazione giudiziaria nel suo complesso, nel senso che, come risulta dai lavori preparatori della Costituzione, l’ordine della magistratura non deve dipendere da altro potere e deve esso disporre per ciò che riguarda il suo stato, come personale ecc. Pertanto è da escludere che l’indipendenza e l’autonomia della magistratura possano essere menomate dall’autorizzazione a procedere prescritta dall’art. 313, terzo comma, del Codice penale in quanto l’autorizzazione stessa non opera, come si è visto, sul modo in cui il giudice deve esercitare la propria funzione.
Sentenza n. 142 del 1973 della Consulta: Ma i termini della questione, così come viene ora prospettata, sono più complessi.
Da un lato, infatti, il principio del primo comma dell’art. 104, specie se sistematicamente inquadrato nel contesto delle altre disposizioni della sezione I del titolo IV, alle quali non per nulla globalmente si richiamano le ordinanze, non si esaurisce in una mera ripetizione del principio dell’indipendenza dei giudici di cui all’art. 101, secondo comma (pur comprendente anche questo aspetto); d’altro lato, se ben si guarda, l’impostazione comune a tutte le ordinanze si basa sulla premessa di una identità di ratio tra il caso del vilipendio della Corte costituzionale, deciso con la sentenza n. 15 del 1969, ed il caso dell’autorizzazione per vilipendio dell’ordine giudiziario
[5] Prima l’avanzamento di carriera dei magistrati si basava sul tempo trascorso, ossia sull’anzianità di servizio del magistrato.
Tale sistema era indipendente dal merito dei singoli, potendo determinare la promozione anche di soggetti non aggiornati e pronti per le giurisdizioni superiori.
Attualmente, il CSM svolge la funzione di valutare la professionalità dei singoli magistrati nella propria attività in base alle relazioni dei consigli giudiziari di ogni Corte d’appello ed ai risultati delle ispezioni predisposte.
Il risultato di questa valutazione incide su vari aspetti, come l’aumento della retribuzione e la possibilità di accedere a ruoli direttivi.
In sede disciplinare il Consiglio Superiore della Magistratura decide e infligge le eventuali sanzioni di comportamenti contrari ai loro doveri d’ufficio o, comunque, non consoni all’appartenenza all’ordine giudiziario.
In particolare, è stata istituita una specifica Sezione disciplinare, la quale esercita le sue funzioni secondo un procedimento simile al processo penale, dove la Pubblica accusa è svolta dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, mentre la difesa è attribuita ad un altro magistrato.
In seguito, la decisione della Sezione disciplinare è sottoposta all’intero plenum del C.S.M., mentre i provvedimenti disciplinari sono impugnabili davanti alle Sezioni Unite della Cassazione.
[6] La disposizione regola l’accesso alla magistratura per merito, al scopo di rispettare il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.).
L’accesso alla magistratura, la progressione economica e le funzioni dei magistrati sono regolamentati dal D.L.gs 05.04.2006, n. 160.
Il concorso nella magistratura ordinaria consiste in una prova scritta su tre materie e su una prova orale (Diritto Civile, Diritto Amministrativo, Diritto penale), su un gruppo di materie considerate fondamentali per l’esercizio delle funzioni da svolgere e su un colloquio riguardo ad una lingua straniera.
L’art. 4 del R.D. 30.01.1941, n. 12 individua tra i magistrati onorari, giudici di pace, giudici onorari di Tribunale, vice procuratore, esperti del tribunale ordinario e della sezione di Corte di Appello per i minorenni e giudici popolari della Corte d’Assise e della Corte d’Assise di appello.
Sentenza n. 1 del 1967 della Consulta: La regola che le nomine dei magistrati abbiano luogo per concorso non è di per sé una norma di garanzia d’indipendenza del titolare di un ufficio, sebbene d’idoneità a ricoprire l’ufficio.
Può ritenersi, tuttavia, che nell’ambito di un sistema, quale quello delineato dalle norme contenute nel titolo IV sezione I della Carta costituzionale, la nomina per concorso, che pur in quest’ambito patisce eccezioni, concorra a rafforzare e a integrare l’indipendenza dei magistrati. Senonché, codesto sistema riguarda soltanto la Magistratura ordinaria, come risulta evidente dalle norme contenute nell’invocato art. 106 e negli articoli, che lo precedono e lo seguono, 104, 105, 107, 109, 111, che definiscono la magistratura ordinaria un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, e istituiscono e regolano, a garanzia di codesta autonomia e indipendenza, il Consiglio superiore della Magistratura. Né vale richiamare il fatto che in questo medesimo titolo si trovi l’art. 103, il secondo comma del quale dichiara che la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge, perché questa disposizione, che trova giustamente il suo posto dove si definisce e regola tutto “ l’ordinamento giurisdizionale”, non è sufficiente a ricondurre la Corte dei conti nell’ambito della magistratura ordinaria e delle norme di garanzia che questa riguardano. 3. – La difesa del resistente ha sostenuto che, nel presente giudizio, non viene in considerazione nemmeno la norma dell’art. 108, secondo comma, che affida alla legge (riserva di legge assoluta) di assicurare l’ indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, per il motivo che la Corte dei conti non può essere annoverata tra questa. Ora, è vero che la Costituzione definisce la Corte dei conti un organo ausiliario del Governo nel senso, deve ritenersi, che essa contribuisce ad assicurare il rispetto del principio di legalità nell’amministrazione, ma è vero altresì che la stessa Costituzione affida alla Corte dei conti la tutela giurisdizionale di diritti soggettivi e di interessi legittimi, configurandola, cosi, anche come un organo di giurisdizione..
Quale delle funzioni attribuite alla Corte sia prevalente e debba caratterizzare l’Istituto è questione che non occorre risolvere in questa sede, essendo sufficiente constatare che anche la Carta costituzionale parla di giurisdizione della Corte dei conti, considerandola, tuttavia, a parte tra le giurisdizioni speciali, come si ricava dalla VI disposizione transitoria, la quale, disponendo la revisione degli organi speciali di giurisdizione, ne esclude “le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dei tribunali militari”.
Non occorre, peraltro, affrontare questa questione direttamente nel presente giudizio, giacché la disposizione generale del secondo comma dell’art. 108 compare, come disposizione particolare per la Corte dei conti e con una speciale accentuazione, nell’ultimo comma dell’art. 100, secondo il quale “la legge assicura l’ indipendenza dei due Istituti (Consiglio di Stato e Corte dei conti) e dei loro componenti di fronte al Governo”. Si può ritenere, perciò, che la questione sollevata nei confronti dell’art. 108 sia assorbita dall’altra proposta nei confronti del l’art. 100 o che faccia tutt’uno con questa.
Nemmeno in questi termini la questione è fondata. Una volta escluso, infatti, che la nomina per concorso debba necessariamente intervenire per assicurare l’ indipendenza dei magistrati delle giurisdizioni speciali, per le quali, anzi, la provvista dell’ufficio in modi diversi e con procedimenti diversi da quelli del concorso può essere necessaria, o quanto meno opportuna, per il raggiungimento delle finalità loro assegnate (com’è evidente nel caso della Corte dei conti, non potendosi negare l’opportunità di acquisire all’Istituto esperienze maturate nell’ambito dell’amministrazione attiva), resta da vedere se le disposizioni impugnate siano tali da minare l’ indipendenza dei consiglieri della Corte dei conti. Ma ciò non può dirsi, e per quel che si è osservato di sopra e sarà osservato più avanti, e soprattutto perché la norma dell’art. 8 del T. U. citato stabilisce una valida garanzia di indipendenza, disponendo che i consiglieri della Corte dei conti non possano essere revocati, né collocati a riposo di ufficio, né allontanati in qualsiasi altro modo senza il parere conforme di una commissione composta dai Presidenti e dai vice Presidenti dei due rami del Parlamento. 4. – Del resto, la medesima ordinanza e la difesa dei ricorrenti non sembrano insistere su questo punto dell’indipendenza dei consiglieri, ma piuttosto sull’altro dell’indipendenza dell’Istituto, che la nomina di una parte dei suoi componenti da parte del Governo comprometterebbe. La questione non è fondata nemmeno sotto questo profilo. Anche a non voler accogliere la tesi del resistente, che può apparire semplicistica, giusta la quale l’ indipendenza del “corpo” sia una sola cosa con l’indipendenza dei suoi membri, è evidente che l’ indipendenza dell’Istituto deve ricercarsi nei modi in cui esso svolge le sue funzioni, non già in quelli coi quali si provvede a regolare la nomina dei suoi membri. Basta richiamare in questa sede le norme che regolano lo svolgimento dell’attività di controllo e di quella giurisdizionale della Corte dei conti, perché risulti evidente come l’attività dell’Istituto si svolga libera da ogni intervento estraneo, in piena indipendenza, e senza possibilità di ingerenza da parte del Governo. Né può obiettarsi, come fa l’ordinanza, che la mancanza di una precisa normativa delle nomine governative invalidi la garanzia disposta dal citato art. 8 del T. U. I modi nei quali la nomina avviene riguardano l’atto di nomina ed esauriscono in questo ogni loro effetto. Una volta che la nomina sia avvenuta, cessa ogni vincolo che eventualmente sussista tra il Governo che nomina e la persona che viene nominata, a null’altro tenuta se non all’obbedienza alla legge: e subentra la garanzia dell’art. 8 che non si può davvero affermare perda di efficacia per le particolarità dell’atto di nomina che necessariamente la precede.
[7] La disposizione prevede una serie di garanzie a favore dei magistrati per consentire il rispetto del principio di separazione dei poteri e la loro indipendenza (v. 101 comma 2 e 104 Cost.).
L’inamovibilità opera in due direzioni: sia verso l’esterno affinché il magistrato non possa essere sollevato dalla funzione se non per specifiche cause, quale l’incapacità sopravvenuta (inamovibilità funzionale), sia verso l’interno in quanto il singolo non può essere trasferito in una sede diversa da quella in cui opera se non nei casi ed alle condizioni di legge (inamovibilità della sede).
Sentenza n. 1 del 1978 della Consulta: è da rilevare che l’indipendenza di un organo giurisdizionale si realizza, indubbiamente anche mediante l’eliminazione delle interferenze interne, con l’apprestamento di garanzie circa lo status dei componenti nelle sue varie articolazioni, concernenti, fra l’altro, oltre alla progressione in carriera, anche il trattamento economico.
[8] La separazione delle competenze del CSM e del Guardasigilli è necessaria affinché il primo sia l’organo indipendente e deputato a garantire l’indipendenza dei magistrati (v. 104 Cost.) mentre il secondo svolga funzioni politiche, appartenendo al Governo (v. 92 Cost.).
Il tema della delimitazione delle sfere di attribuzioni tra C.s.m. e Ministro della giustizia è questione sulla quale la Corte costituzionale ben presto è stata chiamata ad intervenire.
La sentenza n. 22 del 1959 aveva in un primo tempo offerto al tema un’interpretazione estremamente estensiva, basata sull’osservazione secondo cui l’art.104 Cost., «pone il principio della indipendenza della organizzazione giudiziaria nel suo complesso, nel senso che, come risulta dai lavori preparatori della Costituzione, l’ordine della magistratura non deve dipendere da altro potere e deve esso disporre per ciò che riguarda il suo stato, come personale ecc.».
Siffatta conformazione avrebbe potuto indurre ad ipotizzare che, anche nella materia dell’organizzazione giudiziaria, tali principi avessero un più ampio contenuto di quello successivamente riconosciuto.
Successivamente, tuttavia, una simile prospettiva risultò smentita attraverso il rifiuto di una interpretazione restrittiva dell’art. 110 Cost., escludendo che si fosse autorizzati a ritenere che i servizi e l’organizzazione, il cui funzionamento spetta al Ministro, fossero soltanto quelli inerenti al personale delle cancellerie e segreterie, agli ufficiali giudiziari, alle circoscrizioni giudiziarie, ai locali, all’arredamento dei medesimi, ed, in genere, a tutti i mezzi necessari per l’esercizio delle funzioni giudiziarie. L’autonomia riconosciuta al Consiglio superiore, nelle materie indicate nell’art. 105 Cost., dunque, non determinava una netta separazione di compiti fra il Ministro ed il C.S.M. «come si verificherebbe se, a quest’ultimo, fosse riconosciuta (il che non é, come risulta chiaro dai lavori preparatori) un’autonomia integrale, compresa quella finanziaria, riguardante l’ordine giudiziario». In questo senso, i giudici delle leggi precisavano che l’autonomia in tale contesto vuole dire che il potere esecutivo non può intervenire nelle deliberazioni concernenti lo status dei magistrati, ma non esclude che, «fra i due organi, nel rispetto delle competenze a ciascuno attribuite, possa sussistere un rapporto di collaborazione: il quale importa che i servizi, affidati al guardasigilli dall’art. 110 della Costituzione, non sono limitati a quelli sopra accennati, ma, vi si comprendono, altresì, sia l’organizzazione degli uffici nella loro efficienza numerica, con l’assegnazione dei magistrati in base alle piante organiche, sia il funzionamento dei medesimi in relazione all’attività e al comportamento dei magistrati che vi sono addetti».
Siffatta ricostruzione era sorretta sia dalla riconosciuta titolarità dell’azione disciplinare in capo al Ministro (art. 107, secondo comma, Cost.), sia dalla considerazione che le attribuzioni e gli oneri finanziari che vi si ricollegano impegnano la responsabilità politica.