Nel mese di settembre è stato pubblicato il nuovo numero della rinomata rivista giuridica trimestrale Temi Romana del Consiglio dell’Ordne Avvocati di Roma, diretta dal consigliere Prof. Avv. Antonio Caiafa (coordinatore della Commissione Crisi d’Impresa e della Commissione Diritto Societario dell’Ordine Avvocati di Roma).
La rivista in oggetto è una interessante e utile raccolta di saggi e riflessioni giuridiche indirizzate al mondo forense e al comune cittadino, allo scopo di informare e approfondire tutto ciò che riguarda il Diritto, nella sua metamorfosi giurisprudenziale e legislativa.
Inoltre, all’interno della succitata rivista potrete leggere il saggio intitolato Natura giuridica del danno morale scritto dall’Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno.
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Il terzo correttivo al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), approvato il 4 settembre 2024, introduce una serie di modifiche rilevanti volte a migliorare la gestione delle crisi aziendali. Di seguito, le principali novità:
Revisione delle procedure di allerta: Viene rivista la procedura di allerta per facilitare una diagnosi precoce delle difficoltà aziendali, con una maggiore responsabilizzazione degli organi di controllo interni alle imprese e una collaborazione più stretta con le camere di commercio.
Rafforzamento degli strumenti di composizione negoziata: Le misure negoziate, già introdotte nei precedenti correttivi, sono ulteriormente rafforzate, con un focus sulla mediazione tra imprenditori e creditori, facilitando il raggiungimento di soluzioni rapide e concordate.
Maggiore flessibilità nei piani di risanamento: Viene introdotta una maggiore elasticità nella redazione dei piani di risanamento aziendale, permettendo adattamenti progressivi in base all’evoluzione della situazione economica e finanziaria dell’impresa.
Semplificazione delle procedure concorsuali: Le modifiche mirano a ridurre i tempi e i costi delle procedure concorsuali, rendendo più rapido il processo di liquidazione e risanamento delle imprese in crisi.
Introduzione di incentivi per la ristrutturazione preventiva: Sono previsti incentivi per le imprese che decidono di adottare misure di ristrutturazione prima che la situazione diventi irrecuperabile, incoraggiando interventi preventivi.
Miglioramento della tutela dei creditori: Il correttivo punta a garantire una maggiore equità nella distribuzione delle risorse disponibili tra i creditori, introducendo criteri più chiari e trasparenti per la soddisfazione delle loro pretese.
Coordinamento con la normativa europea: Il correttivo si allinea alle direttive europee in materia di insolvenza e gestione delle crisi, in particolare per quanto riguarda la facilitazione del risanamento transfrontaliero delle imprese.
Queste modifiche mirano a rendere il sistema di gestione delle crisi aziendali più efficiente, dinamico e in grado di rispondere tempestivamente alle esigenze delle imprese in difficoltà.
La composizione negoziata rappresenta uno degli strumenti centrali potenziati dal terzo correttivo al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), con l’obiettivo di prevenire situazioni di insolvenza irreversibile e facilitare soluzioni concordate tra le imprese in difficoltà e i loro creditori.
Principali novità introdotte dal correttivo sulla composizione negoziata:
Accesso semplificato: Le modifiche semplificano il processo di accesso alla composizione negoziata, riducendo la burocrazia e permettendo alle imprese di attivare più rapidamente lo strumento, con meno ostacoli procedurali.
Miglioramento delle garanzie per la continuità aziendale: Vengono rafforzate le tutele per garantire la continuità operativa dell’impresa durante la fase di negoziazione. L’obiettivo è di mantenere il valore dell’azienda intatto, evitando che la perdita di fiducia da parte dei creditori o dei clienti comprometta la sostenibilità dell’attività.
Tempi di risposta più rapidi: Il correttivo prevede una riduzione dei tempi di risposta delle parti coinvolte nel processo negoziale, permettendo soluzioni più rapide e riducendo il rischio di un ulteriore peggioramento della situazione finanziaria dell’impresa.
Mediatori qualificati: Viene rafforzato il ruolo dell’esperto indipendente incaricato di mediare tra l’impresa e i creditori, garantendo che siano professionisti con una formazione specifica e una profonda conoscenza delle dinamiche economico-finanziarie.
Maggiori garanzie di equilibrio nelle trattative: Il correttivo introduce meccanismi per favorire una negoziazione più bilanciata, tutelando gli interessi sia dei creditori che dell’impresa, al fine di raggiungere un accordo che possa soddisfare entrambe le parti, evitando il fallimento o l’insolvenza definitiva.
Incentivi per l’adesione: Per incoraggiare le imprese ad avvalersi della composizione negoziata, vengono previsti incentivi fiscali o agevolazioni, che rendono più appetibile l’utilizzo di questo strumento in una fase iniziale della crisi.
Questi interventi mirano a rendere la composizione negoziata uno strumento più efficace e accessibile, favorendo la risoluzione delle crisi aziendali attraverso accordi che garantiscano la continuità delle attività e riducano il numero di fallimenti.
Il terzo correttivo al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) introduce una serie di importanti innovazioni mirate a rendere il sistema di gestione delle crisi aziendali più efficiente e orientato alla continuità aziendale. Tra i principali interventi, vi sono modifiche alla liquidazione giudiziale, la prededucibilità dei crediti professionali, e una revisione della disciplina del Cram Down.
Liquidazione giudiziale
La riforma della procedura di liquidazione giudiziale punta a una maggiore efficienza e trasparenza. Le principali novità comprendono:
Snellimento del processo: Le procedure sono riorganizzate per ridurre i tempi di gestione e semplificare le operazioni di liquidazione, accelerando la vendita e la distribuzione dei beni.
Trasparenza: Maggiori controlli e supervisione garantiscono una gestione ordinata e chiara, aumentando la fiducia dei creditori e limitando gli sprechi.
Riduzione dei costi: L’obiettivo è contenere le spese della procedura, migliorando la soddisfazione dei creditori e minimizzando i tempi morti, per ottenere una liquidazione più rapida e meno onerosa.
Prededucibilità dei crediti professionali
Un’altra novità cruciale riguarda i crediti professionali. Con il correttivo, i professionisti che assistono le imprese nella gestione della crisi (come avvocati, commercialisti e consulenti) vedono estesa la prededucibilità dei loro crediti, garantendo loro una posizione privilegiata. Questo significa che i loro compensi saranno pagati prima di altri creditori, incentivando una consulenza tempestiva e di qualità, e garantendo tutele per chi contribuisce al risanamento delle imprese.
Cram Down e omologazione dei piani
La disciplina del Cram Down viene rivista per favorire l’omologazione dei piani di ristrutturazione aziendale anche contro la volontà di alcune categorie di creditori. Le principali modifiche:
Sblocco delle trattative: Se una parte minoritaria dei creditori si oppone senza giustificazione, il piano può essere approvato ugualmente, evitando che l’impasse blocchi il risanamento dell’impresa.
Obiettivo di continuità aziendale: Questa misura mira a preservare l’impresa, riducendo i casi in cui il fallimento sia l’unica alternativa.
Obiettivi del correttivo
Nel complesso, il correttivo risponde all’esigenza di modernizzare e adeguare il CCII alle dinamiche del mercato. Tra i principali obiettivi:
Prevenzione e risanamento: Rafforzamento degli strumenti di prevenzione per evitare che le crisi si trasformino in insolvenze irreversibili.
Maggiore tutela per i creditori: Un sistema che assicura equità e rapidità nelle procedure concorsuali.
Riduzione dei fallimenti: Il correttivo punta a contenere il numero dei fallimenti, promuovendo soluzioni più rapide ed efficaci e, quando possibile, preservando la continuità aziendale.
Questo insieme di misure mira a rendere l’intero sistema economico più stabile e a migliorare la capacità delle imprese di superare le crisi, con effetti benefici sulla competitività e sulla resilienza del tessuto economico italiano.
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(Per informazioni e consulenza)
STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno Viale Giulio Cesare, 59 – 00192 – Roma
La firma della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sull’intelligenza artificiale (IA) e i diritti umani da parte di Vera Jourova, a nome dell’Unione Europea, rappresenta un passo fondamentale verso la regolamentazione globale dell’IA. Questa Convenzione è il primo strumento giuridicamente vincolante in ambito internazionale a occuparsi dell’IA, ponendo al centro la tutela dei diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto. Essa è in linea con l’AI Act dell’Unione Europea, che costituisce la prima normativa completa per regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale.
Tra i principi fondamentali della Convenzione vi sono un approccio incentrato sull’essere umano, la trasparenza delle interazioni e dei contenuti generati dall’IA, oltre a requisiti di robustezza, sicurezza e governance dei sistemi di IA. Si sottolinea inoltre la necessità di meccanismi di supervisione per garantire il corretto utilizzo e controllo delle tecnologie AI.
La firma della Convenzione esprime l’intenzione dell’Unione Europea di aderire formalmente al trattato, ma affinché questo avvenga, sarà necessario il consenso del Parlamento Europeo e una decisione finale del Consiglio dell’Unione Europea.
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STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno Viale Giulio Cesare, 59 – 00192 – Roma
Dall’Ordinanza della Corte di Cassazione|Sezione 2|2 dicembre 2022| n. 35466 emerge un argomento già affrontato presso lo studio legale Bonanni Saraceno inerente alla validità di atti giuridici di compravendita immobiliare sottoscritti da un soggetto in uno stato di incapacità naturale, sia permanente che transitorio.
Il tema in oggetto riguarda l’annullamento di una procura a vendere, nonché del successivo contratto di compravendita, fondato sull’incapacità naturale del rappresentato al momento del conferimento della procura. Si tratta di una situazione delicata, in cui la valutazione dell’incapacità naturale richiede una particolare attenzione da parte del giudice civile.
Al centro della questione si trova la presunzione di incapacità “intermedia”, che scaturisce dalla dimostrazione dell’incapacità in due momenti distinti: uno precedente e uno successivo all’atto impugnato. Tuttavia, per riconoscere tale incapacità, è necessaria una prova rigorosa. Il giudice deve esaminare con attenzione le condizioni di incapacità sia al momento della stipula della procura sia negli altri periodi circostanti.
Un aspetto importante riguarda il fatto che non è sufficiente per il giudice civile basarsi su un eventuale giudicato penale, che abbia già dichiarato l’incapacità naturale del rappresentato. Infatti, secondo il principio di separazione e autonomia tra giudizi penale e civile, il giudice civile è chiamato a svolgere un accertamento autonomo, senza essere vincolato dalle conclusioni raggiunte in sede penale.
In altre parole, nonostante l’esistenza di una sentenza penale che riconosca l’incapacità naturale, il giudice civile deve esaminare nuovamente i fatti e la responsabilità con piena autonomia e capacità di cognizione, valutando tutte le circostanze del caso. L’approccio, quindi, è rigoroso e richiede prove solide e specifiche per confermare o smentire l’incapacità naturale al momento del conferimento della procura o durante i periodi immediatamente precedenti e successivi.
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SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente Dott. VARRONE Luca – Consigliere
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
ricorrente – contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS);
ricorrente incidentale – e contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS) S.R.L. e (OMISSIS);
intimati –
avverso la sentenza n. 2359/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 12/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/10/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 10.11.2011 (OMISSIS), con l’assistenza di un curatore speciale ex articolo 78 c.p.c., e (OMISSIS) evocavano in giudizio (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.r.l. dinanzi il Tribunale di Trapani, invocando in via principale l’accertamento della nullita’ delle procure a vendere conferite dalla (OMISSIS) al marito, (OMISSIS), e delle compravendite immobiliari da quest’ultimo poste in essere mediante utilizzazione di dette procure; in subordine, invocavano l’accertamento dell’incapacita’ naturale della (OMISSIS) ed il conseguente annullamento delle procure e degli atti di cui anzidetto; in ulteriore subordine, chiedevano accertarsi che gli atti di trasferimento in contestazione dissimulavano donazioni miste, in virtu’ del prezzo vile in essi indicato.
Si costituivano tutti i convenuti, resistendo alla domanda, ed interveniva volontariamente in giudizio (OMISSIS), invocando la rescissione delle compravendite oggetto di causa per lesione ultra dimidium, previo accertamento della validita’ delle procure oggetto della domanda principale.
Con sentenza n. 386/2016 il Tribunale, ravvisata l’incapacita’ della (OMISSIS), accoglieva la domanda di annullamento delle procure a vendere e degli atti di compravendita sottoscritti dal (OMISSIS), nel frattempo deceduto.
Interponevano separati appelli avverso detta decisione (OMISSIS), (OMISSIS), avente causa di (OMISSIS), Societa’ (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS). Si costituiva in seconde cure, per resistere ai gravami, riuniti, (OMISSIS), anche in qualita’ di erede di (OMISSIS). Rimaneva invece contumace (OMISSIS).
Con la sentenza impugnata, n. 2359/2017, la Corte di Appello di Palermo rigettava le impugnazioni, disponendo solo la correzione di un errore materiale riscontrato nella decisione di prime cure.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS), affidandosi a tre motivi.
Propone successivo ricorso, egualmente invocando la cassazione della sentenza di appello, (OMISSIS), affidandosi a sette motivi.
Resiste con separati controricorsi, sia al primo che al secondo ricorso, (OMISSIS).
Le altre parti intimate non hanno svolto attivita’ difensiva nel presente giudizio di legittimita’. In prossimita’ dell’adunanza camerale, tutte le parti costituite hanno depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente (OMISSIS) denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., articoli 90 e 92 disp. att. c.p.c., nullita’ e inutilizzabilita’ della C.T.U., perche’ la Corte di Appello
avrebbe dovuto rilevare che il collegio peritale, nominato in prime cure per l’accertamento dello stato di capacita’ della (OMISSIS), aveva fondato la propria valutazione sulla base di documenti non prodotti dalle parti nei termini all’uopo previsti dal rito. In particolare, i periti avrebbero considerato decisive le risultanze di un verbale di sommarie informazioni rese in sede penale da soggetto non indicato a teste nel processo civile e di una consulenza tecnica disposta dal P.M. nell’ambito del predetto diverso procedimento.
La censura e’ infondata.
La Corte di Appello afferma che i consulenti tecnici avevano risposto alle osservazioni critiche mossegli dalla difesa dell’odierno ricorrente “… rilevandone l’inadeguatezza a contrastare le conclusioni gia’ rassegnate giusta le emergenze documentali e le risultanze delle visite mediche effettuate in persona della (OMISSIS) dai Dott.ri (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nel periodo successivo al conferimento delle procure oggetto di causa” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata). Ha poi proseguito affermando che le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) in sede di sommarie informazioni, nel procedimento penale all’esito del quale il notaio rogante ((OMISSIS)) era stato assolto dall’imputazione del reato di cui all’articolo 479 c.p., e la relazione del Dott. (OMISSIS) resa in tale ambito processuale erano stati “… ritualmente acquisiti agli atti del giudizio” (cfr. ancora pag. 8). Ed infine, ha dato atto che lo stesso ricorrente (OMISSIS) aveva, nella sua comparsa conclusionale in primo grado, tratto argomenti difensivi proprio dalla sentenza della Corte di Appello di Palermo, sezione seconda penale, conclusiva del procedimento penale di cui anzidetto, a sua volta fondata proprio sui documenti di cui si discute (cfr. sempre pag. 8).
La censura in esame non supera tale articolata argomentazione, con particolare riferimento alla statuizione di “rituale acquisizione” dei documenti contestati contenuta nella sentenza della Corte di Appello, che non e’ oggetto di adeguata e specifica confutazione.
Con il secondo motivo, il ricorrente (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 428 e 2697 c.c., in relazione al riparto dell’onere della prova, perche’ la Corte distrettuale avrebbe erroneamente ravvisato la condizione di incapacita’ naturale della (OMISSIS) al momento del rilascio delle procure a vendere oggetto della domanda principale, sulla base di documentazione collocabile a distanza di nove mesi da detto momento. In tal modo, il giudice di merito avrebbe applicato un ragionamento presuntivo, senza considerare che la prova della condizione di incapacita’ deve essere fornita in modo rigoroso.
La censura e’ fondata.
La sentenza impugnata afferma, a pag. 10, che in presenza di prova dell’incapacita’ in due momenti distinti nel tempo, l’incapacita’ nel periodo intermedio si presume, con conseguente inversione dell’onere della prova in relazione agli atti compiuti in detto periodo. L’affermazione, pienamente condivisibile, e’ coerente con l’insegnamento di questa Corte, secondo cui “In tema di incapacita’ naturale conseguente ad infermita’ psichica (nella specie: demenza arteriosclerotica ingravescente), una volta accertata la totale incapacita’ di un soggetto in due determinati periodi prossimi nel tempo, per il periodo intermedio la sussistenza dell’incapacita’ e’ assistita da presunzione iuris tantum, sicche’ in concreto si verifica l’inversione dell’onere della prova, dovendo essere dimostrato dalla parte interessata che il soggetto abbia agito in una fase di lucido intervallo” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17130 del 09/08/2011, Rv. 618900; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4316 del 04/03/2016, Rv. 639411 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4539 del 28/03/2002, Rv. 553364).
Partendo da tale premessa, in se’ corretta, la Corte di Appello incorre tuttavia in un errore di diritto, ravvisando una condizione di generale demenza della (OMISSIS), con eventuali lucidi intervalli ritenuti non rilevanti sul giudizio di capacita’ naturale, senza curarsi di indicare la prova dell’incapacita’ nel momento anteriore al rilascio delle procure.
In tal modo, la Corte territoriale non ha tenuto conto del principio secondo cui “… La prova dei fatti posti a base della domanda di annullamento di un contratto per incapacita’ naturale, ai sensi dell’articolo 428 c.c., pur potendo essere fornita con ogni mezzo istruttorio, deve essere rigorosa e precisa” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3724 del 21/06/1985, Rv. 441299; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4677 del 26/02/2009, Rv. 607231). Per potersi invocare l’operativita’ della presunzione di incapacita’ nel periodo intermedio, dunque, occorre dimostrare, con ogni mezzo, ma con precisione e rigore, la sussistenza di una condizione di incapacita’ anteriore e successiva a detto periodo. A tal fine, “… puo’ essere utilizzato qualsiasi mezzo probatorio ed il rigoroso criterio della dimostrazione circa la rispondenza temporale dell’incapacita’ al compimento dell’atto trova opportuno temperamento nella possibilita’ di trarre utili elementi di giudizio anche dalle condizioni del soggetto anteriori e posteriori all’atto. Pertanto, specialmente nei casi di anormalita’ psichiche dipendenti da malattia, l’accertamento di questa, in un determinato periodo, della sua durata e della sua suscettibilita’ di regresso o di stabilita’ o di peggioramento, puo’ offrire chiare indicazioni sull’alterazione della sfera intellettiva e volitiva al momento dell’atto” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6506 del 04/11/1983, Rv. 431232). Tuttavia, “La decisione del giudice di merito, quando si basa solo su prove indirette, dev’essere sorretta, perche’ possa considerarsi soddisfatta l’esigenza di motivazione della sentenza, da un apparato argomentativo logicamente congruo che colleghi, da un lato, la premessa, costituita dall’indizio o dagli indizi, alla conclusione nella quale si sostanzia l’accertamento del fatto o dei fatti costitutivi della fattispecie (c. d. fatti principali) e che dia conto, dall’altro, della valenza sintomatologica degli indizi stessi, in modo da permettere la verifica della congruita’ logica dei motivi che hanno sostenuto le sue scelte nella valutazione delle contrapposte piste probatorie di cui disponeva” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2865 del 11/03/1995, Rv. 491102).
Nel caso di specie, la Corte di Appello ha tralasciato di condurre l’accertamento della capacita’ nel rispetto dei criteri suindicati, ponendo a base del proprio ragionamento il fatto che il giudice penale avesse ritenuto “… indiscusso che la (OMISSIS) soffrisse di demenza…” (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata). Tale affermazione, tuttavia, avrebbe dovuto essere accompagnata dalla precisa indicazione dell’elemento di prova idoneo a dimostrare la condizione di incapacita’ in un momento anteriore a quello di rilascio delle procure a vendere oggetto della domanda, anche in considerazione della natura autonoma dell’accertamento sulla capacita’ da compiere in sede civile, rispetto a quello svolto in sede penale. In concreto, infatti, le procure a vendere erano state rilasciate tra il 10.1.2011 e l’8.4.2011 (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata) e gli elementi di fatto allegati dall’attore ai fini della prova dell’incapacita’, o comunque valutati dal collegio peritale nell’ambito del giudizio sulla capacita’ naturale della (OMISSIS) si collocano tutti in epoca successiva a tale periodo (certificato Dott. (OMISSIS) del 21.9.2011; certificato Dott. (OMISSIS) del 22.10.2011; perizia (OMISSIS) del 15.9.2011; ordinanze GIP del 13.9.2011 e 20.1.2012: cfr. pag. 20 del ricorso (OMISSIS); nonche’ S.I.T. del Dott. (OMISSIS), che aveva in quella sede indicato il 4.6.2011 come data della sua prima visita alla (OMISSIS): cfr. pag. 25 del ricorso). In assenza della prova di un momento di incapacita’ anteriore al rilascio delle procure di cui anzidetto, dunque, appare scorretto il ricorso alla presunzione di incapacita’ intermedia, operato dalla Corte di Appello nella sentenza impugnata.
Ne’ rileva, a contrario, il fatto che la (OMISSIS) sia stata dichiarata interdetta in data successiva al suo ricovero in casa di cura (verificatosi, come da certificato del Dott. (OMISSIS), al 22.10.2011: cfr. pag. 28 del ricorso) poiche’ sul punto va ribadito che “L’incapacita’ legale derivante dalla sentenza di interdizione decorre soltanto dal giorno della sua pubblicazione (articolo 421 c.c.), con la conseguenza dell’operativita’, fino a tale momento, della generale presunzione di normale capacita’ dell’interdicendo e dell’irretroattivita’ degli effetti della suddetta decisione” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7477 del 31/03/2011, Rv. 619260; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5248 del 30/07/1983, Rv. 430131).
In definitiva, manca la prova rigorosa dell’esistenza di un momento, anteriore al rilascio delle procure, in cui la (OMISSIS) non era capace di intendere e volere; prova rigorosa che non puo’ essere sostituita dal richiamo all’accertamento sulla capacita’ svolto dal giudice penale, proprio alla luce della diversa natura delle due valutazioni, da compiere in sede civile e in sede penale, evidenziata dalla stessa sentenza impugnata, la quale a pag. 8 afferma, condivisibilmente, che “… in applicazione del principio di autonomia e separazione dei giudizi penale e civile, il giudice civile deve procedere ad un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilita’ con pienezza di cognizione, non essendo vincolato alle soluzioni e qualificazioni del giudice penale, pur potendo legittimamente utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in cosa giudicata e fondare la decisione su elementi e circostanze gia’ acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, procedendo, a tal fine, a diretto esame del contenuto del materiale probatorio, ovvero ricavando tali elementi e circostanze dalla sentenza, o se necessario dagli atti del relativo processo, in modo da accertare esattamente i fatti materiali sottoponendoli al proprio vaglio critico”.
Con il terzo motivo, il ricorrente (OMISSIS) lamenta il difetto di motivazione e l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perche’ la Corte di merito non avrebbe tenuto conto delle osservazioni critiche mosse alla C.T.U., rispetto alle quali il collegio peritale aveva sostanzialmente omesso di rispondere, limitandosi a confermare la validita’ delle proprie conclusioni.
La censura e’ assorbita dall’accoglimento del secondo motivo, poiche’ il giudice di merito dovra’ procedere ad un nuovo accertamento della sussistenza della condizione di capacita’, o incapacita’, della (OMISSIS) al momento del rilascio delle procure a vendere oggetto della domanda spiegata in primo grado, tenendo conto, da un lato, del principio secondo cui la capacita’, o incapacita’, va accertata in modo preciso e rigoroso, sia pure con ricorso a qualsiasi elemento di prova, e, dall’altro lato, dell’ulteriore criterio secondo cui, per potersi configurare la presunzione di incapacita’ nel periodo intermedio, occorre che sia dimostrata, con il necessario rigore, la condizione di incapacita’ in due momenti, uno anteriore ed uno successivo rispetto a detto periodo, non potendosi ricavare, dalla sola dimostrazione dell’incapacita’ in un determinato momento, la prova presuntiva dell’incapacita’ anteriore.
Passando all’esame del ricorso (OMISSIS), con il primo motivo quest’ultima denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 1372 e 1478 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato l’inefficacia dell’atto con il quale la stessa (OMISSIS) aveva acquistato dalla (OMISSIS), senza fornire alcuna motivazione sul punto.
Con il secondo motivo, la ricorrente (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte di merito avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di difetto di legittimazione attiva del (OMISSIS), in relazione alla domanda di inefficacia del negozio intercorso tra la (OMISSIS) (diretta avente causa della (OMISSIS)) e la (OMISSIS).
Con il terzo motivo, quest’ultima si duole invece della violazione o falsa applicazione degli articoli 356 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte siciliana avrebbe escluso la sua buona fede, in assenza di riproposizione, da parte dell’appellato (OMISSIS), della relativa domanda, decidendo peraltro sulla base di elementi non ritualmente acquisiti agli atti del giudizio e comunque superati da altre pronunce giudiziali.
Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono infondate.
La Corte di Appello ha fatto derivare l’inefficacia del negozio successivo, con il quale la (OMISSIS) aveva rivenduto alla (OMISSIS) l’immobile acquistato dalla (OMISSIS) con utilizzazione di una delle procure oggetto della domanda di nullita’ e annullamento svolta in prime cure, dalla ravvisata impossibilita’ di configurare la buona fede del terzo subacquirente. Quest’ultima e’ stata esclusa alla luce delle caratteristiche del negozio, effettuato a brevissima distanza dal primo acquisto, per un prezzo incongruo, nonche’ in vista del fatto che la (OMISSIS) neppure si era curata di spiegare domanda di garanzia nei confronti della sua diretta dante causa (cfr. pag. 14 della sentenza). I richiamati argomenti sono idonei ad esprimere una motivazione sufficiente a soddisfare il cd. minimo costituzionale, con conseguente infondatezza della prima delle tre censure in esame.
La seconda doglianza, da parte sua, non e’ fondata in quanto, in presenza di due o piu’ atti di vendita successivi l’uno all’altro, una volta esclusa la buona fede del terzo subacquirente, l’inefficacia del contratto concluso tra quest’ultimo e l’originario acquirente costituisce una conseguenza diretta dell’accoglimento della domanda di nullita’, o annullamento, della prima compravendita. In proposito, va data continuita’ al principio secondo cui “L’articolo 1445 c.c., escludendo gli effetti dell’annullamento nei confronti dei terzi di buona fede che abbiano acquistato a titolo oneroso, sancisce implicitamente l’efficacia dell’annullamento nei confronti degli acquirenti rispetto ai quali non ricorra tale requisito soggettivo. Il giudizio sulla sussistenza o meno della buona fede importa un apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimita’ ove sorretto da esauriente motivazione e ispirato a esatti criteri giuridici” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22585 del 10/09/2019, Rv. 655221; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 318 del 26/02/1965, Rv. 310534; sulla natura di giudizio di fatto dell’apprezzamento sulla sussistenza, o meno, della buona fede, cfr. anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1098 del 17/04/1970, Rv. 346654 e Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1570 del 24/06/1967, Rv. 328348).
La terza censura, invece, e’ infondata in quanto e’ stata la stessa (OMISSIS), mediante la proposizione di appello avverso la decisione di prime cure, a devolvere al giudice di seconda istanza anche la questione inerente l’efficacia del contratto di compravendita intercorsa tra lei e la sua avente causa (OMISSIS). La statuizione della Corte di Appello, dunque, rientra nei limiti del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, anche in assenza di proposizione di appello incidentale da parte del (OMISSIS) sullo specifico punto.
Con il quarto motivo, la ricorrente (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 132 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ il giudice di seconda istanza avrebbe, con percorso motivazionale illogico e contraddittorio, invertito l’onere della prova dell’incapacita’ della (OMISSIS), presumendone la sussistenza, alla data del rilascio delle procure a vendere oggetto del giudizio, sulla scorta di documentazione successiva.
La censura e’ fondata, per le medesime considerazioni gia’ esposte in relazione alla seconda doglianza del ricorso (OMISSIS).
Con il quinto motivo, la ricorrente (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte di merito avrebbe omesso di pronunciarsi sulle eccezioni mosse alla C.T.U., con specifico riferimento all’acquisizione di documentazione al di fuori dei termini processuali all’uopo previsto, finendo in tal modo per decidere in base a prove non ritualmente acquisite agli atti del giudizio.
La censura e’ infondata, per le medesime ragioni di cui al primo motivo del ricorso (OMISSIS).
Con il sesto motivo, la ricorrente (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte isolana avrebbe ritenuto inammissibili le prove che la predetta aveva articolato, sulla base di percorso motivazionale illogico, contraddittorio e carente.
La censura e’ inammissibile per difetto del necessario grado di specificita’, poiche’ la ricorrente non riporta il contenuto delle richieste di prova che erano state formulate in prime cure e ritenute inammissibili dal Tribunale, e dunque non consente al collegio la verifica della decisivita’ del vizio lamentato. In argomento, va ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, e’ necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8569 del 09/04/2013, Rv. 625839; conf. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015 Rv. 636120; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 18679 del 27/07/2017, Rv. 645334; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4980 del 04/03/2014, Rv. 630291).
Con il settimo motivo, la ricorrente (OMISSIS) lamenta infine la violazione e falsa applicazione dell’articolo 476 c.c. e articolo 100 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ il giudice di appello avrebbe dovuto ravvisare la carenza di interesse del (OMISSIS). Secondo la ricorrente, in particolare, la rinuncia all’eredita’ di (OMISSIS) sarebbe nulla, in quanto intervenuta dopo la ricezione dell’atto con il quale il giudizio era stato riassunto dopo la morte del genitore dell’odierno controricorrente; ricezione che, secondo la prospettazione della ricorrente (OMISSIS), implicherebbe accettazione tacita dell’eredita’ del defunto.
La censura e’ infondata.
La ricezione di un atto notificato al (OMISSIS), nella sua qualita’ di chiamato all’eredita’ del padre (OMISSIS), non implica accettazione dell’eredita’ stessa. Va infatti considerato che l’accettazione tacita e’ configurabile soltanto qualora l’erede esperisca una domanda che sarebbe spettata al suo dante causa, o compia un atto che implica necessariamente l’esercizio di un diritto gia’ di pertinenza di quest’ultimo, ma non puo’ essere utilmente configurata dal semplice fatto che egli non rifiuti la notificazione di un atto di riassunzione del giudizio, conseguente al decesso del proprio genitore, poiche’ tale comportamento non integra una condotta dispositiva di un diritto, o di una facolta’, gia’ spettante al de cuius. Infatti “Ai fini dell’accettazione tacita dell’eredita’, sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attese la loro natura e finalita’, non sono idonei ad esprimere in modo certo l’intenzione univoca di assunzione della qualita’ di erede” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 4843 del 19/02/2019, Rv. 652582).
In definitiva, vanno accolti il secondo motivo del ricorso (OMISSIS) ed il quarto motivo del ricorso (OMISSIS); va dichiarato assorbito il terzo motivo del ricorso (OMISSIS); va dichiarato inammissibile il sesto motivo del ricorso (OMISSIS); vanno infine rigettati tutti gli altri motivi di ambedue i ricorsi.
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, in relazione alle censure accolte, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Palermo, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
la Corte accoglie il secondo motivo del ricorso (OMISSIS) ed il quarto motivo del ricorso (OMISSIS); dichiara assorbito il terzo motivo del ricorso (OMISSIS); dichiara inammissibile il sesto motivo del ricorso (OMISSIS); rigetta i restanti motivi di ambedue i ricorsi. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Palermo, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.
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(Per approfondimenti e consulenza)
STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno Viale Giulio Cesare, 59 – 00192 – Roma
In questo articolo viene argomentata una questione affrontata recentemente dall’Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno, con la collaborazione dei colleghi dello studio legale Bonanni Saraceno, a tutela di un proprio assistito.
Il tema è di grande attualità e rilevanza giuridica, sopratutto in riferimento a quanto previsto dal correttivo ter del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che il prossimo 15 settembre c.a. dovrebbe essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
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La problematica del contratto preliminare nel contesto delle procedure di crisi, come il fallimento e la liquidazione giudiziale, è complessa e si articola su diversi piani giuridici. I principali profili problematici riguardano:
Opponibilità dell’obbligo di concludere il contratto: In caso di fallimento del promittente venditore, il contratto preliminare potrebbe non essere opponibile alla massa fallimentare, rendendo incerto il destino del contratto definitivo. Questo problema riguarda soprattutto la protezione del promissario acquirente, che si trova in una posizione di vulnerabilità se il contratto preliminare non è stato trascritto prima dell’apertura della procedura concorsuale.
Pagamenti effettuati prima dell’apertura della procedura: Un altro aspetto delicato è quello dei pagamenti parziali o totali effettuati dal promissario acquirente prima dell’apertura del fallimento. La giurisprudenza e la dottrina discutono sulla possibilità che tali pagamenti possano essere considerati come prededucibili, ossia aventi un diritto di prelazione rispetto ad altri creditori, o se essi debbano essere restituiti alla massa fallimentare.
Prezzo concordato nel preliminare: Il prezzo stabilito nel contratto preliminare potrebbe non essere rispettato durante la fase di liquidazione, soprattutto se il valore del bene è cambiato nel frattempo. Questo crea incertezze per entrambe le parti e potrebbe rendere difficile la stipula del contratto definitivo.
Preliminari per l’acquisto dell’abitazione: In questo ambito, il legislatore ha introdotto una disciplina speciale per tutelare l’acquirente di immobili destinati ad abitazione, soprattutto alla luce delle frequenti crisi del settore immobiliare. La legge 210/2004 e il D.Lgs. 122/2005, così come le successive modifiche, hanno cercato di garantire la protezione del promissario acquirente in caso di fallimento del costruttore, prevedendo, ad esempio, l’obbligo per il venditore di rilasciare una fideiussione a garanzia delle somme versate.
La disciplina di questi aspetti ha subito significativi cambiamenti con l’introduzione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che ha riformato in maniera sostanziale la legge fallimentare. Tuttavia, il percorso di queste riforme è stato travagliato, caratterizzato da oscillazioni e aggiustamenti, anche in seguito all’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che hanno fornito un’interpretazione sistematica della normativa previgente.
Il Decreto Legislativo correttivo al Codice della crisi ha cercato di armonizzare e risolvere alcune delle contraddizioni emerse, ma la materia rimane estremamente complessa e soggetta a continui sviluppi giurisprudenziali. Il ruolo delle Sezioni Unite è stato fondamentale nel delineare i criteri interpretativi della disciplina, cercando di bilanciare le esigenze di tutela dei creditori con quelle del promissario acquirente, soprattutto in un contesto sociale che vede nell’acquisto della casa un bisogno primario da tutelare.
La disciplina del contratto preliminare nelle procedure di crisi, in particolare nel contesto del fallimento e della liquidazione giudiziale, è caratterizzata da una notevole complessità e da continue evoluzioni normative e giurisprudenziali.
Disciplina generale e principio di scelta del curatore: In base al principio generale, la scelta di continuare o sciogliere i contratti in corso, compresi i preliminari, spetta al curatore fallimentare. Tuttavia, questa regola è stata oggetto di deroghe e adattamenti. In particolare, il trattamento del credito del promissario acquirente nel caso di scioglimento del contratto è stato disciplinato sia dalla legge fallimentare (art. 72, comma 4 e comma 7) sia dal nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza (art. 172, comma 4). In entrambi i casi, il credito derivante dal mancato adempimento del contratto è riconosciuto, ma senza che sia dovuto il risarcimento del danno.
Tutela del preliminare immobiliare: Una particolare attenzione è stata riservata ai contratti preliminari aventi per oggetto immobili destinati ad abitazione principale del promissario acquirente o alla sede principale della sua attività d’impresa. In tal caso, il D.L. 669/1996, convertito in L. 30/1997, ha introdotto l’art. 2645 bis nel Codice civile, che prevede la possibilità di trascrivere il contratto preliminare di vendita immobiliare. La trascrizione consente al promissario acquirente di ottenere una tutela rafforzata in caso di fallimento del promittente venditore.
Privilegio speciale: Se il curatore si scioglie dal preliminare trascritto prima del fallimento, il credito per gli acconti sul prezzo versati viene riconosciuto come privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto, purché gli effetti della trascrizione non siano cessati alla data della dichiarazione di fallimento (art. 73, comma 7, L. fall.). Questa tutela è stata ulteriormente rafforzata con l’introduzione del comma 8, che estende la protezione anche agli immobili destinati all’attività d’impresa dell’acquirente.
Esclusione dalla revocatoria: Infine, il D.Lgs. 169/2007 ha introdotto una disposizione specifica (art. 67, lett. c) che esclude dalla revocatoria fallimentare le vendite e i preliminari di vendita trascritti, purché conclusi a giusto prezzo e aventi ad oggetto immobili destinati ad attività d’impresa.
In sintesi, la disciplina del contratto preliminare nelle procedure concorsuali si è evoluta per fornire maggiori garanzie ai promissari acquirenti, soprattutto nel contesto immobiliare, cercando di bilanciare le esigenze di tutela dei creditori e dei consumatori/acquirenti in una situazione di crisi.
L’articolo 72, comma 8, della legge fallimentare introduce una significativa deroga al principio generale secondo cui spetta al curatore fallimentare decidere se subentrare o sciogliere i contratti pendenti al momento della dichiarazione di fallimento. In particolare, nel caso del contratto preliminare avente per oggetto un immobile destinato ad abitazione principale del promissario acquirente o alla sede principale della sua attività d’impresa, la facoltà di scelta non è più del curatore, ma viene attribuita al terzo in bonis, ovvero all’acquirente.
Principio di successione ex lege del curatore
Secondo il comma 8 dell’art. 72 L. fall., il curatore è obbligato a subentrare nel contratto preliminare, senza possibilità di sciogliersi da esso, trasformandosi di fatto nel promittente venditore ex lege. Questo comporta che il contratto preliminare vincola entrambe le parti, e il curatore deve adempiere agli obblighi del promittente venditore, trasferendo la proprietà dell’immobile all’acquirente, senza condizioni aggiuntive.
Problemi relativi alla cancellazione delle ipoteche
Uno dei problemi applicativi più complessi riguarda la sorte delle iscrizioni ipotecarie sull’immobile oggetto del preliminare. Il nodo centrale è se l’adempimento del contratto preliminare da parte del curatore possa essere considerato equivalente a una vendita coattiva fallimentare, che comporta la cancellazione delle ipoteche ai sensi dell’art. 108, comma 2, L. fall. Questo articolo prevede che, in caso di vendita fallimentare, le iscrizioni ipotecarie siano cancellate. Tuttavia, la natura contrattuale dell’adempimento del preliminare rende incerta l’applicabilità di questa disposizione.
Orientamenti giurisprudenziali contrastanti
La questione ha dato origine a diversi orientamenti giurisprudenziali. Alcuni tribunali, come quelli di Messina e Cagliari, hanno ritenuto ammissibile la cancellazione delle ipoteche, equiparando la vendita attuata dal curatore in esecuzione del preliminare a una vendita coattiva fallimentare. Altri tribunali, come quello di Milano, hanno invece negato tale possibilità, sottolineando la natura privatistica del contratto preliminare.
La sentenza della Cassazione n. 3310/2017
La Cassazione, con la sentenza n. 3310 del 2017, ha affermato che il trasferimento della proprietà in esecuzione di un contratto preliminare ai sensi dell’art. 72, comma 8, L. fall. deve essere considerato alla stregua di una vendita fallimentare, con conseguente applicazione dell’art. 108, comma 2, L. fall., e quindi con la cancellazione delle ipoteche. Tuttavia, la motivazione della sentenza è stata criticata per la sua scarsa argomentazione e per la mancata considerazione dei diritti dei creditori ipotecari.
Ordinanza della Cassazione n. 16166/2023
Di fronte alla persistenza di un forte contrasto tra gli orientamenti giurisprudenziali, la Cassazione, con l’ordinanza n. 16166 dell’8 giugno 2023, ha richiesto al Primo Presidente di valutare la rimessione della questione alle Sezioni Unite. Il quesito centrale è se l’art. 108, comma 2, L. fall. sia applicabile anche alle vendite attuate in forma contrattuale dal curatore in adempimento di un contratto preliminare, in cui egli è subentrato ex lege, senza il ricorso a una procedura competitiva e pubblicizzata.
Conclusioni
L’art. 72, comma 8, L. fall. rappresenta una deroga significativa nel sistema della legge fallimentare, imponendo la successione ex lege del curatore nei contratti preliminari e sollevando questioni complesse, soprattutto in relazione alla cancellazione delle ipoteche. La giurisprudenza è ancora divisa su questa materia, e la decisione delle Sezioni Unite potrebbe chiarire definitivamente l’applicabilità dell’art. 108, comma 2, L. fall. alle vendite attuate in esecuzione di un contratto preliminare.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7337 del 19 marzo 2024, hanno affrontato la questione cruciale dell’incompatibilità tra la vendita coattiva e la vendita privatistica in esecuzione di un contratto preliminare trascritto. Questa sentenza rappresenta un punto di svolta, chiarendo in maniera definitiva che l’art. 108, comma 2, della legge fallimentare non è applicabile ai trasferimenti di proprietà effettuati dal curatore in esecuzione di un contratto preliminare trascritto.
Incompatibilità tra vendita coattiva e vendita privatistica
Le Sezioni Unite hanno stabilito che la cancellazione delle iscrizioni ipotecarie, pignoramenti e altri vincoli da parte del giudice delegato, prevista dall’art. 108, comma 2, L. fall., è concepibile solo nel contesto di una vendita coattiva. Questo tipo di vendita è caratterizzato da una procedura aperta e competitiva, finalizzata a realizzare il miglior prezzo possibile per il bene acquisito all’attivo fallimentare, nell’interesse di tutti i creditori. La vendita coattiva è quindi intrinsecamente legata alla funzione liquidatoria del fallimento, in cui il giudice delegato ha il potere di emettere un decreto di cancellazione delle ipoteche.
La vendita in esecuzione del preliminare: una vendita privatistica
Al contrario, la vendita attuata dal curatore in esecuzione di un contratto preliminare, nel quale è subentrato ex lege, è considerata una vendita privatistica. Nonostante il coinvolgimento del curatore e l’autorizzazione del comitato dei creditori, questa vendita non perde il suo carattere originario di vendita volontaria, stipulata tra privati. Le Sezioni Unite hanno ritenuto che l’assimilazione di tale vendita a una vendita coattiva sia priva di fondamento giuridico. In particolare, la Corte ha criticato l’argomento che tale vendita possa essere considerata “concorsuale” e quindi soggetta alle stesse regole della vendita fallimentare, inclusa la cancellazione delle iscrizioni ipotecarie.
Critica alla precedente giurisprudenza
La sentenza n. 7337/2024 ha espressamente criticato la precedente decisione della Cassazione n. 3310 del 2017, che aveva esteso l’applicazione dell’art. 108, comma 2, L. fall. alle vendite effettuate dal curatore in esecuzione di un preliminare trascritto. Le Sezioni Unite hanno sottolineato che questa estensione non trova alcun riscontro normativo e che la giustificazione addotta dalla sentenza del 2017 era basata su un’interpretazione erronea e su un’analogia forzata tra due tipi di vendita giuridicamente distinti.
Conclusioni delle Sezioni Unite
In conclusione, le Sezioni Unite hanno escluso la possibilità di cancellare le iscrizioni ipotecarie nel caso di trasferimenti attuati dal curatore in esecuzione di un contratto preliminare, ribadendo l’incompatibilità tra la natura privatistica di tale vendita e il regime della vendita coattiva fallimentare. Questa decisione ha quindi segnato un ritorno a una rigorosa distinzione tra le diverse modalità di liquidazione dei beni nel contesto del fallimento, rispettando la specificità di ciascuna procedura e garantendo la tutela dei diritti dei creditori ipotecari.
La recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, n. 7337 del 19 marzo 2024, ha confermato l’inapplicabilità dell’art. 108, comma 2, della legge fallimentare alle procedure di trasferimento immobiliare effettuate dal curatore fallimentare in esecuzione di un contratto preliminare trascritto. Questo pronunciamento fornisce un chiarimento definitivo riguardo al conflitto tra il diritto del promissario acquirente di un immobile destinato all’uso abitativo e il diritto di prelazione e sequela del creditore ipotecario.
Inapplicabilità della purgazione ipotecaria
La sentenza stabilisce che la cancellazione delle iscrizioni ipotecarie e delle trascrizioni, prevista dall’art. 108, comma 2, L. fall., si applica esclusivamente alle vendite fallimentari che hanno natura coattiva e che fanno parte del processo di liquidazione dell’attivo fallimentare. In questo contesto, la vendita è finalizzata a massimizzare il realizzo a favore dei creditori attraverso un processo competitivo. Tuttavia, nel caso di esecuzione di un contratto preliminare, l’immobile promesso resta esterno alla massa attiva del fallimento, poiché il promissario acquirente ha già acquisito un diritto opponibile ai creditori tramite la trascrizione del preliminare.
Deroga del diritto allo scioglimento del contratto
L’art. 72, comma 8, L. fall., esclude la possibilità per il curatore di sciogliersi dal contratto preliminare trascritto, quando riguarda immobili destinati a uso abitativo o imprenditoriale. Questo implica che il curatore deve rispettare l’obbligo contrattuale, subentrando nel contratto e, se necessario, eseguendolo in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c., con una sentenza costitutiva che trasferisce la proprietà dell’immobile.
Esclusione della cancellazione delle ipoteche
Tuttavia, la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. non comporta la cancellazione automatica delle ipoteche o trascrizioni gravanti sull’immobile. La funzione della sentenza è semplicemente quella di trasferire la proprietà, lasciando inalterati gli eventuali vincoli. Di conseguenza, il promissario acquirente non può beneficiare della “purgazione” prevista dall’art. 108, comma 2, L. fall., poiché questa è riservata alle vendite coattive che rientrano nella liquidazione fallimentare.
Conseguenze per l’acquirente
Nel caso in cui l’immobile trasferito in esecuzione del preliminare resti gravato da ipoteche o altri vincoli, l’acquirente può far valere l’inadempimento del venditore (e quindi del curatore, subentrato nel contratto) ai sensi degli artt. 1482, 1483, e 1484 c.c., che disciplinano la vendita di beni gravati da garanzie reali o da vincoli. Questi articoli prevedono diverse tutele per l’acquirente, che potrebbe chiedere la risoluzione del contratto o una riduzione del prezzo, o ancora un risarcimento per l’evizione.
Persistenza della normativa nelle procedure in corso
La normativa fallimentare precedente, inclusa la disciplina dell’art. 108, comma 2, L. fall., continua a essere applicabile nelle procedure fallimentari ancora in corso durante la fase transitoria verso il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII). La sentenza n. 7337/2024, quindi, si inserisce in questo quadro normativo, fornendo un’interpretazione che rispetta i principi di diritto comune e correggendo le criticità emerse dalla precedente giurisprudenza, come la sentenza Cass. n. 3310 del 2017.
In sintesi, la sentenza delle Sezioni Unite n. 7337 del 2024 rafforza l’autonomia delle procedure di esecuzione del contratto preliminare rispetto alla liquidazione fallimentare, confermando che la purgazione delle iscrizioni ipotecarie non si applica a queste operazioni, ma rimane circoscritta alle vendite fallimentari coattive.
La disciplina del Codice della Crisi
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) ha introdotto una serie di modifiche significative alla normativa precedente, in particolare per quanto riguarda la tutela dei diritti del promissario acquirente e del creditore ipotecario. Queste modifiche hanno reso più complesso il panorama giuridico, introducendo nuovi meccanismi e regole che, in parte, riprendono e modificano principi già esistenti nella legislazione fallimentare.
1. Il Subentro del Curatore nel Contratto Preliminare: L’art. 173 del CCII conferma l’obbligo per il curatore fallimentare di subentrare nel contratto preliminare di vendita trascritto, relativo ad un immobile ad uso abitativo o destinato ad attività imprenditoriale. Tuttavia, contrariamente alla disciplina precedente, la nuova normativa prevede che il promissario acquirente debba avanzare la sua pretesa di esecuzione del contratto attraverso il procedimento di accertamento del passivo, piuttosto che con un’azione giudiziale ordinaria. Questo spostamento del contesto giuridico trasforma la natura della pretesa, che da obbligazione contrattuale (facere) si converte in una rivendicazione della proprietà del bene, da risolvere nel concorso dei creditori.
2. Rideterminazione del Prezzo e degli Acconti: Un aspetto innovativo e controverso del CCII riguarda la possibilità di rideterminare il prezzo dell’immobile oggetto del preliminare. Il legislatore ha introdotto un meccanismo per limitare l’opponibilità alla massa dei creditori degli acconti versati dal promissario acquirente. Secondo la normativa, l’opponibilità è ridotta alla metà degli acconti versati, obbligando l’acquirente a integrare la parte rimanente del prezzo, che non viene riconosciuta come opponibile alla massa fallimentare. Questo crea un’inefficacia relativa degli acconti versati, valida solo nei confronti della massa e non nei confronti dell’originario promittente venditore nel caso di ritorno in bonis.
3. Applicazione dell’Effetto Purgativo: Il CCII, con il comma 4 dell’art. 173, estende l’effetto purgativo previsto per le vendite coattive concorsuali, disciplinato dall’art. 217 CCII (ex art. 108 L. fall.), anche alle vendite effettuate in esecuzione di un contratto preliminare. Questo comporta che, nel caso in cui il curatore proceda alla vendita in esecuzione del preliminare, le iscrizioni ipotecarie e le trascrizioni relative ai diritti di prelazione, pignoramenti e sequestri vengano cancellate dal giudice delegato. Si tratta di una rilevante deroga ai principi del diritto comune, in particolare al diritto di sequela del creditore ipotecario sancito dall’art. 2808 c.c., e alla disciplina sulla cancellazione delle ipoteche prevista dagli artt. 2878 e 2882 c.c.
4. Criticità e Deroghe: L’estensione dell’effetto purgativo anche alle vendite in esecuzione del preliminare appare come una significativa deviazione dai principi tradizionali del diritto fallimentare e delle esecuzioni, poiché trasforma una vendita che, in origine, non aveva finalità liquidatorie in una che, di fatto, può incidere sui diritti dei creditori ipotecari. Questa disposizione contrasta con la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, che aveva chiarito la distinzione tra la vendita coattiva fallimentare, con i relativi effetti purgativi, e la vendita effettuata dal curatore in adempimento di un preliminare.
Conclusione: Il Codice della Crisi ha introdotto innovazioni che tentano di bilanciare la tutela del promissario acquirente e del creditore ipotecario, ma con scelte normative che, in parte, sembrano contraddire i principi consolidati dalla giurisprudenza. La natura ibrida del nuovo sistema, dove elementi di diritto concorsuale si mescolano con principi di diritto contrattuale, genera incertezze interpretative che potrebbero richiedere ulteriori interventi normativi o interpretativi per stabilizzare la disciplina applicabile alle vendite in esecuzione di contratti preliminari trascritti.
Le Modifiche del Decreto Correttivo del 2024
Il decreto correttivo varato dal Consiglio dei Ministri il 10 giugno 2024 ha introdotto significative modifiche al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), mirate a mitigare il conflitto tra il diritto alla casa e il diritto di credito, con un’attenzione particolare alla protezione dei promissari acquirenti di immobili destinati ad abitazione principale.
1. Estensione dell’Effetto Purgativo: Il decreto ha confermato l’estensione dell’effetto purgativo, originariamente previsto per le vendite coattive concorsuali, anche ai trasferimenti effettuati in adempimento di un contratto preliminare. Questo significa che, una volta riscosso integralmente il prezzo di vendita, il giudice delegato può procedere alla cancellazione delle ipoteche e degli altri vincoli sull’immobile. Questo intervento, volto a tutelare il “diritto alla casa”, sacrifica gli interessi del creditore ipotecario, ponendo l’accento sulla protezione sociale del promissario acquirente, considerato in molti casi parte più debole.
2. Introduzione del Diritto di Contestazione del Prezzo: Per bilanciare la deroga ai diritti del creditore ipotecario, è stato introdotto un nuovo comma 3 bis all’art. 173 del CCII, che riconosce al creditore ipotecario il diritto di contestare la congruità del prezzo pattuito nel preliminare tramite un’impugnazione. Questa contestazione, disciplinata dall’art. 206, comma 3, può portare allo scioglimento del contratto qualora si dimostri che il prezzo fosse inferiore al valore di mercato di almeno un quarto al momento della stipula del contratto. Questa misura introduce una sorta di “revocatoria fallimentare” a tutela del creditore ipotecario, permettendogli di contestare contratti ritenuti pregiudizievoli.
3. Possibilità di Correzione del Prezzo da Parte del Promissario Acquirente: Il promissario acquirente, per evitare lo scioglimento del contratto, può sanare la situazione versando la differenza tra il prezzo pattuito e quello accertato come congruo. Tuttavia, questa correzione deve avvenire prima che il collegio decida sull’impugnazione del creditore ipotecario, secondo quanto previsto dall’art. 207, comma 3. Questo obbligo pone il promissario acquirente in una posizione delicata, richiedendo un rapido intervento finanziario per mantenere l’efficacia del contratto.
4. Modifiche alla Disciplina degli Acconti: Un’altra modifica significativa riguarda la disciplina degli acconti versati dal promissario acquirente. La regola originaria, che limitava l’opponibilità alla massa dei creditori alla metà degli acconti versati, è stata rivista. Ora, l’opponibilità è ripristinata per l’intero importo, a condizione che il promissario acquirente dimostri che i pagamenti siano avvenuti tramite mezzi tracciabili. Questo cambiamento mira a garantire la trasparenza e la correttezza delle transazioni, condizionando la tutela del promissario acquirente al rispetto delle norme fiscali e alla tracciabilità dei pagamenti.
5. Correttezza della Negoziazione e Onere della Prova: Il decreto ha rafforzato l’importanza della trasparenza e della correttezza nelle negoziazioni preliminari. Il promissario acquirente deve dimostrare che i pagamenti effettuati siano avvenuti in conformità agli obblighi fiscali e in modo tracciabile. La mancata osservanza di questi obblighi comporta la non opponibilità degli acconti alla massa dei creditori, influendo negativamente sui diritti del creditore ipotecario.
Conclusioni: Il decreto correttivo del 2024 introduce un sistema più equilibrato tra la tutela del diritto alla casa e le ragioni del credito. Da un lato, viene rafforzata la protezione del promissario acquirente, in particolare per quanto riguarda la sua capacità di mantenere l’efficacia del contratto preliminare e l’opponibilità degli acconti. Dall’altro, il creditore ipotecario ottiene un nuovo strumento per contestare i contratti lesivi dei suoi diritti, in particolare in relazione alla congruità del prezzo di vendita. Queste modifiche rappresentano un tentativo del legislatore di conciliare due diritti fondamentali, cercando di bilanciare le esigenze sociali con quelle economiche.
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STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno Viale Giulio Cesare, 59 – 00192 – Roma
Mercoledì 18 settembre, aRoma, presso la Sala del Carroccio del Campidoglio, dalle ore 15 alle ore 19, verrà svolto un interessante e formativo convegno sulla Crisi d’impresa e i connessi debiti tributari.
In questo convegno, organizzato dall’associazione VERSOilFUTURO dell’Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno, incollaborazione con l’ONA dell’Avv. Ezio Bonanni, si affronteranno le problematiche connesse al debito tributario per le imprese in crisi e come affrontarlo, con un riferimento anche alle problematiche economiche causate dall’utilizzo di amianto per le imprese, come si evince dal Caso Avon.
Durante l’evento interverranno diversi illustri relatori di elevato spessore professionale e altamente specializzati nella materia trattata, tra cui il Prof. Avv. Antonio Caiafa, Consigliere del Consiglio dell’Ordine Avvocati di Roma e Coordinatore della Commissione di Crisi d’impresa e della Commissione di Diritto Societario.
La sentenza in oggetto della Suprema Corte di Cassazione conferma quanto sostenuto e affrontato anche in sede giudiziaria riguardo ad altre cause similari, affrontate dall’Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno in collaborazione con l’Avv. Ezio Bonanni (storico esperto della materia).
Da quanto evinto, si conferma sia che l’esposizione all’amianto è nociva ed è ancora un annoso problema da risolvere sia che la conseguente violazione del diritto alla salute deve essere punita, riconoscendo a favore dei lavoratori e dei comuni cittadini, vittime della succitata esposizione, un equo risarcimento del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale, per responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana.
Nella vicenda esaminata dalla Suprema Corte, i due imputati, ex dirigenti di uno stabilimento in cui si era verificata la diffusione di polveri sottili di amianto, erano accusati di plurimi omicidi colposi. Le vittime erano sia ex dipendenti dello stabilimento, sia persone estranee alla fabbrica che avevano avuto contatti con particelle di amianto o risiedevano nelle vicinanze.
La Corte di Cassazione, annullando la sentenza della Corte d’Appello, ha inizialmente circoscritto la posizione di garanzia dei due imputati al periodo 1981-1985. Durante questo quadriennio, uno degli imputati era stato Amministratore Delegato e l’altro direttore di stabilimento. Entrambi, dopo il 1985, avevano rivestito posizioni dirigenziali senza poteri decisionali effettivi. La Suprema Corte ha stabilito che la posizione di garanzia è limitata a coloro che, nei vertici aziendali, detengono concreti poteri decisionali in materia di sicurezza sul lavoro, non bastando la semplice attribuzione formale di una carica apicale. Questa posizione è supportata da precedenti giurisprudenziali, come la sentenza Cass. 55005/2017, che ha ribadito che l’inclusione nel board aziendale non è di per sé sufficiente per assumere una posizione di garanzia, a meno che non vi sia una partecipazione reale ai processi decisionali, con specifico riferimento alla sicurezza e all’igiene del lavoro.
Definito il periodo di garanzia, la Corte ha affrontato il tema della patogenesi del mesotelioma, malattia correlata all’esposizione all’amianto. Secondo la III Consessus Conference, il mesotelioma si sviluppa attraverso due fasi distinte: la fase di induzione, in cui ogni esposizione successiva all’amianto contribuisce allo sviluppo della malattia, e la fase di progressione o latenza, durante la quale ulteriori esposizioni non influenzano più il decorso della malattia. La separazione tra queste due fasi è segnata dal cosiddetto “failure time”, momento a partire dal quale le esposizioni aggiuntive all’amianto diventano irrilevanti.
La questione cruciale per la Corte è stata determinare se il “failure time” si collocasse nel periodo in cui i due imputati esercitavano la loro posizione di garanzia o successivamente. Per raggiungere una conclusione su questo punto, la Corte ha indicato che il giudice di merito deve basarsi su leggi scientifiche consolidate e applicarle al caso concreto, valutando l’affidabilità delle teorie scientifiche attraverso una rigorosa analisi della letteratura e l’ausilio di esperti indipendenti. Questo processo deve essere in linea con i principi stabiliti dalla giurisprudenza, in particolare dalla sentenza Cozzini, la quale afferma che la prova del nesso di causalità tra le violazioni delle norme di sicurezza sul lavoro e la morte per mesotelioma di un lavoratore deve essere fondata su solide basi scientifiche che dimostrino l’effetto acceleratore della protrazione dell’esposizione dopo l’iniziazione del processo cancerogeno.
Nel caso specifico, la Suprema Corte ha rilevato che la valutazione del nesso causale da parte dei giudici di merito non ha rispettato pienamente il percorso metodologico indicato dalla sentenza Cozzini. Sebbene fosse stata riconosciuta l’incertezza riguardo al momento della prima esposizione all’amianto e alla durata effettiva del periodo di latenza, la Corte d’Appello aveva collocato il “failure time” dieci anni prima della diagnosi tumorale, basandosi su un riferimento non argomentato da parte di un consulente tecnico.
Infine, la Suprema Corte ha censurato la Corte d’Appello anche riguardo alla ricostruzione del nesso causale nei casi di asbestosi, ritenendo che la correlazione tra esposizione all’amianto e decesso delle vittime non fosse stata adeguatamente investigata per il periodo in cui i due imputati avevano ricoperto posizioni di garanzia.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, lo scorso 23 febbraio c.a., ha stabilito un principio fondamentale a tutela del principio inviolabile per antonomasia, ossia il diritto alla salute, confermando in tal modo quanto sostenuto sia nelle annose battaglie giudiziarie portate avanti da più di 20 dall’Avv. Ezio Bonanni, che insieme all’Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno rappresenta e tutela le vittime dell’amianto, sia nelle attività di informazione e nei convegni divulgativi dell’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto (osservatorioamianto.com) edell’associazione VERSOilFUTURO (versoilfuturo.org).
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Digitare il download sottostante per ascoltare la spiegazione dell’Avv. Ezio Bonanni riguardo ai termini della prescrizione inerenti alla richiesta di risarcimento danni a causa dell’esposizione all’amianto:
La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 13 febbraio 2024 nel caso Jann-Zwicker e Jann contro Svizzera (ricorso n. 4976/20) affronta questioni cruciali relative ai termini di prescrizione per la rivendicazione del risarcimento del danno, specialmente in contesti di malattie provocate dall’esposizione all’amianto.
Fatti del Caso
Un uomo che aveva vissuto vicino a una fabbrica Eternit e aveva giocato in aree contenenti tubi di amianto si era ammalato di mesotelioma da adulto. Il divieto di utilizzo dell’amianto in Svizzera era stato introdotto solo nel 1989. L’uomo si era ammalato nel 2004 e morì nel 2006. Poco prima della sua morte, aveva denunciato l’azienda, ma senza esito. Dopo la sua morte, i familiari intrapresero un’azione civile, respinta dai giudici nazionali a causa del presunto decorso del termine di prescrizione di dieci anni, calcolato dal momento in cui l’uomo si era allontanato dalla casa familiare.
Sentenza della Corte Europea
La Corte europea ha riconosciuto che, pur concedendo agli Stati un margine di discrezionalità nel determinare i termini di prescrizione, questi devono tener conto del fatto che la manifestazione di malattie legate all’amianto può avvenire molti anni dopo l’esposizione. Pertanto, il termine di prescrizione dovrebbe iniziare a decorrere dal momento in cui la malattia si manifesta e non dal momento dell’ultima esposizione all’agente nocivo.
Applicazione dell’Articolo 6 della Convenzione Europea
La Corte ha chiarito che l’articolo 6 della Convenzione, che garantisce il diritto a un processo equo e alla durata ragionevole del processo, include il diritto di accesso a un tribunale. Questo diritto deve essere sostanziale ed effettivo, non meramente teorico. I limiti temporali devono essere proporzionati e non devono compromettere l’essenza del diritto di accesso alla giustizia.
Conclusioni della Corte
La Corte ha concluso che il sistema di prescrizione svizzero, applicato rigidamente senza considerare il momento della manifestazione della malattia, ha violato il diritto dei ricorrenti di accedere a un tribunale, compromettendo l’essenza stessa di tale diritto. Inoltre, è stato ritenuto che anche il diritto alla durata ragionevole del processo sia stato violato.
Risarcimenti
La Corte ha condannato lo Stato svizzero a risarcire i ricorrenti con 20.800 euro per danni non patrimoniali e 14.000 euro per le spese legali sostenute.
Questa sentenza sottolinea l’importanza di un’applicazione flessibile dei termini di prescrizione nei casi di malattie a lunga latenza, come quelle causate dall’amianto, garantendo così l’effettività del diritto di accesso alla giustizia.
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SENTENZA
STRASBOURG 13 February 2024
This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 § 2 of the Convention. It may be subject to editorial revision.
In the case of Ja. -Zw.r and Ja. v. Switzerland,
The European Court of Human Rights (Third Section), sitting as a Chamber composed of:
Pere Pastor Vilanova, President, Jolien Schukking,
Yonko Grozev,
Peeter Roosma,
Ioannis Ktistakis,
Andreas Zünd,
Oddný Mjöll Arnardóttir, judges, and Milan Blaško, Section Registrar,
Having regard to:
the application (no.4976/20) against the Swiss Confederation lodged with the Court under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”) by two Swiss nationals, Ms Regula Ja. -Zw.r and Mr Gr.Ja. (“the applicants”), on 14 January 2020;
the decision to give notice to the Swiss Government (“the Government”) of the complaints concerning access to a court and the length of the proceedings and to declare inadmissible the remainder of the application;
the parties’ observations;
Having deliberated in private on 23 January 2024,
Delivers the following judgment, which was adopted on that date: INTRODUCTION
1.The present case concerns the applicants’ complaints under Article6§1 of the Convention about an alleged breach of their right of access to a court on account of the manner in which the beginning of the ten-year absolute limitation period in respect of asbestos-related claims for damages had been determined by the domestic courts. It also concerns the length of the proceedings at issue.
THE FACTS
2.The applicants were born in 1948 and 1983, respectively; they live in Thalwil and Zürich, respectively. They were represented by Mr M. Ha., a lawyer practising in Zürich.
3.The Government were represented by their Agent, Mr A. Chablais, of the Federal Office of Justice.
4.The facts of the case may be summarised as follows.
BACKGROUND OF THE CASE
5.The applicants are, respectively, the widow and son of Ma.Ja. , who was born in 1953. From 1961 until 1972 Ma.Ja. lived with his parents in Niederurnen in a house owned by and rented from a company, Et.AG (hereinafter “Et.”), in the immediate vicinity of Et.’s factory grounds, where fibrous asbestos minerals were processed into asbestos cement panels. According to his own statements, Ma.Ja. had frequently been exposed to asbestos from the Et. factory at that time in several ways. Firstly, the dust emissions from the factory had regularly entered through his open bedroom windows. Secondly, as a child, Ma.Ja. had often played on and around panels and pipes used by the Et. factory. Furthermore, he had regularly watched the unloading of the asbestos bags at the railway station. After moving away from Niederurnen in 1972 at the age of 19 – again according to his own statements – he had never again been in contact with asbestos.
6.A general ban on asbestos was introduced in Switzerland in 1989 (seeHowald Moorand Others v. Switzerland, nos. 52067/10 and 41072/11, § 9, 11 March 2014).
7.In the autumn of 2004 Ma.Ja. was diagnosed with malignant pleural mesothelioma (pleural cancer) that was presumed to have been induced by exposure to asbestos. He died from the illness on 30 October 2006 at the age of 53.
8.In July 2006 (that is, prior to his death) Ma.Ja. expressed, in written form, his wish that his rights in respect of his asbestos-caused disease be upheld and that his claims and those of his heirs be enforced – even after his death.
PROCEEDINGS BEFORE THE DOMESTIC COURTS
Criminal proceedings initiated by Ma.Ja. before his death
9.On 18 September 2006 Ma.Ja. lodged a criminal complaint alleging grievous bodily harm with the investigating authority (Verhöramt) of the Canton of Glarus.
10.On 9 October 2006, after undertaking certain initial investigative measures, the investigating authority decided not to initiate an investigation.
11.On 12 September 2007 the Glarus Cantonal Court (Kantonsgericht) upheld that decision.
12.On 11 August 2008 the Federal Court (Bundesgericht) dismissed an appeal against that decision.
Mediation proceedings initiated by the applicants after Ma.Ja. ’s death
13.On 23 March 2009 the applicants lodged an application with the mediator’s office (Vermittleramt) of the Canton of Glarus of the case. Ahearing was held on 3June 2009, but no agreement could be found.
Civil proceedings initiated by the applicants after Ma.Ja. ’s death
Before the Cantonal Court
14.On 16 July 2009 the applicants, as Ma.Ja. ’s legal heirs, brought an action in the Glarus Cantonal Court against the following counterparties (the four defendants): a) Et. (Schweiz) AG, as the alleged legal successor of the company (Et.AG, see paragraph 5 above) that had operated the Niederurnen factory and had owned the house in which Ma.Ja. had lived during the period in question; b) the two sons (Stephan andThomas Schmidheiny) of Et.’s previous owner (Max Schmidheiny), who had both held senior positions in Et. in the 1970s and 1980s; and c) Swiss Federal Railways (Schweizerische Bundesbahnen, SBB). Their action encompassed contractual and non-contractual claims for damages that cited several grounds for liability – namely, liability arising from land ownership (Haftung aus Grundeigentum), from a rental contract (Haftung aus Mietvertrag), from ownership of a factory (Werkeigentümerhaftung), from tort (Haftung aus unerlaubter Handlung oder Unterlassung) and from the ownership of a business (Geschäftsherrenhaftung). They sought 110,000 Swiss francs (CHF), plus interest, in compensation for the emotional distress suffered by Ma.Ja. .
15.The applicants argued that neither their contractual nor extra-contractual claims had become time-barred. In respect of contractual liability they argued that the limitation period provided by law began to run from the moment that the claim became due (which was when the damage occurred) – that is, (in the case in question) when Ma.Ja. had died in October 2006 (see paragraph 7 above). In respect of non-contractual liability they argued that both the one-year relative limitation period (that is, the period that started to run from the moment of becoming aware of the damage in question and the identity of the person liable for that damage) and the ten-year absolute limitation period (that is, the length of time after which the matter in question is always statute-barred) had not yet elapsed. While the criminal proceedings had been ongoing, the beginning of the relative limitation period had been put off until the final judicial decision had been delivered in August 2008 (see paragraphs 9-12 above). Likewise, the beginning of the absolute limitation period had only begun to run with the commission of the “harmful act” (schädigende Handlung), which was to be interpreted as the point in time at which the harm (that is to say damage) had first become manifest. Lastly, the limitation period in respect of omissions (Unterlassung – that is, a failure to act) had begun to run at the last possible moment at which the defendants could have acted to prevent or mitigate any damage – which in Ma.Ja. ’s case had been in the early 2000s, when his cancer had been in its initial stages. The applicants further argued that their interpretation of the underlying domestic provisions was also required by Article 6 of the Convention, as a rejection of their claims on the grounds that the relevant time-limit had lapsed would render their right of access to a court purely fictitious.
16.On 29 March 2012 the Cantonal Court rejected the applicants’ claims on account of the lapse of the limitation period. It also noted that the claim for damages from a rental contract was brought against the wrong defendant (because the original company, Et.AG, had sold the house in question before it had been restructured several times and eventually resulted in the company called Et. (Schweiz) AG). Referring to the case-law of the Federal Court, the Cantonal Court held in essence that limitation periods began to run when a claim became due. In cases of tort claims in respect of personal injury (whether caused by an act or failure to act), a claim became due when the act (or failure to act) that had caused the injury in question took place – even in the event that its consequences became apparent only later. To link the beginning of the limitation period to the perception of injuries would be to counteract legal certainty, which was the main purpose of the existence of a time-limit. Therefore, in the present case, the claim had become due at the latest in 1972, when Ma.Ja. had moved away from his parents’ home (see paragraph 5 above). The claim had accordingly become statute-barred ten years later – that is, in 1982.
The Cantonal Court further held that this interpretation of the underlying domestic provisions was in conformity with Article 6 of the Convention. Referring again to the case-law of the Federal Court, it considered that the right of access to a court, as guaranteed by Article 6 of the Convention, was not absolute and that a limitation period of ten years constituted a proportionate length of time and that it served the purpose of legal certainty – especially considering that the State afforded other means of relief to asbestos victims under the accident-insurance law
(Unfallversicherungsrecht): specifically, in the form of care services (Pflegeleistungen), pension benefits (Rentenleistungen) and “integrity compensation” (Integritätsentschädigung) – irrespective of whether or not the limitation period had elapsed.
Before the Court of Appeal
17.On 4 July 2012 the applicants lodged an appeal with the Court of Appeal (Obergericht) of the Canton of Glarus.
18.On 4 October 2013 the Court of Appeal upheld the judgment of the Cantonal Court, referring again to the relevant case-law of the Federal Court regarding the start of limitation periods. As regards omissions, it held that it had been correct to link the beginning of the limitation period to Ma.Ja. ’s exposure to asbestos, given the fact that that event (and not any subsequent failure to inform him) had caused the harm in question. In any event, any specific duty to inform him would have ended when the dangers of asbestos had become known to the public in the 1980s. A claim in this respect would thus have also become statute-barred before the applicants had lodged their claim in 2009 (see paragraph 14 above). The Court of Appeal further referred to the case- law of the Federal Court affirming the compatibility – within the context of asbestos-related cases
of the underlying domestic provisions regarding time-limits with Article 6 of the Convention.
Before the Federal Court
19.On 6 November 2013 the applicants lodged an appeal with the Federal Court. At the same time, they also requested the suspension of the proceedings until the delivery of a decision in the case of HowaldMoorandOthers (cited above), which was then pending before the Court. The applicants maintained that the limitation period in respect of contractual claims would only start to run from the moment that the claim in question arose – in their case at the earliest from the outbreak of Ma.Ja. ’s illness (namely, in 2004). To hold otherwise would mean that compensation claims would routinely be time-barred in view of the long latency period between the moment of exposure to asbestos and the outbreak of the disease of mesothelioma. The applicants also submitted that in the 1980s the specific conditions of Ma.Ja. ’s exposure to asbestos (that is, non- direct and non-permanent) had not yet been known to have the potential to give rise to health- related dangers.
Interpreting the underlying domestic provisions in such a manner that claims such as that lodged by the applicants were deemed to be time-barred was in breach of their right of access to a court under Article 6 of the Convention, as the application of the relevant time-limit would systematically deprive the persons concerned of effective legal redress. Given the fact that the latency period of the disease of mesothelioma was between fifteen and twenty-five years (whereas the statutory time-limit for lodging a claim was ten years), asbestos victims would never have a chance to act in a timely manner. Such a time-limit could not serve the legitimate aim of creating legal certainty for debtors (Schuldner) in cases like the instant one – that is to say in the
event that victims were unaware that a tortious act had occurred, the victims’ inaction in respect of that tort claim (for example, the fact that they did not lodge a claim with a court) could not create the expectation that they had relinquished or would relinquish such claims.
(a)Suspension of the proceedings before the Federal Court
20.On 8 April 2014 – after the Court had delivered its judgment in the case concerning Howald Moor and Others (cited above) on 11 March 2014 – the Federal Court suspended the proceedings, having decided to await the outcome of the proposed revision of the legal provisions (relating to the limitation periods that applied to the lodging of various kinds of claims under civil law) which was then being debated in Parliament (see paragraph 28 below).
21.On 30 June 2014 the applicants lodged a request with the Federal Court for it to reconsider the suspension of the proceedings. They noted that the judgment in the case of Howald Moor and Others (cited above) had become final on 11 June 2014 and argued that there was no reason for the continued suspension; they argued that the domestic courts should not wait for a revision of the legal provisions relating to the statute of limitations but should rather interpret the domestic law, as in force at that time, in a Convention-compliant way. Thus, a further delay in the proceedings would violate both the Constitution and Article 6 of the Convention.
22.On 3 July 2014 the Federal Court refused the applicant’s request for it to reconsider the suspension of the proceedings, deeming that there had been no change in circumstances that could justify such a step.
23.On 15 June 2018 Parliament voted to revise the statute of limitations and extended the absolute limitation period at issue to twenty years, without retroactive effect (see paragraph 31 below).
24.On 31 August 2018 the applicants again lodged a request with the Federal Court for it to end the suspension of the proceedings, referring to the above-mentioned revision by Parliament of the statute of limitations (see paragraph23 above). The counterparties (the four defendants), on the other hand, pleaded in their submissions of 20, 24 and 25 September and15October, respectively, that the proceedings should remain suspended until the entry into force of the new legal provisions.
(b)Resumption of the proceedings before the Federal Court
25.On 6 November 2018 the Federal Court allowed the applicants’ request and resumed the proceedings. It noted that the legal reform had been adopted by Parliament on 15 June 2018 (see paragraph 31 below) and that no referendum had been announced in respect of it before the deadline for doing so (namely, 4 October 2018). Consequently, the reason for suspending the proceedings had ceased to exist.
26.On 6 November 2019 the Federal Court upheld the judgment of the Court of Appeal (see paragraph 18 above) and dismissed the applicants’ claims (BGE 146 III 25). Noting that a foundation had been set up to administer a compensation fund for asbestos victims (Stiftung Entschädigungsfonds für Asbestopfer – hereinafter “the EFA Foundation”; see paragraphs 33-34 below), it held that the new domestic provisions regarding the statute of limitations – which extended the absolute limitation period in cases of killing or causing bodily injury to twenty years
were not applicable to the applicants’ case. The Federal Court pointed out that, as regards the interpretation of limitation period, it had not changed its case-law since the delivery of the judgment in Howald Moor and Others (cited above), contrary to what the applicants had argued. Consequently, a limitation period began to run when the harmful act in question was committed – not when knowledge was acquired of the harm caused. In respect of contractual liability, the moment at which the injuring party breached its contractual duties, whether by act or failure to act, constituted the relevant point in time; in respect of non-contractual claims, the breach of the duty of care constituted the relevant point in time. Therefore, all claims based on acts committed in or before 1972 had become statute-barred by the time that the applicants had brought their action in 2009.
27.The Federal Court furthermore held that the right of access to a court guaranteed by Article 6 of the Convention, as interpreted by the Court in its judgments in the cases of Howald Moor and Others (cited above) and Stubbings and Others v. the United Kingdom (22 October
1996, Reports of Judgments and Decisions 1996-IV), was compatible with the existence of absolute limitation periods. On the basis of this understanding of Article 6 of the Convention, it was not disproportionate to dismiss a claim thirty-seven years after the last possible moment at which the harmful act in question had occurred. In the light of this, it could remain open to question to what extent the setting-up of the EFA Foundation (see paragraphs 33-34 below) constituted one of the other possible solutions (under the existing legislation) in respect of claiming damages, as it had been called for in the judgment in Howald Moor and Others (cited above, § 78) – irrespective of whether the applicants would indeed be able to benefit from the EFA Foundation.
3. OTHER RELEVANT DEVELOPMENTS AT DOMESTIC LEVEL CONCERNING ASBESTOS VICTIMS
Legislative reform of the statute of limitations for claiming damages in cases of killing of persons or bodily injury
28.On 29 November 2013 the Federal Council (Bundesrat) submitted draft legislative proposals to Parliament with a view to the latter body amending the limitation periods that applied to the lodging of certain kinds of claims under civil law, including, notably, a proposal that the ten-year absolute limitation period be increased to thirty years (see HowaldMoorandOthers, cited above, §§ 42 and 54-57). No transitional provisions were set out in respect of persons whose claims had already become time-barred under the law as then in force.
29.On 14 August 2014 the Legal Affairs Committee (KommissionfürRechtsfragen) of the National Council (Nationalrat) proposed the creation of a special compensation fund for asbestos victims whose claims had become time-barred. On 28 May 2015 the proposal was withdrawn in view of the results of a round table on asbestos held in February 2015 (see paragraph33 below).
30.On 15 December 2015 the Council of States (Ständerat), as the second chamber of the State parliament, proposed a transitional solution for asbestos victims. On 29 May 2018 the transitional solution was revoked in view of the creation of the EFA Foundation in March 2017 (see paragraphs 33-34 below).
31.On 15 June 2018 Parliament enacted a new statute of limitations, which, inter alia, added new provisions to the Code of Obligations (Obligationenrecht). The absolute limitation period for claiming damages in respect of the killing of a person or of bodily injury was increased from ten to twenty years, starting from the moment at which the harmful conduct in question occurred or ceased (see the new Article 60 § 1bis and the new Article128a of the Code of Obligations in paragraphs 41-42 below). No referendum was proposed in respect of the legislative changes before the deadline for doing so (namely, 4 October 2018), and the new provisions entered into force on 1 January 2020.
32.The records of the parliamentary debates show that the discussions also touched upon the question of the determination of the point in time at which the running of the limitation periods begins (dies a quo). In this context, it was also noted that the law could not solve all problems and that the Federal Court would have to contribute to finding a solution in practice. Notably the issue of the running of the limitation period in the case of illnesses that manifest themselves only after a long period of time has passed needed to be addressed by the domestic courts.[1]
The setting-up of the EFA Foundation
33.On 26 February 2015 a round table was held on the initiative of the authorities to discuss the difficulty faced by asbestos victims in lodging claims for damages and to find consensual solutions for those victims who could not benefit from mandatory (professional) accident insurance (Unfallversicherung). As a result, it was decided to set up a special private-law foundation to administer a compensation fund for asbestos victims – the EFA Foundation. It was formally founded on 28 March 2017 and became operational on 1 July 2017.
34.Under the EFA Foundation’s regulations governing compensation payments (Entschädigungsreglement – hereinafter the “Compensation Regulations”) – as adopted on 9 May 2017 – persons in whom the symptoms of mesothelioma had become apparent only after 1 January 2006 could apply for benefits from the EFA Foundation (Articles 3 and 8 of the Compensation Regulations). A “hardship clause” (Härtefall-Klausel) provided for the possibility to obtain an analogous solution in a “hardship situation” (Article14 of the Compensation Regulations). However, the Compensation Regulations did not define what a “hardship situation” was.
In order to qualify to receive benefits from the EFA Foundation, the persons concerned had to formally waive their right to lodge any claim for damages with the domestic courts (Article 13 of the Compensation Regulations). Persons who had already lodged claims for compensation with the courts prior to the Compensation Regulations entering into force on 1 July 2017 could receive benefits from the EFA Foundation only if they provided proof that all procedural steps had been formally abandoned – that is, that their claims had been withdrawn (Article 2 of the Compensation Regulations).
35.On 31 March 2022 – that is, after the Government had been given notice of the present application – the Compensation Regulations were amended so as to provide the possibility for persons in whom the symptoms of mesothelioma had appeared after 1996 (not only after 2006) to apply to the EFA Foundation to receive benefits (the amended Articles 3 and 8 of the Compensation Regulations), with retroactive effect.
36.The Government submitted that approximately 120 people are diagnosed with mesothelioma every year in Switzerland. Of these, some twenty to thirty persons are not entitled to benefits from the (mandatory) accident insurance, but only to those from the (mandatory) health insurance and (mandatory) invalidity insurance, which are less advantageous. According to the information available on the website of the EFA Foundation,[2] approximately 200 people are diagnosed with mesothelioma every year in Switzerland;[3] the majority of those cases have been caused by exposure to asbestos – mostly within the course of those persons’ professional lives. Furthermore, again according to the information available on the website of the EFA Foundation, exposure to asbestos can lead to mesothelioma “also forty-five or more years [after exposure]” (auch nach 45Jahren und mehr). According to the 2022 activities report of the EFA Foundation, as published on its website, 335 people applied to it requesting benefits between its creation in 2017 and the end of 2022 – an average of about five applications per month. In 2022, thirty applications were received.
Execution of the Howald Moor and Others judgment
37.On 11 March 2014 the Court delivered its judgment in the case of Howald Moor and
Others (cited above),which concerned claims for damages based on malignant pleural mesothelioma which had been caused by exposure to asbestos but which had been ruled to be time-barred by the domestic courts. The Court notably considered that – taking into account the existing legislation in Switzerland in respect of similar situations, and without wishing to prejudge other possible solutions that could be contemplated – where it was scientifically proven that a person had been unable to know that he or she was suffering from a certain disease, such a circumstance (that is, the ignorance on the part of the sufferer) should be taken into account when calculating the limitation period (Howald Moor and Others, cited above, §78). In the process of the execution of that judgment, the Government informed the Committee of Ministers that, inter alia, the EFA Foundation had been set up and that the absolute limitation period had been extended to twenty years (see paragraphs 31-34 above). On the basis of a Government action report of 3 April 2019 (document DH-DD(2019)403), the Committee of Ministers declared, on 25 September 2019, that it had exercised its functions under Article 46 § 2 of the Convention in respect of that case and had decided to close the examination thereof (ResolutionCM/ResDH(2019)232).
RELEVANT LEGAL FRAMEWORK AND PRACTICE
DOMESTIC LAW IN FORCE AT THE MATERIAL TIME
38.Article 60 § 1 of the Code of Obligations (Obligationenrecht) concerned the time-limit in respect of obligations in tort and read, at the relevant time, as follows.
“The right to claim damages [der Anspruch aufSchadenersatz] or satisfaction [oderGenugtuung] becomes statute-barred three years from the date on which the person suffering damage became aware of the damage [in question] and of the identity of the person liable for it, but in any event ten years after the date on which the harmful conduct occurred or ceased.”
39.Article 130 § 1 of the Code of Obligations defined the start of the limitation period as follows: “The limitation period commences as soon as the debt is due.”
40.Under section 100(7) of the Federal Act on the Federal Court (Bundesgesetz über das Bundesgericht), an appeal may be lodged against an unlawful dismissal of or delay [in issuing] a decision (unrechtmässiges Verweigern oder Verzögern eines Entscheids) at any time.
LEGISLATIVE REFORM ENACTED IN 2018
41.Following the legislative reform in respect of the statute of limitations enacted by Parliament on 25 June 2018 (which came into force on 1 January 2020 – see paragraphs28-31 above), a new absolute limitation period of twenty years in the case of the killing of a person or of bodily injury is now provided under Article 60 § 1bis of the Code of Obligations, which reads – in so far as relevant – as follows:
“In the case of the killing of a person or bodily injury, the right to claim damages or satisfaction becomes statute-barred three years from the date on which the person suffering damage became aware of the damage [in question] and of the identity of the person liable for it, but in any event twenty years after the date on which the harmful conduct occurred or ceased.”
42.A similar new provision has been added in respect of contractual claims under Article 128a of the Code of Obligations, which reads as follows:
“Claims for damages or satisfaction arising from [the infliction of] bodily harm or the killing of a person, in breach of [duties arising from] a contract [vertragswidrig], shall become statute-barred three years after the day on which the injured party became aware of the damage, but in any event twenty years after the day on which the harmful conduct occurred or ceased.”
43.The wording of the existing Article 134 § 1 (6) of the Code of Obligations was amended and now states that the limitation period does not begin and stands still if it has begun, for as long as a claim cannot be asserted before a court for objective reasons (solange eine Forderung aus objektiven Gründen vor keinem Gericht geltend gemacht werden kann).
DOMESTIC PRACTICE
44.The relevant domestic practice – notably as regards the starting point for the calculation of the limitation period (dies a quo) in the light of the case-law of the Federal Court – was summarised in the judgment delivered in respect of the case of Howald Moor and Others (cited above, §§ 47- 48). In short, the starting point is determined according to the time at which the harmful act in question took place (or ended) and not according to the time at which the effects of that act began to be felt – even if this means that the limitation period ends before the effects manifest themselves. Furthermore, in its decision of 16 November 2010 (BGE137III16) – which was at issue in the case of Howald Moor and Others (cited above, §§ 34-39) – the Federal Court also noted that the latency period between exposure to asbestos and the manifestation of mesothelioma was between fifteen and forty-five years.
45.In a decision of 6 November 2019 (that is, on the same day as that on which the Federal Court issued its decision in respect of the present case – see paragraphs 26-27 above), the Federal Court partially granted an appeal lodged by the heirs of an asbestos victim who had been exposed to asbestos in the course of his professional duties over a long period of time (BGE146III 14). It noted, firstly, that it was not true (as argued by the complainants) that it had changed its case-law after the judgment in Howald Moor and Others (cited above). It further held, as regards the relevant former limitation period (see paragraphs 38-39 above), that if the victim had been exposed to asbestos for an uninterrupted period of time and if, from a medical point of view, it was not possible to determine the exact moment at which the disease had been caused, then the harmful act in question corresponded to the length of that exposure to asbestos. Assuming that no protective measure had been taken during the entire time of the employment relationship (which had only ended in 1998), the absolute limitation period had started to run only from the moment of the victim’s last exposure to asbestos. The Federal Court concluded that – provided that no adequate protective measure had been taken for the entire duration of the employment relationship (which the court at the previous level of jurisdiction would have to re- examine) – the claims lodged by the victim’s heirs had not become absolutely time-barred at the moment when the counterparty had declared its waiver of the statute of limitations (Verjährungsverzicht – that is to say the counterparty had declared that it would not make use of its right to invoke the statute of limitations).
THE LAW
1. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 § 1 OF THE CONVENTION AS REGARDS THE RIGHT OF ACCESS TO A COURT
46.The applicants complained that they had been denied access to a court, in breach of Article 6 § 1 of the Convention, which reads:
“In the determination of his civil rights and obligations … everyone is entitled to a fair … hearing … by [a] … tribunal …”
Admissibility
47.The Government submitted that Article 6 of the Convention was not applicable to the present case, as limitation periods constituted substantive law under Swiss legislation.
48.The applicants insisted that the present case did not differ from the one examined in Howald Moor and Others v. Switzerland, nos. 52067/10 and41072/11, 11 March 2014, and that there was therefore no reason to change the Court’s practice. They submitted that neither the Federal Court nor the Government had denied that Swiss law in principle allowed claims to be lodged in respect of instances of unlawful bodily injury, and that the Government did not argue that these had been examined in the proceedings before the domestic courts.
49.The Court notes that in the case of Howald Moor and Others (cited above, § 67), it declared admissible very similar complaints to the present one. It sees no reason not to do so in the present case. It reiterates that Article6 of the Convention applies to disputes of a “genuine and serious nature” concerning the existence of a right which can be said, at least on arguable grounds, to be recognised under domestic law, as well as to the scope or manner in which it is exercised. Where, at the outset of the proceedings, there was a serious and genuine dispute about the existence of such a right, the fact that the domestic courts concluded that the right did not exist does not remove, retrospectively, the arguability of the applicants’ claim (see Zand Others v. the United Kingdom [GC], no. 29392/95, §§ 87-89, ECHR2001-V).
50.The Court concludes that the complaint is neither manifestly ill-founded nor inadmissible on any of the grounds listed in Article 35 of the Convention and must therefore be declared admissible.
Merits
Submissions by the parties
(a)The applicants
51.The applicants insisted that their right of access to a court had been violated on account of the absolute limitation period set out by the former (and the new) domestic legislation, given the long latency period that characterised asbestos-related illnesses. The impugned domestic judgments had systematically applied the provisions of that legislation without taking into account the circumstances of Ma.Ja. – despite the fact that his case had concerned mesothelioma, which could often only be detected after a latency period of twenty-five or more years – at the earliest shortly before the onset of that illness.
52.The proceedings in respect of the present case had been limited to the question of the application of the statute of limitations. The argument that the case had become statute-barred had therefore constituted a procedural obstacle that had denied the complainants access to a court. The applicants’ case had not been judged materially owing to that obstacle; consequently, their right of access to a court had been impaired. The applicants further pointed out that the Government had correctly not argued that there had been no legal basis under domestic legislation for claims for damages arising from the causing of unlawful bodily harm.
53.In the applicants’ view, the Federal Court had disregarded the judgment in Howald Moor and Others (cited above). Furthermore, the Federal Court had noted that it had not amended its practice in cases of late-onset damage caused by exposure to asbestos. The applicants further took issue with the Federal Court’s view that it “could not infer from the judgment in Howald Moor and Others (cited above) that absolute limitation periods – in the sense of a general substantive rule – should be excluded and that a claim lodged thirty-sevenyears after the [causing of] alleged damage should still be accepted [for examination]”. They also referred to several articles published in the legal literature discussing different possible ways of interpreting domestic legislation, such as a different determination of the diesa quo or a suspension of the running of the limitation period under Article134 § 1 (6) of the Code of Obligations (see paragraph 43 above).
54.The applicants maintained that the absolute limitation period did not pursue a legitimate purpose in cases involving damage caused by exposure to asbestos, as it rendered it impossible for victims to lodge claims after their becoming aware of such damage. They further questioned whether the restrictive nature of the statute of limitations was proportionate to the aim of protecting the debtor; they submitted that the Government had failed to recognise that the Court had never provided a maximum limitation period in any of its decisions, and that the Court was not concerned with specific time limits but rather with ensuring that people who had suffered bodily injury could have their claims examined by domestic courts. The applicants further reiterated that Ma.Ja. had lodged his claim only a short time after he had become aware that he was suffering from an asbestos-related disease and about thirty-four years after his last exposure to asbestos. An absolute time limitation of ten years – and now twenty years following the above- mentioned legislative reform (see paragraph 31 above) – was generally disproportionate in view of the lateness of the onset of the damage suffered by asbestos victims.
55.As regards the EFA Foundation, the applicants submitted that the possibility for asbestos victims to claim benefits from it did not provide redress for the Convention violation; moreover, the Federal Court had never asserted that the benefits disbursed by the EFA Foundation constituted such redress. On the one hand, there was no legal or enforceable right to those benefits; on the other hand, the applicants would have to explicitly renounce their right to benefits under domestic law and to the judicial enforcement thereof. In any event, Ma.Ja. ’s heirs would not be able to benefit from the EFA Foundation, as his illness had manifested itself before 2006. Moreover, the EFA Foundation did not offer a solution for any other person who had become ill before 2006. Once the circle of possible beneficiaries of the EFA Foundation had been enlarged by the inclusion of those persons in whose cases the disease manifested itself after 1996 (and not only after 2006 – see the changes adopted to the Compensation Regulations in March 2022 in paragraph 35 above), the applicants maintained that any possible benefits they might receive would be much lower than what they could claim under civil law. In addition, they would have to withdraw the claims that they had already lodged with the courts, which would mean that the legal costs they had incurred thus far would have been lost. In summary, they had no intention of applying to receive benefits from the EFA Foundation.
56.The applicants concluded that there were no differences between their case and that
of Howald Moor and Others (cited above) that would justify a deviation from the Court’s findings in the latter case. The applicants (and other similarly affected persons) had de facto been denied access to a court (in violation of Article 6 § 1 of the Convention) on account of the interpretation of the underlying provisions under which claims lodged by injured persons could become time- barred before the persons concerned could objectively have become aware of the damage that they had incurred.
(b)The Government
57.The Government denied that there had been an interference with the very essence of the applicants’ right of access to a court in view of the in-depth analysis carried out by the domestic courts. The applicants had not been prevented from lodging their complaints at several levels of jurisdiction. The two cantonal courts had examined the arguments submitted by the applicants and had concluded that their claims had become time-barred in view of the absolute statute of limitations. The Federal Court had also examined the question of limitation periods in the light of its own case-law and the relevant legal literature, as well as of the Convention and the Court’s case-law – in particular the judgment that it had delivered in respect of the case of Howald Moor and Others (cited above). In sum, the Government, referring to Markovic and Others v.Italy([GC], no. 1398/03, §§ 105 and 115, ECHR2006-XIV), were of the opinion that the applicants had had access to a court – even though the examination of their case by the domestic courts had been limited by the fact that one of the substantive preconditions had not been met.
58.The Government also noted that in its judgment delivered in respect of the case of Howald Moor and Others (cited above, § 72, with further references) the Court had reiterated the legitimate aim of limitation periods. The legislature had taken into account that aim by prescribing the limitation periods set out in Articles 60 § 1 and 130 § 1 of the Code of Obligations (see paragraphs 38-39 above). The fact that in respect of illnesses with a long latency period a claim could become time-barred (under certain conditions) even before the injured person in question discovered that he or she was suffering from such an illness was ultimately inherent in a system in which national laws provided an absolute limitation period. Such absolute limitation periods were not excluded in the light of the Court’s case-law.
59.As regards the question of proportionality, the Government referred to the Federal Court’s judgment in the present case (see paragraphs 26-27 above) in which it had concluded that it was not disproportionate to consider as time-barred a claim that had not been lodged until some thirty-seven years after the last possible moment at which the harmful act in question had occurred. The Federal Court had taken into consideration the fact that in the present case, thirty- seven years had passed between the harmful act in question (the applicant’s exposure to asbestos in 1972 at the latest) and the lodging of a claim in July 2009. That fact was also what set this case apart from that of Howald Moor and Others (cited above) in which twenty-seven years had passed between the end of the exposure of the applicant in that case to asbestos in 1978 and the lodging of a claim in 2005. Even the original legislative amendment proposed by the Federal Council of thirty years as the absolute limitation period (see paragraph 28 above) would not have sufficed for the instant case not to have been statute-barred, while (by contrast) it would have sufficed in the case of Howald Moor and Others (cited above). The Government further emphasised the fact that almost five years had elapsed between the discovery of the illness and the lodging of a claim and almost three years between Ma.Ja. ’s death and the lodging of a claim – as opposed to only seventeen months in the case of Howald Moor and Others (cited above). Furthermore, in one case, the relative limitation period of three years would have been respected, whereas in the other it would not. Therefore, even with an absolute limitation period of forty years, the applicants’ claim would still have been time-barred because it had been lodged more than three years after the discovery of the illness. Another difference between the present case and that of Howald Moor and Others (cited above) lay in the fact that Ma.Ja. had never been exposed to asbestos in the course of his professional activities, unlike the victim in the case of Howald Moor and Others (cited above).
60.The Government also referred to another judgment of the Federal Court that had also been delivered on 6 November 2019 (see paragraph 45 above) in which that court had arrived at a different conclusion after analysing the precise circumstances of that other case. In particular, the Federal Court had held in that case that – provided that no adequate protective measures had been taken for the entire duration of the employment relationship (a question that would have to be re-examined at the previous level of jurisdiction) – the claims in question had not become absolutely time-barred. The Government submitted that that clarification had therefore led to an extension of the absolute limitation period in that case (and in similar cases), which demonstrated that the Federal Court had examined in each case the proportionality of the application of limitation periods.
61.The Government furthermore noted the extension of the absolute limitation period to twenty years in the event of death or bodily injuries and the setting-up of the EFA Foundation (see paragraphs 31-34 above). When drawing up those solutions for asbestos victims, the legislature had carefully weighed the interests involved – that is, the interests of asbestos victims against (i) the interests of potential defendants in not being indefinitely faced with the possibility of complaints being lodged even after a very long time had elapsed and (ii) the interests of the public in legal certainty. The Government stated that the legislature enjoyed in this area a certain margin of appreciation. They stressed that the applicants had not tried to obtain compensation from the EFA Foundation on the basis of the “hardship clause” (see paragraph 34 above); nor had they tried to obtain compensation from the EFA Foundation on the basis of the circle of possible beneficiaries having been enlarged by the inclusion of those persons in whom the disease had become apparent only after 1996 (and not only after 2006 – see the changes made to the Compensation Regulations in March 2022 in paragraph 35 above). They also referred to the general measures taken in response to the Court’s judgment in the case of Howald Moor and Others (cited above), on the basis of which the Committee of Ministers had ended its supervision of the execution of that judgment (see paragraph 37 above).
62.The Government considered that it was essential to bear in mind the fact that the system of social insurance in Switzerland already permitted the large-scale compensation of asbestos victims and their relatives. Furthermore, other possibilities to obtain reparation (including obtaining reparation from the EFA Foundation) should also be taken into account. Between 2017 and November 2021, the EFA Foundation had provided financial support in over 100 cases of mesothelioma, and over 150 persons had been helped and advised by its “Care-Service” (that is, a service providing those concerned and their families with advice and answers to questions). Over CHF10,000,000 had been allocated. That demonstrated that it constituted a simple and rapid mechanism. The applicants had however deliberately omitted to lodge a request with the EFAFoundation.
63.Lastly, the Government maintained that the applicants’ complaint was of a fourth-instance nature and that it was not the Court’s task to deal with errors of fact or law allegedly committed by a national court unless and in so far as such errors might have infringed rights and freedoms protected by the Convention.
The Court’s assessment
(a)General principles established in the Court’s case-law
64.The right of access to a court was established as an aspect of the right to a fair hearing guaranteed by Article 6 § 1 of the Convention in Golder v.the United Kingdom (21 February 1975, §§ 28-36, Series A no. 18). In that case, the Court – referring to the principles of the rule of law and the avoidance of the arbitrary exercise of power, which underlay much of the Convention – found that the right of access to a court constituted an inherent aspect of the safeguards enshrined in Article 6. Thus, Article 6 § 1 secures to everyone the right to have a claim relating to his civil rights and obligations brought before a court (see Grzeda v. Poland [GC], no. 43572/18, § 342, 15March 2022, and Zubac v. Croatia [GC], no. 40160/12, § 76, 5 April 2018, with further references).
65.Furthermore, the right of access to a court must be “practical and effective”, not “theoretical or illusory”. This observation is particularly true in respect of the guarantees provided by Article 6, in view of the prominent place held in a democratic society by the right to a fair trial (ibid., § 77, with further references). For the right of access to a court to be effective, an individual must have a clear, practical opportunity to challenge an act that constitutes an interference with his or her
rights (see Bellet v. France, 4December 1995, § 36, Series A no. 333-B), or a clear, practical opportunity to claim compensation in a court (compare Georgel and Georgeta Stoicescu v. Romania, no. 9718/03, §§ 74-76, 26 July 2011).
66.The Court reiterates that the access-to-court guarantees apply with the same degree of force to private disputes as they do to those involving the State. This is so because in both types of proceedings a party can be forced to bear a disproportionate financial burden in the form of covering the costs of the proceedings, which can ultimately result in a breach of that party’s right of access to a court. At the same time, the fact that one party to a dispute is a private party forms but one element to be considered when assessing the proportionality of the restriction of the right of access to a court (see Colic v.Croatia, no. 49083/18, § 53, 18 November 2021, with further references).
67.However, the right of access to the courts is not absolute and may be subject to limitations that do not restrict or reduce the access left to the individual in such a way or to such an extent that the very essence of the right is impaired. Furthermore, a limitation will not be compatible with Article6§1 of the Convention if it does not pursue a legitimate aim and if there is not a reasonable relationship of proportionality between the means employed and the aim sought to be achieved (see Baka v. Hungary [GC], no.20261/12, §120, 23 June 2016, with further references). For example, the right of access to a court is impaired when the rules cease to serve the aims of legal certainty and the proper administration of justice and form a sort of barrier preventing the litigant from having his or her case determined on the merits by the competent court (see Zubac, cited above, § 98, with further references).
68.As regards compensation for victims of bodily harm, the Court has held that the practical and effective nature of the right of access to a court may be impaired by limitation periods for lodging a claim (see, for example, Howald Moor and Others, cited above, §§ 79-80, and Esim v. Turkey, no.59601/09, §§ 25-26, 17 September 2013). In other words, the persons concerned should be entitled to take legal action where they were actually capable of evaluating the injury sustained, and making them subject to a limitation that expired before the date on which the injury was assessed might infringe their right to a tribunal (see Sanofi Pasteur v.France, no. 25137/16, § 53, 13 February 2020).
69.In the last-mentioned case that concerned a situation where one party’s right under the Convention (the applicant company’s right to legal certainty) came up against another party’s Convention rights (namely, the victim’s right to a tribunal), the Court held that the balancing of individual interests (which could well contradict each other) was a difficult matter and Contracting States must have a broad margin of appreciation in this respect. While it was not for the Court to interfere with the State’s policy choices aimed at striking the said balance in the context of the statute-barring of actions for damages, it could not criticise the choice according to which the domestic legal system lent greater weight to the right of victims of bodily injuries to a tribunal than to the right to legal certainty of those responsible for those injuries. It reiterated in that connection the importance that the Convention attaches to the protection of physical integrity, which falls within the ambit of Articles 3 and8 of the Convention (ibid., §§ 55-58).
70.Lastly, it is not the Court’s task to express a view on whether the policy choices made by the Contracting Parties defining the limitations on the right of access to a court are appropriate or not; its task is confined to determining whether their choices in this area produce consequences that are in conformity with the Convention. Similarly, the Court’s role is not to resolve disputes over the interpretation of domestic law regulating such access but rather to ascertain whether the effects of such an interpretation are compatible with the Convention (see Zubac, cited above, § 81, with further references). In laying down such regulation, the Contracting States enjoy a certain margin of appreciation. Whilst the final decision as to observance of the Convention’s requirements rests with the Court, it is no part of the Court’s function to substitute for the assessment of the national authorities any other assessment of what might be the best policy in this field. Nonetheless, the limitations applied must not restrict the access left to the individual in such a way or to such an extent that the very essence of the right is impaired. Furthermore, the right of access to a court includes not only the right to institute proceedings but also the right to obtain a determination of the dispute by a court (see Lupeni Greek Catholic Parish and Others v. Romania [GC], no. 76943/11, §§ 86 and 89, 29 November 2016, with further references).
(b)Application of these principles to the present case
(i) Factual circumstances of the present case in comparison with those in the case of Howald Moor and Others
71.The Court notes at the outset that the present case concerns the question of whether the applicants’ right of access to a court was infringed by the domestic courts declaring their claims for compensation to be time-barred. The applicants asserted that there were no differences between this case and the case of Howald Moor and Others (cited above) – an assertion with which the Government disagreed. The Court will thus begin by comparing the factual circumstances of these two cases in the light of the parties’ arguments.
72.The Government noted in particular that, unlike in the case of Howald Moor and Others (cited above), the victim in the present case had not been exposed to asbestos within a professional context; rather, the applicants alleged that he had been exposed by virtue of the fact that he had lived in the vicinity of the factory and train station where material containing asbestos had been processed (see paragraph 5 above). While this may hold true, the Court cannot draw any inferences in respect of the applicants’ Convention rights as to whether or not the cause of the victim’s mesothelioma lay in his place of occupation. In fact, the victim in the case of Howald Moor and Others (cited above) received a number of payments under the accident-insurance system (ibid., § 12), while the victim in the present case never did, as he was not entitled to any such payments. In both cases, however, the victims’ right to the protection of their physical integrity had been at stake.
73.By way of highlighting a further difference, the Government also noted that the victim in the case of Howald Moor and Others (cited above) had lodged his claim twenty-seven years after the end of the period during which he had been exposed to asbestos and seventeen months after being diagnosed with mesothelioma, while the victim’s heirs in the present case had done so thirty-seven years after the end of the period during which the victim had allegedly been exposed to asbestos and five years after he had been diagnosed with mesothelioma (with almost three years elapsing between the victim’s death and the lodging of the claim – see paragraph 59 above).
The Court cannot, however, overlook the fact that the victim in the present case first attempted to obtain redress by means other than bringing a civil action – namely, by lodging a criminal complaint with the investigating authority (see paragraph 9 above). He therefore took legal action (by lodging a criminal complaint) thirty-four years after the end of the period of his alleged exposure to asbestos and around two years after being diagnosed with mesothelioma. His heirs, in turn, lodged their claims one year after the final domestic decision dismissing his criminal complaint (see paragraphs 12-13 above). Be that as it may, the differences were only mentioned by the Government in their submissions but not by the Federal Court in its decision. It follows that the Federal Court itself did not deem the differences sufficiently pertinent so as to base its reasoning on them (see paragraphs26-27 above).
74.The Court furthermore notes that the new absolute limitation period of twenty years is not applicable to the present case; moreover, the parties did not argue that the new limitation period was applicable. It is consequently questionable whether the differences between this case and the case of Howald Moor and Others (cited above) are indeed so significant as to justify different approaches to the question of access to court. Indeed, the Court is not convinced by the Government’s arguments in this respect.
(ii)New developments in the form of the EFA Foundation and the applicants’ choice not to apply to it
75.The Court reiterates that the question of the compliance by the High Contracting Parties with its judgments falls outside its jurisdiction if it is not raised within the context of the “infringement procedure” provided for under Article46 §§ 4 and 5 of the Convention. Under Article 46 § 2, the Committee of Ministers is vested with the power to supervise the execution of the Court’s judgments and to evaluate the measures taken by respondent States. However, the Committee of Ministers’ role in the sphere of the execution of the Court’s judgments does not prevent the Court from examining a fresh application concerning measures taken by a respondent State in the execution of a judgment if that application contains relevant new information relating to issues undecided by the initial judgment (see Bochan v. Ukraine (no. 2) [GC], no. 22251/08, § 33, ECHR 2015, with further references). This is the situation as regards the instant case – besides having been lodged by different applicants than those in the case of Howald Moor and Others (cited
above) and concerning a different asbestos victim, the present case also touches upon developments that had not been addressed by the Court in the case of HowaldMoor and Others (cited above).
76.In this regard, the Court notes the creation of the EFA Foundation (see paragraph 33-34 above) in the context of execution of the judgment in Howald Moor and Others (cited above), which the Government claims to constitute a practical and non-bureaucratic means of ensuring that many of the persons concerned and/or their heirs can rapidly receive benefits. The Court furthermore notes that the circle of potential beneficiaries has recently been enlarged to include those persons whose mesothelioma manifested itself after 1996 instead of after 2006 (see paragraph 35 above). Nonetheless, while between 120 and 200 new cases of mesothelioma are registered in Switzerland every year (see the different figures mentioned in paragraph 36 above), the EFA Foundation has received an average of around sixty applications for benefits per year since its creation in 2017 (ibid.). It is not clear or known whether those who do not apply to the EFA Foundation do not do so because they are not eligible for benefits under its Compensation Regulations (see paragraphs 34-35 above), or whether they are eligible to compensation in other ways.
77.As regards the applicants in the present case, the Government seem to have indicated (see paragraphs 61-62 above) that they could and should have applied to the EFA Foundation for benefits. The Court notes, however, that at the time of lodging their application with the Court in January 2020, they did not belong to the circle of potential beneficiaries, as the symptoms of Ma.Ja. ’s mesothelioma had appeared before 2006 (see paragraph 34 above). As there is no definition of what constitutes a “hardship situation” in the Compensation Regulations of the EFA Foundation (ibid.), it is not clear whether the applicants’ situation could have fallen under the hardship clause. In any event, the applicants would also have had to withdraw their civil action – which was already pending before the domestic courts (ibid.) – and thus also bear the financial burden that the proceedings had imposed on them thus far. Furthermore, there does not seem to exist a right to obtain benefits, as an application lodged with the EFA Foundation constitutes a request made to a private-law foundation whose decisions cannot be appealed against before the courts (in the event, for example, that a request is refused). Moreover, one may only receive benefits from the EFA Foundation under the explicit condition that one renounces the possibility to lodge any claims in judicial proceedings (ibid.). Consequently, in the light of all this, the Court considers that the applicants cannot be reproached for not having opted to apply to receive benefits from the EFA Foundation. While the Court considers the creation of the EFA Foundation and the changes made in March 2022 to its Compensation Regulations (see paragraph 35 above) to be positive in principle, this does not change its conclusion in the present case in view of the above-mentioned legal conditions imposed on those seeking benefits by the Compensation Regulations.
(iii)The question of reasonable relationship of proportionality
78.Having compared the circumstances of the two cases, and reiterating that the aim of legal certainty pursued by statutes of limitations is a legitimate aim within the meaning of the Convention (see Howald Moor and Others, cited above, § 77), the Court will now turn to the question of whether a reasonable relationship of proportionality exists between the means employed and the aim sought (see Baka, cited above, § 120). The Court cannot agree with the arguments put forward by the Government in this respect. It notes firstly that there does not seem to be a scientifically recognised maximum latency period between exposure to asbestos and the manifestation of asbestos-caused mesothelioma. According to the EFA Foundation, it can take forty-five or more years after exposure to asbestos for mesothelioma to manifest itself (see paragraph 36 above); the Federal Court noted that latency periods could last for between fifteen and forty-five years (see paragraph 44 above). It follows that it is scientifically clear and proven that the latency period for asbestos-related mesothelioma can be relatively short or very lengthy.
79.The Court has already held that when it is scientifically proven that it is impossible for a person to know that he or she suffers from a certain illness, such a circumstance should be taken into account in the calculation of the limitation period (see Howald Moor and Others, cited above, § 78). In view of the long latency periods involved (see paragraphs 36, 44 and 78 above), it is therefore safe to assume that asbestos-related claims will always be time-barred in the case of a ten-year limitation period, and probably also very often in the case of a twenty-year limitation period under the new domestic provisions (see paragraphs 31 and 41-42 above), if at the same time the beginning of the limitation period (dies a quo) is linked to the (end of the) harmful act in question. In other words, the persons concerned will not be entitled to take legal action at the point that they were actually capable of evaluating the injury sustained because the limitation period will have expired before the date on which the injury could have been assessed
(see SanofiPasteur, cited above, § 53).
80.It is not the Court’s task to assess the policy choices made by the States defining the limitations on the right of access to a court, its task being confined to determining whether their choices in this area produce consequences that are in conformity with the Convention
(see Zubac, cited above, § 81). The Court notes that as a result of the determination of the dies a quo in the present case in line with the case-law of the Federal Court, the applicants did not have their claims for compensation examined materially. This would also be the case under the new statute of limitations if the same manner of determining the dies a quo is maintained. In fact, the question is not so much whether a ten-year or twenty-year or thirty-year or even longer absolute limitation period can, in theory, be in compliance with the Convention; rather, the determining issue is whether the application thereof – which involves the determination of the point in time at which a limitation period begins (diesaquo), as well as any possible suspension of the running of the limitation period – produces consequences that are in compliance with the Convention. The Court finds it significant that the legislature was well aware that amending the law alone could not solve the problem encountered in cases like the present one and that the domestic courts, first and foremost the Federal Court, would have to contribute to finding a solution in practice (see paragraph 32 above). It notes however that the Federal Court has explicitly held that it maintains its case-law as regards the interpretation of the limitation period and the manner of determining the dies a quo (see paragraphs 26 and 45 above).
81.Moreover, the Court reiterates that – as regards the requisite balancing exercise between the victim’s right of access to the courts and the defendant’s right to legal certainty (within the context of the statute-barring of actions for damages) – it could not criticise the choice according to which the domestic legal system lent greater weight to the right to a tribunal of victims of bodily injuries than to the right to legal certainty of those responsible for those injuries (see Sanofi Pasteur, cited above, §§ 55-58). In the present case, a contrary situation applied – despite the fact that the victim could for a long time not even have known that he had suffered damage. The Court can therefore not agree that the applicants’ right of access to a court has been practical and effective, in view of the manner of determining the dies a quo in respect of the running of the absolute limitation period. There does not seem to be a reasonable relationship of proportionality between the means employed and the aim sought. The domestic courts limited the applicants’ right of access to a court in such a way that the very essence of their right has been impaired. It follows that the State overstepped its margin of appreciation (see paragraph 70 above). There is consequently no reason to depart from the Court’s reasoning in the judgment that it delivered in respect of the case of Howald Moor and Others (cited above, §§ 74-80; see also paragraphs 73- 74 above).
(iv)Conclusion
82.The foregoing considerations are sufficient to enable the Court to conclude that in the exceptional circumstances that pertain to victims of asbestos exposure (in this regard, see
also SAS IVECO FRANCE v.France(dec.), no. 50018/17, §§ 33-44, 1 February 2022, where the Court accepted as Convention-compliant a specific evidentiary regime that applied to claims for compensation for anxiety-related harm caused to asbestos victims – notably the making of presumptions in favour of the asbestos victims that could be rebutted by demonstrating the existence of “grounds for exoneration from liability”), the application of the absolute limitation periods by the domestic courts – in particular the manner of determining the diesaquo in respect of the running of the absolute limitation period – resulted in the applicants’ right of access to a court being restricted to the point that the very essence of that right had been impaired.
83.There has accordingly been a violation of Article 6 § 1 of the Convention.
2. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 § 1 OF THE CONVENTION AS REGARDS THE LENGTH OF PROCEEDINGS
84.The applicants complained of the length of the domestic proceedings, which they considered excessive and therefore in breach of Article 6 § 1 of the Convention, which reads as follows.
“In the determination of his civil rights and obligations … everyone is entitled to a … hearing within a reasonable time by [a] … tribunal …”
Admissibility
85.The Government submitted that the complaint in respect of the length of the proceedings before the two cantonal courts was inadmissible for non-exhaustion of domestic remedies (see paragraph 91 below).
86.The applicants acknowledged that they had not complained before the Federal Court of the allegedly excessive length of time that each of the individual procedural steps taken by the cantonal courts had lasted; rather, in their submissions to the Court they had contested the efficiency of that remedy and had argued that this circumstance was nonetheless noteworthy when assessing the overall length of the proceedings (see paragraph 90 below).
87.The Court considers that the Government’s objection raises issues that are closely linked to the merits of the applicants’ complaint, as normally the whole of the proceedings in question must be taken into consideration (see König v. Germany, 28 June 1978, § 98 in fine, Series A no.27). It therefore decides to join the objection to the examination on the merits. It furthermore notes that the complaint is neither manifestly ill-founded nor inadmissible on any of the grounds listed in Article 35 of the Convention and therefore declares it admissible.
Merits
Submissions by the parties
(a)The applicant
88.The applicants complained of the allegedly excessive length of the domestic proceedings – notably those before the Federal Court. They noted that they themselves had requested a suspension of the proceedings before the Federal Court until an outcome was reached in the case of Howald Moor and Others (cited above) then pending before the Court, so as to avoid a negative decision being delivered by the Federal Court. However the Federal Court had ordered the suspension of the proceedings on 8 April 2014 – that is, only after the judgment in respect
of Howald Moor and Others (cited above) had been delivered. Furthermore, at that time it had already been known that the draft legal provisions then being discussed in Parliament did not include any transitional provisions; in any event, such provisions would have been of no use to the applicants as a new absolute limitation period of a maximum thirty years had from the start of the legal process of reforming the statute of limitations been the length of time under discussion (see paragraph28 above). The Federal Court had thus accepted that the proceedings would be delayed for several years; in the event, they had been delayed for more than four and a half years.
89.The applicants further emphasised that on 30 June 2014 they had lodged a request for the decision to suspend the proceedings to be reconsidered, and for the proceedings to be resumed (see paragraph 21 above). They had argued that new laws could not be applied retroactively and that awaiting the outcome of parliamentary discussions regarding a proposed legal reform – a process that often lasted years in Switzerland – constituted an inadmissible delay in proceedings that was contrary to the Convention and thereby constituted a denial of justice within the meaning of Article 6 § 1 of the Convention. Their request had, however, been refused on 3 July 2014 (see paragraph 22 above). Any further request that the proceedings be resumed would have been futile after that refusal. After the legislature had enacted the reform of the statute of limitation on 15 June 2018 (see paragraph 23 above), the applicants had again requested the resumption of proceedings on 31August 2018 (see paragraph 24 above). The Federal Court had eventually resumed the proceedings on 6 November 2018 (see paragraph 25 above) – that is, almost five months after Parliament had enacted the new domestic provisions. The applicants also considered it untenable that the Federal Court had needed another seven months to reach a decision after the last submissions had been lodged by the parties – particularly given that there had been no change in the factual or legal situation compared to the judgment in Howald Moor and Others (cited above) (that is to say their situation had been exactly the same as that faced by the applicants in Howald Moor and Others – the same facts and the same laws had applied). Furthermore, this had forced the applicants into lodging an application with the Court because the Federal Court had insisted on adhering to its own time-limit practice, even though that practice had been contrary to the Convention.
90.As regards the Government’s objection (see paragraph 91 below) that the applicants had not lodged any complaint with the Federal Court regarding the length of each of the individual procedural steps taken by the cantonal courts, the applicants conceded that that was true; however, they considered the remedy provided by section 100(7) of the Federal Act on the Federal Court (see paragraph 40 above) to be ineffective, as domestic legislation and case-law did not provide that any sanction should be imposed in the event of unlawful dismissals of or delays in issuing a decision. Instead, the proceedings would remain suspended at the lower level of jurisdiction during the time that a complaint regarding an alleged unlawful dismissal of or delay in issuing a decision was being assessed. Furthermore, the fact that it had taken more than four years simply for the question regarding the statute of limitations to be examined by cantonal courts at two levels of jurisdiction meant that it could not be considered that this matter had been dealt with “within a reasonable time”. That circumstance was noteworthy when assessing the overall length of the proceedings. The applicants lastly argued that the Court took into account in its case-law the overall length of the proceedings. Consequently, even though the length of each of the individual procedural stages had not been challenged, what was decisive for the assessment of the question of “reasonable time” within the meaning of Article6 § 1 of the Convention was the overall length of the proceedings. The applicants concluded that this requirement had not been complied with in the present case.
(b)The Government
91.The Government argued that the applicants had not complained of the allegedly unreasonable length of the cantonal proceedings before the Federal Court, even though they could have done so under section 100(7) of the Federal Act on the Federal Court (see paragraph 40 above). Consequently, that part of their complaint was inadmissible before the Court for non-exhaustion
of domestic remedies. The Government further considered that in any event, the fact that it had taken slightly more than four years for the question regarding the statute of limitations to be examined at two cantonal levels of jurisdiction could not be regarded as excessive.
92.As regards the length of proceedings before the Federal Court, the Government submitted that the period of one year between the resumption of the proceedings and the delivery of the final judgment had constituted a particularly short time, given the fact that there had been two exchanges of observations. Concerning the suspension of the proceedings, the Government stressed that it was the applicants themselves who, on 6November 2013 (see paragraph 19 above), had requested that the proceedings be suspended until the delivery of a decision by the Court in the case of Howald Moor and Others (cited above). On 11 March 2014 the Court had delivered its judgment in the latter case. Subsequently the Federal Court had decided on 8 April 2014 that it was reasonable to await the legal reform of the statute of limitations which had then been pending in Parliament (see paragraph 20 above). The applicants’ request of 30 June 2014 that the suspension of the proceedings be reconsidered had been refused by the Federal Court on 3 July 2014 (see paragraphs 21-22 above). After that date the applicants had not undertaken any further steps with a view to having the suspension of the proceedings lifted, even though they could have done so at any time. It had only been on 31 August 2018 (after the conclusion of the parliamentary debates regarding the proposed amendment to the statute of limitations) that the applicants had again requested that the proceedings be resumed (see paragraph 24 above). The four defendants had then been able to submit their positions regarding the applicants’ request (on 20, 24 and 25 September and 15 October 2018, respectively), arguing that the suspension of the proceedings should continue until the entry into force of the new legal provisions (ibid.). The proceedings had eventually been resumed on 6 November 2018 on the grounds that the reasons for the suspension were no longer valid (see paragraph 25 above). It followed that – contrary to the applicants’ assertions – the Federal Court had reacted immediately after being appraised by the four defendants of their respective positions.
93.In the Government’s view, the then on-going legal reform had potentially been decisive for the outcome of the present case – notably as regards the room for manoeuvre available to the Federal Court in its interpretation of the applicable limitation period. Moreover, until the end of the outcome of the above-mentioned parliamentary discussions regarding a proposed legal reform, it had not been possible to predict whether Parliament would include transitional provisions that would cover those falling under the old statute of limitations and if so, in what form. Furthermore, the fact that the EFA Foundation had been set up had also been decisive for the suspension. The suspension of the proceedings had, at that time, potentially been in the interests of the applicants, as the Federal Court could have simply rejected their complaints as time-barred under the law as then in force. It had, however, not been completely excluded that Parliament would provide an exception to the principle of non-retroactivity that would have benefitted the applicants.
94.Lastly, the Government noted that the applicants had lodged purely financial claims on behalf of the deceased Ma.Ja. . Given what had been at stake for them, the instant case therefore differed from others in which the Court had found that the suspension of proceedings had not been justified under the specific circumstances of those cases (see König, cited above, §§110- 111), or in which the Court had found that the suspension of the proceedings had been excessively lengthy (see Rezette v. Luxembourg, no.73983/01, § 32, 13 July 2004). The Government concluded that the present case had been particularly complex, with four different defendants – all of whom had been represented by different lawyers. Apart from the suspension of the proceedings before the Federal Court, there had not been any inactive phase during the domestic court proceedings. In the light of all the relevant criteria, the overall length of the proceedings over three levels of jurisdiction – from the introduction of the complaint on 6 July 2009 until the Federal Court’s ruling of 6 November 2019 – appeared reasonable.
The Court’s assessment
(a)General principles established in the Court’s case-law
95.The reasonableness of the length of proceedings must be assessed in the light of the circumstances of the case and in accordance with the following criteria: the complexity of the case, the conduct of the applicant and of the relevant authorities, and what was at stake for the applicant in the dispute (see, among many others, Lupeni Greek Catholic Parish and Others, cited above, § 143). Long periods during which the proceedings stagnate without explanations can be in breach of Article 6 § 1 of the Convention (see Beaumartin v. France, 24 November 1994, § 33, Series A no. 296-B). The person concerned is required only to show diligence in carrying out the procedural steps relating to him, to refrain from using delaying tactics and to avail himself of the scope afforded by domestic law for shortening the proceedings. He is under no duty to take action that is not apt for that purpose (see Unión Alimentaria Sanders S.A. v. Spain, 7 July 1989, § 35, Series A no.157).
96.In civil proceedings, the “reasonable time” referred to in Article 6 § 1 of the Convention normally begins to run from the moment at which proceedings were instituted before the relevant court (see Bock v. Germany, 29 March 1989, § 35, Series A no. 150, and Poiss v. Austria, 23 April 1987, § 50, Series A no. 117). As to when the period in question ends, it normally covers the whole of the proceedings in question – including appeal proceedings (see König, cited above, § 98 in fine) and extends right up to the decision which disposes of the dispute (see Poiss, cited above, § 50).
(b)Application of these principles to the present case
97.The Court notes at the outset that the applicants in essence complained of the allegedly excessive length of the proceedings before the Federal Court – most notably the protracted suspension thereof, rather than the length of the proceedings before the cantonal courts (which they nevertheless considered noteworthy when assessing the overall length of the proceedings). The Government on the other hand considered the suspension of the proceedings before the Federal Court to have been justified and the length of the proceedings before it reasonable, although they also conceded that there had been a phase of inactivity on the part of the Federal Court. They further argued that the case had been particularly complex and that only claims of a pecuniary nature had been at stake for the heirs of the deceased.
98.As regards the period to be taken into consideration, the Court notes that it began on 16 July 2009 (when the applicants brought proceedings before the Glarus Cantonal Court – see paragraph 14 above) and ended on 6November 2019 (when the Federal Court issued its decision regarding the applicants’ claims – see paragraph 26 above). It therefore lasted ten years and almost four months, over three levels of jurisdiction. The Court furthermore notes in this regard that the period of the proceedings that took place before the highest domestic court began on 6 November 2013 (when the applicants appealed to the Federal Court – see paragraph 19 above) and ended on 6November 2019 (with the delivery of the latter’s decision). The proceedings before the Federal Court thus lasted exactly six years.
99.As regards the reasonableness of the length of the proceedings, the Court can agree with the Government that the case was somewhat complex. It can further agree that, besides the suspension of the proceedings before the Federal Court from 8 April 2014 until 6 November 2018 (see paragraphs20-25 above), no other real phase of judicial inactivity can be detected from the material in the case-file, and nor has any such inactivity been indicated by the applicants. The question therefore arises whether the suspension for a period of four years and almost seven months was in compliance with the requirement that cases be heard within a “reasonable time” within the meaning of Article 6 § 1 of the Convention. For the below-stated reasons, the Court considers that – simply taken alone – the proceedings before the Federal Court in themselves did not comply with the standards set out under Article 6 § 1 of the Convention. It follows that even if the applicants had availed themselves of the above-noted remedy under section 100(7) of the Federal Act on the Federal Court (see paragraph 40 above) in respect of the proceedings before the cantonal courts, the length of the proceedings before the Federal Court would still have been excessive. In view of this conclusion, there is no need to examine the Government’s non- exhaustion objection in relation to the proceedings before the cantonal courts (see paragraphs 85 and 91 above).
100.While the Government argued that the applicants had requested the resumption of the proceedings only once and that they could have lodged another request to this end at any time but that they had not done so (see paragraph 92 above), the Court notes that it is the duty of the State to ensure that proceedings are conducted within a reasonable time
(see, mutatismutandis, Mincheva v. Bulgaria, no. 21558/03, § 68, 2 September 2010, within the context of delaying tactics used by one of the parties). Similarly, even in legal systems that apply the principle that the procedural initiative lies with the parties, the parties’ attitude does not dispense the courts from the duty of ensuring that any trial is conducted expeditiously, as required by Article 6 § 1 of the Convention (see Sürmeli v. Germany [GC], no.75529/01, § 129, ECHR 2006-VII, with further references). It was consequently incumbent on the Federal Court to ensure compliance with this obligation. However, the Federal Court made it very clear that it would await the outcome of the legislative reform then being discussed in Parliament before deciding on the present case (see paragraphs 20 and 22 above). The applicants can therefore not be reproached with the fact that they did not lodge any further requests for the proceedings to be resumed while the legal reform was still under discussion in Parliament, as they could reasonably assume that another such request would be futile (see, mutatis
mutandis, UniónAlimentaria Sanders S.A., cited above, § 35, which reiterated the principle that the person concerned is under no duty to take action that is not apt for the purpose of shortening the proceedings).
101.The Court is mindful of the explanations submitted by the Government for the lengthy suspension of the proceedings before the Federal Court (see paragraph 93 above). It is, however, unable to agree that it was indeed necessary to wait for the outcome of the above- mentioned parliamentary discussions before resuming the proceedings; for the Court to indicate that it was indeed necessary would be to suggest that such a wait will be necessary every time a claim is lodged that concerns an area of law in respect of which Parliament is considering proposals for legislative amendments. The additional argument put forward by the Government that the EFA Foundation had been in the process of being formed at the same time (see paragraph 93 above) is not convincing either, as this development occurred only after February 2015 (when the round table took place – see paragraph33 above), while the applicants had already requested in June 2014 that the decision to suspend the proceedings be reconsidered (see paragraph21 above) – a request that the Federal Court had refused in July 2014 (see paragraph 22 above). Even if one were to take into account the proposal of the Legal Affairs Committee of the National Council for the creation of a special compensation fund for asbestos victims whose claims were time-barred, that proposal was only made in August 2014 (see paragraph29 above) – that is, after the Federal Court had refused the applicants’ request that the decision to suspend the proceedings be reconsidered. The EFA Foundation was not mentioned by the Federal Court in its decision of April 2014 to suspend the proceedings (see paragraph 20 above); nor did the Federal Court mention the EFA Foundation in its decision of July 2014 refusing the applicants’ request that the decision to suspend the proceedings be reconsidered (see paragraph 22 above). Indeed, it could not have been referred to in those decisions, as the EFA Foundation was only created in 2017.
102.The foregoing considerations are sufficient to enable the Court to conclude that despite the fact that the case is marked by a certain degree of complexity, the State did not comply with its duty to ensure that the proceedings before the Federal Court were conducted within a reasonable time (see, for example, Frydlender v.France [GC], no. 30979/96, § 44, ECHR 2000- VII, concerning a delay of nearly six years between the matter in question being referred to the French Conseil d’Etat and the delivery of its judgment; see also Comingersoll S.A.
v.Portugal [GC], no.35382/97, § 22, ECHR 2000-IV, which concerned delays on the part of the judicial authorities of one year and seven months and of four years and eight months). It is consequently not necessary to examine whether what was at stake for the applicants required a particular degree of expedition.
103.There has accordingly been a violation of Article 6 § 1 of the Convention on account of the length of proceedings.
APPLICATION OF ARTICLE 41 OF THE CONVENTION
104.Article41 of the Convention provides:
“If the Court finds that there has been a violation of the Convention or the Protocols thereto, and if the internal law of the High Contracting Party concerned allows only partial reparation to be made, the Court shall, if necessary, afford just satisfaction to the injured party.”
Damage
105.The applicants claimed CHF 90,000 (approximately 94,300 euros (EUR)) in respect of pecuniary damage. They maintained that even if their demands were to prevail regarding the question of the statute of limitations, they would still have suffered damage amounting to approximately that sum, which comprised CHF 85,545 for their lawyer’s fees in respect of the domestic proceedings (around two hundred and fifty hours of work in respect of the civil litigation) and CHF 4,585 for the loss of the interest that they would have realised on the capital that they had advanced to cover court costs. The applicants further claimed CHF 50,000 (approximately EUR52,400) in respect of non-pecuniary damage, which had been caused mainly by the denial of justice from which they had suffered for years and by their having been confronted time and again with the memory of the painful fate of their late husband and father.
106.The Government did not discern any causal link between a possible finding of a violation and the loss of the interest that they would have realised on the capital that they had advanced to cover court costs (in the amount of CHF4,585). They further considered that the finding of a violation of Article6 § 1 of the Convention constituted sufficient redress in respect of non- pecuniary damage. Should the Court nonetheless make an award in this respect, the Government, referring to Howald Moor and Others (cited above, § 87), considered that a maximum award of CHF 15,000 jointly to the applicants would be appropriate in respect of non- pecuniary damages.
107.The Court will consider the amount of CHF 85,545 claimed by the applicants for their lawyer’s fees in respect of the domestic proceedings under the heading of “costs and expenses” (see paragraphs 108-110 below), in line with its usual practice. As regards the remaining amount of CHF 4,585 claimed in respect of pecuniary damage, it does not discern any causal link between the violation found and the pecuniary damage alleged; it therefore rejects this claim. However, it awards the applicants jointly EUR 20,800 in respect of non-pecuniary damage, plus any tax that may be chargeable.
Costs and expenses
108.In addition to their claim of CHF 85,545 for the costs and expenses incurred before the domestic courts (see paragraph 105 above), the applicants also claimed a total of CHF 57,563 (approximately EUR 59,520) for the costs and expenses incurred before the Court. They noted that their lawyer had spent a total of 157.2 hours at an hourly rate of CHF 340 (without VAT) on the submissions before the Court, including sixteen hours of translation by another lawyer. Furthermore, the applicants submitted that Zurich-based lawyers usually charged between CHF 280 andCHF 400 per hour or more for work on matters of a similar degree of complexity and corresponding importance.
109.The Government submitted that the translation costs had not necessarily been incurred and that, furthermore, the amounts claimed in respect of costs and expenses for the proceedings before the domestic courts and for those before the Court were manifestly excessive. They argued that the applicants had not provided any document justifying the amount claimed regarding the domestic proceedings and that no award was therefore due in this respect. In any event, the arguments submitted to courts at three levels of jurisdiction were essentially the same; thus, an amount of CHF 3,000 seemed appropriate should the Court nonetheless make an award under this heading. As regards the costs and expenses claimed in respect of the proceedings before the Court, the Government, referring to Howald Moor and Others (cited above, § 91), considered the amount of CHF 5,000 to be appropriate.
110.According to the Court’s case-law, an applicant is entitled to the reimbursement of costs and expenses only in so far as it has been shown that these were actually and necessarily incurred and are reasonable as to quantum. In the present case, regard being had to the documents in its possession and the above criteria, the Court considers it reasonable to award the sum of EUR 14,000 covering costs under all heads, plus any tax that may be chargeable to the applicants.
FOR THESE REASONS, THE COURT, UNANIMOUSLY,
Declares the application admissible;
Holds that there has been a violation of Article 6 § 1 of the Convention on account of the lack of access to a court;
Holds that there has been a violation of Article 6 § 1 of the Convention on account of the excessively lengthy domestic proceedings;
Holds
(a)that the respondent State is to pay the applicants jointly, within three months from the date on which the judgment becomes final, in accordance with Article44§2 of the Convention, the following amounts, to be converted into the currency of the respondent State at the rate applicable at the date of settlement:
(i)EUR 20,800 (twenty thousand eight hundred euros), plus any tax that may be chargeable, in respect of non-pecuniary damage;
(ii)EUR 14,000 (fourteen thousand euros), plus any tax that may be chargeable to the applicants, in respect of costs and expenses;
(b)that from the expiry of the above-mentioned three months until settlement simple interest shall be payable on the above amounts at a rate equal to the marginal lending rate of the European Central Bank during the default period, plus three percentage points;
Dismisses the remainder of the applicants’ claim for just satisfaction.
Done in English, and notified in writing on 13 February 2024, pursuant to Rule77§§2 and 3 of the Rules of Court.
Milan BlaškoPere Pastor Vilanova RegistrarPresident
[1]See Amtliches Bulletin des Ständerates (Amt.Bull. S 2015 1286 et seq., notably pages1291- 92).
[2]See https://www.stiftung-efa.ch, last accessed on 26 September 2023.
[3]The EFA Foundation states this annual figure on its website by reference to the statistics of the National Agency for Cancer Registration (Nationale Krebsregistrierungsstelle) and the Centralisation Service for Statistics of the Accident Insurance (Sammelstelle für die Statistik der Unfallversicherung, SSUV).
Per consulenza:
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni SaracenoCell.: +39 3469637341 @: avv.bonanni.saraceno@gmail.com
Con questa sentenza viene confermato quanto già acclarato in diversi giudizi vinti dallo studio legale Ezio Bonanni in cui collabora l’Avv. Fabrizio V. Bonanni Saraceno a tutela delle vittime di amianto.
L’Avv. Ezio Bonanni è stato il pioniere del filone giudiziario a tutela delle vittime dell’amianto e dell’uranio impoverito, rappresentando e tutelando i diritti violati dei lavoratori e dei loro parenti, ottenendo il risarcimento di danni patrimoniali e non patrimoniali come il danno morale, biologico e tanatologico, nonché esistenziale, sia iure hereditario che iure proprio.
Inoltre, l’Avv. Ezio Bonanni è il fondatore e presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), che con iniziative sociali e convegnistiche ha dato visibilità alle sue battaglie civili a favore delle vittime dell’amianto e dell’uranio impoverito, interagendo con le più alte istituzioni pubbliche
La sentenza in oggetto, n. 2393/2023 della Corte di Cassazione, conferma la responsabilità sia del committente, Fincantieri Spa, sia del datore di lavoro, Tecnimpianti Spa, per la morte di un lavoratore causata da mesotelioma pleurico, risalente alla fine degli anni ’90. Il lavoratore era stato esposto a polveri di amianto prima dell’entrata in vigore della legge 626 del 1994.
Le società avevano presentato ricorso sostenendo che non fosse stato provato il nesso causale tra l’esposizione alle polveri di amianto e la malattia mortale del lavoratore. Tuttavia, la Cassazione ha respinto i ricorsi, affermando che la responsabilità delle aziende deriva dalla mancata adozione di misure di sicurezza per la tutela dei lavoratori, come previsto dall’articolo 2087 del Codice Civile. Non si tratta di una responsabilità oggettiva, come sostenuto dai ricorrenti, ma di una responsabilità derivante dalla negligenza nell’adozione di misure protettive.
La Corte ha stabilito che, nonostante i ricorrenti abbiano contestato la ricostruzione dei fatti, in particolare il periodo di latenza della malattia, la mancanza di adeguate misure di sicurezza rende probabile che queste carenze abbiano causato la morte del lavoratore. La lunga durata del rapporto di lavoro con Tecnimpianti e l’assenza di misure di protezione adeguate rendono irrilevante la considerazione di altre potenziali esposizioni lavorative.
Infine, la Corte ha dichiarato la responsabilità di entrambe le società, anche se l’episodio risale a un periodo precedente all’introduzione della responsabilità del committente prevista dall’articolo 7 della legge 626. Questa responsabilità emerge dalla disponibilità del luogo di lavoro in capo a Fincantieri. La Cassazione ha anche respinto l’argomento secondo cui il riconoscimento del risarcimento agli eredi del lavoratore deceduto escluderebbe il diritto al risarcimento per danno da perdita parentale, chiarendo che tale danno costituisce una presunzione legale, superabile solo da una prova contraria che i ricorrenti non hanno fornito.
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Art. 2087 Codice Civile
(Tutele delle condizioni di lavoro)
L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
– Commento –
L’articolo 2087 c.c. stabilisce che l’imprenditore ha l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, tenendo conto della particolarità del lavoro, dell’esperienza acquisita e delle conoscenze tecniche disponibili. Questo obbligo non è solo di natura tecnica, ma si estende anche alla tutela della personalità morale dei lavoratori, includendo quindi il rispetto della loro dignità e dei loro diritti fondamentali. La responsabilità dell’imprenditore, in questo contesto, non si limita a rispettare le norme di legge, ma si estende all’adozione di tutte le precauzioni ragionevolmente necessarie per prevenire danni ai lavoratori.
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
Per informazioni e consulenza:: cell. +39 3469637341
Per quanto ci concerne l’esposizione all’uranio impoverito durante l’attività lavorativa, anche in assenza di specifiche patologie tumorali, è possibile riconoscere un rapporto causale tra l’attività di servizio e l’insorgenza di una malattia. Tale riconoscimento può essere basato su una dimostrazione in termini probabilistico-statistici. In presenza di dati statistici significativi (ad esempio, quando un militare ha prestato servizio in determinati teatri operativi), la dipendenza da causa di servizio deve essere considerata accertata, a meno che la Pubblica Amministrazione (P.A.) non riesca a dimostrare l’esistenza di fattori esterni con una portata eziologica autonoma, esclusiva e determinante per l’insorgere della malattia.
In questa prospettiva, il verificarsi dell’evento (ossia il manifestarsi della malattia) è di per sé considerato sufficiente, basandosi sul criterio della probabilità, per conferire alle vittime delle patologie e ai loro familiari il diritto di accedere agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente. Ciò include il riconoscimento della causa di servizio e l’assegnazione di elargizioni speciali, in tutti quei casi in cui l’Amministrazione militare non riesca a escludere l’esistenza di un nesso di causalità tra il servizio e la malattia.
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Provvedimento
GIURISPRUDENZA
Tribunale Amministrativo Regionale|Lombardia – Brescia|Sezione 1|Sentenza| 20 ottobre 2023| n. 770
(Data udienza 11 ottobre 2023)
Infermità – Causa di servizio – Riconoscimento dipendenza – Presenza di uranio impoverito e insorgenza di specifiche patologie tumorali – Nesso causale – Mancanza di una legge scientifica
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 444 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Fi. Ta. e Pi. De Vi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia, via (…);
per l’ottemperanza
della sentenza n. 1313/2022 della Sezione Prima del TAR per la Lombardia – Brescia (R.G. 411/2018), pubblicata in data 13.12.2022;
ovvero, in subordine, previa conversione del rito, per l’annullamento:
del Decreto nr. 1698 del 6.4.2023 Posizione n. 687253/C (notificato al ricorrente in data 6.4.2023) del Ministero della Difesa – Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva, II reparto – 7^ Divisione – 1^ Sezione nella parte in cui ha ritenuto la patologia sofferta dal ricorrente non dipendente da causa di servizio ed intempestiva ai fini dell’equo indennizzo in quanto presentata oltre i sei mesi previsti dalla legge;
di tutti gli atti presupposti, preordinati e comunque connessi ivi espressamente compreso il parere nr. 91632/2023 reso in sede di riesame nell’adunanza n. 3364 del 29.03.2023 del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio con il quale si è ritenuto che le infermità “Mieloma multiplo smoldering, in attuale fase di quiescenza clinica” non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, nonché di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.; Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2023 il dott. Ariberto Sabino Limongelli, nessuno comparso per le parti costituite;
FATTO
Il giudizio R.G. 411 del 2018.
Con ricorso a questo TAR rubricato con il numero di R.G. 411 del 2018, il sig. -OMISSIS-, Caporal Maggiore Capo Scelto QS dell’Esercito Italiano in servizio presso il 3° Reggimento Sostegno AVES “Aquila” di Orio al Serio (BG), impugnava il decreto in data 15 febbraio 2018 con cui il Ministero della Difesa – Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva aveva respinto la sua istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “Mieloma multiplo smoldering, in attuale fase di quiescenza clinica”.
Il provvedimento era stato adottato sulla scorta del parere, pure impugnato, reso in data 24 novembre 2017 dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo cui: “l’infermità : “Mieloma multiplo smoldering in attuale fase di quiescenza clinica” non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, trattandosi di tumore osseo primitivo, dovuto ad abnorme proliferazione di elementi cellulari del midollo osseo (plasmacellule), per cui, data la sua natura neoplastica, non è ricollegabile etiopatogeneticamente al servizio, non sussistendo nella prestazione resa elementi idonei ad
essere configurati quali fattori causali o concausali efficienti e determinanti. Quanto sopra dopo aver esaminato e valutato gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente ed i precedenti di servizio risultanti dagli atti”.
Il ricorrente evidenziava, in punto di fatto, di aver partecipato a due missioni internazionali di pace in Bosnia a Sarajevo, dal 9.10.1996 al 1.02.1997 e dal 27.5.1999 al 16.8.1999, svolgendo mansioni operative esterne implicanti la perlustrazione di vaste aree oggetto di massicci bombardamenti con munizioni belliche pesanti, anche con proiettili all’uranio impoverito, senza peraltro essere stato dotato dai propri Comandi di alcuna misura di protezione; lamentava di essere stato sottoposto, prima della partenza, a plurime somministrazioni vaccinali in un arco temporale brevissimo, in violazione dei protocolli vaccinali dettati dal Ministero della Salute, e di essere stato costretto a pulire le armi in sua dotazione in ambienti poco areati e con l’utilizzo di un liquido a base di benzene, notoriamente cancerogeno; evidenziava che nel corso del 2012 gli era stato riscontrato un incremento del picco delle sieroproteine, successivamente esitato in una diagnosi di “Mieloma multiplo smoldering, in attuale fase di quiescenza clinica”; il ricorrente aveva quindi chiesto alla propria Amministrazione il riconoscimento della dipendenza di tale infermità da causa di servizio, respinta tuttavia con i provvedimenti impugnati.
In corso di causa, l’Amministrazione investiva il Comitato di Verifica di un supplemento istruttorio che conduceva all’adozione, in data 3 dicembre 2019, di un nuovo parere negativo corredato da più ampia motivazione, del seguente tenore:
“Considerato:
che il dipendente dopo un breve periodo in qualità di conduttore di automezzi, è stato impiegato come operatore elaboratore elettronico. Ha preso parte ad esercitazioni di tiro presso poligoni sul territorio nazionale. Ha partecipato a due missioni OFCN, in Bosnia: dal 9.10.1996 all’1.2.1997; dal 27.5.1999 al 16.8.1999.
che per l’infermità “MIELOMA MULTIPLO SMOLDERING IN ATTUALE FASE DI QUIESCENZA CLINICA si conferma il precedente parere negativo, in quanto dall’ulteriore rapporto informativo inviato dall’Amministrazione non risulta l’esposizione al benzene (o derivati del petrolio) né esposizione a radiazioni ionizzanti. Il Mieloma Multiplo è una malattia che deriva dalla trasformazione neoplastica di una cellula della linea B linfocitaria. La malattia è caratterizzata dalla presenza di numerose alterazioni genetiche. Le cause del mieloma multiplo non sono ancora del tutto note, anche se recenti studi hanno evidenziato la presenza di anomalie nella struttura dei cromosomi e in alcuni specifici geni nei pazienti affetti dalla patologia. L’esposizione a radioattività e la familiarità potrebbero costituire fattori di rischio. Anche l’obesità e l’esposizione a sostanze presenti nelle lavorazioni dell’industria del petrolio, tipo benzene, possono costituire fattori di rischio. Dagli studi dell’Osservatorio Epidemiologico della Difesa, che ha preso in considerazione i casi di neoplasie maligne occorsi al personale militare nel periodo 1996-2013 risulta un’incidenza globale di tumori inferiore a quella attesa per il personale militare impegnato in missioni OFCN. Non esistono pubblicazioni scientifiche che dimostrino un’aumentata incidenza della patologia neoplastica nei militari che hanno preso parte a missioni OFCN.
Dalle risultanze della IAEA (International Atomic Energy) e dell’UNEP (United Nations Enviromental Program) è emerso che non si è registrata una contaminazione significativa delle aree sottoposte a mitragliamento con dardi all’uranio impoverito, eccetto nei punti di contaminazione dove sono stati rinvenuti i dardi e che comunque anche tali punti non presentano comunque rischi significativi di contaminazione dell’aria, dell’acqua e delle piante (TAR Cagliari n. 338/2014). Per quanto concerne le vaccinazioni, chiamate in causa nel ricorso, i risultati dello Studio SIGNUM 1 hanno dimostrato che non c’è evidenza di genotossicità del vaccino, cioè nessun effetto avverso delle vaccinazioni relativamente allo sviluppo di neoplasie. È stato dimostrato un danno ossidativo in caso di somministrazione di più di 5 vaccini ravvicinati, ma non danno genotossico. Pertanto, non si rilevano elementi di valutazione tali da far modificare il precedente giudizio espresso”.
La sentenza TAR Brescia, Sez. I, n. 1313 del 13 dicembre 2022.
Con sentenza n. 1313 del 13 dicembre 2022, questa Sezione, dopo aver disposto una verificazione tecnica (affidata all’Istituto nazionale dei Tumori di Milano), accoglieva il ricorso e annullava i provvedimenti impugnati “sotto l’assorbente profilo del difetto di istruttoria, ai fini di un motivato riesame della domanda del ricorrente da parte delle Amministrazioni resistenti, impregiudicato il riesercizio del potere amministrativo ma nel rispetto dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza maggioritaria e ribaditi nella presente decisione, ed esclusa la possibilità di una mera riconferma delle medesime valutazioni già svolte nei citati pareri del Comitato di Verifica per le Cause di servizio del 24 novembre 2017 e del 3 dicembre 2019”.
Nella sentenza la Sezione dichiarava illegittimo anche il capo di motivazione con quale l’Amministrazione aveva dichiarato tardiva l’istanza del ricorrente.
Il riesame eseguito dall’Amministrazione in ottemperanza alla sentenza TAR Brescia n. 1313/2022.
In esecuzione della sentenza di questo TAR, il Ministero della Difesa ha riesaminato l’istanza del ricorrente, sottoponendola nuovamente all’esame del Comitato di Verifica.
Il Comitato di Verifica, con parere n. 916322023 del 29 marzo 2023, ha concluso nuovamente nel senso che “l’Infermità Mieloma Multiplo Smoldering, in attuale fase di quiescenza cinica, non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, in quanto non risultano sussistere nel tipo di prestazioni di lavoro reso antecedenti occupazionali associabili causalmente all’infermità “. In particolare, nella motivazione del proprio parere, il Comitato, dopo aver ripercorso il contenuto e gli esiti della verificazione tecnica disposta da questo TAR, ha osservato:
“(…) che, pertanto, dalle conclusioni dell’Organo tecnico, nessun elemento sostanziale è emerso a sostegno del nesso causale in questione se non utilizzando un criterio possibilistico che non è utilizzabile nella fattispecie in questione dove è richiesta una associazione causale, seppur ultradebole, ma comunque maggiore della mera possibilità scientifica”;
che, nella stessa direzione non appare operativa nella fattispecie una presunzione iuris tantum stante la circostanza che, vista la qualifica svolta (autista con bassissime percorrenze e peraltro per un breve periodo), si esclude qualsivoglia rischio occupazionale per benzene o fumi esausti”;
che, con riferimento all’impiego del militare in teatro e con specifico riferimento agli aspetti radio dosimetrici dei TTOO frequentati dal militare, risulta che il 09.07.1999 ed il 29.12.1999 la Compagnia N.B.C. ha compiuto n. 69 ricognizioni ambientali (anche per la verifica della presenza dell’U.I.), ove operava la Multinational Brigade West che hanno escluso qualsivoglia forma di contaminazione. Sin dal luglio del 1999 sono state impiegate tempestivamente le squadre C/R (chimiche e radiologiche) per lo svolgimento delle verifiche ambientali di tipo N.B.C. in tutti i punti principali della MNB-West e nei luoghi di interesse segnalati da altri comandi o enti presenti sul territorio, con la contestuale ispezione di 650 locali e la chiarificazione di ben 1800 Km (itinerari). In particolare, sono state effettuate attività ispettive con esiti conformi anche nelle località di missione kosovare. In taluni casi sono stati eseguiti campionamenti di tipo SIBCRA (Sampling and Identification of Biological, Chemical and Radiological Agents). Il documento Depleted Uranium in Kosovo – Post – Conflict Enviromental Assesment – cfr. da pag. 36 e ss – contenute nel lavoro elaborato dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) dell’ONU evidenzia che non è stata rilevata contaminazione diffusa da U.I. nella superficie del territorio esaminato; qualsiasi contaminazione diffusa dovuta all’U.I. è presente a livelli così bassi che non è possibile rilevarla o differenziarla rispetto alla naturale concentrazione di uranio presente nelle rocce e nel terreno; i corrispondenti rischi radiologici e tossicologici sono insignificanti e persino inesistenti. Ad analoghe conclusioni giunge il Report of the World Health Organization Depleted Uranium Mission to Kosovo redatto dal World Health Organization (WHO) 22-31 January 2011- Copenaghen 2001″.
Alla luce di tale parere, con decreto del Vice Direttore generale della Direzione generale della Previdenza Militare e della Leva del Ministero della Difesa del 6 aprile 2023, l’istanza del ricorrente è stata nuovamente respinta “per intempestività della domanda e per non dipendenza da causa di servizio”.
Il presente giudizio di ottemperanza.
Con “ricorso per ottemperanza” notificato in data 1 giugno 2023 e ritualmente depositato, il sig. -OMISSIS- ha adito questo TAR per sentire accertare la nullità ex art. 21 septies L. 241/90 dei due provvedimenti da ultimo citati, per violazione e/o elusione della predetta sentenza n. 1313/2022 di questa Sezione; in subordine, previa conversione del rito, ne ha chiesto l’annullamento sulla scorta di due motivi, con i quale ha dedotto vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto plurimi profili.
Secondo il ricorrente, il nuovo parere reso dal Comitato di Verifica avrebbe violato il preciso contenuto conformativo della sentenza azionata, dal momento che, anziché individuare un autonomo fattore endogeno della infermità in questione, dotato di autonoma ed esclusiva portata eziologica – come prescritto da questo TAR, in accordo con la giurisprudenza amministrativa richiamata nella decisione – si sarebbe limitato ad escludere, sulla base di ulteriori argomenti, la riconducibilità della stessa alle missioni militari all’estero svolte dall’interessato e a contestare la sussistenza, nel caso di specie, della presunzione iuris tantum di dipendenza causale affermata dal TAR (e dalla richiamata giurisprudenza), in tal modo utilizzando argomenti estranei al perimetro conformativo della sentenza, che semmai avrebbero potuto essere spesi in un eventuale appello, peraltro non proposto.
In subordine, il ricorrente ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti impugnati, previa conversione del rito, lamentando il carattere generico ed apodittico nei nuovi argomenti utilizzati dal Comitato di Verifica, privi di alcun riferimento concreto alla storia personale e clinica del ricorrente; ha richiamato, in contrario, gli esiti di nuove indagini di laboratorio da lui commissionate al Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino (prof. Medana) e l’esame spettometrico condotto sul sangue del ricorrente presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino, illustrati nel “Rapporto Scientifico”, datato 25.10.2022, a firma della Dott.sa Rita Celli.
Inoltre, il ricorrente ha censurato il decreto ministeriale nella parte in cui ha ribadito l’asserita tardività della domanda di riconoscimento della causa di servizio, lamentando, anche sotto tale profilo, la elusione della sentenza di questo TAR, nella parte in cui aveva svolto precise considerazioni in merito alla tempestività della domanda e alla illegittimità della contraria statuizione dell’Amministrazione.
Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio depositando relazione del competente ufficio sui fatti di causa con la pertinente documentazione e memoria difensiva dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso. Nelle proprie difese, l’Amministrazione ha chiarito, tra l’altro, che il riferimento contenuto nell’atto impugnato alla tardività della domanda di riconoscimento della causa di servizio costituisce un mero refuso dovuto ad una svista; nel merito, ha evidenziato che il Comitato di Verifica ha formulato un nuovo parere ampliando in modo significativo le proprie argomentazioni rispetto al diniego primigenio, in tal modo esercitando correttamente l’onere conformativo discendente dalla sentenza di questo TAR, che aveva annullato solo per difetto di istruttoria, e lasciando impregiudicato il riesercizio del potere amministrativo
All’udienza camerale dell’11 ottobre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO
Preliminarmente va dato atto che il riferimento alla asserita “intempestività della domanda di accertamento”, contenuto nell’art. 3 del dispositivo dell’impugnato decreto ministeriale del 6 aprile 2023, costituisce un mero refuso, come lealmente ammesso dall’amministrazione resistente nelle proprie difese.
Nel merito, la domanda di ottemperanza è fondata.
Con la richiamata sentenza n. 1313 del 13 dicembre 2022, questa Sezione ha accolto il ricorso proposto dall’odierno ricorrente e per l’effetto ha annullato il provvedimento con cui il Ministero della Difesa aveva respinto la sua istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per l’infermità “Mieloma multiplo smoldering, in attuale fase di quiescenza clinica”; come sopra esposto, il provvedimento è stato annullato “sotto l’assorbente profilo del difetto di istruttoria, ai fini di un motivato riesame della domanda della ricorrente da parte delle Amministrazioni resistenti, impregiudicato il riesercizio del potere amministrativo ma nel rispetto dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza maggioritaria e ribaditi nella presente decisione, ed esclusa la possibilità di una mera riconferma delle medesime valutazioni già svolte nei citati pareri del Comitato di Verifica per le Cause di servizio del 24 novembre 2017 e del 3 dicembre 2019″”.
In particolare la sentenza:
ha richiamato in primo luogo i principi affermati dalla più recente giurisprudenza amministrativa in relazione a casi analoghi a quello esaminato, principi secondo cui “la mancanza di una legge scientifica universalmente valida che stabilisca un nesso diretto fra l’operatività nei contesti caratterizzati dalla presenza di uranio impoverito e l’insorgenza di specifiche patologie tumorali non impedisce il riconoscimento del rapporto causale, posto che la correlazione eziologica, ai fini amministrativi e giudiziari, può basarsi anche su una dimostrazione in termini probabilistico- statistici; in presenza di elementi statistici rilevanti (come accade allorché il militare abbia prestato servizio in uno dei sopra indicati teatri operativi) la dipendenza da causa di servizio deve considerarsi accertata salvo che la P.A. non riesca a dimostrare la sussistenza di fattori esogeni, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l’insorgere dell’infermità . In tale prospettiva è stato ritenuto che il verificarsi dell’evento costituisce di per sé elemento sufficiente (criterio di probabilità ) a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari al ricorso agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente (compreso il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione) in tutti quei casi in cui l’Amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalità ” (cfr. Consiglio di Stato, parere Prima Sezione n. 435 del 17 marzo 2021, reso su ricorso straordinario nell’Adunanza del 10 febbraio 2021; sentenze Quarta sezione n. 1661 del 26 febbraio 2021 e nn. 7560 e 7562 del 30/11/2020; più di recente, sentenza Seconda Sezione n. 3112 del 22 aprile 2022; in senso ana, Consiglio di Stato, sez. IV, 30/11/2020, n. 7560 e n. 7562, nonché, in primo grado: T.A.R. Lazio-Roma, sez. I, 07/06/2021, n. 6724; T.A.R Lecce Sez. II, 19 marzo 2021, n. 421; T.A.R. Lecce, 17 maggio 2018, n. 816; T.A.R. Bari, 20 settembre 2018, n. 1226; TAR Torino, I, 6.6.2018, n. 710; T.A.R. Lazio-Latina Sez. I, 16.3.2017, n. 169; T.A.R. Lazio-Roma, I, 1.2.2016,
n. 1364; TAR Trieste, I, 12.3.2018, n. 63; TAR Bolzano, I, 8.2.2017, n. 55; T.A.R. Parma, sez. I, 09/03/2020, n. 58; T.A.R. Latina, sez. I, 24/04/2019, n. 331; T.A.R. Bari, sez. I, 20/09/2018, n. 1226; T.A.R. Torino, sez. I, 06/06/2018, n. 710; T.A.R. Aosta, sez. I, 20/09/2017, n. 56; T.A.R. Genova, sez. I, 29/09/2016, n. 956);
ha evidenziato che, in sostanza, secondo la giurisprudenza citata, la normativa in materia prevede una “inversione dell’onere della prova”, per cui una volta accertata l’esposizione del militare all’inquinante in parola, è la P.A. che deve dimostrare che tale inquinante non abbia determinato l’insorgere della patologia e che essa dipenda invece da altri fattori (esogeni) dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l’insorgere dell’infermità ; di modo che, qualora l’amministrazione non fornisca quanto meno un principio di prova circa l’intervento di un fattore oncogenetico alternativo e diverso rispetto all’esposizione al D.U. (uranio impoverito) ed ai metalli pesanti, si deve riconoscere comunque integrato l’elemento eziologico;
ha rilevato, alla luce di tali principi, che nel caso di specie le valutazioni svolte dal Comitato di Verifica risultavano smentite dagli esiti della verificazione tecnica disposta in corso di causa e delle conclusioni rassegnate dal verificatore all’esito di approfondita indagine;
ha evidenziato, in particolare, come il verificatore, pur dando dato atto lealmente della circostanza che la letteratura scientifica in materia non è ancora pervenuta ad approdi definitivi in ordine alla possibile incidenza causale o concausale delle polveri di uranio impoverito e del benzene nella eziologia del mieloma, anche a causa della scarsità e dalla incompletezza dei dati statistici disponibili, non avesse potuto “escludere a priori un ruolo di concausalità ” della esposizione professionale del ricorrente nel “processo di carcinogenesi multi-step della patologia”.
Alla luce di tali considerazioni, il Collegio ha quindi dichiarato in sentenza di condividere “le valutazioni del verificatore, le quali, in definitiva, conducono a ritenere non superata nel presente giudizio la presunzione iuris tantum di sussistenza del nesso di causalità affermata dal Consiglio di Stato in vicende analoghe, in mancanza di prova contraria da parte delle Amministrazioni resistenti. Da un lato, infatti, non è possibile escludere, allo stato delle attuali conoscenze scientifiche, una correlazione quanto meno concausale tra i servizi prestati dal ricorrente e l’insorgenza della specifica patologia diagnosticata al medesimo, e dall’altro le Amministrazioni resistenti non hanno dimostrato la diretta ed esclusiva correlazione della patologia in questione con altri fattori eziologici esogeni”.
Il Collegio ha quindi accolto il ricorso “con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati sotto l’assorbente profilo del difetto di istruttoria, ai fini di un motivato riesame della domanda della ricorrente da parte delle Amministrazioni resistenti, impregiudicato il riesercizio del potere amministrativo ma nel rispetto dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza maggioritaria e ribaditi nella presente decisione, ed esclusa la possibilità di una mera riconferma delle medesime valutazioni già svolte nei citati pareri del Comitato di Verifica per le Cause di servizio (…)”.
Alla luce di quanto chiaramente statuito in sentenza, il riesame ordinato dalla Sezione avrebbe dovuto svolgersi dando per presunta l’esistenza del nesso di causalità tra l’infermità in questione e il servizio espletato dal militare in Bosnia, salvo che, all’esito del riesame, non fosse individuato quanto meno un principio di prova in ordine all’esistenza di un fattore esogeno dotato di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinante per l’insorgere dell’infermità .
Tali precise indicazioni conformative sono state violate dal Comitato di Verifica in sede di riesame, dal momento che quest’ultimo, come si evince dalla motivazione del parere n. 916322023 del 29 marzo 2023, reso in esito al riesame:
ha escluso l’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio “possibilistico” e della “presunzione iuris tantum” (di dipendenza causale dell’infermità in parola dalle missioni all’estero all’estero svolte del militare), in contrasto con i principi affermati da questo TAR nella sentenza azionata, mutuati da quelli affermati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e di primo grado in fattispecie analoghe;
ha richiamato gli esiti di ulteriori accertamenti istruttori e di indagini ambientali svolte nei teatri operativi di guerra, dai quali si evincerebbe l’assenza di forme di contaminazione da uranio impoverito, o comunque la presenza di tale elemento in concentrazioni insignificanti e irrilevanti: in tal modo però violando l’ambito conformativo del proprio riesame, che avrebbe dovuto riguardare, non la verifica della sussistenza di un nesso causale tra l’esposizione all’uranio impoverito e insorgenza della specifica patologia, già oggetto di presunzione iuris tantum, bensì l’individuazione di un eventuale fattore causale autonomo, distinto dall’esposizione alle particelle di uranio impoverito, e in grado da solo di spiegare la genesi della specifica infermità ;
ha escluso la riconducibilità del mieloma alla esposizione del militare a benzene o a fumi esausti con motivazioni correlate alle mansioni espletate in Bosnia dal ricorrente (“autista con bassissime percorrenze e peraltro per un breve periodo”), con motivazione, non solo apodittica, ma anche in tal caso contrastante con gli esiti della verificazione tecnica, la quale aveva concluso, su questo specifico profilo, affermando di non poter escludere che l’esposizione a benzene possa essere una concausa dell’infermità in parola; anche in tal caso il Comitato ha quindi violato l’onere conformativo impostogli dalla sentenza da ottemperare, che non era quello di sindacare quanto già statuito dal Tribunale, ma di individuare un eventuale fattore endogeno in grado da solo di spiegare l’insorgenza della specifica patologia.
Alla luce di tali considerazioni, la domanda di ottemperanza proposta dal ricorrente va accolta, con la conseguente declaratoria di nullità dei provvedimenti impugnati, ai sensi dell’art. 114 comma 4 lett. b) c.p.a., in quanto adottati in violazione ed elusione del giudicato.
Per l’effetto, constatato che il Comitato di Verifica non è riuscito ad individuare, in sede di riesame, un fattore eziolologico alternativo ed autonomo della patologia oncologica che ha condotto all’insorgenza della specifica infermità, e non essendo ragionevole ipotizzare, in tale contesto, un ulteriore riesame della medesima istanza da parte del Comitato di Verifica, ritiene il Collegio che, nell’esercizio dei poteri di merito che competono al giudice amministrativa in sede di ottemperanza, debba essere accertata la spettanza del bene della vita rivendicato dall’interessato e quindi la fondatezza sostanziale dell’istanza formulata dalla parte ricorrente in ordine al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità in questione.
A tale fine, si nomina quale commissario ad acta il dirigente responsabile della Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva del Ministero della Difesa, con facoltà di delega a dirigente o funzionario dello stesso Ufficio, il quale, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla sua notifica ove anteriore, provvederà ad adottare direttamente nei confronti dell’odierno ricorrente il provvedimento di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per l’infermità “Mieloma multiplo smoldering, in attuale fase di quiescenza clinica”, senza alcuna ulteriore remissione del fascicolo istruttorio al Comitato di Verifica e senza alcun margine di discrezionalità .
Resta assorbita ogni ulteriore domanda.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia Sezione Prima, accoglie la domanda di ottemperanza proposta dal ricorrente, e per l’effetto:
dichiara la nullità degli atti impugnati;
accerta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “Mieloma multiplo smoldering, in attuale fase di quiescenza clinica”;
nomina commissario ad acta il dirigente responsabile della Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva del Ministero della Difesa, con facoltà di delega a dirigente o funzionario dello stesso Ufficio, il quale provvederà agli adempimenti conseguenti a tale accertamento nei sensi e nei termini precisati in motivazione;
condanna il Ministero della Difesa a rifondere alla parte ricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato;
manda alla Segreteria di comunicare copia della presente sentenza alle parti costituite e al commissario ad acta.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Infermità – Causa di servizio – Riconoscimento dipendenza – Presenza di uranio impoverito e insorgenza di specifiche patologie tumorali – Nesso causale – Mancanza di una legge scientifica
La mancanza di una legge scientifica universalmente valida che stabilisca un nesso diretto fra l’operatività nei contesti caratterizzati dalla presenza di uranio impoverito e l’insorgenza di specifiche patologie tumorali non impedisce il riconoscimento del rapporto causale, posto che la correlazione eziologica, ai fini amministrativi e giudiziari, può basarsi anche su una dimostrazione in termini probabilistico-statistici; in presenza di elementi statistici rilevanti (come accade allorché il militare abbia prestato servizio in uno dei sopra indicati teatri operativi) la dipendenza da causa di servizio deve considerarsi accertata salvo che la P.A. non riesca a dimostrare la sussistenza di fattori esogeni, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l’insorgere dell’infermità . In tale prospettiva è stato ritenuto che il verificarsi dell’evento costituisce di per sé elemento sufficiente (criterio di probabilità ) a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari al ricorso agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente (compreso il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione) in tutti quei casi in cui l’Amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalità.