La transazione fiscale entra nella composizione negoziata

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di Giulio Andreani

Fonte: https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/la-transazione-fiscale-entra-composizione-negoziata-AFnIGEq

18 Settembre 2023

L’articolo 9, comma 1, della legge delega per la revisione del sistema tributario prevede significativi interventi nel campo della fiscalità della crisi d’impresa.

In attuazione del principio direttivo sancito alla lettera a), n. 5, di tale norma, la transazione fiscale – attualmente prevista dagli articoli 63 e 88 del Codice della crisi solo nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo – è destinata a essere estesa ad altri istituti nell’ambito dei quali non è al momento applicabile (seppur in alcuni casi con qualche incertezza):
● composizione negoziata;
● concordato minore;
● piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (Pro);
● concordato proposto nella liquidazione giudiziale, nella liquidazione coatta amministrativa e nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Nella situazione attuale, la variabile fiscale influenza la scelta dello strumento utilizzabile ai fini del superamento delle situazioni di crisi, generando distorsioni e condizionamenti: da qui l’esigenza di una omogeneizzazione del trattamento dei debiti tributari nell’ambito di tutti gli istituti disciplinati dal Codice della crisi in cui la transazione, tenuto conto della sua natura, possa trovare applicazione.

L’estensione

La possibilità di un accordo fra il debitore e il Fisco – avente a oggetto il pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari – dovrebbe essere estesa innanzitutto alla composizione negoziata della crisi, stabilendo che il pagamento offerto non possa essere comunque deteriore per i rispettivi creditori rispetto alla liquidazione giudiziale e che le agenzie fiscali possano verificare il vantaggio dell’accordo in base al giudizio espresso da un professionista indipendente.

La proposta del debitore potrebbe quindi produrre effetto:

● a condizione che venga sottoscritto il contratto (anche con un solo creditore) previsto dall’articolo 23, comma 1, lettera a), del Codice della crisi, e che esso sia idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni, ovvero l’accordo di cui al comma 1, lettera c), dello stesso articolo, che deve apparire coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza, dovendo ciò risultare in entrambi i casi da una relazione dell’esperto nominato nell’ambito della composizione negoziata;

● a condizione che l’esperto attesti che le trattative si sono svolte secondo buona fede e correttezza e che un professionista indipendente attesti il carattere non deteriore della proposta per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale;

● nei termini e nei limiti risultanti dall’accordo sottoscritto dall’imprenditore e dai titolari dei suddetti crediti, raccolto in un processo verbale sottoscritto anche dal giudice e dal cancelliere, dopo che il giudice, sentito l’esperto e assunti i necessari mezzi istruttori, abbia accertato che il trattamento dei crediti proposto non è deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale e abbia verificato l’assenza di pregiudizio per i creditori.

Pare da escludere la possibilità di cram down fiscale, poiché la composizione negoziata non prevede un procedimento di omologazione dell’accordo raggiunto, pur venendo richiesto, ai fini dell’efficacia dell’accordo, che quest’ultimo sia sottoscritto anche dal giudice, a seguito di adeguate verifiche sulla sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge e sull’assenza di pregiudizio per i creditori.

Peraltro, la omologazione forzosa può già oggi trovare applicazione anche a seguito della composizione negoziata, ogni qualvolta questa sfoci in un accordo di ristrutturazione dei debiti o in concordato preventivo, all’interno del quale il cram down fiscale è previsto, seppur con alcune limitazioni.

Le esclusioni

Non pare invece necessaria l’estensione della transazione fiscale al concordato semplificato e alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, data la diversa struttura di tali istituti, che non prevedono un accordo con i creditori né l’espressione di un voto da parte di questi ultimi, ma solo la loro possibilità di opporsi alla omologazione o di formulare osservazioni al tribunale ai fini dell’omologa.

L’estensione va infine esclusa anche per il piano attestato (articolo 56 del Codice), che non prevede l’intervento dell’autorità giudiziaria, ritenuto necessario per la transazione fiscale.

In sintesi

1. Il principio 
L’articolo 9, comma 1, lettera a), n. 5, della legge 9 agosto 2023, n. 111, avente a oggetto la revisione del sistema tributario, stabilisce il principio direttivo in base al quale deve essere prevista la possibilità di raggiungere un accordo sul pagamento parziale o dilazionato dei tributi, anche locali, nell’ambito della composizione negoziata, prevedendo l’intervento del tribunale, e l’introduzione di un’analoga disciplina per l’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. 
2. Il campo di applicazione
 
Attualmente, la transazione fiscale è attuabile solo nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo ed è esclusa nella composizione negoziata della crisi, negli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento, nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, nel concordato minore, nel concordato attuato nella liquidazione giudiziale, nella liquidazione coatta amministrativa e nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

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Mediazione, scattano gli obblighi di trasparenza per gli organismi Adr

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di Marco Marinaro

Fonte: https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/mediazione-scattano-obblighi-trasparenza-gli-organismi-adr-AFywWRTB

01 Novembre 2023

Decreto in Gazzetta. In vigore dal 15 novembre le novità della riforma Cartabia

Con il decreto n. 150 del 24 ottobre 2023 del ministro della Giustizia, di concerto con il ministro delle Imprese e del made in Italy (pubblicato il 31 ottobre sulla Gazzetta Ufficiale), si chiude il percorso della riforma Cartabia con riguardo alla mediazione civile e commerciale.

Alla riforma della disciplina primaria (decreto legislativo n. 28 del 2010, come novellato dal decreto legislativo n. 149 del 2022) entrata in vigore in due fasi (il 28 febbraio e il 30 giugno 2023) avevano fatto seguito i due decreti ministeriali del 1° agosto relativi alla regolamentazione degli incentivi fiscali e al patrocinio a spese dello Stato e si era in attesa del terzo, ultimo, e più rilevante decreto per il completamento del nuovo quadro di riferimento normativo voluto dalla legge delega (n. 206 del 2021).

E così dal 15 novembre prossimo (decorso l’ordinario periodo di vacatio legis) entrerà in vigore il nuovo decreto che sostituisce mediante abrogazione la precedente regolamentazione contenuta nel decreto ministeriale n. 180 del 2010. Per cui a distanza di tredici anni la disciplina secondaria per la mediazione civile e commerciale trova una nuova e più ampia disciplina (49 articoli, in sostituzione degli originali 21 articoli) con l’obiettivo di rafforzare il sistema degli organismi e di rendere effettiva la mediazione.

Il decreto ministeriale attua quindi la disciplina primaria come innovata dalla riforma Cartabia determinando i criteri e le modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco degli enti di formazione, nonché fissando le indennità spettanti agli organismi, istituendo altresì l’elenco degli organismi Adr deputati a gestire le controversie nazionali e transfrontaliere in materia di consumo (questi ultimi in attuazione di quando previsto dal Codice del consumo come novellato in sede di recepimento della direttiva 11/2013).

Per quanto attiene agli organismi di mediazione vengono disciplinati i requisiti di onorabilità, serietà, efficienza, con una particolare attenzione – per la prima volta – agli obblighi di trasparenza. Per questi ultimi si richiede la pubblicazione sul sito web di una serie di dati e di notizie, tra i quali si segnalano – ad esempio – anche le informazioni necessarie per la presentazione dei reclami. Analoga regolamentazione viene dettata anche per gli organismi Adr, cioè per quegli organismi che si iscriveranno nella nuova sezione speciale ad essi destinata nel registro ministeriale per le procedure di mediazione volontarie da svolgersi secondo la disciplina del Codice del consumo.

Si incide poi significativamente anche sui percorsi formativi di base del mediatore in quanto il corso di formazione dovrà avere una durata non inferiore a ottanta ore (rispetto alle cinquanta ore in precedenza previste), oltre allo svolgimento di un tirocinio. Inoltre, per coloro che non sono in possesso della laurea in giurisprudenza viene introdotto un corso di approfondimento giuridico, di durata non inferiore a quattordici ore.

Tra le numerose novità del nuovo testo si segnala poi l’aggiornamento della tabella che indica i costi della mediazione e, in particolare, la fissazione del costo del primo incontro nei casi in cui sia obbligatorio e si concluda con un mancato accordo, non senza precisare che viene introdotta una disponibilità temporale minima da parte dall’organismo per lo svolgimento del primo incontro (non inferiore a due ore) e la necessità di indicare le condizioni per la sua eventuale estensione nell’ambito della medesima giornata.

Per l’avvio della nuova regolamentazione viene prevista infine una disciplina transitoria destinata agli organismi di mediazione e agli enti di formazione che, iscritti nel registro alla data del 15 novembre, hanno presentato istanza di permanenza entro il 30 aprile. Il termine fissato per l’adeguamento ai nuovi requisiti è fissato per il 15 agosto 2024.

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Fallimento, la prescrizione presuntiva va rigettata se chi la oppone ammette che l’obbligazione non si è estinta

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di Mario Finocchiaro

Fonte: https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/fallimento-prescrizione-presuntiva-va-rigettata-se-chi-oppone-ammette-che-l-obbligazione-non-si-e-estinta-AFaluYSB

31 Ottobre 2023

Contenuto esclusivo Norme & Tributi Plus

La prescrizione presuntiva trova fondamento nella supposizione, avente fonte legale, che determinati crediti, per il tipo di contratti da cui sono sorti, vengano estinti sollecitamente, in un lasso di tempo ristretto, con l’effetto che, trascorso un certo periodo da quando sono sorti senza che il creditore abbia fatto valere la sua pretesa, si presumono estinti. La prescrizione presuntiva non opera, quindi, sul piano del diritto sostanziale, come la prescrizione estintiva, che, laddove venga sollevata, è causa di estinzione del diritto, ma si dispiega interamente sul terreno della prova nel processo, ponendo a favore del debitore la presunzione legale che, una volta trascorso il periodo di tempo previsto dalla legge, l’obbligazione si sia estinta. Si tratta, peraltro, di una presunzione legale semplice, che il creditore può superare deferendo il giuramento decisorio per accertare se si è verificata l’estinzione del debito (art. 2960 Cc). Proprio perché la prescrizione presuntiva opera sul piano della prova e non su quello sostanziale, il fatto (incerto) che la stessa presume, e cioè il pagamento del debito, (anche se ad eccepirla è il curatore del fallimento del debitore) dev’essere escluso tutte le volte in cui il debitore sollevi nel processo eccezioni e difese che, essendo incompatibili con esso, lo smentiscano. L’art. 2959 Cc stabilisce, in effetti, che l’eccezione di prescrizione presuntiva va rigettata in tutti i casi in cui chi la oppone ammette che l’obbligazione non si è estinta ovvero (come, appunto, nel caso del curatore del fallimento) dichiari di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno. Questo il principio espresso dalla Sezione I della Cassazione con l’ordinanza 11 luglio 2023 n. 19649.

I precedenti
Analogamente, la dichiarazione del curatore di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno costituisce mancato giuramento, dovendo egli subire le conseguenze dell’affermazione dell’estinzione del debito implicita nella sollevata eccezione di prescrizione presuntiva, Cassazione, sentenza 27 giugno 2022, n. 20602, in Fallimento, 2022, p. 1041, ricordata in motivazione, nella pronunzia in rassegna.
Nel senso, peraltro, che nel giudizio di opposizione allo stato passivo, il curatore, in quanto terzo rispetto al fallito e privo della capacità di disporre del diritto controverso, non può essere sollecitato alla confessione su interrogatorio formale con riferimento a vicende solutorie attinenti all’obbligazione dedotta in giudizio, né gli è deferibile il giuramento decisorio, Cassazione, sentenze 3 agosto 2017, n. 19418, in Fallimento, 2018, p. 170, con nota di Rolfi F., Curatore e giuramento decisorio: una decisione che è un’occasione perduta, e 24 luglio 2015, n. 15570 e 14 febbraio 2011, n. 3573 (secondo cui il giuramento decisorio non è deferibile, invece, né al fallito, che perde la capacità processuale, né al curatore fallimentare, terzo rispetto ai rapporti fra il fallito ed il creditore).
Nello stesso ordine di idee, le deduzioni del curatore fallimentare in un giudizio civile sono prive di qualsiasi valore confessorio, stante la sua qualità di terzo rispetto all’imprenditore fallito, Cassazione, sentenza 11 novembre 2013, n. 25286, nonché Cassazione, ordinanza 14 marzo 2022, n. 8130 e sentenza 29 agosto 2011, n. 17717, secondo le quali il commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo non ha la capacità di disporre dei diritti dell’impresa, sicché, ai sensi dell’art. 2731 Cc, alle dichiarazioni da lui rese in sede giudiziale non può attribuirsi il valore di ammissione di fatti di natura confessoria.

Il merito in contrasto
In termini opposti, in sede di merito:
– nel senso che se si ritiene che il curatore possa sollevare l’eccezione di prescrizione presuntiva, allora deve conseguentemente ritenersi che al curatore possa anche essere deferito il giuramento decisorio, sia pure con una formulazione adattata al ruolo ricoperto e suscettibile di poter essere oggetto di dichiarazione, e ciò in quanto, diversamente argomentando, l’eccezione presuntiva si trasformerebbe in ciò che per legge non è, ossia un mezzo di prova insuscettibile di prova contraria, Tribunale di Roma, sentenza 8 marzo 2022, in Fallimento, 2022, p 1043;
– per la precisazione che in caso di eccezione, da parte del curatore, della prescrizione presuntiva, a seguito dell’insinuazione al passivo di crediti professionali, è da ritenersi ammissibile la possibilità, per il creditore, che si veda opposta la prescrizione, di deferire al curatore fallimentare il giuramento de scientia in ordine all’estinzione del debito, in ragione della portata generale dell’art. 2939 Cc, a mente del quale qualunque terzo interessato resterebbe legittimato a ricevere la delazione del giuramento; la mancata conoscenza da parte del soggetto delato (curatore fallimentare) delle circostanze oggetto del giuramento decisorio de scientia riveste valore equipollente alla mancata prestazione del giuramento, Tribunale di Milano, sentenza 16 febbraio 2017, in Fallimento, 2018, p. 222, con nota di Conte, Prescrizioni presuntive e giuramento decisorio de scientia del curatore fallimentare;
– per il rilievo che qualora l’eccezione di prescrizione presuntiva venga sollevata dalla curatela fallimentare, è ammissibile il giuramento de scientia deferito al curatore che abbia eccepito la prescrizione presuntiva, Tribunale di Agrigento, sentenza 14 giugno 2004, in Giurisprudenza italiana, 2004, I, p. 1426.

La disciplina previgente
Con riguardo alla disciplina previgente, nel senso che in tema di insinuazione tardiva di crediti, nell’applicabilità ratione temporis del regime anteriore all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 5 del 2006, qualora a fronte di una domanda di ammissione ex art. 101 legge fallimentare la curatela fallimentare non abbia sollevato in via immediata opposizione, rimane preclusa la proponibilità, da parte di essa, in successiva udienza, dell’eccezione di prescrizione presuntiva, invero incompatibile ex art. 2959 Cc con l’atteggiamento prima assunto dall’organo concorsuale, Cassazione, sentenza 11 giugno 2018, n. 15072.

Prescrizione presuntiva e procedure fallimentari
Sempre in tema di prescrizione presuntiva e dei suoi rapporti con le procedure fallimentari, si è precisato, altresì, tra l’altro:
– l’eccezione di prescrizione presuntiva implica il riconoscimento dell’esistenza del credito nella misura richiesta dal creditore e, pertanto, non può essere opposta dal debitore il quale dichiari di avere estinto l’obbligazione per una somma inferiore a quella domandata, Cassazione, sentenze 28 novembre 2001, n. 15132; 1° febbraio 1995, n. 1160 e 15 marzo 1982, n. 2309;
– le prescrizioni presuntive di cui agli articoli 2954 e seg. Cc sono fenomeni di natura probatoria, sostanziandosi in presunzioni di «avvenuto pagamento»; non dà perciò luogo a prescrizione presuntiva la fattispecie in cui una frazione del tempo stabilito dalla norma di legge fondante la stessa sia decorsa dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, pur se prima che il creditore abbia presentato domanda di insinuazione nel relativo passivo, Cassazione, sentenza 14 giugno 2019, n. 16123, in Fallimento, 2019, p. 1464, con nota di Napolitano, La prescrizione presuntiva, il fallimento e il giuramento decisorio del curatore nei giudizi di opposizione allo stato passivo;
– il curatore non ha l’onere di riproporre nel giudizio di opposizione allo stato passivo un’eccezione in senso stretto, come quella di prescrizione presuntiva, già sollevata ed accolta nella fase sommaria, Cassazione, ordinanza 14 marzo 2017, n. 6522;
– l’eccezione di prescrizione presuntiva è perfettamente compatibile con quella, proposta in linea subordinata, di contestazione del rango privilegiato del credito, per il caso che il giudice lo ritenga esistente, in quanto quest’ultima eccezione non implica l’ammissione, ai sensi dell’articolo 2959 Cc, che l’obbligazione non è stata estinta, Cassazione, sentenza 15 settembre 2005, n. 18242, in Giustizia civile, 2005, I, p. 2939 (fattispecie concernente la proposizione di insinuazione tardiva nel fallimento e di proposizione dell’eccezione da parte del curatore del fallimento).
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