AMIANTO, DATI ALLARMANTI DELL’ONA: 60 MILA DECESSI IN 10 ANNI, IN AUMENTO NEL 2024

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Fibre di amianto

Allarmanti dati aggiornati su morti e malattie legate all’amianto in Italia: 60mila decessi in 10 anni, 10mila nuove diagnosi ogni anno, è urgente la bonifica dei siti contaminati.

La situazione amianto in Italia: dati sconvolgenti.

In Italia, negli ultimi dieci anni, sono state circa 60mila le persone morte per malattie legate all’amianto.

Nel solo 2023, l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) ha censito circa 2.000 casi di mesotelioma, con un indice di mortalità, rapportato ai 5 anni antecedenti, di circa il 93% dei casi.

Sempre nel 2023, si sono registrate circa 4.000 nuove diagnosi di tumore del polmone attribuibili all’esposizione ad amianto (al netto del fumo e di altri agenti cancerogeni), con un indice di sopravvivenza a 5 anni del 12%.

Il numero stimato di decessi è di circa 3.500 persone.

I dati sono stati diffusi in occasione della Giornata mondiale delle vittime dell’amianto, celebrata ogni anno il 28 aprile.

L’appello dell’Osservatorio Nazionale Amianto

“In questo giorno, in cui si ricordano le vittime dell’amianto, rivolgiamo un appello alla premier Giorgia Meloni perché il tema torni nell’agenda di governo”, afferma Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.

Bonanni sottolinea che solo una bonifica e una messa in sicurezza sistematica dei siti contaminati può evitare nuove esposizioni e, quindi, future malattie asbesto-correlate.

Malattie che, purtroppo, in oltre il 90% dei casi si concludono con una sentenza di morte.

Le regioni italiane più colpite dall’amianto

Secondo i dati ONA, ogni anno si registrano 10mila nuove diagnosi, che colpiscono in prevalenza gli uomini.

Le regioni italiane a maggior rischio sono:

Lombardia Piemonte Liguria Lazio

Queste quattro regioni rappresentano oltre il 56% dei casi segnalati, con una media annua di diagnosi compresa tra 1.500 e 1.800 casi.

Amianto negli edifici pubblici e scolastici: un’emergenza ancora attuale

Nel 2024, in Italia, si stima la presenza di 40 milioni di tonnellate di amianto distribuite in circa 1 milione di siti e micrositi.

Di questi, 50mila sono industriali e 42 sono riconosciuti come siti di interesse nazionale.

Particolarmente critica è la situazione:

In 2.500 scuole, con oltre 352mila alunni e 50mila lavoratori esposti. In 1.500 biblioteche ed edifici culturali. In almeno 500 ospedali (dato parziale, mappatura ONA in corso).

L’amianto è spesso presente negli impianti tecnici (termici, elettrici e termoidraulici) degli edifici.

Esposizione globale all’amianto: i dati dell’OMS

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS):

Circa 125 milioni di lavoratori sono ancora esposti all’amianto nel mondo. Ogni anno, più di 107mila persone muoiono a causa delle malattie legate all’asbesto.

Conclusione:

L’amianto rappresenta ancora oggi una gravissima emergenza sanitaria, sia in Italia che nel mondo. Una massiccia campagna di bonifica e prevenzione è l’unica strada per ridurre l’impatto devastante di questo cancerogeno sulla salute pubblica.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
Piazza Giuseppe Mazzini, 27 – 00195 – Roma

Tel+39 0673000227

Cell. +39 3469637341

@: avv.bonanni.saraceno@gmail.com

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CCII: EVENTO PRESENTAZIONE DELL’OPERA GIURIDICA DELL’AVV. F. V. BONANNI SARACENO PRESSO L’UNIVERSITÀ LINK

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Avv. F. V. Bonanni Saraceno

Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno: l’autore che ridefinisce il significato del fallimento

Scopri la visione rivoluzionaria dell’avvocato Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno sul fallimento d’impresa. Un’opera che unisce diritto, umanità e cultura per trasformare la crisi in opportunità.

Chi è Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno

Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno è un avvocato iscritto all’Ordine degli Avvocati di Roma. È specializzato nella gestione della crisi d’impresa e da sovraindebitamento, nonché legal advisor in procedure di risanamento aziendale.

Ha maturato significative esperienze come consulente legale per società finanziarie di rilievo nazionale e multinazionali.

Nel suo studio legale, opera principalmente nei settori del diritto societario, bancario e assicurativo, con un focus particolare sull’assistenza giudiziale alle vittime dell’amianto e del dovere disatteso, per il riconoscimento del risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

L’importanza dell’opera: superare il concetto tradizionale di fallimento

L’avvocato Bonanni Saraceno propone una visione innovativa e umanistica del fallimento d’impresa. Come dichiarato dall’Avv. Alessandra Finocchio (TIF):

“Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno dimostra non solo una straordinaria competenza giuridica, ma anche una rara sensibilità umana.”

Il fallimento come opportunità di rinascita

Attraverso un’analisi lucida e appassionata, Bonanni Saraceno invita a considerare il fallimento non come un marchio d’infamia, ma come una tappa necessaria nel percorso di innovazione e crescita.

“Con coraggio e visione, ha saputo trasformare l’esperienza dell’insuccesso in un punto di partenza. Un invito a cambiare gli stereotipi: a vedere nell’imprenditore non un colpevole, ma un protagonista resiliente del progresso.”

Il potere del linguaggio nella percezione del fallimento

Durante un’intervista post evento, l’avvocato ha affermato:

“L’uomo nasce dal verbo […] Quando un cittadino muore dal punto di vista imprenditoriale, muore anche da un punto di vista esistenziale.”

Richiamando pensatori come Malinowski e Sapir e Whorf, nonché l’illuminante giurista liberale Avv. Bruno Leoni e l’economista liberale Luigi Einaudi, l’Avv. Bonanni Saraceno sottolinea come il linguaggio plasmi la realtà. Non si tratta solo di cambiare il termine da “fallire” a “liquidare”, ma di rivedere profondamente la percezione culturale del fallimento.

Una trasformazione culturale necessaria

Il testo rappresenta un manifesto culturale e giuridico per la riabilitazione dell’imprenditore fallito. È anche una risposta sociale al fenomeno drammatico dei suicidi per motivi economici, dimostrando che il fallimento non è la fine, ma l’inizio di un nuovo percorso.

Evento integrale

https://edizioniduepuntozero.it/prodotto/codice-della-crisi-dimpresa-e-dellinsolvenza-2/
Sito web per l’acquisto dell’opera giuridica

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DIRITTO DELLA CRISI: GLI ASSETTI ORGANIZZATIVI ADEGUATI PREVISTI DAL CCII MODIFICANO LA GESTIONE IMPRENDITORIALE

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Il Codice della crisi ha esteso a tutte le imprese l’obbligo di dotarsi di assetti organizzativi adeguati. Scopri cosa prevede la normativa e quali sono le responsabilità di amministratori, sindaci e organi di controllo.

Il nuovo ruolo degli assetti organizzativi nel Codice della crisi

Con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa, è stata data nuova centralità al tema degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati, già parzialmente presente nell’ordinamento attraverso l’articolo 149 del TUF e successivamente ampliato dalla riforma del diritto societario del 2003.

Oggi, l’obbligo è esteso a tutte le imprese organizzate in forma societaria o collettiva, che devono dotarsi di assetti in grado di rilevare tempestivamente i segnali di crisi.

Chi è responsabile degli assetti organizzativi?

Il dovere di garantire assetti adeguati rientra nell’ambito del più ampio dovere di corretta amministrazione:

Gli organi delegati devono curarne l’istituzione e il funzionamento. Gli amministratori non esecutivi sono chiamati a valutarne l’adeguatezza. L’organo di controllo (collegio sindacale o revisore) vigila sull’adeguatezza degli assetti e sul loro concreto funzionamento, come previsto dagli articoli 2381 e 2403 del Codice civile.

Quando un assetto è considerato “adeguato”?

Secondo l’articolo 3 del Codice della crisi, un assetto è adeguato quando consente di:

Rilevare squilibri patrimoniali, economici e finanziari. Verificare la sostenibilità del debito e la continuità aziendale per almeno 12 mesi. Rilevare l’esistenza di debiti scaduti per importi e tempi definiti. Ottenere le informazioni necessarie per utilizzare gli strumenti di autodiagnosi previsti dal Codice (checklist, test pratico di risanamento).

Assetti adeguati e responsabilità: le questioni aperte

Il passaggio da una nozione generale di “adeguatezza” a un modello più dettagliato solleva diversi interrogativi pratici e giuridici:

Cosa accade se gli assetti non rilevano per tempo la crisi e l’impresa diventa insolvente? Fino a che punto è sindacabile la scelta organizzativa degli amministratori? La business judgment rule si applica anche agli assetti previsti dall’art. 2086, comma 2, c.c.? I sindaci devono denunciare l’assenza o l’inadeguatezza degli assetti ex art. 2409 c.c.? Come si quantifica il danno da inadeguatezza degli assetti?

Questi interrogativi sono al centro dell’attenzione della giurisprudenza e della dottrina, impegnate a dare una risposta coerente con l’ordinamento.

Inadeguatezza degli assetti e scioglimento della società?

Un’ulteriore riflessione dottrinale propone di interpretare l’inadeguatezza degli assetti come una causa di impossibilità dell’oggetto sociale, potenzialmente idonea a giustificare lo scioglimento della società. Sebbene questa tesi non abbia ancora trovato riscontro giurisprudenziale, conferma la necessità di collocare gli assetti all’interno del sistema di regole dell’impresa societaria, per garantire coerenza e funzionalità.

Conclusioni

L’obbligo di predisporre assetti organizzativi adeguati non è più un mero adempimento formale, ma un presidio essenziale per la continuità aziendale e per la gestione responsabile dell’impresa. Il dibattito in corso dimostra quanto sia complesso – ma anche urgente – definire criteri chiari e strumenti efficaci per prevenire le crisi e proteggere il patrimonio sociale e i creditori.

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EVENTO-PRESENTAZIONE ALL’UNIVERSITÀ LINK: “IL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA DELL’AVV. F. V. BONANNI SARACENO

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Mercoledì 23 aprile 2025, dalle ore 15 alle ore 19, si svolgerà in presenza la presentazione della nuova opera giuridica dell’Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno, presso l’Università Link.

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POSSIBILITÀ DI SEGUIRE L’EVENTO ANCHE DA REMOTO, DIGITANDO:

https://meet.goto.com/BIBLIOTECA_RM_LCU

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  • Relatori d’eccezione

Durante la presentazione, interverranno illustri relatori, come il Sen. Pierantonio Zanettin, il Consigliere Segretario del COA di Roma Avv. Alessandro Graziani, l’Amministratore delegato della CONSAP Avv. Vincenzo Sanasi d’Arpe, il Presidente dell’associazione forense TIF Avv. Gaetano Parrello, il Presidente dell’associazione ONA Avv. Ezio Bonanni, il Magistrato Fabio Massimo Gallo, il Prof. Francesco Bonanni, il Prof. Matteo Villanova, l’alto dirigente della CONSOB Dott. Enea Franza. il Consigliere Renato Loiero, il Presidente dell’UNCAT Avv. Gianni Di Matteo, il commercialista Dott. Giancarlo Sestini e l’imprenditore editore Giuseppe Daloiso.

  • L’opera in generale

L’opera in oggetto è intitolata “Il codice della crisi d’impresa e dell’Insolvenza, commentato e annotato con la giurisprudenza (aggiornato al Correttivo Ter)”, edito Duepuntozero.

Il libro “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” dell’Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno è un’opera aggiornata e commentata che analizza in dettaglio la normativa italiana in materia di crisi d’impresa e insolvenza, con particolare attenzione alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 14 settembre 2024, n. 136 (noto come “Correttivo TER”).

📘 Dettagli dell’opera

Titolo completo: Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – Commentato e annotato con la giurisprudenza Autore: Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno Editore: Edizioni Duepuntozero Anno di pubblicazione: Gennaio 2025 Pagine: 880 ISBN: 9788833271576 Prezzo: €159,00

Il volume si presenta come uno strumento completo per professionisti del settore, offrendo un’analisi dettagliata delle norme, delle fattispecie sostanziali e processuali, nonché della giurisprudenza più rilevante in materia di crisi d’impresa. È particolarmente utile per orientarsi tra i vari istituti e le casistiche complesse relative alla gestione della crisi aziendale. 

🛒 Dove acquistarlo

Il volume è disponibile per l’acquisto sul sito dell’editore:

https://edizioniduepuntozero.it/prodotto/codice-della-crisi-dimpresa-e-dellinsolvenza-2/

Edizioni Duepuntozero

📄 Estratti e indice

Puoi consultare l’indice e alcuni estratti del libro in formato PDF:

Indice ed estratti PDF

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DANNO NON PATRIMONIALE A CAUSA DI MOBBING SUL LAVORO

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Mobbing sul lavoro: risarcimento danni per condotte discriminatorie e lesive della dignità personale

Introduzione

La tutela della dignità del lavoratore costituisce un principio cardine dell’ordinamento giuslavoristico italiano, fondato su valori costituzionali (artt. 2, 3, 32 e 41 Cost.) e consolidato da una copiosa giurisprudenza di merito e di legittimità. Comportamenti datoriali reiterati, lesivi e discriminatori – come l’emarginazione professionale e gli insulti, anche a sfondo razziale – possono configurare mobbing lavorativo o discriminazione e giustificano il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, anche in mancanza di un danno patrimoniale o biologico documentato.

Il reiterarsi di comportamenti offensivi nei confronti del lavoratore, configurabili come mobbing o emarginazione lavorativa, anche accompagnati da insulti a sfondo razziale, comporta il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno subito. In particolare, tali condotte determinano un pregiudizio alla dignità personale del dipendente, che legittima l’erogazione di un risarcimento equitativo, proporzionato alla gravità della condotta posta in essere.

Ai fini del riconoscimento del danno non patrimoniale, non è necessaria una specifica prova del pregiudizio subito, né la dimostrazione di danni ulteriori: è sufficiente la dimostrazione del carattere discriminatorio, emarginante o lesivo della condotta datoriale.

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GLI AVVOCATI DIVENTANO CERTIFICATORI DEL RISCHIO FISCALE: FIRMATO IL PROTOCOLLO CON MEF E AGENZIA PER LE ENTRATE

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Il nuovo ruolo previsto dal Tax Control Framework

Avvocati e commercialisti potranno ricoprire il ruolo di certificatori del rischio fiscale grazie alla firma di un protocollo d’intesa tra:

  • Consiglio Nazionale Forense (CNF)
  • Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (CNDCEC)
  • Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF)
  • Agenzia delle Entrate

L’accordo definisce le modalità per il rilascio dell’attestazione di certificatore nell’ambito del Tax Control Framework ed è stato annunciato con un comunicato stampa congiunto dai Consigli Nazionali.


Il protocollo d’intesa: finalità e contenuti

Il protocollo è stato siglato per:

  • Dettare i termini per il rilascio dell’attestazione
  • Individuare le competenze professionali richieste
  • Regolamentare la creazione dell’elenco dei certificatori

Questo elenco riguarda figure professionali in grado di certificare il sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale.


Chi può diventare certificatore del rischio fiscale?

L’attività di certificatore è riservata esclusivamente a:

  • Avvocati iscritti all’albo
  • Commercialisti e esperti contabili iscritti alla sezione A dell’albo

L’elenco dei professionisti abilitati sarà:

  • Predisposto e aggiornato da CNF e CNDCEC
  • Suddiviso in due sezioni (una per avvocati, una per commercialisti)
  • Pubblicato online sul sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate

Requisiti per l’iscrizione all’elenco dei certificatori

Percorso formativo obbligatorio

Per essere iscritti all’elenco, è necessario:

  • Partecipare a un corso di almeno 80 ore, suddiviso in tre moduli:
    1. Sistemi di controllo interno e gestione dei rischi (almeno 50% del totale)
    2. Principi contabili
    3. Diritto tributario
  • Superare un test di valutazione finale

I percorsi formativi e le valutazioni sono attestati dai Consigli nazionali (CNF per avvocati, CNDCEC per commercialisti), in accordo con MEF e Agenzia delle Entrate.


Esoneri dal corso e dal test

Chi è esonerato?

Il protocollo prevede l’esonero per gli iscritti da almeno 5 anni all’albo, che abbiano:

  • Ricoperto formale incarico per la progettazione, realizzazione e sviluppo di sistemi di controllo del rischio fiscale già validati dall’Agenzia delle Entrate
  • Collaborato per almeno 5 anni come responsabili dei rischi fiscali in imprese in regime di adempimento collaborativo

Altri casi di esonero

Sono dispensati anche:

  • Coloro che hanno fatto parte di organismi di vigilanza o comitati endoconsiliari analoghi
  • Chi ha svolto attività di audit aziendale per almeno 2 anni in imprese in regime collaborativo
  • Professori universitari in discipline economico-aziendali o diritto tributario, iscritti da almeno 5 anni agli albi professionali

Un passo strategico per l’adempimento collaborativo

Il protocollo rappresenta un’importante evoluzione del regime di adempimento collaborativo, come evidenziato dal presidente del CNF, Francesco Greco:

“Il coinvolgimento degli avvocati nella certificazione dei sistemi di controllo del rischio fiscale è un riconoscimento del ruolo centrale delle professioni ordinistiche.”

Ha inoltre sottolineato come la definizione di requisiti rigorosi garantisca:

  • Elevata preparazione professionale
  • Indipendenza
  • Qualità della certificazione

Sulla stessa linea il presidente del CNDCEC, Elbano de Nuccio, che ha dichiarato:

“È l’inizio di un percorso che porterà alla creazione degli elenchi degli abilitati a questa delicatissima funzione, riservata esclusivamente a commercialisti e avvocati. Un segnale di fiducia da parte del legislatore.”

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CCII: IL TRIBUNALE DI BUSTO ARSIZIO CHIARISCE I LIMITI DELL’ART. 47 RIGUARDO AI “MUTAMENTI DELLE CIRCOSTANZE” NEL CONCORDATO PREVENTIVO

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Cosa si intende per “mutamenti delle circostanze” nel concordato preventivo?

La giurisprudenza di merito torna a occuparsi del concetto di mutamenti delle circostanze previsto dall’articolo 47, comma 5, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII). Questa norma consente al debitore, decorso il termine per proporre reclamo avverso la dichiarazione di inammissibilità, di depositare una nuova domanda di concordato preventivo, ma solo al verificarsi di determinati presupposti oggettivi.

Il precedente del Tribunale di Milano e la nuova pronuncia di Busto Arsizio

Dopo il primo vademecum del Tribunale di Milano (17 ottobre 2024), ripreso dal Sole 24 Ore il 24 dicembre 2024, è ora il Tribunale di Busto Arsizio a pronunciarsi con un decreto del 12 febbraio 2025.

Nel caso esaminato, la società ricorrente aveva già depositato due domande di concordato preventivo, entrambe dichiarate inammissibili poiché l’attestazione ex art. 87, comma 3, era stata redatta da un soggetto privo dei requisiti richiesti, ovvero non iscritto all’albo dei gestori della crisi.

Terza domanda di concordato: nuove premesse o riproposizione camuffata?

A seguito della richiesta di apertura della liquidazione giudiziale da parte del Pubblico Ministero, la debitrice ha abbandonato la tesi del “mero disguido” e ha annunciato, con un nuovo legale, l’intenzione di depositare una terza proposta di concordato. Questa volta, l’attestazione sarebbe stata redatta da un professionista abilitato e il piano sarebbe stato parzialmente modificato con un maggior apporto economico dei soci.

Secondo la tesi della società, la nuova istanza superava le precedenti in quanto:

  • Redatta da un soggetto dotato dei requisiti formali;
  • Basata su un piano migliorativo rispetto al passato;
  • In grado di garantire maggiore soddisfazione ai creditori.

Il rigetto del Tribunale: nessun vero mutamento delle circostanze

Il Pubblico Ministero, però, ha evidenziato che non vi era stato alcun mutamento sostanziale delle circostanze, come richiesto dall’articolo 47, comma 5, CCII. La tesi è stata accolta dal Tribunale di Busto Arsizio, il quale ha chiarito che:

I mutamenti delle circostanze devono consistere in elementi oggettivi, nuovi e imprevedibili, che incidano sulla situazione economico-aziendale del debitore e non in semplici scelte difensive o correzioni di errori pregressi.

Cosa non costituisce un “mutamento di circostanze”:

  • La sostituzione del professionista attestatore;
  • Il cambio di legale o advisor;
  • La presentazione di un piano solo marginalmente migliorato, ma fondato sul medesimo schema di continuità diretta e cessione di immobili.

Perché questa interpretazione è rilevante per il diritto della crisi d’impresa

Accogliere una nozione estensiva di “mutamento delle circostanze” significherebbe consentire al debitore di eludere indefinitamente il procedimento di apertura della liquidazione giudiziale. Secondo i giudici lombardi, ciò sarebbe in contrasto con la ratio del Codice della crisi, che mira a:

  • Garantire certezza e stabilità nei procedimenti di regolazione della crisi;
  • Evitare abusi del diritto attraverso continue riproposizioni di proposte solo formalmente nuove;
  • Tutela dei creditori e dell’interesse pubblico alla celerità della procedura.

Conclusioni: quando è possibile presentare una nuova domanda di concordato?

La sentenza del Tribunale di Busto Arsizio chiarisce che, per essere ammessa una nuova domanda di concordato preventivo ai sensi dell’art. 47 CCII, è indispensabile che:

  • Il mutamento delle circostanze sia oggettivo e sostanziale;
  • Esista un elemento di novità nella situazione aziendale, non solo nella strategia difensiva;
  • Il nuovo piano non sia una semplice replica migliorata del precedente.

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TRANSAZIONE: NATURA GIURIDICA, PRESUPPOSTI ED EFFETTI TRA COOBBLIGATI

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Accordo transattivo

La transazione nel diritto civile: natura giuridica, presupposti ed effetti tra coobbligati

Nota a Trib. Catania, sez. III, sent. 31 marzo 2025, n. 1844

Analisi tecnico-giuridica della transazione ex artt. 1965 e 1967 c.c.: natura, presupposti e limiti di efficacia soggettiva. Riflessioni alla luce della sentenza del Tribunale di Catania n. 1844/2025.

1. Natura giuridica della transazione (art. 1965 c.c.)

Il Tribunale di Catania conferma l’impostazione tradizionale secondo cui la transazione è un contratto a prestazioni corrispettive, a titolo oneroso, finalizzato a porre fine a una lite già insorta o ad evitarne una potenziale, mediante reciproche concessioni tra le parti.

La funzione tipica della transazione è quindi quella compositiva, presupponendo un conflitto attuale o potenziale, e una contestuale rinuncia parziale ai diritti o alle pretese originarie.

2. Presupposto della res dubia

Ai fini della validità del contratto, è richiesto il presupposto della res dubia, intesa non in senso oggettivo (incertezza sul fatto o sul diritto), bensì come divergenza soggettiva tra le parti circa la sussistenza, l’estensione o la consistenza dei rispettivi diritti o obblighi.

Secondo il Tribunale, l’eventuale accertamento ex post dell’infondatezza di una delle pretese non incide sulla validità dell’accordo transattivo.

3. Forma della transazione e limiti probatori (art. 1967 c.c.)

Ai sensi dell’art. 1967 c.c., la transazione deve risultare da atto scritto.

Ne deriva l’inammissibilità della prova testimoniale o presuntiva, anche ai fini dell’accertamento del contenuto o dell’esistenza del contratto, con implicazioni rilevanti nei giudizi in cui la transazione sia eccepita come fatto impeditivo.

4. Transazione pro quota e solidarietà passiva

Nel caso di transazione stipulata da uno dei debitori solidali, la stessa produce effetto solo nei confronti del transigente, comportando la sua liberazione pro quota, salvo diversa volontà espressa.

Il Tribunale evidenzia come gli altri coobbligati non possano avvalersi della transazione in via automatica, restando obbligati per l’intero salvo l’effetto riduttivo sul quantum, per effetto del pagamento effettuato dal condebitore transigente.

5. Criteri di interpretazione contrattuale (artt. 1362 ss. c.c.)

L’individuazione della portata soggettiva e oggettiva della transazione implica una valutazione ermeneutica della volontà espressa dalle parti, da condurre secondo i criteri codicistici di interpretazione dei contratti (artt. 1362 e ss. c.c.), rimessa all’apprezzamento del giudice di merito.

6. Danni futuri non prevedibili: persistente diritto al risarcimento

Il creditore-danneggiato, pur avendo stipulato una transazione, conserva il diritto al risarcimento per i danni sopravvenuti non prevedibili al momento della stipula.

Anche se il contratto contenga una clausola di rinuncia ai danni futuri, tale previsione può riguardare solo quelli ragionevolmente prevedibili all’epoca dell’accordo, restando esclusi quelli imprevedibili o sopravvenuti.

Massima (redazionale)

In tema di transazione, il presupposto della res dubia sussiste anche in presenza di mere divergenze valutative soggettive tra le parti. La transazione pro quota, stipulata da uno dei debitori solidali, non produce effetti nei confronti degli altri, salvo per la riduzione proporzionale del debito residuo. La rinuncia ai danni futuri contenuta nella transazione non preclude la domanda risarcitoria per quelli non prevedibili al momento della stipula.

Riferimenti normativi

Art. 1965 c.c. – Nozione di transazione Art. 1967 c.c. – Prova della transazione Artt. 1362 ss. c.c. – Interpretazione del contratto

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Foto

Tribunale di Catania, sez. III, sentenza 31 marzo 2025, n. 1844 integrale, in formato Pdf:

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COMPOSIZIONE NEGOZIATA: È AMMESSA IN CASO DI PIANO LIQUIDATORIO?

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Tribunale di Verona

La questione: composizione negoziata e mancata continuità aziendale

Una delle tematiche più discusse in materia di composizione negoziata della crisi riguarda la possibilità di accedere alle misure protettive anche quando il piano dell’impresa non prevede la prosecuzione dell’attività aziendale. È il caso della cosiddetta composizione negoziata liquidatoria.

Molti tribunali si sono già espressi su domande di accesso alla composizione negoziata in assenza di concrete prospettive di risanamento operativo.

Il precedente di Mantova: composizione negoziata anche in fase liquidatoria

Con ordinanza del 4 dicembre 2024, il Tribunale di Mantova ha ammesso che la composizione negoziata possa essere utilizzata anche in presenza di insolvenza conclamata, non solo di stato di crisi. Secondo i giudici mantovani, la procedura può essere funzionale anche a una liquidazione ordinata del patrimonio, purché accompagnata da iniziative concrete, come l’apporto di beni personali da parte del debitore.

In quel caso, la prosecuzione dell’attività era solo temporanea e strumentale alla dismissione degli asset.

Il caso opposto di Verona: misure protettive negate

Di segno opposto è il decreto del Tribunale di Verona del 10 marzo 2025, che ha rigettato la conferma delle misure protettive per un’impresa la cui proposta aveva finalità esclusivamente liquidatorie.

La società ricorrente:

era inattiva; non aveva dipendenti né risorse; intendeva cedere l’unico immobile a un terzo (che non aveva nemmeno presentato un’offerta vincolante); non indicava modalità di soddisfazione dei creditori.

Il piano non conteneva alcuna prospettiva di continuità aziendale, né in proprio né tramite cessione dell’attività. I giudici hanno rilevato la mancanza di dati economici e patrimoniali prospettici (come ricavi, costi e fonti di finanziamento). Di fatto, si trattava di una mera liquidazione del patrimonio, priva di una vera strategia di risanamento.

I requisiti del piano di risanamento secondo il Codice della crisi

Il piano di risanamento ex art. 19, comma 2, lett. d), del Codice della crisi d’impresa deve:

illustrare in modo completo ed esaustivo le iniziative dell’impresa; contenere una prospettiva di continuità aziendale, anche per cessione a terzi.

Non è sufficiente un piano “di facciata”: l’obiettivo liquidatorio non può essere dissimulato in un piano teoricamente volto alla continuità.

Quando è possibile un esito liquidatorio?

Un esito liquidatorio nella composizione negoziata è ammissibile solo se:

vi erano, al momento dell’avvio delle trattative, ragionevoli possibilità di risanamento; tali possibilità si sono rivelate impraticabili, come attestato dall’esperto; le trattative sono state svolte con correttezza e buona fede.

In tal caso, può trovare applicazione il concordato semplificato (art. 25-sexies del Codice della crisi).

Conclusione: coerenza tra misure protettive e finalità del risanamento

La composizione negoziata è concepita per favorire il risanamento dell’impresa. Di conseguenza, le misure protettive che la accompagnano devono essere coerenti con questo obiettivo, non con finalità puramente liquidatorie.

Una soluzione liquidatoria è possibile, ma solo come extrema ratio, e non come approdo “naturale” della composizione negoziata.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
Piazza Giuseppe Mazzini, 27 – 00195 – Roma

Tel+39 0673000227

Cell. +39 3469637341

@: avv.bonanni.saraceno@gmail.com

@: info@versoilfuturo.org

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PENALE: L’ART. 634 BIS C.P. STABILISCE IL REATO DI OCCUPAZIONE ARBITRARIA DI IMMOBILE DESTINATO A DOMICILIO ALTRUI

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Occupazione arbitraria di immobile: cosa prevede il nuovo articolo 634-bis c.p.

Descrizione:

Il nuovo reato di occupazione arbitraria di immobile introdotto dall’art. 634-bis c.p. prevede pene fino a 7 anni e nuove misure cautelari. Di seguito si declina una spiegazione su come funziona e cosa cambia.

Il nuovo reato di occupazione arbitraria di immobile

Con l’introduzione dell’articolo 634-bis del Codice penale, è stato tipizzato il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui. La norma prevede la reclusione da due a sette anni per chi:

occupa o detiene senza titolo, con violenza o minaccia, un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze; impedisce il rientro del proprietario o di chi ne ha legittimo possesso.

La stessa pena si applica anche a chi:

si appropria dell’immobile con artifici o raggiri; cede l’immobile occupato ad altri; si intromette o coopera nell’occupazione; riceve o corrisponde denaro o altri benefici in relazione all’occupazione.

Il reato è generalmente perseguibile a querela, ma si procede d’ufficio nei seguenti casi:

la vittima è incapace per età o infermità; l’immobile è pubblico o destinato a uso pubblico.

È prevista una causa di non punibilità se l’occupante:

collabora con l’autorità giudiziaria per l’accertamento dei fatti; rilascia spontaneamente l’immobile.

L’elevato massimo edittale consente l’uso di intercettazioni nel corso delle indagini.

Nuova misura cautelare reale: reintegrazione nel possesso

Il nuovo articolo 321-bis del Codice di procedura penale introduce una misura cautelare reale speciale: la reintegrazione nel possesso dell’immobile e delle sue pertinenze.

Come funziona:

Il giudice, su richiesta del Pubblico Ministero, può disporre con decreto motivato la reintegrazione. La polizia giudiziaria, ricevuta la denuncia, può: intimare il rilascio dell’immobile; in caso di rifiuto, assenza o resistenza dell’occupante, procedere coattivamente.

Procedura:

Tutte le operazioni devono essere verbalizzate. Entro 48 ore, il verbale è trasmesso al P.M., che può: disporre la restituzione dell’immobile; chiedere la convalida al giudice e l’emissione del decreto di reintegrazione.

Dubbi applicativi:

Resta da chiarire – in attesa di una legge di conversione o di indicazioni giurisprudenziali – se sarà ammissibile il riesame contro questa nuova misura cautelare reale.

Hai bisogno di assistenza legale?

Se ti trovi coinvolto in una situazione di occupazione arbitraria di immobile – sia come parte lesa che come indagato – è fondamentale agire rapidamente e con il supporto giusto.

Contatta un avvocato specializzato in diritto penale per ricevere una consulenza qualificata e tutelare al meglio i tuoi diritti.

Un professionista esperto potrà:

valutare la situazione concreta; assisterti nella denuncia o nella difesa; seguire l’intero iter procedurale, incluse eventuali misure cautelari o richieste di rilascio dell’immobile.

Non aspettare: una consulenza tempestiva può fare la differenza.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

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