IL PREVENTIVO E’ UN DOCUMENTO GIURIDICO, NONCHE’ PROVA PROCESSUALE

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Il preventivo è un documento giuridico qualora sia in originale e sottoscritto da entrambe le parti e per far sì che la controparte impedisca che sia una prova deve contestarlo in modo specifico e non generico.

A tal proposito riporto, di seguito il commento dell’Avv. Carmine Lattarulo sul tema affrontato.

Il preventivo dell'amministratore di condominio tra costi reali, apparenti  e nascosti

IL PREVENTIVO NON CONTESTATO SPECIFICAMENTE E’ PROVA

(Articolo di Carmine Lattarulo – Fonte: www.altalex.it)

L’art. 167 c.p.c. impone al convenuto l’onere di prendere posizione in modo specifico e non limitarsi a una generica contestazione del documento (Cassazione n. 27624/2020)

Il preventivo non contestato specificamente è prova. La contestazione non deve essere generica, ma specifica (Cassazione Civile Sez. VI, ordinanza 3 dicembre 2020 n. 27624 – testo in calce)

La Suprema Corte abbozza una distinzione tra documento giuridico e documento non giuridico, sebbene nel nostro ordinamento positivo manchi persino una definizione giuridica di documento: il legislatore ha sempre rivolto la propria attenzione non al documento in sé, quanto alla rilevanza che esso può avere sul piano probatorio, tant’è che, anche nel codice civile, i due documenti per eccellenza, l’atto pubblico e la scrittura privata, vengono collocati sotto la voce “prova documentale”. Mancando dunque un esplicito supporto normativo per arrivare ad una nozione giuridica di documento, ci si affida alla dottrina: secondo Francesco Carnelutti, il documento è una “cosa che fa conoscere un fatto”. Per altri autori, N. Irti, ad esempio, è un opus risultato di un lavoro umano.

Ebbene, la Corte, nella sentenza in commento, si avventura in una distinzione tra documento giuridico e documento non giuridico.

Il documento non giuridico, ad esempio della Corte, sarebbe la fotocopia incompleta di un atto non sottoscritto e non avrebbe, quindi, gli elementi per potersi considerare documento.

Il documento giuridico, secondo la Corte, sarebbe il preventivo in originale completo di ogni elemento identificativo (come se la copia fotostatica di un documento di parte non avesse più alcuna efficacia) e solo in questo caso il convenuto avrebbe l’onere di contestazione specifica: “in questo caso – afferma – la contestazione è necessaria proprio perché, dando per scontato che il documento è giuridicamente tale, ossia ha i requisiti per considerarsi documento, l’unica cosa di cui si discute è se sia atto sufficiente a fare da prova di un fatto”.

Sebbene la sentenza lasci molto perplessi sul concetto di documento giuridico e documento non giuridico, quando, come detto, non esiste neppure una definzione di documento nell’ordinamento, si apprezza per incidere nel solco già segnato dell’onere di contestazione non generica, ma specifica, solco banalizzato da una minoritaria giurisprudenza di merito.

Secondo l’art. 167: “nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese …”. In assenza di contestazioni, l’attore non deve articolare prove. Lo dispone l’art. 115: “salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita.

Il ritardo della eccezione ha quindi due effetti: costituisce prova per l’avversario ed esita in irritualità, perchè, diversamente, sollevata oltre il termine, violerebbe le regole del contraddittorio, perchè l’attore non può, in quella sede, articolare adeguati mezzi istruttori.

La contestazione deve, peraltro, essere specifica, come insegnato in precedenti arresti: “la individuazione dei fatti che controparte ha l’onere di provare non può limitarsi a una generica affermazione della infondatezza della pretesa creditoria, ma deve avere a oggetto i suoi fatti costitutivi, emergenti dalle allegazioni dell’attore” (Cass. Civ. Sez. II 28 settembre 2017 n. 22701; Cass. Civ. Sez. Lav. 31 gennaio 2017 n. 2499; Cass. Civ. Sez. I 28 gennaio 2015 n. 1609; Cass. Civ. Sez. III 5 marzo 2009 n. 5356; Cass. Civ. Sez. II 13 febbraio 2008 n. 3474; Cass. Civ. Sez. III 06 febbraio 2004 n. 2299).

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Ordinanza 3 dicembre 2020, n. 27624


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17918-2019 proposto da:
SERAFINO INGROSSO ARREDAMENTI SAS, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DIONIGI MARIANNA 43,
presso lo studio dell’avvocato CRISTINA MANCINI, rappresentata e difesa
dall’avvocato MICHELE FINO;

  • ricorrente –
    contro
    COMUNE DI TREBISACCE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
    domiciliato in ROMA, VIA TARO 25, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO
    IANNUCCI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO PIERPAOLO POMPILIO;
  • controricorrente –
    avverso la sentenza n. 2070/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,
    depositata il 26/11/2018;
    udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del
    29/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
    Svolgimento del processo
    La società ricorrente, “SERAFINO INGROSSO ARREDAMENTI sas” è proprietaria
    di un autocarro Iveco, che ha riportato danni alla parte superiore mentre, condotto da
    un dipendente, cercava di passare sotto un ponte che si trovava su strada del
    Comune di Trebisacce.
    Secondo la ricorrente il Comune non aveva segnalato l’altezza del ponte,
    circostanza che ha impedito al conducente di valutare gli spazi adeguatamente, con
    la conseguenza che il veicolo ha subito danni alla parte superiore, per un
    ammontare di circa 12 mila Euro, come da preventivo e da fattura allegate.
    La società ha agito quindi contro il Comune di Trebisacce, il quale si è difeso
    sostenendo, da un lato, di non avere alcun obbligo di segnalare l’altezza; in secondo
    luogo attribuendo tutta o parte della responsabilità al conducente del veicolo che
    avrebbe cercato di passare sotto al ponte ad una velocità eccessiva.
    Il Tribunale di Castrovillari ha accolto la domanda riconoscendo una cifra di poco
    inferiore a quella portata dal preventivo.
    Il Comune di Trebisacce ha proposto appello, proponendo un motivo sull’an, ed uno
    sulla prova dell’ammontare del danno, quest’ultimo accolto dalla corte di secondo
    grado.
    La società “Serafino Ingrosso Arredamenti sas” propone due motivi di impugnazione,
    cui resiste con controricorso il Comune di Trebisacce che deposita memorie.
    Motivi della decisione
    1.- La ratio della decisione impugnata.
    La corte di appello, pur avendo due motivi di impugnazione, uno sulla responsabilità
    del Comune e l’altro sull’ammontare del danno, accoglie solo quest’ultimo, dando, si
    ritiene, per assorbito il primo.
    E lo accoglie ritenendo insufficiente la prova fornita dalla società ricorrente, non
    potendo considerarsi utile, a tale fine il preventivo, che peraltro viene ritenuto
    illeggibile, nè del tutto conferente la prova testimoniale.
    2.- La società ricorrente contesta questa ratio con due motivi.
    Con il primo motivo assume violazione degli artt. 342 c.p.c., oltre che artt. 112, 115 e
    116 c.p.c..
    Il senso del motivo è il seguente: secondo la ricorrente, il Comune in primo grado
    non ha contestato in modo specifico l’ammontare del danno, essendosi limitato alla
    perentoria affermazione che la richiesta di risarcimento era eccessiva, ed anzi,
    avendo mostrato acquiescenza a quella pretesa, ossia alla indicazione
    dell’ammontare, con la conseguenza che la contestazione del quantum non poteva
    più essere riproposta come motivo di appello, sul quale invece erroneamente ha
    deciso la corte di secondo grado.
    3.- Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 115 c.p.c. e 2697 c.-c. per
    avere la corte fondato il suo giudizio in tanto solo sul preventivo, mentre altre prove
    del quantum erano state offerte, sia quella testimoniale che una fattura; e per essere
    incorsa in errore percettivo ritenendo non leggibile il preventivo che invece era
    chiaro.
    Il ricorso è fondato.
    Il primo motivo postula che una contestazione solo generica ed anzi contraddittoria
    in primo grado comporti una acquiescenza che non può essere poi messa in
    discussione con l’appello.
    La violazione dell’onere, imposto al convenuto (art. 167 c.p.c.) di prendere posizione
    in maniera specifica e non limitarsi ad una generica contestazione, ha come
    conseguenza che non solo l’attore viene esonerato dalla prova del fatto non
    contestato, ma che non è ammessa una contestazione specifica successiva, ossia
    fuori termine (Cass. 22701/2017).
    Il Comune di Trebisacce in effetti non ha svolto una contestazione specifica
    dell’ammontare del risarcimento richiesto; anzi, negli atti difensivi del primo grado ha
    ritenuto che la responsabilità del conducente, per velocità eccessiva, si poteva
    dedurre dall’entità dei danni riportati dal veicolo, con ciò ammettendo che tali danni
    erano, per l’appunto, ingenti. Infine, con il controricorso il Comune di Trebisacce
    ammette in un certo senso di non aver fatto una specifica contestazione del quantum
    perchè non era tenuto a farla, nel senso che, poichè la prova che l’attore adduceva
    era un preventivo, e poichè il preventivo non è prova, ciò rendeva superfluo
    contestarlo.
    Il Comune di Trebisacce richiama (p. 4 del controricorso) a sostegno di questa sua
    tesi Cass. 11765/2013 che ha ritenuto sussistere l’onere di specifica contestazione
    solo se il documento da contestare è giuridicamente esistente: si trattava di
    fotocopie non firmate ed incomplete nel contenuto.
    Ovviamente non è una tesi che si possa accogliere, in quanto altro è il documento
    che giuridicamente non è tale (cioè non ha gli elementi per potersi considerare
    documento, e, come si è verificato nel precedente citato, tale deve ritenersi una
    fotocopia incompleta di un atto non sottoscritto), altro è invece il documento che è
    formalmente e giuridicamente tale, ma della cui efficacia probatoria si discute; il
    convenuto non ha l’onere di prendere specifica posizione su documenti che non
    hanno i requisiti minimi per essere considerati tali, condizione questa che precede
    quella del loro valore probatorio, attenendo alla loro stessa natura giuridica di
    documenti; ha invece l’onere di contestazione specifica di documenti che sono
    giuridicamente tali (il preventivo in originale completo di ogni elemento identificativo,
    lo è), e di cui si tratta di valutare l’efficacia probatoria. In questo caso la
    contestazione è necessaria proprio perchè, dando per scontato che il documento è
    giuridicamente tale, ossia ha i requisiti per considerarsi documento, l’unica cosa di
    cui si discute è se sia atto sufficiente a fare da prova di un fatto.
    Dunque, si può concludere nel senso che una contestazione specifica non è stata
    fatta in primo grado, dove anzi, il Comune ha ritenuto che il danno fosse ingente,
    usando questo dato per dedurne l’eccessiva velocità del mezzo, con ciò non
    adeguatamente contestando l’allegazione di parte avversa.
    Inoltre, ed è ciò che rileva maggiormente, la corte aveva a disposizione ai fini della
    valutazione delle prove una serie di indizi, dal preventivo alla richiesta prova
    testimoniale, che avrebbe dovuto, ai fini del quantum valutare anche unitamente al
    comportamento della controparte, ai fini della quantificazione dell’ammontare.
    Invece ha ritenuto apoditticamente insufficiente il quadro probatorio, pur in presenza
    di elementi che avrebbero potuto consentire una stima, essendo peraltro la
    responsabilità del Comune non in discussione.
    Il secondo motivo può dunque ritenersi assorbito.
    P.Q.M.
    La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza
    impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione,
    anche per le spese.
    Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.
    Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020
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