La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2393/2023, ha stabilito che, sebbene i fatti risalgano a un periodo antecedente al D.lgs. 626/1994, il committente (Fincantieri Spa) è comunque responsabile per la sicurezza del luogo di lavoro, in quanto manteneva la disponibilità dell’area.
Questa responsabilità si fonda sul principio generale sancito dall’articolo 2087 del Codice civile, che obbliga l’imprenditore (in questo caso il committente) ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei lavoratori.
Anche se l’articolo 7 del D.lgs. 626/1994 introdurrà formalmente una specifica disciplina sulla responsabilità del committente per i rischi presenti nell’area di lavoro, la Cassazione ha ritenuto che la responsabilità di Fincantieri emergesse già dal fatto che il luogo di lavoro era sotto la sua gestione e controllo. Il mantenimento della disponibilità dell’area da parte del committente lo rendeva quindi obbligato a garantire condizioni di salubrità e sicurezza per i lavoratori presenti.
Questa interpretazione rafforza il principio per cui il committente non può considerarsi estraneo alla sicurezza del luogo di lavoro, soprattutto quando ha un ruolo determinante nella sua organizzazione.
L’ordinanza n. 2393/2023 della Corte di Cassazione rappresenta un pronunciamento significativo in materia di tutela dei lavoratori e responsabilità civile per malattie professionali. Di seguito un riepilogo dettagliato:
1. Responsabilità del committente (Fincantieri Spa) e del datore di lavoro (Tecnimpianti Spa):
• Entrambe le società sono state ritenute responsabili per la morte del lavoratore causata dal mesotelioma pleurico, malattia riconducibile all’esposizione all’amianto.
• La responsabilità non è stata qualificata come oggettiva, ma discende dalla mancata predisposizione di misure di prevenzione e sicurezza, obbligo sancito dall’articolo 2087 del Codice civile.
• La disponibilità del luogo di lavoro in capo al committente ha reso Fincantieri corresponsabile, nonostante l’epoca dei fatti fosse precedente alla legge 626/1994, che ha disciplinato specificamente la responsabilità del committente.
2. Nesso causale tra esposizione e malattia:
• La Corte ha applicato il principio del “più probabile che non” per stabilire il nesso causale tra la malattia e l’esposizione alle polveri di amianto.
• Le carenze antinfortunistiche e il lungo periodo di lavoro presso Tecnimpianti sono stati considerati determinanti.
• Le obiezioni relative al periodo di latenza del mesotelioma, ritenuto dai ricorrenti inferiore rispetto agli standard scientifici attuali, sono state rigettate poiché ininfluenti rispetto alla responsabilità accertata.
3. Rilevanza delle attività lavorative precedenti:
• La Corte ha escluso che fosse necessario verificare l’incidenza di eventuali esposizioni ad amianto presso precedenti datori di lavoro, ritenendo che le condizioni lavorative presso Tecnimpianti fossero sufficienti per fondare la responsabilità.
4. Danno da perdita parentale:
• La Cassazione ha confermato il risarcimento agli eredi del lavoratore, includendo il danno da perdita parentale.
• Tale danno è stato qualificato come oggetto di presunzione legale, superabile solo con la prova contraria. Poiché i ricorrenti non hanno fornito alcuna prova per contestare la presunzione, il riconoscimento del danno è stato confermato.
5. Rimpallo di responsabilità tra committente e datore di lavoro:
• La Cassazione ha rigettato i tentativi di ciascuna parte di attribuire la responsabilità esclusivamente all’altra.
• L’affermazione di responsabilità di entrambe le parti sottolinea l’importanza della cooperazione tra committente e datore di lavoro nella tutela della salute dei lavoratori.
Questa decisione ribadisce l’importanza dell’articolo 2087 del Codice civile come norma di garanzia per la salute e la sicurezza sul lavoro, anche in epoche precedenti l’introduzione di normative specifiche come la legge 626/1994. Inoltre, conferma la tutela rafforzata per gli eredi delle vittime, sottolineando il valore del danno parentale come presunzione legale.
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Rafforza quello che abbiamo sempre sostenuto. Anche se si basa su presupposti ove il DL, penso, fosse già “condannato” nei vari gradi di giudizio smentendo il castelletto difensivo