La sentenza della Cassazione n. 42823 del 2024 affronta una questione rilevante nell’ambito dei reati tributari: il rapporto tra il reato di frode fiscale (art. 2 del D.Lgs. 74/2000) e quello di dichiarazione infedele (art. 4 del medesimo decreto).
Principio espresso:
Il concorso tra i due reati sussiste solo quando vi sia identità della condotta materiale, cioè quando la medesima dichiarazione sia utilizzata per integrare entrambe le fattispecie delittuose.
Dettagli del ragionamento:
1. Diversità delle condotte tipiche:
• La frode fiscale richiede artifici o raggiri (ad esempio, l’uso di fatture o documenti falsi) che ingannano l’amministrazione finanziaria, mentre la dichiarazione infedele si caratterizza per l’indicazione di elementi attivi inferiori a quelli effettivi o di elementi passivi inesistenti, senza l’uso di mezzi fraudolenti.
• Quindi, in linea generale, i due reati hanno condotte autonome e non sovrapponibili.
2. Eccezione: medesima dichiarazione:
• Se la stessa dichiarazione è utilizzata per realizzare entrambe le violazioni, può configurarsi un concorso apparente di norme (non concorrono entrambi i reati) oppure un concorso reale, a seconda della rilevanza dei singoli elementi.
3. Orientamento della Cassazione:
• Per evitare duplicazioni punitive, la Suprema Corte sottolinea che il concorso reale può scattare solo in presenza di una condotta materiale coincidente, diversamente si applicano le norme secondo il principio di specialità.
Implicazioni pratiche:
Questa sentenza rappresenta un ulteriore chiarimento per la giurisprudenza e per i professionisti che si occupano di diritto penale tributario, indicando un criterio per stabilire se sussista un concorso di reati o meno. È importante valutare attentamente:
• La natura della condotta posta in essere.
• La modalità con cui la dichiarazione è stata predisposta.
• Gli elementi probatori che dimostrano la sussistenza (o meno) di artifici fraudolenti.
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