Il tema dell’accesso alla composizione negoziata della crisi per le imprese insolventi che propongono piani liquidatori, senza alcuna continuità aziendale, è al centro di un dibattito giurisprudenziale.
Secondo il Tribunale di Perugia (decreto del 15 luglio 2024), anche le imprese insolventi possono accedere a questo strumento, includendo tra le finalità delle trattative il risanamento del debito tramite la liquidazione dei beni aziendali. Questa interpretazione amplia l’applicabilità dell’articolo 12 del Codice della crisi, che non esclude l’utilizzo della composizione negoziata per finalità liquidatorie. Inoltre, secondo il Tribunale, il piano liquidatorio può essere considerato una soluzione fisiologica prevista dall’articolo 23 del Codice della crisi, anche se non compatibile con la continuità aziendale biennale, ma applicabile in relazione a convenzioni di moratoria o accordi esentativi da revocatorie.
Di contro, altre pronunce, come quelle del Tribunale di Torre Annunziata (24 gennaio 2024) e del Tribunale di Pavia (8 luglio 2024), negano l’accesso alla composizione negoziata per chi propone un piano esclusivamente liquidatorio. Questi tribunali sostengono che la finalità della composizione negoziata dovrebbe essere il risanamento dell’impresa, non la sua semplice liquidazione. La mancanza di benefici per la collettività, come la tutela dei posti di lavoro o il mantenimento delle relazioni economiche, rende difficoltoso considerare tale processo come un “risanamento”.
Quindi, la giurisprudenza oscilla tra un approccio inclusivo, che consente l’accesso alla composizione anche per scopi liquidatori, e un approccio più restrittivo, che esclude tale possibilità se non c’è una continuità aziendale o benefici concreti per la collettività.