L’ARTICOLO 13 DEL CODICE DEONTOLOGICO DEI MEDICI (VIDEO)

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di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno

Non si può ridurre tutto a No vax o Pro vax quando la questione della vaccinazione dovrebbe essere prettamente scientifica più che politica. Affrontiamo il problema con Pasquale Matone, dottore di medicina generale e chirurgo vascolare.

https://www.opinione.it/societa/2021/09/15/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_no-vax-pro-vax-covid-19-intervista-pasquale-matone/

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LA CULTURA POLITICA ITALIANA SECONDO VITTORIO SGARBI (VIDEO)

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di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno

Nuova puntata della “Cura Ri-Costituente” per parlare della strumentalizzazione della politica culturale del nostro Paese. In collegamento in studio il professor Vittorio Sgarbi, noto critico d’arte e sindaco di Sutri.

https://www.opinione.it/politica/2021/10/20/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_cura-ricostituente-politica-culturale-italia-intervista-vittorio-sgarbi/

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VARIANTE OMICRON: INTERVISTA A GIULIO TARRO (VIDEO)

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di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno

Nella nuova puntata di “Cura Ri-Costituente” parliamo con il virologo Giulio Tarro per cercare di fare chiarezza sulla nuova variante Omicron e sull’utilizzo dei farmaci impropriamente definiti vaccini a mRNA.

https://www.opinione.it/politica/2021/12/01/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_cura-ricostitutente-covid19-intervista-virologo-giulio-tarro-mrna-vaccini/

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LA CULTURA NAZIONALE PER IL SERVIZIO PUBBLICO (VIDEO)

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di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno

Nella nuova puntata della “Cura Ri-Costituente” si parla della cultura come fonte formativa ma anche come fonte economica. Ne parliamo con l’autore RaiVittorio Castelnuovo.

https://www.opinione.it/cultura/2021/12/09/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_cura-ricostituente-cultura-fonte-formativa-economica-intervista-vittorio-castelnuovo/

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POVERTÀ FIGLIA DELLA REPRESSIONE

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Povertà figlia della repressione

di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno

Dove non c’è libertà economica, non c’è libertà

Le emergenze sono sempre state il pretesto con cui sono state erose le libertà individuali (Friedrich von Hayek).

Corsi e ricorsi storici di matrice vichiana, quando lo Stato allunga i suoi parassitari tentacoli sulla strada delle buone intenzioni e della validità delle sue “competenze”, quando impone la “necessità della sua protezione” come neanche il più arrogante guappo proverebbe a giustificare con ipotetiche emergenze o esigenza di ricorrere ai tecnocrati sedicenti esperti che nessuno può confutare, perché detentori della verità assoluta della ragione scientifica. Ebbene, quando si arriva a esautorare completamente il Parlamento, subordinandolo al potere auto-delegato e assoluto dell’Esecutivo, si genera il mostro del totalitarismo. Il problema è che il totalitarismo che si sta delineando è molto più pericoloso di quelli che storicamente conosciamo, perché avallato completamente da un’opposizione inerte e in sudditanza.

Questo Governo però sta riuscendo, con i suoi metodi, con la sua comunicazione e con l’aiuto di drappelli di esperti e giornalisti, a estirpare qualsiasi residuo germe di libertà rimasto in Italia. E la mia non è una “sparata”, qualcosa per “alzare i toni”, ma la semplice constatazione del fatto che il declino di questo Paese sta andando di pari passo con il declino delle sue libertà. Ho parlato di “declino” perché è proprio questa la parola che Friedrich von Hayek, uno dei padri del liberalismo di scuola austriaca, usa nella sua opera La società libera per descrivere la situazione di uno Stato in cui avere opinioni diverse da quella corrente costituisce motivo di riprovazione.

Se pensiamo a quello che succede in Italia, dove a comandare non è più la politica ma l’opinione di questo o quel virologo, stiamo arrivando alla fotografia perfetta del declino. In Hayek c’è tutto: lo Stato che si aggrappa all’emergenza per espandere i propri poteri, il ricorso agli “esperti” che nessuno può contraddire, addirittura (ed è il nostro caso) la totale subordinazione delle assemblee democratiche (in cui dovrebbe risiedere il potere vero, quello emanato dal voto popolare) alle decisioni e al potere dell’Esecutivo e di quelle figure “speciali” scelte per affrontare l’emergenza. È la democrazia che si mangia da sola, cancellando ogni tratto liberale e cedendo ai nuovi valori della “competenza”, della “pianificazione” e del “controllo”. La competenza peraltro è davvero un valore, ma non quando viene sventolato per mettere a tacere gli altri.

Chiunque abbia letto von Hayek e la scuola austriaca potrà dirvi che è un film già visto: è proprio questo il modo in cui lo Stato si avvicina al totalitarismo, ossia su una strada lastricata di buone intenzioni, di “competenze”, di “necessità di protezione”. È lo stesso meccanismo per cui, in economia, lo Stato cresce sempre senza mai fermarsi: trovando di volta in volta un’azienda decotta da salvare, un’ingiustizia da sanare o una disuguaglianza da “riequilibrare”, lo Stato continua a spendere i soldi dei contribuenti e se possibile a ingigantire la mole del debito. Questo è frutto del pericolo di cui parlava von Hayek in La via della schiavitù, una delle sue opere più celebri: scambiare la democrazia per un “fine” politico, quando essa in realtà è solo uno dei molteplici strumenti utilizzabili per arrivare alla libertà. Se la “legittimazione democratica” di uno Stato porta lo Stato stesso a potersi permettere provvedimenti illiberali e a mettere a tacere chi la pensa in modo diverso, la schiavitù diventa un dato di fatto, il totalitarismo una realtà.

Secondo voi è tollerabile questa deriva tecnocratico-plebiscitaria a danno degli stessi principi inviolabili della libertà economica, e di conseguenza della libertà individuale, costituzionalmente garantiti?

https://www.opinione.it/economia/2021/12/20/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_repressione-libert%C3%A0-economia-povert%C3%A0-von-hayek/

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LA NOMOFILACHIA MINATA DA SPEREQUAZIONI RAPPRESENTATIVE DEL SISTEMA ELETTORALE

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di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno

La nomofilachia minata da sperequazioni rappresentative del sistema elettorale

Come in diverse mie precedenti riflessioni ho avuto modo di rimarcare, ogni qualvolta che il legislatore legifera con il suo consueto empito, affatto incisivo, una riforma che si fonda su principi particolari, anziché mettere in atto principi generici e astratti, si generano degli obbrobri legislativi, nonché inane norme contrastanti i principi costituzionali, che vanno ad inficiare la stessa tenuta del sistema costituito, proprio perché la produzione di leggi inutili indeboliscono le necessarie, come d’altronde affermava lo stesso Montesquieu nella sua celeberrima opera lo “Spirito delle leggi”. La legge Delrio n. 56 del 2014, recante “disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni” ha creato i due enti territoriali “Città metropolitane” e le “Province”, con la funzione di espletare la funzione di livello intermedio di “area vasta” tra Comuni e Regioni. Questa riforma legislativa è stata adottata in attesa che venisse realizzata la riforma del titolo V della Costituzione (articolo 1, comma 5, legge n. 56 del 2014). Inoltre la sua attuazione postula la conseguente abrogazione delle Province tramite una legge di revisione costituzionale.

Secondo la legge Delrio, le Città metropolitane sono degli enti territoriali che esercitano la funzione istituzionale di attuare lo sviluppo strategico del territorio metropolitano e di promuovere e di occuparsi della gestione integrata dei servizi, delle reti di comunicazione e delle infrastrutture, nonché di esercitare le funzioni amministrative basilari, con l’assegnazione della titolarità di quelle funzioni attribuite alle Province. La struttura delle Città metropolitane è rappresentata dal sindaco metropolitano, il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. In particolare, il sindaco metropolitano costituisce l’ente che convoca e presiede il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana, controllando il funzionamento dei servizi e degli uffici. Infatti, l’articolo 1, comma 19 della legge n. 54 del 2014 afferma che “il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo”.

Per quanto anche le Province siano costituite da tre organi, come il presidente della Provincia, il Consiglio provinciale e l’Assemblea dei sindaci, sussiste una radicale differenza rispetto alla suddetta città metropolitana, in quanto l’elezione del presidente della Provincia, insieme a quella del consiglio provinciale è prevista che avvenga in modo indiretto. Nello specifico, secondo l’articolo 1, comma 58, il presidente della Provincia viene eletto indirettamente dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della Provincia e secondo quanto stabilisce l’articolo 1 al comma 59 dura in carica quattro anni, il quale si confronta con il consiglio provinciale, che secondo il comma 68 dell’articolo 1 dura in carica due anni, la cui elezione non è vincolata all’elezione del consiglio del Comune del capoluogo. In sostanza, grazie alla riforma della legge Delrio il sindaco della città metropolitana si identifica con il sindaco del comune capoluogo, in modo tale da non essere eletto né in via diretta e né in via indiretta dai cittadini residenti nel territorio di competenza della città metropolitana.

Questo “modus procedendi” genera un problema di legittimità costituzionale, che la stessa Consulta, nella sua sentenza, datata 11 novembre del 2021 n. 240, mette in discussione chiedendo che venga introdotto un nuovo sistema elettivo inerente al sindaco metropolitano, invitando il legislatore ad intervenire al riguardo affinché venga declinato un fondamentale correttivo, visto che “è ingiustificato il diverso trattamento riservato agli elettori residenti nel territorio della Città metropolitana rispetto a quello delineato per gli elettori residenti nelle Province”.

L’assenza del meccanismo di partecipazione dei cittadini ad eleggere il sindaco della Città metropolitana determina un profondo vulnus costituzionale, in quanto compromette l’uguale godimento del diritto di voto dei cittadini nell’esercitare il potere di manifestare un indirizzo politico-amministrativo dell’ente, nonché dei suoi organi costitutivi, generando, altresì, una “non conformità ai canoni costituzionali di esercizio dell’attività politico-amministrativa”. La Consulta evidenzia quanto il modus operandi finalizzato alla designazione del sindaco metropolitano “non sia in sintonia con le coordinate ricavabili dal testo costituzionale”, compromettendo il principio dell’uguaglianza del voto e la garanzia del meccanismo di responsabilità politica e il relativo potere di controllo degli enti locali. Al postutto, alla luce dell’apodissi logico-giuridica espletata dalla Consulta, si evince l’esistenza di uno stato di incompatibilità con i parametri costituzionali, a causa del quale l’attività dell’ente metropolitano reitera la sua inclinazione a declinarsi verso una condizione di non conformità ai canoni costituzionali inerenti al legittimo esercizio dell’attività politico-amministrativa. Quanto è compromesso uno stato di diritto in cui il suo sistema elettivo pecca di diseguaglianze procedurali?

“Corruptissima republica plurimae leges” (Tacito, Annali).

https://www.opinione.it/politica/2021/12/21/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_montesquieu-legge-delrio-n56-2014-citt%C3%A0-metropolitane-province/

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