AVVOCATURA: IL NUOVO DDL ZANETTIN DELIMITA I LIMITI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DELL’AVVOCATO

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DDL N. 745 Zanettin

La responsabilità civile dell’avvocato tra colpa lieve e colpa grave: riflessioni a margine del Ddl n. 745 Zanettin

1. Introduzione
La responsabilità civile dell’avvocato costituisce da sempre terreno di equilibrio delicato tra esigenze di tutela dell’affidamento del cliente e salvaguardia dell’autonomia tecnica e interpretativa della professione forense. Il disegno di legge n. 745, a firma del senatore Zanettin, calendarizzato in Aula al Senato, interviene in questa materia con una modifica puntuale all’art. 3 della legge professionale forense n. 247 del 2012, introducendo un principio di rilievo sistemico: l’avvocato risponde dei danni arrecati con dolo o colpa grave per gli atti e i comportamenti posti in essere nell’esercizio della professione, mentre non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto.

2. Il quadro normativo vigente
La legge professionale del 2012 non contiene disposizioni specifiche in materia di responsabilità civile, limitandosi, all’art. 3, ad elencare i doveri deontologici cui l’avvocato deve ispirare la propria attività: indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza, competenza e corretta concorrenza.
In assenza di una disciplina settoriale, trova applicazione il regime generale degli artt. 1176, 1218 e 2236 c.c. In particolare, la giurisprudenza ha chiarito che l’avvocato, quale prestatore d’opera intellettuale, risponde per colpa lieve nell’adempimento delle obbligazioni professionali, salvo che la prestazione comporti la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà (art. 2236 c.c.), ipotesi in cui la responsabilità è limitata a dolo e colpa grave.

3. L’orientamento giurisprudenziale e le criticità applicative
Proprio l’interpretazione dell’art. 2236 c.c. ha generato negli anni un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui la responsabilità dell’avvocato sussiste anche per colpa lieve, specie in casi di negligenza o imperizia processuale (ad esempio, omessa impugnazione nei termini, errata notificazione, mancata iscrizione a ruolo).
La Relazione di accompagnamento al Ddl evidenzia come tale orientamento abbia prodotto un incremento delle azioni risarcitorie promosse dai clienti, spesso a seguito di pronunce di inammissibilità dei ricorsi in Cassazione. In tali contesti, il confine tra colpa professionale e mero errore interpretativo si è fatto particolarmente labile, con il rischio di una responsabilizzazione eccessiva del difensore.

4. Il nuovo criterio selettivo: dolo e colpa grave
La proposta di riforma mira a uniformare il regime di responsabilità degli avvocati a quello dei magistrati, limitandolo ai soli casi di dolo e colpa grave, con esclusione degli errori di interpretazione del diritto.
L’analogia con il sistema della responsabilità civile dei giudici (disciplinata dalla l. n. 117/1988 e modificata dalla l. n. 18/2015) non è casuale: entrambe le categorie operano in un contesto di “incertezza del diritto”, ove la mutevolezza della giurisprudenza e la complessità normativa rendono inevitabile un margine di opinabilità nelle soluzioni giuridiche adottate.

5. Profili critici e prospettive sistemiche
La riforma prospettata solleva interrogativi di ordine dogmatico e pratico.

  • Tutela dell’affidamento del cliente: limitare la responsabilità dell’avvocato al dolo e alla colpa grave potrebbe ridurre gli strumenti di tutela risarcitoria a disposizione dell’assistito, specie nei casi di negligenze non qualificabili come “gravi”.
  • Distinzione tra errore interpretativo e negligenza: non sempre agevole sarà distinguere un errore di interpretazione “non colpevole” da un comportamento negligente, rischiando di trasferire la questione dall’ambito sostanziale a quello probatorio.
  • Equilibrio con l’art. 2236 c.c.: l’intervento normativo, se approvato, sembra superare la disciplina codicistica, elevando la soglia di responsabilità in via generale e non solo nei casi di “speciale difficoltà tecnica”.

6. Conclusioni
Il Ddl Zanettin si inserisce in un più ampio dibattito sulla funzione dell’avvocato quale operatore essenziale della giurisdizione. L’orientamento sotteso alla proposta è chiaro: tutelare l’autonomia tecnico-interpretativa della professione forense, garantendo al difensore margini di azione analoghi a quelli riconosciuti ai magistrati.
Resta tuttavia da verificare, nella prassi applicativa, se tale limitazione della responsabilità sarà in grado di realizzare un giusto bilanciamento tra l’esigenza di certezza e libertà della funzione difensiva e la necessità di garantire un’adeguata tutela all’affidamento del cliente, che rimane parte debole del rapporto contrattuale.


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