
Il volume dell’economia sommersa in Italia sta diminuendo, ma il mercato nero vale oltre il 10% del PIL.
Lo riporta l’Istat in un rapporto pubblicato sul proprio sito ufficiale che documenta la situazione nel nostro Paese nel 2018.
Mercato nero oltre il 10% del PIL italiano
L’analisi evidenzia quindi una diminuzione di circa 3 miliardi di euro da 194.965 a 191.764 miliardi di euro, nonché una minore incidenza sul PIL nazionale, con una percentuale che passa dall’11,2% del 2017 al 10,8%.
Le attività illegali sono aumentate in numero assoluto, seppur di poco, da 18,896 miliardi di euro a 19,238 miliardi di euro, con l’incidenza del prodotto interno lordo che rimane invariata all’1,1%.
Nel complesso, l’economia non osservata, ovvero la somma di tutte le attività economiche non rivelate dallo Stato, comprese le dichiarazioni insufficienti, il lavoro irregolare e le vendite di prodotti e servizi illegali, ammontava a 211,002 miliardi nel 2018, rispetto a 213,862 miliardi nel 2018. lo scorso anno.
Un calo che prosegue dal 2014, anno in cui si è raggiunto uno dei massimi livelli di sommersione del Belpaese, ovvero H. 13% del PIL mondiale dell’Italia.
Parallelamente si è registrata una diminuzione dell’1,3% del numero di lavoratori senza regolare contratto a 48.000 unità, per un totale di 3.652 milioni di occupati irregolari, con un aumento dello 0,4% solo in questo settore, l’agricoltura.
Il business della droga è in aumento !!
Il settore in cui si concentra la maggior percentuale di persone non dichiarate è il settore terziario, con un focus particolare sulle attività commerciali, trasporti, alloggio e pasti. Tutte queste aziende hanno un valore superiore al 40% e un valore aggiunto del 21,3% del volume totale.
In termini di entrate da attività illecite, l’attività in più rapida crescita è quella associata alla droga. Con un volume totale di 14,7 miliardi di euro, in un anno è stato osservato un aumento di 0,3 miliardi di euro e un tasso di crescita medio del 3,5% dal 2015.
Economia sotterranea in declino
Alcuni dati che vengono elencati fanno luce su come tutte le attività produttive non coperte dal governo centrale e le entrate che ne derivano stiano diminuendo di anno in anno, soprattutto dal picco del 2014.
Tuttavia si tratta di percentuali ancora elevate e da sole rappresentano più di un decimo del prodotto nazionale.
Inoltre, queste comportano gravi squilibri nell’approvvigionamento di risorse per la spesa pubblica come ospedali, scuole e redistribuzione del reddito necessarie per far fronte a una situazione di crisi come quella legata al coronavirus negli ultimi mesi.