
La Corte EDU condanna l’Italia per i ritardi nei pagamenti del gratuito patrocinio: fissato il limite di un anno. Analisi giuridica e misure richieste allo Stato.
La Corte EDU condanna l’Italia sui ritardi del gratuito patrocinio: fissato il limite di un anno per i pagamenti agli avvocati
1. Premessa: un tema di rilievo sistemico per il diritto di difesa
Con la sentenza depositata il 18 novembre 2025 (ricorsi nn. 15587/10, 32536/10 e 18531/14), la Prima Sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha affrontato per la prima volta in maniera organica il tema dei ritardi nei pagamenti dovuti agli avvocati che prestano attività di difesa nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato.
La decisione – definita da molti come una “sentenza pilota” – apre scenari di profonda revisione del sistema italiano, ponendo al centro la tutela del diritto di proprietà degli avvocati e, soprattutto, la salvaguardia dell’effettività del diritto di difesa.
2. I ricorsi: cosa lamentavano gli avvocati italiani
I ricorsi riguardavano ritardi pluriennali nei pagamenti delle indennità di gratuito patrocinio, nonostante:
l’emissione di decreti di pagamento definitivi, l’autorizzazione della cancelleria all’emissione della fattura, ripetute istanze rivolte alle autorità competenti.
Le attività dei professionisti erano state svolte in diversi procedimenti penali e in un procedimento civile. Nonostante la completezza dell’iter previsto dalla normativa interna, i pagamenti sono giunti con ritardi compresi tra poco più di un anno e oltre quattro anni.
3. Il quadro normativo e le criticità sistemiche
La Corte EDU ripercorre il complesso sistema italiano del patrocinio a spese dello Stato, dai requisiti per l’ammissione fino alla liquidazione e al pagamento dei compensi.
Viene sottolineato come numerosi Consigli degli Ordini avessero denunciato:
disfunzioni delle cancellerie; smarrimento di fascicoli; lentezza delle comunicazioni; mancanza cronica di fondi stanziati nel bilancio dello Stato.
Questi elementi, secondo i giudici di Strasburgo, evidenziano una criticità strutturale, già da tempo nota e mai realmente risolta.
4. Il diritto degli avvocati come “bene” tutelato dall’art. 1 Protocollo 1 CEDU
Richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione (SS.UU. 19161/2009 e Cass. 17668/2019), la Corte EDU ribadisce che il decreto di pagamento costituisce:
un diritto soggettivo patrimoniale, un “bene” protetto dall’art. 1 del Protocollo n. 1 CEDU.
Pertanto, una volta che il decreto diventa definitivo, lo Stato ha l’obbligo convenzionale di garantire l’esecuzione del pagamento entro un termine ragionevole.
5. Il ruolo fondamentale del gratuito patrocinio per lo Stato di diritto
In un passaggio centrale (par. 84), la Corte afferma che il gratuito patrocinio:
è strumento essenziale per l’accesso alla giustizia, garantisce l’effettività dei diritti della Convenzione, richiede particolare diligenza nel pagamento degli avvocati, considerati pilastri dello Stato democratico.
Il ritardo nei pagamenti non incide soltanto sui professionisti, ma mina l’intero sistema del giusto processo (art. 6 CEDU) e la tutela delle parti più vulnerabili.
6. Il limite temporale imposto da Strasburgo: massimo un anno
Il paragrafo 85 della sentenza stabilisce un criterio chiaro e vincolante:
«Il ritardo nel pagamento non può superare un anno in totale, escluso il termine di opposizione. In linea di principio:
– sei mesi tra il deposito del decreto e l’emissione della fattura;
– sei mesi tra l’invio della fattura e il pagamento.»
Si tratta del primo parametro temporale mai fissato dalla Corte EDU in materia di gratuito patrocinio.
Il superamento di tale limite integra, salvo eccezioni, violazione dell’art. 1 Prot. 1 CEDU.
7. Le responsabilità dello Stato italiano
La Corte rigetta la difesa del Governo italiano, che non ha fornito:
giustificazioni plausibili, né dati statistici nazionali utili a ricostruire l’entità del fenomeno.
I ritardi vengono attribuiti esclusivamente a disfunzioni interne all’apparato amministrativo e alla cronica indisponibilità dei fondi.
La Corte riconosce un danno morale quantificato in 7.200 euro e 1.000 euro ai ricorrenti.
8. L’obbligo di adottare misure generali: verso una sentenza pilota
La Corte EDU evidenzia la necessità di:
verificare mediante dati statistici le disfunzioni, individuare le cause nei diversi distretti di Corte d’Appello, adottare misure correttive idonee a prevenire future violazioni.
È un chiaro richiamo all’obbligo degli Stati di conformarsi al “diritto vivente” della Corte e un monito verso l’Italia affinché intervenga con una riforma strutturale.
9. La reazione delle Camere Penali
L’Unione delle Camere Penali Italiane, intervenuta come amicus curiae, ha accolto con soddisfazione la sentenza, definendola:
«un passo decisivo non solo per la tutela dell’avvocatura, ma per la garanzia del diritto fondamentale alla difesa».
Conclusioni: una svolta per il diritto di difesa e per la responsabilità dello Stato
La sentenza rappresenta un passaggio decisivo per il sistema italiano:
fissa un parametro temporale rigido, riconosce la natura patrimoniale dei crediti degli avvocati, e soprattutto richiama lo Stato a un obbligo di intervento strutturale ormai non più procrastinabile.
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