IL ‘COME’ DELLA RIPRESA ECONOMICA, ANCHE SECONDO CARLO COTTARELLI

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Per l’economista Carlo Cottarelli, a causa dell’incertezza e della mancanza di domanda, è << il momento di fare deficit pubblico e non solamente nell’immediato >>.

Cottarelli: «Per ripartire va ridotta la pressione fiscale di due ...

(Articolo scritto da Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno)

Secondo Carlo Cottarelli l’unica ricetta di politica economica possibile in questo momento, per fronteggiare la disastrosa crisi economica in cui ci troviamo, consiste nell’aumento del deficit pubblico, ossia della spesa pubblica, grazie alla liquidità erogata dall’Unione Europea.

Solo l’aumento della spesa pubblica permetterà il rilancio economico dell’Italia, altrimenti l’economia non riuscirebbe a riprendersi a causa della mancanza della domanda e con questo clima d’incertezza.

L’incremento della spesa pubblica, non solo nel breve termine, ma anche nel lungo termine, potrà consentire di creare quel volano per rilanciare la produzione e quindi i consumi.

Le condizioni economiche del sistema Italia, con un alto debito pubblico. ormai arrivato ad oltre il 155% del Pil, non consente di fare a meno dell’aiuto economico proveniente dall’Unione Europea, mai come in questo momento più necessaria e funzionale per la nostra ripresa.

A causa del nostro debito pubblico, non possiamo permetterci quella flessibilità di cui potrebbero giovarsi Paesi più virtuosi del nostro, con un basso debito pubblico, come ad esempio la Germania.

Per l’economista Cottarelli, servono circa 500-550 miliardi di euro per rilanciare l’economia e poter aiutare le famiglie, le imprese e per poter pagare i titoli di stato che arrivano a scadenza, questa stima fa riferimento ad una previsione in cui il Pil italiano scenda non oltre il -9% e il deficit non superi il 9-10% del Pil.

La liquidità di cui l’italia necessita arriverebbe dalle misure varate dall’Eurogruppo nei giorni scorsi, come i 17-18 miliardi di euro che dovrebbero arrivare dal fondo Sure, ossia quel meccanismo di finanziamento europeo finalizzato a finanziare le rispettive casse d’integrazione dei Paesi membri e potrebbe arrivare anche dal così detto Mes “morbido”, ossia quel fondo che ha come vincolo quello di essere utilizzato solo per affrontare le spese inerenti alla crisi sanitaria e le sue conseguenze, con una liquidità erogata che ammonterebbe a circa 36-37 miliardi di euro.

Senza dimenticare, ovviamente, i 220 miliardi che la Bce ha già erogato all’Italia, grazie ai suoi acquisti dei titoli di Stato italiani, secondo un programma ben definito.

Quindi, secondo questa previsione, si arriverebbe ad un totale di 270 miliardi di euro, il restante dovrebbe arrivare dai futuri titoli di Stato emessi nel mercato, che continueranno ad essere acquistati comunque e anche dal nuovo fondo, denominato Recovery bond, tenendo conto che anche i 200 miliardi di euro del Bei previsti per finanziare il settore privato potrebbero portare indirettamente altra liquidità all’economia italiana.

Questa liquidità sarà indispensabile per evitare possibili speculazioni sui titoli di Stato italiani nel mercato finanziario, a danno della nostra già provata economia.

Mai come in questo frangente storico-economico, l’Unione Europea rappresenta un aiuto e un’occasione per ripartire e forse anche un’opportunità per scardinare quell’elefantiaca struttura burocratica che appesantisce le casse dello stato, che ostacola le imprese e determina una filiera di costosa e dannosa corruzione di cui il debito pubblico ne è il riflesso contabile, anche e soprattutto per questo, nella classifica internazionale “Doing Business”, stilata dalla World Bank, l’Italia occupa il 58esimo posto – preceduta da Kosovo, Kenya, Romania, Cipro e Marocco – in calo di sette posizioni rispetto all’anno precedente e di ben dodici rispetto al 2018.

Negli ultimi anni sembra avviato, dunque, un consolidato trend negativo, 5 anni fa l’Italia occupava il 56esimo posto; dieci anni fa il 78esimo, considerando un arco temporale più ampio, il miglior risultato registrato dall’Italia è il 45esimo posto del 2016.

Nel grafico seguente, tratto dalla specifica sezione del rapporto dedicato all’Italia, si possono valutare i relativi topic scores del nostro Paese, che può vantare buone performance in aree come starting a business e trading across borders, ma pessime in altre, in particolare getting credit e paying taxes

doing-business-score-italia

Solo effettuando riforme strutturali e radicali potremo riprenderci, soprattutto in questa negativa contingenza emergenziale, che al contrario potrebbe rappresentare un’occasione, una chiave di volta per trasformare la nostra pubblica amministrazione in uno strumento per facilitare quella libertà economica, costituzionalmente garantita, ma troppe volte limitata e mortificata dagli apparati statali.

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