COMPOSIZIONE NEGOZIATA: È AMMESSA IN CASO DI PIANO LIQUIDATORIO?

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Tribunale di Verona

La questione: composizione negoziata e mancata continuità aziendale

Una delle tematiche più discusse in materia di composizione negoziata della crisi riguarda la possibilità di accedere alle misure protettive anche quando il piano dell’impresa non prevede la prosecuzione dell’attività aziendale. È il caso della cosiddetta composizione negoziata liquidatoria.

Molti tribunali si sono già espressi su domande di accesso alla composizione negoziata in assenza di concrete prospettive di risanamento operativo.

Il precedente di Mantova: composizione negoziata anche in fase liquidatoria

Con ordinanza del 4 dicembre 2024, il Tribunale di Mantova ha ammesso che la composizione negoziata possa essere utilizzata anche in presenza di insolvenza conclamata, non solo di stato di crisi. Secondo i giudici mantovani, la procedura può essere funzionale anche a una liquidazione ordinata del patrimonio, purché accompagnata da iniziative concrete, come l’apporto di beni personali da parte del debitore.

In quel caso, la prosecuzione dell’attività era solo temporanea e strumentale alla dismissione degli asset.

Il caso opposto di Verona: misure protettive negate

Di segno opposto è il decreto del Tribunale di Verona del 10 marzo 2025, che ha rigettato la conferma delle misure protettive per un’impresa la cui proposta aveva finalità esclusivamente liquidatorie.

La società ricorrente:

era inattiva; non aveva dipendenti né risorse; intendeva cedere l’unico immobile a un terzo (che non aveva nemmeno presentato un’offerta vincolante); non indicava modalità di soddisfazione dei creditori.

Il piano non conteneva alcuna prospettiva di continuità aziendale, né in proprio né tramite cessione dell’attività. I giudici hanno rilevato la mancanza di dati economici e patrimoniali prospettici (come ricavi, costi e fonti di finanziamento). Di fatto, si trattava di una mera liquidazione del patrimonio, priva di una vera strategia di risanamento.

I requisiti del piano di risanamento secondo il Codice della crisi

Il piano di risanamento ex art. 19, comma 2, lett. d), del Codice della crisi d’impresa deve:

illustrare in modo completo ed esaustivo le iniziative dell’impresa; contenere una prospettiva di continuità aziendale, anche per cessione a terzi.

Non è sufficiente un piano “di facciata”: l’obiettivo liquidatorio non può essere dissimulato in un piano teoricamente volto alla continuità.

Quando è possibile un esito liquidatorio?

Un esito liquidatorio nella composizione negoziata è ammissibile solo se:

vi erano, al momento dell’avvio delle trattative, ragionevoli possibilità di risanamento; tali possibilità si sono rivelate impraticabili, come attestato dall’esperto; le trattative sono state svolte con correttezza e buona fede.

In tal caso, può trovare applicazione il concordato semplificato (art. 25-sexies del Codice della crisi).

Conclusione: coerenza tra misure protettive e finalità del risanamento

La composizione negoziata è concepita per favorire il risanamento dell’impresa. Di conseguenza, le misure protettive che la accompagnano devono essere coerenti con questo obiettivo, non con finalità puramente liquidatorie.

Una soluzione liquidatoria è possibile, ma solo come extrema ratio, e non come approdo “naturale” della composizione negoziata.

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