
1. Introduzione
Il presente articolo analizza la recente sentenza n. 25578/2025 emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma, che affronta un tema di estrema attualità e rilevanza costituzionale: la responsabilità dell’Amministrazione penitenziaria per l’omessa somministrazione di cure mediche adeguate a detenuti affetti da gravi patologie. L’ordinanza si inserisce nel solco della giurisprudenza costituzionale e convenzionale in materia di tutela della salute in ambito carcerario, ponendo in luce le criticità sistemiche nell’attuazione del diritto alla salute ex art. 32 Cost. e art. 3 CEDU.
2. I fatti di causa
Il caso trae origine dal reclamo presentato da un detenuto recluso nella Casa Circondariale di Roma, affetto da epatite cronica HCV-correlata e altre gravi patologie epatiche e respiratorie, il quale lamentava l’omissione, da parte dell’Amministrazione penitenziaria, della somministrazione del farmaco “Epclusa” a base di sofosbuvir e velpatasvir, prescritto dai medici specialisti già nel 2023.
Nonostante l’evidente gravità del quadro clinico e la documentazione medica che certificava l’urgenza del trattamento, il ricorrente era rimasto privo di cure adeguate per oltre un anno, con progressivo aggravamento dello stato di salute. Il Tribunale ha dunque accolto il reclamo, ordinando la somministrazione immediata della terapia e condannando l’Amministrazione per violazione degli obblighi costituzionali e convenzionali di tutela della salute.
3. Profili giuridici: il diritto alla salute in ambito detentivo
La sentenza si fonda su un impianto normativo e giurisprudenziale consolidato, che riconosce il diritto alla salute come diritto fondamentale della persona, inviolabile anche in condizione di detenzione. Già la Corte costituzionale, con la nota sentenza n. 349/1993, ha statuito che “la condizione detentiva non comporta la perdita dei diritti fondamentali, tra cui la salute”¹.
In sede sovranazionale, la Corte EDU ha più volte condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti ai sensi dell’art. 3 CEDU, anche in relazione a carenze sanitarie in ambito penitenziario (si veda il caso Cirillo c. Italia, 2019).
4. L’obbligo positivo dello Stato: profilassi e cure
Particolarmente significativa, nella pronuncia in esame, è l’affermazione secondo cui lo Stato ha non solo un obbligo negativo di non ledere il diritto alla salute, ma un vero e proprio obbligo positivo di garantire cure appropriate. In questo senso, il Tribunale richiama i principi elaborati dalla giurisprudenza europea, secondo cui il mancato accesso a terapie salvavita costituisce un trattamento inumano e degradante².
La pronuncia si segnala anche per l’utilizzo della nozione di “trattamento sanitario equivalente” rispetto al libero cittadino, riconoscendo che l’Amministrazione penitenziaria non può invocare vincoli economico-burocratici per giustificare omissioni terapeutiche.
5. Conseguenze sanzionatorie e risarcitorie
Pur trattandosi di una decisione in sede di sorveglianza, e quindi priva di contenuti risarcitori in senso stretto, la sentenza apre la strada ad azioni risarcitorie fondate sull’art. 2043 c.c. e, in casi di particolare gravità, sull’art. 185 c.p. in combinato disposto con l’art. 582 c.p. (lesioni personali colpose per omissione di atti dovuti).
La responsabilità civile della pubblica amministrazione, in questo contesto, può essere inquadrata secondo lo schema dell’illecito omissivo, aggravato dall’affidamento esclusivo della salute del detenuto all’Amministrazione stessa.
6. Considerazioni conclusive
La sentenza n. 25578/2025 del Tribunale di Sorveglianza di Roma rappresenta un importante monito per l’Amministrazione penitenziaria e un segnale chiaro sull’intollerabilità di ritardi o omissioni nell’erogazione delle cure ai detenuti. Essa rafforza il principio secondo cui la detenzione non può mai tradursi in un sacrificio della dignità e della salute della persona, pena la violazione della Costituzione e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
L’auspicio è che tale giurisprudenza trovi pronta e coerente attuazione nella prassi carceraria e che le carenze strutturali del sistema sanitario penitenziario siano colmate da un’effettiva responsabilizzazione delle autorità competenti.
Note
Corte cost., sent. n. 349 del 1993, in Foro it., 1993, I, c. 2753. CEDU, sentenza Mouisel c. Francia, 14 novembre 2002; Khudobin c. Russia, 26 ottobre 2006.
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Tribunale di Sorveglianza di Roma, sent. n. 25578/2025 integrale, in formato pdf:
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