CCII: L’ABUSO PROCESSUALE NEL CONCORDATO PREVENTIVO DI GRUPPO SECONDO IL RECENTE ARRESTO DEL TRIBUNALE DI FOGGIA

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L’abuso processuale nel concordato preventivo di gruppo: il caso del Tribunale di Foggia

L’abuso processuale si verifica quando un soggetto, in violazione dei principi di correttezza e buona fede, utilizza gli strumenti giuridici per scopi eccedenti o deviati rispetto a quelli previsti dal legislatore. Tale abuso può manifestarsi anche nel concordato preventivo, quando l’imprenditore persegue finalità diverse dalla regolazione della crisi d’impresa, come il mero rinvio dell’apertura della liquidazione giudiziale.

Un caso significativo in materia è rappresentato dal provvedimento del Tribunale di Foggia (decreto 8 febbraio 2023), che ha applicato per la prima volta il principio dell’abuso del processo al concordato preventivo di gruppo.

Il riferimento giurisprudenziale della Cassazione

I giudici foggiani hanno tratto spunto dalla sentenza n. 9935 del 2015 delle Sezioni Unite della Cassazione, che, sotto la vigenza della vecchia legge fallimentare, aveva riconosciuto il potere del tribunale di dichiarare l’inammissibilità di una domanda abusiva di concordato e di aprire direttamente il fallimento. Oggi, il Codice della crisi definisce espressamente il concetto di gruppo all’articolo 2, comma 1, lettera h, includendo società, imprese ed enti sottoposti a direzione e coordinamento ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies del Codice civile.

Questa evoluzione normativa ha rafforzato il ruolo del tribunale nel vaglio iniziale della domanda di concordato, imponendo un controllo più stringente sulla sussistenza effettiva dei presupposti per l’accesso alla procedura.

Il caso concreto

Nel caso in esame, la domanda di concordato era stata presentata da tre società che si dichiaravano appartenenti a un unico gruppo a seguito di una scissione avvenuta dieci anni prima, con passaggio generazionale dall’amministratore padre al figlio. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che tali imprese fossero di fatto indipendenti, in ragione di:

• Oggetto sociale differente;

• Organi gestori e partecipazioni sociali diverse;

• Assenza di relazioni partecipative reciproche.

Un elemento decisivo per la valutazione dell’abuso è stata la cessione dell’intero capitale sociale di due delle società richiedenti, avvenuta pochi giorni prima delle udienze per l’apertura della liquidazione giudiziale. Tale operazione, secondo i giudici, aveva lo scopo di simulare retroattivamente l’esistenza di un gruppo, senza che sussistesse un effettivo collegamento ai fini dell’articolo 284 del Codice della crisi.

Inoltre, l’analisi del comportamento delle società coinvolte ha evidenziato che, nonostante la presunta appartenenza a un gruppo, non erano mai stati adottati strumenti di gestione comune della crisi, come una ristrutturazione unitaria del debito o un piano industriale condiviso. Questa mancanza di coordinamento ha rafforzato il sospetto di un uso strumentale dell’istituto del concordato preventivo di gruppo.

La decisione del Tribunale di Foggia

Il Tribunale ha chiarito che la coincidenza temporale tra il deposito della domanda e l’udienza di apertura della liquidazione non costituisce di per sé indice di abuso. Tuttavia, nel caso concreto, la cessione delle quote societarie ha evidenziato una strategia elusiva volta a ritardare la procedura liquidatoria.

In assenza di un reale gruppo di imprese e considerata la condotta contraria ai principi di buona fede e correttezza, i giudici hanno dichiarato abusiva e inammissibile la domanda di concordato preventivo ex articolo 284 del Codice della crisi.

La decisione ha inoltre sottolineato come l’abuso processuale possa manifestarsi non solo attraverso la strumentalizzazione del concordato, ma anche mediante l’uso improprio di strumenti societari e operazioni straordinarie, quali fusioni, scissioni o cessioni di quote, poste in essere con finalità elusive piuttosto che con un genuino intento di risanamento.

Implicazioni e rilievo della decisione

Questo provvedimento conferma il ruolo centrale del tribunale fin dall’inizio del procedimento di concordato, sottolineando la necessità di una valutazione rigorosa degli elementi soggettivi e oggettivi della domanda. Inoltre, la sentenza ribadisce l’importanza dell’economia processuale, imponendo di interrompere tempestivamente ogni tentativo di concordato che risulti irrealizzabile fin dall’origine.

Un ulteriore aspetto rilevante riguarda le potenziali ripercussioni per i professionisti coinvolti (advisor, attestatori e consulenti), che potrebbero incorrere in responsabilità qualora abbiano avallato operazioni prive di reale sostanza economica e giuridica.

Infine, il caso analizzato evidenzia la necessità per le imprese in crisi di pianificare con rigore e trasparenza le proprie strategie di risanamento, evitando forzature che potrebbero portare a conseguenze pregiudizievoli, inclusa l’inammissibilità delle domande di concordato e l’immediata apertura della liquidazione giudiziale.

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