COMPOSIZIONE NEGOZIATA: LA CASS. STABILISCE BUONA FEDE E CORRETTEZZA PER TUTTI GLI INTERESSATI

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Nella giurisprudenza di merito, si osserva un tentativo di ampliare la protezione finalizzata a garantire il buon esito della risoluzione della crisi. Tuttavia, la concessione e il mantenimento delle misure protettive e cautelari previste dagli articoli 18 e 19 del Codice della crisi richiedono un monitoraggio costante sulla persistenza dei presupposti. Come anticipato su queste colonne (Il Sole 24 Ore, 18 febbraio 2025), tale verifica deve includere il rispetto di un principio cardine della composizione negoziata: l’obbligo di correttezza e buona fede nelle trattative.

A questo proposito, merita attenzione l’ordinanza del Tribunale di Milano dell’8 febbraio 2025, che, nell’ambito di una composizione negoziata della crisi, ha negato una misura cautelare volta a impedire ai creditori di aggredire i beni personali dei soci. Tali beni, pur essendo esterni all’impresa, erano indicati come potenzialmente valorizzabili per la ristrutturazione. I giudici hanno ribadito che l’obbligo di correttezza e buona fede, sancito dall’articolo 4, commi 1 e 4, del Codice della crisi, si applica non solo al debitore, ma anche a tutti gli altri soggetti coinvolti nella regolazione della crisi e dell’insolvenza.

La decisione del Tribunale è stata influenzata non tanto dalla condotta della debitrice, quanto da quella dei garanti. In particolare, la società, dopo aver avviato la composizione negoziata e ottenuto le misure protettive, aveva promesso un pagamento parziale al creditore principale, suggerendo di esplorare soluzioni con il proprio advisor senza rivelare l’avvenuto accesso alla composizione negoziata. Inoltre, nel ricorso cautelare era inclusa una dichiarazione di sostegno del piano da parte dei garanti, con un impegno irrevocabile a sottoscrivere e versare un aumento di capitale. A ciò si aggiungeva un’ulteriore scrittura che prevedeva un versamento aggiuntivo a favore della società.

Tuttavia, il Tribunale ha evidenziato come i garanti abbiano assunto comportamenti contraddittori rispetto agli impegni dichiarati. Tra questi, la costituzione di due nuove società per trasferirvi immobili, la concessione di un’ipoteca volontaria per un importo significativo a favore di un’altra società e la modifica della forma giuridica e della denominazione di un’ulteriore società con delibera di aumento di capitale. Queste azioni hanno sollevato dubbi sulla reale intenzione di sostenere il risanamento della debitrice.

Il provvedimento ha inoltre valorizzato il parere dell’esperto, secondo cui, sebbene le trattative fossero in progresso, il piano industriale risultava ancora in fase di sviluppo. Le dichiarazioni dei garanti, volte a sostenere il progetto con risorse personali, apparivano come semplici propositi senza riscontri oggettivi.

In sostanza, il Tribunale ha rilevato che tali comportamenti sembravano finalizzati a preservare le risorse esterne da eventuali aggressioni dei creditori o a creare titoli di prelazione, compromettendo la funzione stessa delle misure protettive. Di conseguenza, i giudici hanno respinto le richieste cautelari volte a proteggere il patrimonio dei garanti, sottolineando l’incoerenza tra gli atti dispositivi posti in essere e gli impegni dichiarati a favore del risanamento.

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