La procedura di crisi da sovraindebitamento familiare, come prevista dall’art. 7 bis della Legge n. 3/2012 e riscritta nell’art. 66 del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) del D.Lgs. n. 214/2019, consente ai membri di una stessa famiglia di presentare un’unica domanda per accedere a una delle procedure previste dall’art. 65 del CCII. Questo è possibile quando i familiari convivono o il sovraindebitamento ha un’origine comune.
L’origine comune dell’indebitamento è interpretata in modo ampio, includendo situazioni come i congiunti coobbligati per un mutuo o un finanziamento, oppure i casi in cui uno abbia garantito i debiti dell’altro, come ex coniugi separati o divorziati che hanno contratto debiti per esigenze familiari comuni. La procedura unica permette una riduzione dei costi e una gestione unitaria dei debiti, anche quando i membri della famiglia non convivono più.
L’art. 66 richiama la struttura della procedura di liquidazione giudiziale e del concordato di gruppo, prevedendo un unico procedimento per situazioni di crisi riferibili a soggetti diversi, ma mantenendo distinte le masse attive e passive, rispettando il principio della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. Questo evita che il patrimonio di un soggetto sia utilizzato per pagare i debiti di un altro.
La norma prevede anche che, se più richieste di composizione della crisi riguardano la stessa famiglia, il giudice deve adottare provvedimenti per coordinarle. Se i ricorsi pendono davanti a giudici diversi, il giudice adito per secondo deve trasferire la procedura al giudice che ha ricevuto il primo ricorso, applicando il principio della competenza funzionale basata sulla priorità temporale. Questo garantisce una gestione rapida ed efficace della crisi, evitando conflitti di competenza.
Infine, nel caso in cui i familiari abbiano scelto più Organismi di Composizione della Crisi (OCC), sarà necessario designarne uno unico, con un compenso ripartito tra i membri della famiglia in proporzione all’entità dell’attivo di ciascuno.
Il correttivo ter del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) ha apportato modifiche significative all’art. 66, mirate a chiarire e rafforzare l’applicazione delle procedure di sovraindebitamento familiare. La principale integrazione riguarda il comma 1 dell’articolo, dove si esplicita che i familiari possono presentare domanda per accedere alle procedure previste se conviventi o se il loro indebitamento ha un’origine comune, ma non è possibile cumulare questi due requisiti. Questo chiarimento sottolinea l’importanza della gestione unitaria della crisi familiare, mantenendo un approccio focalizzato sugli interessi familiari anche in caso di separazione o divorzio.
Un’altra importante integrazione riguarda l’aspetto procedurale, nel caso in cui uno dei debitori non sia un consumatore. In queste circostanze, il correttivo ter prevede che al progetto unitario si applichino le disposizioni del concordato minore (art. 74 e ss. del CCII) o della liquidazione controllata (art. 268 del CCII), a seconda delle condizioni soggettive dei debitori.
- Concordato Minore: I familiari conviventi o con debiti comuni possono proporre un concordato minore se ne ricorrono i presupposti. Questa opzione offre una soluzione negoziata per ristrutturare il debito familiare.
- Liquidazione Controllata: Se non è possibile proporre un concordato minore e uno o più debitori rientrano nei criteri per l’esdebitazione, la liquidazione controllata può essere applicata. Questo strumento prevede la liquidazione dei beni, ma solo se è dimostrato dall’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) che non ci sono attivi da distribuire ai creditori, nemmeno attraverso azioni giudiziarie.
Queste modifiche mirano a risolvere alcune ambiguità interpretative emerse in giurisprudenza, chiarendo che la procedura di sovraindebitamento familiare può comprendere sia il piano di ristrutturazione che il concordato minore, ma non la liquidazione controllata, che non si basa su un progetto di risoluzione della crisi negoziato. Questo punto è stato oggetto di dibattito, poiché la liquidazione controllata non coinvolge direttamente la volontà del debitore se non per l’apertura della procedura stessa.
Le recenti sentenze hanno sollevato ulteriori questioni, evidenziando la necessità di interpretazioni precise per garantire l’efficacia delle procedure di sovraindebitamento e la tutela degli interessi dei debitori e dei creditori coinvolti.
Il concordato minore, previsto dall’art. 74 del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) e modificato dal correttivo ter, rappresenta una procedura di composizione della crisi in cui i debitori, con l’ausilio dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC), propongono un piano di ristrutturazione dei debiti ai creditori. Tale procedura può essere estesa alle crisi familiari quando uno dei proponenti non è un consumatore, in presenza delle condizioni richieste dalla norma.
Effetti del mancato raggiungimento della maggioranza dei voti
Uno degli aspetti critici della procedura del concordato minore è il mancato raggiungimento della maggioranza dei voti, che può compromettere l’intero progetto di risanamento familiare. Nel contesto delle procedure familiari, quando uno dei debitori è un consumatore, il mancato raggiungimento della maggioranza dei voti, come evidenziato dalla sentenza del Tribunale di Nola del 12 giugno 2024, può comportare la non omologazione della proposta di concordato minore. Questo è accaduto in un caso in cui la maggioranza dei crediti, sia per classi che per teste, non è stata raggiunta a causa del voto negativo del creditore principale.
Conseguenze della non omologazione
La mancata omologazione del concordato minore ha gravi conseguenze per tutti i debitori coinvolti, inclusi i consumatori. In particolare, tra gli effetti diretti della non omologazione si riscontrano:
- Revoca della sospensione del procedimento di esecuzione immobiliare: La protezione che impediva ai creditori di proseguire o iniziare nuove azioni esecutive viene revocata, mettendo a rischio i beni immobili dei debitori.
- Revoca del divieto di azioni esecutive individuali: I creditori possono riprendere o avviare azioni esecutive individuali, inclusi sequestri conservativi e acquisizioni di diritti di prelazione sui patrimoni dei debitori.
- Impatto sul consumatore: Il consumatore, che avrebbe potuto beneficiare della procedura di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 67 CCII, si trova esposto alle azioni esecutive, senza poter accedere ai vantaggi della procedura negoziale.
Misure correttive del correttivo ter
Il correttivo ter del CCII ha introdotto una protezione per i debitori quando un unico creditore detiene la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Il comma 3 dell’art. 74, infatti, stabilisce che il concordato minore può essere approvato anche se il maggior creditore vota contro, a condizione che si ottenga la maggioranza per teste dei creditori ammessi al voto. Questa disposizione cerca di evitare che un singolo creditore possa determinare le sorti dell’intera procedura, specialmente in contesti familiari complessi.
Criticità
Nonostante le misure correttive, permangono alcune criticità legate al principio di responsabilità patrimoniale sancito dall’art. 2740 c.c., che non ammette deroghe nelle procedure di sovraindebitamento. In particolare, la non omologazione della proposta di concordato minore rischia di vanificare:
- La finalità del progetto unitario di composizione della crisi familiare: Il mancato raggiungimento dell’accordo può rendere inefficace l’obiettivo di risolvere la crisi familiare in modo coordinato e unitario.
- Il trattamento di favore riservato al consumatore: Il consumatore perde i benefici della procedura di ristrutturazione dei debiti ex art. 67 CCII, che è concepita come una procedura non concorsuale, specificamente pensata per tutelare i debitori in difficoltà.
In sintesi, il mancato raggiungimento della maggioranza dei voti nella procedura del concordato minore può avere effetti devastanti sulla gestione della crisi familiare e, in particolare, sul consumatore, che potrebbe non riuscire a beneficiare delle tutele previste dalla legge per la ristrutturazione dei suoi debiti.
L’introduzione del correttivo ter al Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) ha suscitato diverse discussioni, specialmente riguardo alla posizione dell’imprenditore individuale cancellato dal registro delle imprese e la sua possibilità di accedere a determinate procedure di composizione della crisi familiare. Questo tema è stato oggetto di dibattito sia nella giurisprudenza di merito sia in quella di legittimità, portando a una varietà di interpretazioni e applicazioni, come evidenziato in recenti sentenze.
L’Imprenditore Individuale Cancellato: Un Caso Particolare
Una delle questioni centrali riguarda l’imprenditore individuale cessato e cancellato dal registro imprese, con una situazione debitoria mista, ossia con debiti sia di natura personale che derivanti dall’attività imprenditoriale ormai cessata. Un caso significativo è stato esaminato dalla Corte di Appello dell’Aquila l’11 ottobre 2023, che ha trattato l’ipotesi di una coppia di coniugi anziani, di cui uno dei due era un ex imprenditore individuale cancellato, proponendo un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore nell’ambito della procedura familiare.
Orientamenti Giurisprudenziali
La Corte dell’Aquila, pur rigettando la proposta per la mancata inclusione di tutti i debiti, ha approfondito la questione dell’ammissibilità dell’imprenditore individuale cancellato alla procedura di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 67 CCII. La Corte ha argomentato che, sebbene l’art. 33, comma 4, CCII preveda l’inammissibilità per l’imprenditore cancellato dal registro imprese di accedere al concordato minore, esiste un’eccezione se l’attività imprenditoriale è proseguita.
Due importanti sentenze della Corte di Cassazione (n. 1869/2016 e n. 22699/2023) hanno trattato questa questione. Nella prima, la Cassazione ha posto l’accento sulla natura delle obbligazioni da ristrutturare, suggerendo che i debiti residui di natura imprenditoriale non permettano più l’accesso al concordato minore una volta cessata l’impresa. Nella seconda, la Cassazione ha confermato che l’unica procedura ammissibile per un imprenditore cancellato è la liquidazione controllata, che consentirebbe comunque l’esdebitazione ai sensi dell’art. 282 CCII.
Novità Introdotte dal Correttivo Ter
Il correttivo ter ha aggiunto all’art. 33 del CCII il comma 1 bis, che stabilisce che “il debitore persona fisica, dopo la cancellazione dell’impresa individuale, può chiedere l’apertura della liquidazione controllata anche oltre il termine annuale”. Questa novità conferma l’indirizzo della Cassazione, secondo cui l’unica via per un imprenditore cancellato è la procedura liquidatoria, che consente l’esdebitazione ma non altre forme di ristrutturazione del debito.
Criticità e Impatti sulla Procedura Familiare
Questa disciplina solleva alcune criticità, in particolare riguardo alla possibilità di discriminare il trattamento dei debitori con debiti misti rispetto a quelli con debiti esclusivamente personali. Inoltre, l’esclusione dei debiti imprenditoriali dal piano di ristrutturazione può inficiare la fattibilità del piano stesso, elemento che il giudice è tenuto a valutare in sede di omologazione.
La Corte dell’Aquila ha evidenziato che questa impostazione potrebbe comportare una disparità di trattamento irragionevole, con conseguenze potenzialmente negative sulla composizione della crisi familiare. Infatti, l’impossibilità per un imprenditore cancellato di accedere a procedure diverse dalla liquidazione controllata potrebbe vanificare la ratio delle procedure regolatorie previste dal CCII, che dovrebbero essere preferite alla liquidazione solo in ultima analisi.
Conclusione
Il correttivo ter sembra orientarsi verso una disciplina speciale per l’imprenditore individuale cancellato, limitando le sue opzioni alla sola procedura liquidatoria. Questo approccio, seppur coerente con la giurisprudenza recente, può risultare in contrasto con i principi generali del CCII, che tendono a favorire soluzioni regolatorie rispetto a quelle liquidatorie. La questione rimane complessa, e le future interpretazioni giurisprudenziali potrebbero ulteriormente chiarire o rivedere questa disciplina, in particolare per quanto riguarda la composizione delle crisi familiari in cui siano coinvolti imprenditori individuali cancellati.