
La prevenzione del radicalismo: profili teorici, strumenti applicativi e prospettive giuridiche
1. Introduzione
La prevenzione del radicalismo (o preventing violent extremism, PVE) si colloca al crocevia tra diritto penale, politiche di sicurezza, tutela dei diritti umani e interventi di carattere sociale. Negli ultimi decenni, l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa e le Nazioni Unite hanno elaborato strategie multilivello volte a contrastare la diffusione di ideologie estremiste e percorsi di radicalizzazione che possono portare a forme di violenza politica, terrorismo o discriminazione organizzata.
La questione centrale che percorre il dibattito contemporaneo è il bilanciamento tra:
- esigenze di prevenzione e sicurezza pubblica;
- tutela delle libertà fondamentali;
- garanzie procedurali del diritto penale liberale;
- politiche sociali e inclusive.
2. Modelli teorici di radicalizzazione
La dottrina distingue generalmente tra fattori push (che spingono verso l’estremismo) e fattori pull (che attraggono verso gruppi radicali).
Tra i primi rientrano marginalizzazione, ingiustizie percepite, esclusione socioeconomica; tra i secondi, senso di appartenenza, ideologie fortemente identitarie, leadership carismatica.
Le moderne normative anti-radicalismo riconoscono che il fenomeno è multidimensionale: psicologico, sociale, politico e digitale. In particolare, l’ascesa della radicalizzazione online e delle piattaforme criptate richiede strumenti normativi in grado di intervenire sui nuovi spazi comunicativi, senza comprometterne la libertà.
3. Quadro normativo internazionale ed europeo
3.1. Nazioni Unite
Il Piano d’Azione per la Prevenzione dell’Estremismo Violento (2016) richiama gli Stati all’adozione di politiche integrate basate su:
- educazione e sviluppo sociale;
- contrasto alla discriminazione;
- rafforzamento dello Stato di diritto;
- cooperazione internazionale.
3.2. Unione Europea
L’UE, attraverso la Radicalisation Awareness Network (RAN), ha sviluppato linee guida operative su scuole, istituti penitenziari, comunità locali e settore digitale. Il quadro normativo antiterrorismo è integrato dalla Direttiva (UE) 2017/541, che include misure preventive e programmi di deradicalizzazione.
3.3. Consiglio d’Europa
Centralità assume il modello di educazione alla cultura democratica, improntato sul pluralismo e sul dialogo interculturale.
4. Strumenti di prevenzione: analisi multilivello
4.1. Prevenzione primaria
Riguarda l’intera popolazione e mira a ridurre i fattori strutturali che favoriscono la radicalizzazione:
- programmi scolastici sul pensiero critico e la cittadinanza;
- alfabetizzazione digitale contro propaganda e disinformazione;
- iniziative di inclusione sociale e pari opportunità.
4.2. Prevenzione secondaria
Si concentra sui soggetti a rischio:
- mentoring e counselling individuale;
- interventi comunitari;
- protocolli di cooperazione tra scuole, servizi sociali e forze dell’ordine.
4.3. Prevenzione terziaria
È destinata a soggetti già radicalizzati o coinvolti in reati connessi all’estremismo:
- programmi di deradicalizzazione e “exit strategies”;
- interventi psicologici;
- percorsi di reinserimento lavorativo e sociale;
- attività post-penitenziarie di monitoraggio e supporto.
5. Profili giuridici e criticità applicative
Il diritto penale è chiamato a confrontarsi con il principio di offensività e con la necessità di evitare forme di “diritto penale del nemico” o anticipazione eccessiva della tutela.
Tra le principali criticità:
- rischio di stigmatizzazione delle minoranze;
- necessità di garantire trasparenza nei sistemi di segnalazione;
- responsabilità delle piattaforme digitali nella moderazione dei contenuti;
- difficoltà di valutazione dell’efficacia dei programmi.
Il corretto approccio giuridico richiede strumenti proporzionati, fondati su evidenze scientifiche, rispettosi dei diritti fondamentali e idonei a integrarsi con misure sociali ed educative.
6. Prevenzione del radicalismo e sicurezza partecipata
Gli ordinamenti che hanno ottenuto i risultati più solidi sono quelli che adottano un modello di sicurezza partecipata:
- coinvolgimento di famiglie, scuole e comunità religiose;
- cooperazione locale tra enti pubblici e terzo settore;
- strategie comunicative che propongano narrazioni alternative positive;
- programmi di empowerment nelle comunità vulnerabili.
Questo approccio consente di superare modelli esclusivamente repressivi, privilegiando una prevenzione strutturale e sostenibile.
7. Conclusioni
La prevenzione del radicalismo richiede una combinazione di diritto, sociologia, psicologia e politiche pubbliche. Il quadro giuridico deve muoversi tra tutela della sicurezza e salvaguardia delle libertà fondamentali, puntando su misure proporzionate e su strategie inclusive.
L’ordinamento italiano e quello europeo sono oggi chiamati a consolidare modelli integrati di prevenzione capaci di rispondere alle nuove forme di radicalizzazione, soprattutto digitale, nel rispetto dei valori democratici e della dignità umana.
Competenze dello Studio Legale Bonanni Saraceno in materia di prevenzione del radicalismo
Lo Studio Legale Bonanni Saraceno offre competenze specifiche nei settori della sicurezza preventiva, della tutela dei diritti fondamentali, del diritto penale dell’emergenza e della compliance organizzativa, con particolare attenzione a temi quali:
- valutazione giuridica dei programmi di prevenzione e deradicalizzazione;
- assistenza a enti pubblici, scuole e organizzazioni del terzo settore nella redazione di protocolli di prevenzione;
- consulenza sulla gestione dei rischi di radicalizzazione nei contesti digitali e nelle piattaforme online;
- tutela dei diritti delle persone coinvolte in procedimenti di prevenzione;
- formazione e aggiornamento professionale su sicurezza, PVE e contrasto alla disinformazione.
L’esperienza dello Studio consente un approccio interdisciplinare, fondato su rigore giuridico, attenzione ai diritti umani e capacità di integrare strategie preventive con le più avanzate prassi internazionali.
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