CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA: NUOVA CONDANNA PER L’ITALIA PER IL TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE

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Acque reflue: nuova condanna UE per l’Italia

Anche Courmayeur, la perla della Valle d’Aosta, rientra tra i quattro agglomerati che, a 20 anni dalla scadenza per il recepimento della direttiva UE e a 11 anni dalla condanna del 2014, non si sono ancora conformati agli obblighi comunitari sul trattamento delle acque reflue. Le altre località che continuano con gli sversamenti fuori norma, in aree definite “sensibili”, sono tutte in Sicilia: Castellammare del Golfo I, Cinisi e Terrasini. Trappeto, invece, è uscita dalla lista all’ultimo minuto grazie al completamento dei lavori dell’impianto di trattamento.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza nella causa C-515/23, ha nuovamente condannato l’Italia al pagamento di una somma forfettaria di 10 milioni di euro, a cui si aggiunge una penalità di 13,687 milioni per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2014. I termini partono da oggi e si protrarranno fino alla completa esecuzione.

La direttiva europea

La direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, impone la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane prima dello scarico nell’ambiente, con l’obiettivo di proteggere la salute umana e l’ambiente. La decisione della Corte ribadisce l’importanza di questi obblighi.

Il ricorso della Commissione europea

Ritenendo che l’Italia non si fosse ancora pienamente conformata, la Commissione europea ha presentato un nuovo ricorso per inadempimento, con richiesta di sanzioni pecuniarie. Nella sentenza depositata oggi, la Corte ha constatato che, per i cinque agglomerati indicati, l’Italia non aveva adottato tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza del 2014 entro il termine del 18 maggio 2018, stabilito nella lettera di costituzione in mora. Inoltre, con riferimento a quattro di questi agglomerati, l’inadempimento persisteva ancora alla data dell’udienza del 13 novembre 2024.

Nel determinare l’importo delle sanzioni, la Corte ha tenuto conto della gravità dell’infrazione, della sua durata e della capacità finanziaria dello Stato membro.

Il danno ambientale

La Corte ha evidenziato che l’assenza di trattamento delle acque reflue urbane costituisce un danno ambientale grave. Pur riconoscendo la riduzione del numero di agglomerati non conformi, passati da 41 nel 2014 a 4, ha sottolineato che il pregiudizio all’ambiente persiste. Questo aspetto è aggravato dal fatto che gli agglomerati non conformi scaricano le loro acque in aree sensibili.

Infine, la Corte ha rilevato il lungo periodo di mancata esecuzione della sentenza del 2014, giudicandolo eccessivo, pur considerando la complessità e la durata dei lavori infrastrutturali necessari.

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Sentenza nella causa C-515/23 integrale in formato Pdf:

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