
Le clausole di un contratto di assicurazione contro gli infortuni nell’ambito di un rapporto di lavoro devono essere valutate nel loro insieme. Se, considerate nel complesso, presentano un margine di ambiguità, vanno interpretate a favore del contraente che non le ha predisposte, ovvero il lavoratore.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3013/2025, che ha accolto (con rinvio) il ricorso di un dirigente d’azienda contro Generali Italia. La compagnia gli aveva negato l’indennizzo sostenendo che non vi fosse prova che la perdita del posto fosse dovuta a una malattia professionale.
Il caso: un dirigente colpito da infarto perde il lavoro
Il ricorrente, un manager assunto dall’Anas con un contratto biennale, godeva di un’assicurazione contro il rischio di infortuni e malattie. Prima della scadenza del contratto, aveva ricevuto un’offerta di assunzione a tempo indeterminato, ma prima di perfezionare il passaggio è stato colpito da un infarto. A causa delle conseguenze dell’evento, l’assunzione non è andata in porto.
Quando ha chiesto l’indennizzo, Generali lo ha rifiutato, sostenendo che il contratto prevedeva il pagamento solo nel caso in cui l’infortunio o la malattia avesse causato la cessazione del rapporto di lavoro. Nel caso specifico, invece, il rapporto era terminato per la naturale scadenza del termine.
Il giudizio: Cassazione ribalta la sentenza d’Appello
Il manager ha presentato ricorso e il Tribunale gli ha dato ragione. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato il verdetto, ritenendo che non vi fosse prova del nesso tra la malattia e la cessazione del rapporto, che sarebbe invece avvenuta per ragioni organizzative.
In Cassazione, il ricorrente ha contestato l’erronea interpretazione del contratto, sostenendo che non subordinava il pagamento dell’indennizzo alla risoluzione del rapporto di lavoro.
L’ambiguità contrattuale e il principio di interpretazione contro il predisponente
La Terza sezione civile ha accolto il ricorso, evidenziando che il contratto conteneva ambiguità non spiegabili.
• L’art. 1 subordinava il pagamento dell’indennizzo alla cessazione del rapporto di lavoro a causa dell’evento lesivo.
• L’art. 16, però, richiedeva la prova della cessazione solo “se avvenuta”, suggerendo che l’indennizzo potesse spettare anche in caso contrario.
• L’art. 18 consentiva all’assicuratore di accertare l’invalidità anche nel caso in cui il rapporto di lavoro non fosse cessato, in apparente contraddizione con l’art. 1.
Queste incongruenze, secondo la Cassazione, dimostrano che la Corte d’Appello ha commesso due errori:
1. Non ha valutato il contratto nel suo complesso, esaminando solo alcune clausole.
2. Non ha applicato il principio di interpretazione contro il predisponente (art. 1370 c.c.), che impone di risolvere le ambiguità a favore della parte che non ha scritto il contratto, in questo caso il lavoratore.
Conclusione
La Cassazione ha quindi annullato la sentenza d’Appello e rinviato la causa, chiarendo che, in caso di incertezza, le clausole ambigue devono essere interpretate in senso favorevole al contraente più debole:
<< Interpretatio est contra eum facienda, qui clarius loqui debuisset >>
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Cassazione, ordinanza n. 3013/2025 integrale, in formato PDF:
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