In questa puntata, affrontiamo con l’imprenditore italo-americano George Lombardi (già consulente di Donald Trump), le ultime notizie sull’indagine denominata Russiagate e sulle novità della politica dell’Amministrazione Trump.
Russiagate, la CIA ammette l’errore: il dossier del 2016 era politicizzato
Un rapporto interno della CIA diffuso nel 2025 smentisce il dossier del Russiagate: accuse a Trump basate su fonti fragili e pressioni politiche. Brennan e Comey nel mirino della giustizia.
Il Russiagate era una costruzione politica? Le nuove rivelazioni della CIA
A quasi dieci anni dalle elezioni presidenziali del 2016, uno sconvolgente rapporto interno della CIA rimette in discussione le basi dell’intero caso Russiagate. Diffuso il 26 giugno 2025 dalla giornalista Miranda Devine sul New York Post, il documento fa luce su gravi manipolazioni procedurali e pressioni politiche interne all’intelligence americana.
Un’inchiesta interna che cambia la narrativa
Il rapporto, commissionato dall’ex direttore della CIA John Ratcliffe, esamina il documento dell’Intelligence Community Assessment (ICA) pubblicato nel dicembre 2016, che accusava la Russia di voler influenzare le elezioni a favore di Donald Trump. Le conclusioni sono clamorose: l’intera accusa si basava su fonti fragili, dossier screditati e analisi condotte in modo non imparziale.
Le responsabilità di Brennan e Comey
Secondo l’inchiesta, John Brennan, all’epoca direttore della CIA, avrebbe selezionato un ristretto gruppo di analisti delle sole CIA, FBI, NSA e ODNI, escludendo 13 delle 17 agenzie federali. Un’operazione senza contraddittorio, che ha condotto a conclusioni già allora oggetto di forti critiche interne.
James Comey, ex capo dell’FBI, avrebbe invece cambiato posizione sull’ipotesi di collusione dopo pressioni interne, nonostante in precedenza alti funzionari dell’FBI avessero affermato al New York Times che non esistevano prove concrete di un legame tra Trump e il Cremlino.
Il controverso dossier Steele e il ruolo della Clinton
Elemento centrale dell’ICA fu il dossier Steele, redatto dall’ex agente dell’intelligence britannica Christopher Steele, su iniziativa della campagna Clinton e attraverso lo studio legale Perkins Coie. Il documento, già screditato all’epoca, venne inserito nel rapporto nonostante forti obiezioni interne.
Una email interna del 29 dicembre 2016, firmata dal vicedirettore dell’analisi CIA, avvertiva che l’inclusione del dossier avrebbe minato la credibilità dell’intero rapporto. Ma le proteste vennero ignorate.
La posizione della NSA: scetticismo mascherato
Anche la NSA, guidata allora da Mike Rogers, espresse solo una “moderata fiducia” nelle conclusioni dell’ICA. In gergo dell’intelligence, questo equivale a un rifiuto velato. Secondo fonti interne, Putin avrebbe potuto non preferire Trump, percepito come “imprevedibile”, rispetto a Hillary Clinton, considerata più “gestibile”.
I protagonisti sotto indagine
Ad oggi, John Brennan e James Comey sarebbero formalmente indagati per irregolarità nella conduzione dell’inchiesta: dichiarazioni false al Congresso, uso distorto delle fonti, e mancato rispetto delle procedure interne.
Anche Christopher Steele è tornato sotto i riflettori: nella sua deposizione del 2019, aveva ammesso di aver usato informazioni non verificate, provenienti da fonti legate alla propaganda russa.
Il prezzo della propaganda: chi pagherà?
Il Russiagate ha dominato il dibattito pubblico e politico per anni, alimentando campagne mediatiche contro chiunque osasse dubitare della narrativa ufficiale. Oggi, questo nuovo rapporto CIA impone una rivalutazione storica dell’intera vicenda, sollevando interrogativi sull’uso politico delle agenzie di intelligence.
Come osservato da Simona Mangiante, avvocato e moglie di George Papadopoulos (ex consigliere di Trump coinvolto nel Russiagate), le rivelazioni contenute nel dossier Ratcliffe potrebbero segnare una svolta epocale nella percezione pubblica del caso.
Conclusioni: Russiagate, indagine o operazione politica?
Alla luce dei nuovi elementi, è lecito chiedersi: quanto del Russiagate fu vera indagine, e quanto fu costruzione politica? E soprattutto, chi pagherà per le gravi distorsioni emerse?
L’opinione pubblica, sempre più scettica verso le versioni ufficiali, attende risposte. Se confermate a livello istituzionale, queste rivelazioni potrebbero rappresentare uno spartiacque nella storia delle relazioni tra intelligence e politica negli Stati Uniti.

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