IURE HEREDITARIO: AZIONE RISARCITORIA DEGLI EREDI DEL LAVORATORE DECEDUTO PER ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO NELL’AMBIENTE DI LAVORO

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Per i figli del de cuius, deceduto a causa di esposizione all’amianto nell’ambiente di lavoro, che intendano esercitare l’azione di risarcimento danni iure hereditario contro il datore di lavoro del padre, è necessario evidenziare i seguenti punti:

  1. Legittimazione attiva degli eredi per azioni iure hereditario: Gli eredi del lavoratore deceduto subentrano nei diritti del de cuius e possono agire iure hereditario per il risarcimento dei danni subiti dal defunto. Questo principio è consolidato nella giurisprudenza italiana. La Corte di Cassazione ha affermato che “gli eredi del lavoratore deceduto subentrano nel patrimonio del de cuius e dunque anche nel diritto al risarcimento del danno conseguente all’infortunio o alla malattia professionale, già entrato a far parte del suo patrimonio” [Cass. Civ., Sez. L, N. 8292 del 25-03-2019]. Inoltre, il Tribunale di Genova ha confermato che “gli eredi vengono a trovarsi nella medesima posizione del lavoratore defunto e l’azione da loro esperibile iure successionis conserva tutte le caratteristiche dell’azione di cui era titolare il de cuius” [Tribunale Ordinario Genova, sez. LA, sentenza n. 106/2017].
  2. Danno subito dal de cuius e trasmissibilità agli eredi: Il danno biologico e morale subito dal de cuius a causa della malattia professionale si trasmette agli eredi. Gli eredi hanno diritto al risarcimento del danno iure hereditario per il periodo di sofferenza vissuto dal de cuius prima del decesso. La Corte di Cassazione ha stabilito che “il danno subito dalla vittima, nell’ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall’evento lesivo, è configurabile e trasmissibile agli eredi nella duplice componente di danno biologico ‘terminale’ e di danno morale” [Cass. Civ., Sez. L, N. 12041 del 19-06-2020]. Anche il Tribunale di Venezia ha affermato che “è addebitabile alle società convenute il danno non patrimoniale sofferto in vita dal de cuius, qui azionato iure hereditario” [Tribunale Ordinario Venezia, sez. LA, sentenza n. 466/2023].
  3. Distinzione tra azioni iure proprio ed iure hereditario: È importante distinguere tra le azioni iure proprio e iure hereditario. Mentre le azioni iure proprio sono quelle in cui i congiunti chiedono il risarcimento dei danni subiti personalmente a causa della perdita del familiare, le azioni iure hereditario riguardano i diritti che si trasmettono agli eredi dal de cuius. Il Tribunale di Arezzo ha chiarito che “la domanda con la quale una parte chiede il risarcimento dei danni iure proprio per morte del congiunto deve essere qualificata come domanda di responsabilità extracontrattuale”, mentre “gli eredi del lavoratore deceduto subentrano nel patrimonio del de cuius e dunque anche nel diritto al risarcimento del danno” [Tribunale Ordinario Arezzo, sez. GL, sentenza n. 221/2022].
  4. Giurisprudenza favorevole alla legittimazione attiva degli eredi: Numerose sentenze confermano la legittimazione attiva degli eredi per azioni iure hereditario. Ad esempio, la Corte d’Appello di Genova ha affermato che “gli eredi possono agire iure hereditario per il risarcimento dei danni subiti dal de cuius” [Corte d’Appello Genova, sez. 2, sentenza n. 611/2018]. Anche il Tribunale di Crotone ha riconosciuto che “gli eredi hanno diritto al risarcimento del danno iure hereditario” [Tribunale di Crotone, Sentenza n.346 del 30 aprile 2024].

Conclusioni: pertanto, per la giurisprudenza consolidata, i figli del de cuius hanno legittimazione attiva per agire iure hereditario nei confronti del datore di lavoro del padre per il risarcimento dei danni subiti dal de cuius a causa dell’esposizione all’amianto.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
Piazza Giuseppe Mazzini, 27 – 00195 – Roma

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DIRITTO DELLA CRISI: DEFINIZIONE, REQUISITI E GIURISPRUDENZA DEL CONCORDATO SEMPLIFICATO

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Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio rappresenta un importante strumento per l’imprenditore che, dopo aver esperito senza successo il percorso della composizione negoziata della crisi, necessiti di una procedura di uscita ordinata e controllata. Questo istituto funziona come un vero e proprio “paracadute” giuridico, ma la sua apertura è subordinata a specifici presupposti normativi e sostanziali.

In base all’art. 25-sexies, comma 5, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, il Tribunale può ammettere il concordato semplificato solo in presenza di:

assenza di pregiudizio per i creditori, concreta utilità della proposta rispetto alla liquidazione giudiziale, e fattibilità del piano.

Differenze tra concordato semplificato e concordato preventivo

A differenza di quanto previsto dall’art. 47 del Codice della crisi in materia di concordato preventivo, dove la fattibilità è intesa come “non manifesta inattitudine” al raggiungimento degli obiettivi, nel concordato semplificato il tribunale deve accertare in senso positivo la concreta realizzabilità del piano.

Questo approccio è coerente con la struttura della procedura, che non prevede il voto dei creditori e affida al giudice il compito di valutare, in modo sostanziale, la credibilità delle garanzie offerte e i benefici concreti per la massa creditoria.

Giurisprudenza recente: la sentenza del Tribunale di Fermo (10 aprile 2025)

Un’importante pronuncia in materia di fattibilità del concordato semplificato proviene dal Tribunale di Fermo (sentenza del 10 aprile 2025), che ha ritenuto non fattibile il piano presentato da una società debitrice, disponendo l’apertura della liquidazione giudiziale.

Secondo i giudici, i principali motivi dell’inammissibilità erano i seguenti:

Le rettifiche dell’esperto e dell’ausiliario ai valori di attivo e passivo hanno evidenziato l’impossibilità di raggiungere le soglie minime di soddisfazione dei creditori; La finanza esterna promessa dai soci non era adeguatamente garantita. Le fideiussioni provenivano da parenti dei soci, con patrimoni di valore limitato e facilmente smobilizzabile; Il piano prevedeva un rilevante corrispettivo per la cessione di un ramo d’azienda a una società costituita ad hoc dagli stessi soci, priva di garanzie patrimoniali e liquidità sufficienti; Mancava una perizia di stima sul valore del ramo ceduto, rendendo incerta l’utilità effettiva per i creditori in caso di vendita competitiva; Infine, il risparmio previsto sull’accollo dei debiti verso i professionisti (advisors) era venuto meno, aggravando il passivo e riducendo il soddisfacimento dei creditori chirografari.

Conclusioni: quando il concordato semplificato non è ammissibile

La decisione del Tribunale di Fermo evidenzia come la carenza strutturale delle garanzie sia un elemento cruciale per negare l’accesso al concordato semplificato. Il tribunale ha rilevato l’assenza di concreti elementi a sostegno della proposta e ha quindi disposto l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

Parole chiave:

– concordato semplificato composizione negoziata della crisi

– liquidazione giudiziale

– Codice della crisi d’impresa

– fattibilità del piano finanza esterna

– sentenza Tribunale Fermo 10 aprile 2025

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DIRITTO DELLA CRISI: INCERTEZZE SULL’ANACRONISTICO ART. 26 DEL DPR 633/1972 IN MERITO AL RECUPERO DELL’IVA NON RISCOSSA

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Art. 26 DPR 633/1972

Note di Variazione IVA e Procedure Concorsuali: le Incertezze sull’Articolo 26 del DPR 633/1972

L’articolo 26 del DPR 633/1972 continua a generare dubbi interpretativi in merito all’emissione delle note di variazione IVA nei confronti delle imprese sottoposte a procedure concorsuali. Tali incertezze permarranno fino all’emanazione del decreto delegato sulla fiscalità della crisi, previsto dalla Legge delega 111/2023 per la revisione del sistema tributario.

Quando è possibile il recupero dell’IVA?

I commi 3-bis e 10-bis dell’art. 26 DPR 633/1972 consentono al creditore di recuperare l’IVA applicata e non riscossa in caso di:

assoggettamento del debitore a liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o amministrazione straordinaria; ammissione al concordato preventivo; omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti; pubblicazione nel registro delle imprese del piano attestato di risanamento.

Registrazione dell’IVA da parte del debitore

Il comma 5 dell’articolo 26 stabilisce un’importante deroga alla registrazione IVA da parte del debitore: normalmente, chi riceve la nota di variazione deve registrare l’IVA a debito, contribuendo così alla liquidazione dell’imposta dovuta.

Tuttavia, in caso di procedure concorsuali di cui al comma 3-bis, lettera a), il debitore può evitare tale registrazione. Secondo l’Agenzia delle Entrate (circolare 20/E/2021), questa esenzione si applica solo nei casi di:

liquidazione giudiziale (ex fallimento); liquidazione coatta amministrativa; concordato preventivo, sia liquidatorio che con continuità aziendale; amministrazione straordinaria.

Al contrario, gli accordi di ristrutturazione dei debiti sarebbero esclusi da tale deroga, poiché non rientrerebbero, secondo l’Agenzia, tra le procedure concorsuali in senso stretto, mancando dei requisiti di concorsualità e ufficialità.

Gli accordi di ristrutturazione sono procedure concorsuali?

Questa interpretazione dell’Agenzia delle Entrate è tuttavia contestata. Secondo la Corte di Cassazione, gli accordi di ristrutturazione dei debiti vanno considerati a tutti gli effetti procedure concorsuali, in quanto:

prevedono forme di controllo e pubblicità, coerenti con le caratteristiche tipiche delle procedure concorsuali; sono soggetti a pubblicazione nel registro delle imprese; richiedono omologazione da parte del tribunale, garantendo così l’elemento di ufficialità.

Pertanto, i due motivi su cui si basa l’esclusione (assenza di concorsualità e ufficialità) risultano non fondati. L’accordo di ristrutturazione dei debiti, per natura e disciplina, dovrebbe godere delle medesime tutele fiscali previste per le altre procedure concorsuali, inclusa la deroga prevista dal comma 5 dell’art. 26 DPR 633/1972.

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DIRITTO BANCARIO: MUTUO CON AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE E I RECENTI ARRESTI DELLA CASSAZIONE

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Ammortamento alla Francese e Mutui a Tasso Variabile: cosa dice la Cassazione

Cos’è l’ammortamento alla francese nei mutui

Nel piano di ammortamento alla francese applicato a un mutuo a tasso variabile, la quota interessi di ciascuna rata è calcolata sul debito residuo del periodo precedente, come avviene nei mutui a tasso fisso. Questo sistema:

Non comporta capitalizzazione degli interessi (anatocismo); Prevede una rata costante composta da una quota capitale crescente e una quota interessi decrescente; Calcola gli interessi sul capitale residuo, evitando qualsiasi accumulo di interessi su interessi.

Trasparenza e validità del contratto di mutuo

Secondo la Cassazione, ordinanza n. 7382 del 19 marzo 2025, se il piano di ammortamento:

Indica chiaramente l’importo erogato; Specifica la durata del prestito; Riporta TAN (Tasso Annuo Nominale) e TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale); Descrive la periodicità e composizione delle rate;

allora non si rileva alcun vulnus in termini di trasparenza contrattuale. Anche se il piano è indicativo, come accade per i tassi variabili, il mutuatario ha gli strumenti per valutare l’offerta in modo consapevole.

Ammortamento alla francese e giurisprudenza di legittimità

La legittimità dell’ammortamento alla francese è stata confermata in numerose sentenze. Tra le principali:

Sezioni Unite della Cassazione – Sentenza n. 15130/2024

Hanno stabilito che la mancata indicazione espressa del metodo di ammortamento e del regime di capitalizzazione non comporta la nullità del contratto, né per indeterminatezza né per violazione della normativa sulla trasparenza bancaria.

Principali sentenze favorevoli al metodo “alla francese”

Tribunale di Imperia, 9 maggio 2023: nessuna capitalizzazione degli interessi. Tribunale di Sulmona, 3 giugno 2022: il metodo è conforme all’art. 1283 c.c. Corte d’Appello di Roma, 30 gennaio 2020: il metodo non altera il tasso di interesse pattuito. Tribunale di Perugia, 28 gennaio 2016: il metodo è valido anche sotto il profilo dell’usura.

Ammortamento alla francese: questioni aperte e rinvii pregiudiziali

Alcuni tribunali hanno sollevato dubbi circa la validità del mutuo in assenza di:

indicazione esplicita del metodo “alla francese”; indicazione del regime di capitalizzazione (es. composto); chiarezza nel calcolo degli interessi passivi.

Tuttavia, la Cassazione (ordinanza 7 settembre 2023) ha confermato che la presenza del piano di ammortamento allegato al contratto può essere sufficiente per escludere la nullità.

Ammortamento alla francese e trasparenza nei mutui fiscali

Anche nel contesto della rateizzazione dei debiti fiscali, la Cassazione (ordinanza 2 ottobre 2023, n. 27823) ha ritenuto legittimo l’uso dell’ammortamento alla francese, confermando la trasparenza del criterio di rimborso in base alla direttiva nazionale di Equitalia.

Conclusioni

L’ammortamento alla francese nei mutui a tasso variabile è un metodo legittimo, conforme alla normativa in materia bancaria e alla giurisprudenza della Corte di Cassazione. A condizione che vi sia chiarezza nei documenti contrattuali, non si determina alcuna capitalizzazione illecita degli interessi e non vi sono vizi di trasparenza.

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SICUREZZA SUL LAVORO: RIFORMA CON MODELLI ORGANIZZATIVI PREMIALI

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Il viceministro Sisto annuncia una nuova riforma per rafforzare la prevenzione

In occasione della Giornata internazionale per la sicurezza sul lavoro, il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto ha annunciato una nuova riforma normativa per rendere più efficace la tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Riforma sicurezza sul lavoro: premi per le imprese virtuose

Secondo quanto dichiarato, una Commissione del Ministero della Giustizia ha lavorato nei mesi scorsi per elaborare una proposta di riforma seria e approfondita. L’obiettivo è cambiare prospettiva: passare da un sistema fondato solo sulla sanzione a un modello che valorizzi la prevenzione e premi le imprese virtuose.

«Chi avrà adottato condotte e misure efficaci per la protezione dei lavoratori, anche tramite modelli organizzativi adeguati, potrà beneficiare di un riconoscimento premiale – ha dichiarato Sisto – pur restando pienamente responsabile per l’eventuale risarcimento del danno.»

Modelli organizzativi efficaci e prevenzione al centro

La riforma punta a incentivare l’adozione di modelli di organizzazione e gestione che riducano i rischi sul lavoro, in linea con quanto previsto dal D.Lgs. 231/2001. L’obiettivo è creare un meccanismo virtuoso che coinvolga attivamente tutte le parti:

imprese, lavoratori, istituzioni.

Meno sanzioni, più prevenzione

Il viceministro ha sottolineato che l’intervento punitivo arriva troppo tardi, quando il danno si è già verificato. Da qui l’intenzione di orientare il sistema su parametri di prevenzione, ascoltando anche le istanze emerse durante una serie di audizioni pubbliche.

«Vogliamo un sistema orientato alla prevenzione, non solo alla sanzione: il pregiudizio, spesso, è irrimediabile», ha concluso Sisto.

I punti chiave

  • La proposta di legge
  • Prevenzione e attenuanti
  • Responsabilità penale ridotta in caso di azienda in regola

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