INFO AVVOCATURA: CASSA FORENSE AVVIA IL SISTEMA CONTRIBUTIVO DAL PRIMO GENNAIO 2025

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La riforma previdenziale di Cassa Forense, approvata nel 2024 e in vigore dal 2025, prevede un significativo cambiamento con l’introduzione del sistema contributivo. Questo cambiamento è stato considerato necessario per garantire la stabilità a lungo termine dell’ente, nonostante il sistema sia attualmente in equilibrio.

Principali novità della riforma:

  1. Passaggio al sistema contributivo: A partire dal 1° gennaio 2025, le pensioni saranno calcolate con il metodo contributivo “pro rata”. Gli iscritti prima del 2025 avranno una pensione calcolata con il sistema misto: retributivo fino al 31 dicembre 2024 e contributivo per il periodo successivo. Chi si iscriverà dal 2025 avrà una pensione interamente contributiva.
  2. Requisiti per la pensione: Per coloro che saranno soggetti al regime contributivo puro, i requisiti di pensionamento saranno:
  • 70 anni di età con almeno 5 anni di contributi.
  • 65 anni di età con almeno 35 anni di contributi e un importo pensionistico minimo pari al trattamento minimo in vigore.
  1. Riduzione dei contributi minimi: Nel 2025, il contributo minimo soggettivo sarà di 2.750 euro (contro i 3.355 del 2024), e il contributo minimo integrativo sarà di 350 euro (rispetto agli 850 euro del 2024).
  2. Agevolazioni per i giovani: Gli iscritti sotto i 35 anni pagheranno la metà dei contributi per i primi 6 anni. Ciò non influirà negativamente sul conteggio degli anni di contribuzione.
  3. Aliquote contributive: Il contributo soggettivo salirà progressivamente dal 16% nel 2025 al 18% nel 2027. Per i redditi superiori a 130.000 euro, sarà dovuto un contributo aggiuntivo del 3%.
  4. Contribuzione modulare volontaria: Il limite per la contribuzione volontaria sale al 20% del reddito professionale, consentendo ai professionisti di aumentare volontariamente il proprio montante pensionistico.
  5. Trattamento minimo: L’importo del trattamento minimo sarà di 12.500 euro per il biennio 2025-2026, scendendo a 10.250 euro a partire dal 2029.
  6. Regolarizzazione spontanea: Le sanzioni per le regolarizzazioni spontanee dei contributi saranno ridotte del 60%.

Queste modifiche mirano a rendere il sistema previdenziale più sostenibile, con particolare attenzione a facilitare l’ingresso dei giovani nella professione e garantire un trattamento equo nel lungo termine.

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(Per approfondimenti e consulenza) 

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
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DIRITTO DI SUCCESSIONE: SENTENZA DELLA CASSAZIONE SUL CASO DELL’EREDITÀ AGNELLI

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Lapo e John Elkann con Marella Caracciolo

La Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi presentati dai fratelli John, Lapo e Ginevra Elkann contro il maxisequestro di 74,8 milioni di euro, confermando l’accusa di frode fiscale e truffa ai danni dello Stato. Il sequestro è legato alla complessa vicenda dell’eredità di Marella Caracciolo, nonna degli Elkann e vedova di Gianni Agnelli. Secondo le accuse, gli Elkann avrebbero dichiarato una residenza fittizia in Svizzera per la nonna, al fine di evitare di pagare tasse ereditarie in Italia, mentre in realtà la Caracciolo risiedeva stabilmente in Italia almeno dal 2010.

L’inchiesta, iniziata dopo un esposto della madre Margherita Agnelli, ha portato alla scoperta di documentazione che supporta l’ipotesi di un disegno volto a sottrarre il patrimonio ereditario alle leggi fiscali italiane. La decisione della Cassazione rappresenta un importante sviluppo, mantenendo in vigore il sequestro preventivo disposto dalla Procura di Torino.

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Digitare la scritta “Download” sottostante per la lettura integrale in formato PDF della Sent. n. 35776/2024 della Suprema Corte di Cassazione:

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CASSAZIONE PENALE: SENT. N. 36566/2024 SU CHI PUÒ ESSERE INCRIMINATO PER CONCORSO NEL REATO DI PECULATO

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36566 della Sesta sezione penale, ha delineato i criteri per stabilire il concorso nel reato di peculato, in particolare per soggetti che non siano pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. La Corte ha chiarito che la responsabilità per peculato di soggetti esterni alla pubblica amministrazione si configura solo se questi sfruttano la relazione di “possesso per ragioni di ufficio o di servizio” di un pubblico agente per appropriarsi di un bene.

Il caso in esame riguarda quattro dipendenti di una cooperativa che lavorava per conto di SDA Express Courier spa, accusati di essersi appropriati di merci in transito per rivenderle sul mercato nero. La Corte d’appello aveva escluso la qualifica di incaricati di pubblico servizio per i quattro, dato che svolgevano mansioni esclusivamente materiali ed esecutive, ma aveva ritenuto configurabile il concorso in peculato grazie a una collaborazione con due guardie giurate.

Le guardie giurate, accusate di omissione di controllo, avrebbero concorso moralmente nella condotta appropriativa dei dipendenti della cooperativa. La Corte di Cassazione ha però sottolineato la necessità di verificare se queste guardie avessero una relazione di possesso con le merci e se tale relazione fosse stata strumentalmente sfruttata dagli imputati per configurare il peculato. In caso contrario, si dovrebbero considerare altri reati come il furto o l’appropriazione indebita.

Infine, la Cassazione ha sottolineato che le guardie giurate rivestono la qualifica di incaricati di pubblico servizio solo nell’ambito delle loro funzioni di custodia e vigilanza, legando la loro responsabilità alla natura specifica dell’attività svolta e alla relazione con i beni sottratti.

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FALLIMENTO: “OPERAZIONI DOLOSE” DELLE EVASIONI SISTEMICHE

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Il sistematico non pagamento di imposte e contributi che determina un ingente carico debitorio può rientrare nella nozione di “operazioni dolose” sanzionate dalla legge fallimentare. In particolare, l’articolo 216 della Legge Fallimentare italiana prevede il reato di bancarotta fraudolenta, che punisce l’imprenditore fallito che ha compiuto atti diretti a recare danno ai creditori, anche attraverso operazioni dolose.

Il mancato pagamento sistematico delle imposte e dei contributi, se fatto con la consapevolezza di arrecare un danno ai creditori e aggravare la situazione di insolvenza dell’impresa, può essere considerato un’operazione dolosa. Questo comportamento, infatti, contribuisce a creare un ingente carico debitorio che potrebbe compromettere i diritti dei creditori, e in un contesto fallimentare, tali condotte possono essere oggetto di sanzioni penali.

Tuttavia, sarà necessario valutare caso per caso l’intenzionalità e la consapevolezza dell’imprenditore per determinare se vi sia effettivamente dolo.

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Digitare la scritta “Download” sottostante per la lettura integrale in formato PDF della Ord. n. 36585/2024della Suprema Corte di Cassazione:

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PROCESSO PENALE: OBBLIGHI DI “MOTIVAZIONE RAFFORZATA” IN APPELLO

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La Corte di Cassazione, con riferimento agli obblighi di “motivazione rafforzata” nel caso di ribaltamento di una sentenza di condanna, ha stabilito che il giudice, nel mutare una decisione già pronunciata, deve fornire una motivazione particolarmente rigorosa e articolata. Questo significa che deve:

  1. Dimostrare un’analisi approfondita: Il giudice deve mostrare di aver compiuto una revisione attenta e puntuale degli atti e delle prove, tenendo conto di ogni elemento rilevante.
  2. Spiegare le ragioni del dissenso: Deve chiarire in maniera dettagliata perché non condivide il contenuto della sentenza precedente, sottolineando gli eventuali errori o lacune nella ricostruzione dei fatti o nell’applicazione del diritto.
  3. Fondare la nuova decisione su motivazioni solide: La nuova decisione deve essere supportata da argomentazioni chiare e precise, che spieghino le basi logiche e giuridiche su cui si fonda.
  4. Argomentare la ricostruzione alternativa dei fatti: Se il giudice propone una diversa ricostruzione dei fatti, deve spiegare come e perché tale versione sia da ritenersi più verosimile o corretta rispetto a quella precedentemente accolta.

In sostanza, la Corte richiede che vi sia una motivazione che superi la mera contrapposizione di giudizi, dimostrando una riflessione approfondita e una particolare attenzione alla logica del processo decisionale.

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Digitare la scritta “Download” sottostante per la lettura integrale in formato PDF della Sent. n. 36432/2024 della Suprema Corte di Cassazione:

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CCII: LE NOVITÀ DEL CORRETTIVO TER SUBITO VIGENTI

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Il terzo decreto correttivo del Codice della crisi, pubblicato il 27 settembre 2024, introduce importanti modifiche normative applicabili da oggi. Esso interviene su diversi strumenti di regolazione della crisi d’impresa, tra cui composizioni negoziate, piani di risanamento, accordi di ristrutturazione e procedure di liquidazione.

Un aspetto centrale riguarda la possibilità, per i debitori, di concludere accordi transattivi con le agenzie fiscali nell’ambito delle composizioni negoziate e dei piani di ristrutturazione omologati. Questi accordi possono riguardare il pagamento parziale o dilazionato dei debiti tributari, inclusi quelli relativi all’IVA. Tuttavia, tali disposizioni si applicano solo alle istanze presentate da oggi.

In merito alla transazione fiscale e contributiva, è prevista la possibilità di un’omologazione forzosa anche nel concordato preventivo in continuità, ma solo per le proposte di transazione presentate da oggi.

Inoltre, il decreto chiarisce le condizioni per la cosiddetta “ristrutturazione trasversale” nelle procedure di concordato preventivo in continuità già pendenti. In questo contesto, è ora esplicitamente possibile omologare il concordato anche con il voto favorevole di una sola classe di creditori se questi sono creditori che verrebbero almeno parzialmente soddisfatti nel rispetto della graduazione dei crediti privilegiati.

Le nuove regole sono quindi destinate a incidere notevolmente sulla gestione delle crisi d’impresa, con una maggiore flessibilità negli accordi sui debiti tributari e una più ampia applicazione del cram down fiscale e contributivo.

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Digitare la scritta “Download” sottostante per la lettura integrale in formato PDF del correttivo ter del CCII nella Gazzetta Ufficiale.

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FISCO: DISAPPLICAZIONE DELL’ACCERTAMENTO INDUTTIVO

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Nell’accertamento induttivo non possono rientrare elementi valutativi che richiedono cognizioni particolari. L’accertamento induttivo, infatti, si basa su presunzioni semplici, ossia su fatti noti o indizi che possono essere utilizzati per determinare la base imponibile, ma non su valutazioni complesse o tecniche che richiedono competenze specifiche o approfondimenti specialistici. Lo scopo dell’accertamento induttivo è quello di consentire all’Amministrazione finanziaria di ricostruire il reddito del contribuente in assenza di dati certi, basandosi su elementi che risultino oggettivamente apprezzabili e di comune esperienza.

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Digitare la scritta “Download” sottostante per la lettura integrale in formato PDF della Ord. n. 25854/2024 della Suprema Corte di Cassazione:

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BANCA ETRURIA: RESPONSABILITÀ PENALE DEI VERTICI DIRIGENZIALI SECONDO LA CASSAZIONE

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Nel caso della banca Etruria, una delle questioni rilevanti riguardava l’erogazione di finanziamenti a favore di soggetti già debitori della banca, spesso in misura sproporzionata rispetto alle loro capacità di rimborso. Questo tipo di operazioni può configurarsi come un comportamento irresponsabile da parte dei vertici dell’istituto di credito, soprattutto se gli organi di governance e gestione non valutano adeguatamente i rischi associati a tali concessioni.

In situazioni come questa, la responsabilità dei vertici può essere legata a vari aspetti:

  1. Diligenza nella gestione: I dirigenti e amministratori di una banca devono agire con prudenza e diligenza, evitando decisioni che possano mettere a rischio la solidità dell’istituto e gli interessi dei depositanti. Se le erogazioni sono state fatte senza una valutazione adeguata dei rischi, questo potrebbe costituire una violazione dei loro doveri fiduciari.
  2. Conflitti di interesse: Se le erogazioni sono state fatte a favore di soggetti in qualche modo collegati ai vertici della banca (per esempio amici, familiari o imprenditori vicini), potrebbe configurarsi un conflitto di interesse, con potenziali implicazioni legali.
  3. Normativa bancaria: Le banche sono soggette a norme stringenti in termini di vigilanza bancaria (per esempio da parte della Banca d’Italia e della BCE). La concessione di crediti in modo sproporzionato o senza adeguate garanzie può comportare sanzioni da parte degli organismi di vigilanza.
  4. Possibili implicazioni penali: Se viene dimostrato che i vertici hanno agito in modo fraudolento o consapevolmente dannoso per la banca, potrebbero essere chiamati a rispondere penalmente. Nel caso di Banca Etruria, sono state avviate indagini giudiziarie per verificare la responsabilità degli amministratori.

In sintesi, i vertici di un istituto bancario possono essere ritenuti responsabili per decisioni che ledono gli interessi della banca e dei suoi stakeholder, specialmente quando si verificano erogazioni in favore di soggetti già debitori in condizioni non sostenibili.

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Digitare la scritta “Download” sottostante per la lettura integrale in formato PDF della Ord. n. 36209/2024 della Suprema Corte di Cassazione

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RESPONSABILITÀ MEDICA: NUOVO ARRESTO DELLA CASSAZIONE

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I professionisti dell’ars medica sono i principali protagonisti delle condotte finalizzate al rispetto del fondamentale principio costituzionale del diritto della salute.

Un diritto che oltre a essere fondamentale è ritenuto l’unico a essere veramente inviolabile da parte della Costituzione.

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Art. 32.

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

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Per tali motivi, in ordine a quanto esposto la difesa della vittima di mala sanità o di un professionista per responsabilità medica da parte dello studio legale Bonanni Saraceno, diventa molto delicata e complessa.

Pertanto, la giurisprudenza rappresenta uno strumento di orientamento giudiziario alquanto utile e decisivo, di conseguenza si riporta una degli ultimi provvedimenti della Suprema Corte di Cassazione al riguardo.

La responsabilità medica per aver indirizzato un paziente a un intervento chirurgico che ha provocato un’invalidità al 100% può essere configurata come una forma di responsabilità civile o penale a seconda delle circostanze. In Italia, tale responsabilità è regolata dal Codice Civile e da diverse normative sulla responsabilità professionale sanitaria.

Ecco i principali elementi da considerare:

1. Responsabilità contrattuale:

Il medico ha l’obbligo di diligenza, correttezza e perizia nello svolgimento della propria attività. Questo significa che il professionista deve operare con il grado di competenza richiesto dalla sua posizione. Se l’intervento chirurgico è stato consigliato senza un adeguato esame delle alternative o senza un corretto processo di informazione sui rischi, il medico potrebbe essere ritenuto civilmente responsabile per il danno subito dal paziente, configurando una violazione contrattuale (art. 1218 del Codice Civile). In tal caso, il paziente può chiedere un risarcimento per i danni subiti.

2. Responsabilità per il consenso informato:

Un altro aspetto cruciale è la mancata o insufficiente informazione del paziente. Il medico ha l’obbligo di informare il paziente sui rischi, benefici e alternative dell’intervento. Se il paziente non è stato correttamente informato, il consenso all’operazione può essere considerato invalido. Questo può costituire una fonte di responsabilità del medico, anche se l’intervento è stato eseguito correttamente, poiché il paziente potrebbe non aver accettato il trattamento se fosse stato pienamente consapevole delle possibili conseguenze.

3. Colpa medica:

Se l’invalidità è dovuta a un errore tecnico del chirurgo o a una negligenza durante l’intervento, potrebbe esserci una responsabilità del medico per colpa medica. In questo caso, la responsabilità può essere anche penale, se l’errore è stato grave (es. negligenza, imprudenza, imperizia). La colpa potrebbe essere attribuita anche al medico che ha indirizzato il paziente, se ha mancato di valutare correttamente la necessità dell’intervento o ha fatto una diagnosi errata.

4. Risarcimento del danno:

Il paziente ha il diritto di chiedere un risarcimento per il danno subito, che può comprendere:

  • Danno biologico (lesione della salute)
  • Danno morale (sofferenza psicologica)
  • Danno patrimoniale (perdita di reddito, spese mediche future)

5. Onere della prova:

Nel caso di responsabilità contrattuale, è il medico che deve dimostrare di aver operato secondo le regole dell’arte e con la necessaria diligenza. Il paziente, invece, deve solo dimostrare il nesso di causalità tra l’intervento e il danno subito.

6. Intervento in équipe:

Se l’intervento è stato eseguito da una équipe medica, anche altri professionisti coinvolti possono essere ritenuti corresponsabili, a seconda della divisione dei compiti e delle specifiche competenze.

Per determinare la responsabilità, sarà necessaria una perizia medico-legale, che valuterà sia la correttezza della decisione di indirizzare il paziente all’intervento sia l’esecuzione dell’operazione stessa.

Un avvocato specializzato in responsabilità medica potrà assistere il paziente nella gestione di un’eventuale richiesta di risarcimento.

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IRRAGIONEVOLE PROCESSO

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Sebbene l’art. 111 della Costituzione (“[…] La legge ne assicura la ragionevole durata”) imponga il rispetto dei termini per il giusto processo, anche in alcune cause affrontate dallo studio legale Bonanni Saraceno emerge quanto questo principio costituzionale venga disatteso.

In ordine a quanto suesposto, si riporta di seguito la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione.

L’indicazione numerica di «massima durata ragionevole […] pari a due anni, sei mesi e 5 giorni» va interpretata in modo specifico nel contesto del giudizio di equa riparazione. In particolare, i «sei mesi e cinque giorni» non fanno parte del termine di durata ragionevole del processo che lo Stato deve rispettare. Essi costituiscono una sorta di “franchigia” o tolleranza per lo Stato-amministratore nei confronti della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), e quindi non incidono sulla responsabilità dello Stato nei confronti della CEDU.

Tuttavia, quando si tratta di calcolare la durata non ragionevole del processo, questi «sei mesi e cinque giorni» vanno scomputati dal totale della durata del procedimento giudiziario che eccede i limiti della ragionevolezza. Solo il periodo eccedente viene considerato per determinare se lo Stato-giudice debba riconoscere un risarcimento ai sensi della legge n. 89/2001 (legge Pinto), che disciplina l’equa riparazione per irragionevole durata del processo.

In altre parole, quei sei mesi e cinque giorni rappresentano una soglia di tolleranza entro cui non scatta automaticamente l’obbligo di riparazione, ma non si considerano parte del termine ragionevole che viene indennizzato se superato.

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