GUIDA PER IL NUOVO DPCM

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CORONAVIRUS - DPCM DEL 7 OTTOBRE 2020

Il nuovo DPCM è stato firmato. Tra le nuove misure in arrivo, la possibilità di un nuovo lockdown e le regole sul fronte quarantena e tamponi la confusione è tanta.
Le notizie si ricorrono, si contraddicono a vicenda e in molti danno per certo quello che per ora è solo ufficioso.

Questa è una guida in 10 punti redatta per rendere più comprensibile il nuovo DPCM emesso, arricchita di diversi approfondimenti, per una informazione puntuale, metodica e soprattutto veritiera.

Riassumiamo tramite un comodo elenco tutte le novità in arrivo con il nuovo DPCM. Ecco cosa c’è da sapere, specificando che, fino alla pubblicazione in Gazzetta del testo definitivo, tutto ciò che riguarda il prossimo Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri è da ritenersi ufficioso, quindi non confermato.

1) Mascherina obbligatoria

Il 7 ottobre 2020 è stato emanato un decreto legge che rende obbligatorio l’uso delle mascherine all’aperto. Il decreto, entrato in vigore l’8 del mese corrente, ha validità fino al 15 ottobre. Si dà per scontato, quindi, che il nuovo DPCM conterrà anch’esso l’obbligo delle mascherine fino a data da specificare.

2) Novità sulla quarantena

Dopo un confronto avvenuto nella giornata di domenica con il Comitato Tecnico Scientifico, il governo cambia le regole per la «quarantena», o più correttamente isolamento fiduciario, recependo in una circolare del Ministero della Salute le indicazioni del CTS, in cui si legge che «in coerenza con le linee guida internazionali e adottando il principio di massima cautela, sottolineiamo l’esigenza di aggiornare il percorso diagnostico per l’identificazione dei casi positivi così come la tempestiva restituzione al contesto sociale dei soggetti diagnosticamente guariti».

Dagli attuali 14 giorni, in cui chiunque sia stato a contatto con un positivo o sia positivo è chiamato a rimanere presso la propria abitazione o altro luogo comunicato alla ASL di appartenenza, con il nuovo decreto si passerà a 10 giorni. Trascorso tale lasso di tempo si rende necessario un tampone il cui esito – se negativo – sancisce il termine della quarantena.

Per le regole da seguire nelle differenti casistiche che possono venire a crearsi si raccomanda la lettura dell’articolo che segue:

3) Novità sui tamponi

Un’altra novità sul fronte quarantena riguarda la modalità con cui un positivo viene ritenuto «guarito» – termine scorretto, perché in molti risultano positivi al coronavirus ma non sviluppano la malattia associata, ovvero il COVID-19 (per comprendere meglio il concetto: «La differenza tra coronavirus e COVID-19, tra malati e positivi»). Con le nuove regole non serivanno più due tamponi negativi, ma ne basterà uno solo. Tale novità, insieme a quella sulla durata della quarantena, si ritiene sarà inserita all’interno del nuovo DPCM.
All’interno delle sue indicazioni il CTS dà il suo via libera all’effettuazione dei test rapidi anche presso gli studi dei medici di base e dei pediatri, con la prescrizione al tampone molecolare solo nel caso si risulti positivi al test rapido.

Il governo all’interno del nuovo DPCM ha inserito nuove restrizioni per i locali.
Questi, tra cui ristoranti e bar, avranno l’obbligo di chiudere entro la mezzanotte, mentre dalle ore 21 si fa divieto al clienti di consumare al di fuori degli stessi. Le consumazioni, una volta che il tutto sarà confermato nel testo ufficiale, potranno essere effettuate solo se seduti al tavolo, che sia all’aperto o al chiuso. Confermata invece la chiusura di discoteche e sale da ballo, mentre rimangono consentiti congressi e fiere con il rispetto dei protocolli di sicurezza.

5) Feste private (anche a casa)

Secondo le stesse parole del ministro della Salute Roberto Speranza, circa il 75% dei contagi avviene in famiglia e tra conoscenti. Secondo le ultime voci il Governo avrebbe così deciso di raccomandare – e non imporre – la presenza di massimo 6 persone non conviventi presso la stessa abitazione che sia per cena o per ritrovo tra amici e famigliari, suggerendo in tal caso l’utilizzo della mascherina.
Le feste private in luoghi pubblici vengono invece vietate. «Sono vietate le feste in tutti i luoghi al chiuso e all’aperto», si legge nel nuovo DPCM. L’unico modo per far festa è al ristorante, seduti con distanziamento sociale e obbligo di mascherina quando non si è seduti al tavolo.

Sul fronte matrimonio, funerali, comunioni e cresime la partecipazione in chiesa segue i protocolli già in essere, mentre viene imposto un limite massimo di 20 partecipanti ad eventuali banchetti e ricevimenti in tale occasione.

6) Scuole e gite scolastiche

All’interno dell’ultima versione disponibile del testo del decreto si legge che vengono «sospesi i viaggi d’istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche, tutte le gite scolastiche e le uscite a fini didattici». Ok invece per «i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, nonché le attività di tirocinio».

La ministra dell’Istruzione Azzolina su Facebook ha rassicurato sul fatto che non ci saranno nuove restrizioni all’interno degli istituti scolastici: <<a scuola ci sono regole, anche molto stringenti, che studenti, studentesse e personale stanno rispettando con grande senso di responsabilità, ha dichiarato>>.
Il rischio limitato di nuovi focolai all’interno delle scuole è stato poi recentemente confermato dai dati dell’Istituto superiore della Sanità e del Ministero della Salute.

7) Smart working

Secondo le voci che si moltiplicano nelle ultime ore il nuovo DPCM potrebbe contenere la richiesta da parte del governo, rivolta alle aziende, di aumentare almeno al 70% il lavoro in smart working.

8) Sport

In contesti organizzati che rispettino i protocolli di sicurezza assicurati dalla presenza di una società, il Governo potrebbe prevedere l’ok alla continuazione delle pratiche sportive legate a calcio, rugby, danza, pallavolo, pallacanestro, palestre e altre attività. Il divieto, per evitare assembramenti non controllati, dovrebbe invece riguardare gli sport effettuati in campi liberi o comunque qualsiasi attività sportiva svolta a livello amatoriale, che non sia, ad esempio, la corsa libera. Nessun divieto o limitazioni in vista, invece, per quel che riguarda lo sport professionistico, come le partite di calcio.

9) Mezzi di trasporto pubblici

Nonostante l’aumento dei contagi, il governo potrebbe prevedere l’innalzamento della capienza massima dei treni ad alta velocità dall’attuale 50% all’80%, aumentando contestualmente i controlli su autobus, metro e treni regionali affinché il limite di capienza – già oggi all’80% – sia rispettato.

10) Nuovo lockdown in arrivo?

Le istituzioni e in primis il premier Conte – tramite le parole soprariportate – escludono l’arrivo di un nuovo lockdown, ovvero la chiusura forzata di negozi, attività produttive e uffici, accompagnata dall’indicazione di rimanere all’interno delle propria abitazione rivolta a tutti i residenti in Italia come successo lo scorso marzo. Piuttosto rimangono possibili dei mini-lockdown circoscritti in aree particolarmente critiche.
Un nuovo lockdown, lo sa bene il Governo, potrebbe dare il colpo di grazia all’economia italiana, già in difficoltà nel suo percorso di ripresa dalla crisi legata al coronavirus.

Una cosa è certa: il nuovo DPCM non significa che un altro lockdown sia imminente. Non resta che vedere in che modo le misure all’interno del nuovo decreto riescano a mettere un freno al ritmo di crescita della curva di contagi.

(https:https://www.money.it/Nuovo-DPCM-guida-10-punti//www.money.it/Nuovo-DPCM-guida-10-punti)

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I CONFUSIONARI 557 PROGETTI ITALIANI PER IL RECOVERY FUND

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La bocciatura della Costituzione Europea e il Trattato di Lisbona - Bergamo  News
Recovery Fund Italia: cosa prevedono i 557 progetti presentati?

Le ultime notizie sul Recovery Fund hanno confermato ancora una volta che l’elaborazione del piano italiano, da trasmettere poi all’Europa, non sarà qualcosa di facile.

Qualche giorno fa il governo ha tracciato i 6 pilastri fondamentali del suo progetto, dalla salute fino alla digitalizzazione, passando poi per argomenti particolarmente importanti come l’istruzione e non solo.

Stando alle ultime notizie de Il Corriere della Sera, ad oggi sarebbero stati già presentati dall’Italia 557 progetti, per un controvalore di 677 miliardi di euro, ben superiore ai 209 miliardi che il Belpaese riceverà dal Recovery Fund. La scrematura sarà dunque necessaria.

Altro grande assente nella lista dei 557 progetti sul Recovery Fund l’ecobonus del 110%, attualmente previsto fino alla fine del 2021.

I progetti presentati

Stando a quanto riportato dal quotidiano, nella lista (provvisoria) sono state inserite diverse voci.

Si pensi ad esempio ai 2 miliardi per il sostegno del 5G, o ancora ai 4 miliardi destinati all’eliminazione delle tasse sugli aumenti contrattuali e ai 10 miliardi per la riduzione delle imposte sul lavoro.

Occhi puntati poi sugli 1,5 miliardi rivolti alle RSA e sui 2,7 miliardi per il diritto allo studio (borse + rette agevolate). Al centro delle proposte per il Recovery Fund anche la Pubblica Amministrazione, con 3 miliardi per le nuove assunzioni, 4 miliardi per lo smart working e 5 miliardi per la creazione di poli di cooworking.

10 miliardi di questi progetti presentati sono stati indirizzati alla lotta ai contanti, mentre altri 2 miliardi sono stati pensati per lo sviluppo di una piattaforma e-commerce (l’Amazon italiano, lo ha definito Il Corriere).

Svariati miliardi di euro, invece, per le infrastrutture tra cui la Torino-Lione (oltre 1 mld), la Palermo-Messina-Catania (4,5 mld), l’AV Napoli-Bari (2,6 mld). Senza contare poi le agevolazioni per garantire l’accesso ai mezzi pubblici anche ai meno abbienti.

Ovviamente bisognerà scegliere fra tutti i progetti proposti nella lista temporanea. Soltanto più avanti dunque sapremo con certezza quali proposte entreranno nel piano italiano sul Recovery Fund e quali invece rimarranno inascoltate.

ARTICOLO TRATTO DA: https://www.money.it/Recovery-Fund-Italia-557-progetti-quali-sono?utm_source=Money.it&utm_campaign=a318c1e1bf-RSS_EMAIL_CAMPAIGN&utm_medium=em

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CRONACA DI UN NO-DEAL ANNUNCIATO, TRA REGNO UNITO E UNIONE EUROPEA

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Brexit: cos'è il no-deal?

Nella primavera del 2019, la mancata intesa sulla Brexit e le continue pressioni interne costrinsero Theresa May a dimettersi e si ripresentò lo spettro del No-Deal.

Dopo le elezioni di dicembre 2019,  subentrò come primo ministro Boris Johnson, il quale, il 31 gennaio del 2020, è riuscito ad ottenere la Brexit, creando in tal modo una fase di transazione.

Dal punto di vista letterale il termine significa «nessun accordo»., dunque il No-Deal può essere definito come una Brexit senza una intesa tra Regno Unito e Unione europea.

Il periodo di transizione nel quale Regno Unito e UE dovranno trovare un accordo di natura commerciale è iniziato il primo febbraio scorso e se non verrà raggiunta alcuna intesa entro la fine dell’anno, il No-Deal determinerà diverse dannose conseguenze per entrambe le parti.

Il mercato si è subito allarmato sui risvolti pratici del No-Deal sui suoi effetti in conseguenza dell’uscita del Regno Unito dall’UE senza un accordo, che genererebbe gravi conseguenze economche per entrambi gli interlocutori.

Il No-Deal determinerebbe l’introduzione di nuovi dazi, tariffe e controlli doganali, secondo quanto previsto dalle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), a cui dovrebbero sottostare il Regno Unito e l’Unione Europea.

Uno scenario negativo per entrambe le economie, messe duramente alla prova dall’emergenza coronavirus, che imporrà ai rispettivi PIL di archiviare il 2020 con forti flessioni.

In finale, il no-deal modificherebbe radicalmente l’attuale situazione ed equilibrio commerciale ed economico per entrambi, anche in riferimeno alla precaria situazione economico-sociale causata dalla pandemia del Covid-19.

Il fatto che un ipotetico accordo dovrà essere ratificato da tutti gli Stati membri dell’Unione Europea lo rende ancora più difficoltoso da raggiungere ed il suo fallimento potrebbe peggiorare ulteriormente le relazioni commerciali e di conseguenza il Pil dei Paesi membri più fragili e con un debito pubblico già alquanto compromesso, come è quello italiano.

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VOTARE SI, SIGNIFICA VOLERE 200 MILIARDI DI SPRECHI DELLA PA E LA RIDUZIONE DELLA SOVRANITA’ POPOLARE

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Io voto no al referendum del | Ienevideo

Il 20 e il 21 settembre si svolgerà il referendum costituzionale sulla riduzione dei parlamentari e coloro che sono a favore di tale riduzione e quindi voteranno “Si”, sostengono che ciò determinerà un risparmio per la spesa pubblica.

L’Ufficio studi della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (CGIA) ha realizzato una ricerca in cui ha comparato il mancato gettito derivante dall’evasione fiscale che danneggia la Pubblica Amministrazione con i costi aggiuntivi che penalizzano le famiglie e le imprese italiane a causa del malfunzionamento dei servizi pubblici.

Sebbene questa ricerca non abbia alcun rigore scientifico, presenta comunque un rigore concettuale, da cui si evince che l’ammontare di 110 miliardi di euro annui di evasione fiscale (Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze) risulta decisamente inferiore al danno economico recato ai contribuenti a causa degli sprechi e della corruzione all’interno della PA, che ammonta a oltre 200 miliardi di euro all’anno, ossia quasi il doppio rispetto all’evasione fiscale.

L’Ufficio studi della CGIA ha elencato i seguenti sprechi ed inefficienze presenti nella Pubblica Amministrazione:

  1. il costo annuo di 57 miliardi di euro per le imprese nella gestione dei rapporti con la burocrazia della PA (Fonte: “The European House Ambrosetti);
  2. i 53 miliardi di euro di debiti commerciali della PA nei confronti dei propri fornitori (Fonte: Banca d’Italia);
  3. il deficit logistico-infrastrutturale che penalizza il sistema economico nazionale pari ad un importo di 40 miliardi di euro all’anno (Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti );
  4. La perdita di 40 miliardi di euro per il Pil a causa delle fatiscenze della giustizia civile (Fonte: CER-Eures);
  5. i 24 miliardi di euro di spesa pubblica in eccesso che non consentono di abbassare la pressione fiscale italiana in rapporto con la media degli altri Paesi europei (Fonte: Discussion paper 23 Commissione Europea);
  6. i 23.5 miliardi di euro all’anno di spesa pubblica causata dalla corruzione a dagli sprechi (Fonte: ISPES);
  7. i 12.5 miliardi di euro all’anno causati dagli sprechi e le inefficienze del settore del trasporto pubblico locale (Fonte: “The European House Ambrosetti-Ferrovie dello Stato).

Dopo aver riportato la suddetta ricerca dell’Ufficio studi della CGIA, si deduce che coloro che sostengono questa riforma costituzionale sulla riduzione dei parlamentari preferiscono compromettere l’equilibrio dei pesi e contrappesi costituzionali, riducendo il Parlamento, ossia l’unico organo rappresentativo della sovranità popolare, perché eletto direttamente dal popolo, anziché razionalizzare e ridurre i vergognosi sprechi nella pubblica amministrazione..
Perché l’unica verità che non si vuole affermare e l’unica seria riforma, che per opportunismo politico, nessun partito vuole realizzare, sono quelle riguardanti la pubblica amministrazione, ossia quell’elefantiaco colosso, che è il frutto di decenni di voto di scambio tra una cittadinanza senza alcuna dignità civica e una classe politica incapace e solo protesa a prosciugare le finanze dei contribuenti pur di crearsi un feudo elettorale ben ripagato con posti di lavoro a spese dello Stato.
Per non parlare anche dei sontuosi emolumenti e liquidazioni dati a dirigenti statali, perché rappresentanti delle correnti politiche maggioritarie di turno.
La cialtroneria gattopardesca di questa nazione continua ad esercitare la sua deleteria influenza propagandistica, sempre a danno dei cittadini, che, essendo loro stessi vittime della irrazionale e rabbiosa reazione alla politica, finiscono per assecondare questo processo di trasformazione da cittadini a sudditi, avallando la riduzione dei loro diritti costituzionali, come la rappresentatività parlamentare.

Vedete, io comprendo che il livello medio di istruzione in Italia è più basso di quello degli altri Paesi europei, risultato di anni di depauperamento progressivo della qualità formativo-scolastica (grazie anche ai postumi della demagogia sessantottina che portò alla legittimazione del 6 politico), ma qui si tratta di buon senso.
Infatti, sono decenni che si parla di corruzione e spreco nella pubblica amministrazione e invece di affrontare in modo legislativo questa depauperante vergogna, ci si sfoga contro i propri diritti costituzionali.
Inoltre, abbiamo avuto la testimonianza di Carlo Cottarelli, che quando provò ad affrontare questo annoso problema italiano fu emarginato e “radiato” dal Governo Renzi.
Qui si va oltre i deficit culturali, qui si arriva ad una patologia neurologica, ad una sorta di dislessia ipertrofica nel giudicare la realtà in modo differente da quella che in maniera consapevole ed evidente si conosce e si subisce, in sostanza si è vittima di una bipolarità cognitiva, del tipo: io so che la pubblica amministrazione è corrotta e sprecona e per risolvere ciò riduco i miei diritti costituzionali.

ILLE NIHIL DUBITAT QUI NULLAM SCIENTIAM HABET

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REFERENDUM COSTITUZIONALE 2020

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«Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?»

Riforme costituzionali | Ainis spiega pro e contro del Ddl Boschi

(Articolo scritto da Fabrizio V. Bonanni Saraceno)

Il 20 e 21 settembre del 2020 si svolgerà il quarto referendum costituzionale confermativo della storia della Repubblica italiana per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale, con il titolo “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”.

Il testo di legge in questione (approvato in modo definitivo, con una maggioranza qualificata, alla Camera dei Deputati) prevede il taglio del 36,5% del totale dei componenti dei due rami del Parlamento, passando da 630 a 400 seggi elettivi alla Camera dei Deputati e riducendo a 200 seggi elettivi i 315 attuali per quanto riguarda il Senato della Repubblica.

In prima deliberazione, entrambe le Camere parlamentari, a maggioranza assoluta, hanno approvato, la legge di revisione costituzionale, ex art. 138 comma 1.

Durante la seconda deliberazione che si è svolta l’11 luglio del 2019, alla Camera dei Deputati è stato raggiunto il quorum dei 2/3 dei deputati, raggiungendo in tal modo la maggioranza qualificata prevista dall’art. 138 della Costituzione, mentre durante la seconda deliberazione svolta al Senato, l’8 ottobre del 2019, non è stata raggiunta la maggioranza qualificata, a causa del voto contrario espresso dai senatori del Partito Democratico del partito di Liberi e Uguali (che al tempo della votazione erano entrambi all’opposizione del Governo Conte I) e a causa dell’astensione dal voto da parte del partito di Forza Italia.

Il fatto che durante la seconda deliberazione non siano state raggiunte le maggioranze qualificate dei 2/3 in entrambe le Camere, come previsto dall’art. 138 della Costituzione, ha compromesso l’iter di approvazione della legge di revisione costituzionale.

Il secondo comma dell’art. 138 della Costituzione italiana prevede per tali situazioni che, entro i 3 mesi successivi alle seconde suddette votazioni di entrambe le Camere, 1/5 di ciascuna Camera parlamentare o 500.000 elettori o 5 consigli regionali possano richiedere che venga indetto un referendum confermativo.

Ciò ha permesso di esercitare la facoltà da parte di 71 senatori di depositare, il 10 gennaio del 2020, la richiesta di far indire un referendum costituzionale confermativo, presso la Corte Suprema di Cassazione, che sempre secondo la Costituzione non prevede il raggiungimento di alcun quorum per la sua efficacia.

Dopo aver effettuato un excursus storico e i motivi costituzionali che hanno giustificato il futuro svolgimento del referendum confermativo, credo che sia opportuno e di fondamentale rilevanza liberale e democratica spiegare le motivazioni per cui sia decisivo votare no e non confermare la promulgazione di questa legge di revisione costituzionale.

L’approvazione di questa legge determinerebbe l’instaurazione di un sistema oligarchico a danno della rappresentanza parlamentare e quindi della sovranità popolare, di cui il Parlamento è l’organo rappresentativo per eccellenza, perché eletto direttamente dal popolo.

Questa legge riducendo il numero dei parlamentari rafforzerebbe ulteriormente il deleterio potere delle segreterie di partito, che deciderebbero con maggiore arbitrio chi e dove candidare i candidati a loro graditi, più di quanto già compiono con l’attuale destabilizzante legge elettorale, tutto a danno della rappresentanza locale e territoriale, visto che verrebbero allargati i collegi uninominali.

Per spiegare in modo più chiaro ed esaustivo le fondamentali ragioni che sono alla base di chi sostiene, come il sottoscritto. il voto per il no al referendum costituzionale, ho redatto di seguito alcuni punti per facilitarne la comprensione.

  1. Il principio secondo il quale diminuendo il numero dei parlamentari aumenterebbe la qualità rappresentativa, è privo di qualsiasi fondamento logico sia teorico, che pratico, anzi renderebbe più semplice la strumentalizzazione politica nei confronti dei parlamentari rimasti, qualora si dimostrassero incompetenti e disonesti (come la demagogia del volgo spesso sostiene), da parte delle segreterie dei partiti e delle lobbies,;
  2. la politica sarà di assoluto dominio di un’oligarchia, che per esempio al Senato potrà legiferare con “mini” commissioni;
  3. con la riduzione di 200 componenti al Senato, solamente le liste elettorali più grandi si attribuiranno i seggi, a scapito di quelle più piccole e quindi del pluralismo democratico;
  4. I governi saranno dipendenti dai voti, vitali per la loro sopravvivenza, dei Senatori a vita;
  5. Il voto di fiducia, che è approvato a maggioranza relativa, con la riduzione dei parlamentari avrà una funzione alquanto ridimensionata;
  6. la Costituzione diventerà alla mercé delle segreterie dei partiti, visto che per cambiare la Costituzione basterà il voto di un numero minore di parlamentari;
  7. l’Italia sarà il Paese europeo col minor numero di rappresentanti e la sovranità popolare sarà seriamente compromessa in virtù della riduzione della sua rappresentatività parlamentare, infatti il taglio del numero dei parlamentari diminuirebbe la rappresentanza parlamentare in rapporto con quella delle altre nazioni europee, aggravandone lo squilibrio; questa riforma costituzionale farebbe precipitare l’italia agli ultimi posti nella classifica relativa al numero di parlamentari eletti ogni 100.000 abitanti;
  8. la riduzione dei collegi uninominali per circoscrizione comprometterebbe l’omogeneità della popolazione elettorale e ridurrebbe la rappresentatività delle minoranze linguistiche e territoriali, inoltre, aumenterebbe la discrezionalità nel disegnare i nuovi perimetri dei collegi, a danno del diritto di rappresentanza delle coalizioni minori e quindi della democrazia.
  9. la riduzione dei parlamentari non influirebbe sulla diminuzione della spesa pubblica, visto che corrisponderebbe circa al costo di un caffè all’anno per ciascun italiano, ossia lo 0.007 della spesa pubblica, perché l’elevata spesa pubblica dipende dal costo della pletora dei dipendenti del Parlamento, tra l’altro molto più alto di quello sostenuto dalle altre nazioni;

Dulcis in fundo, se è vero che “historia magistra vitae”, proprio dagli errori che si evincono dal passato, bisognerebbe aver tratto quei minimi insegnamenti, che ogni qual volta un movimento o un partito politico di matrice totalitaria che è arrivato in Parlamento, uno dei primi provvedimenti che ha preso per cercare di ridurre la democrazia, fino ad eliminarla totalmente, è stata proprio quello di ridurre il numero dei parlamentari, ossia la rappresentatività della sovranità popolare.

La stessa storia del secolo scorso ci insegna che, quando il Fascismo arrivò al Governo, il Capo del Governo Mussolini emanò delle leggi dette appunto “fascistissime”, che iniziarono la trasformazione dell’ordinamento giuridico ed istituzionale del Regno d’Italia, fino a completare l’instaurazione della dittatura, prima con l’approvazione della legge elettorale del 17 maggio 1928, la quale introduceva la lista unica, sostituendo la libera scelta elettorale con il sistema plebiscitario e poi nel 1939, pur senza mutare direttamente gli articoli interessati dello Statuto del Regno, con la sostituzione della Camera dei Deputati a favore della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, la cui portata e composizione reale dei poteri portarono alla progressiva esclusione dei caratteri di effettiva titolarità della rappresentanza nazionale e di contitolarità del potere legislativo, condivisa con il re e con il Senato.

Il timore che il totalitarismo progressivo del Fascismo possa ripresentarsi in maniera differente con una deriva totalitaria di matrice rousseauniana dei “giacobini” giustizialisti pentastellati, non sia molto infondato, è confermato dal fatto che sempre in modo più evidente emerge la volontà, da parte del M5S, di sostituire progressivamente l’attuale democrazia parlamentare con una stato del pensiero unico e plebiscitario, detentore della “onesta verità”, eufemisticamente ed impropriamente definito “democrazia diretta”, ma che nella realtà dei fatti consiste solo in una gestione autoritaria del potere legislativo, grazie anche alla Piattaforma Rousseau, che più volte ha dimostrato di essere priva di qualsiasi metodo scientifico affidabile e comprovato e che per questo motivo può essere indirizzata a proprio piacimento, da parte dei vertici del M5S, nel riportare i risultati delle sedicenti votazioni elettroniche, che usano compiere all’interno del movimento, non come realmente sarebbero stati, ma alterati, in modo tale da farli apparire come decisioni della maggioranza degli iscritti al movimento.

In conclusione, da questo bislacco tentativo di riforma costituzionale emerge solamente il grande vuoto che progressivamente si è radicato intorno ai fondamenti della democrazia, di cui oggi si iniziano a vedere i dirompenti effetti nella crisi che sta investendo il nostro sistema democratico.

Purtroppo, la vittoria sulle dittature e sui totalitarismi del Novecento ha solo rallentato il deterioramento delle istituzioni democratiche e l’illusione che si fosse trattato di un trionfo definitivo ha condotto a ignorare i segnali d’allarme che i due conflitti mondiali avevano messo in evidenza.

I concetti cardine di popolo, libertà e sovranità hanno continuato a svuotarsi del loro significato, risolvendosi oggi in una mancanza di concretezza da parte dell’azione politica e nell’incapacità di avere una visione per il futuro fondata su una filosofia pubblica, ovvero con al centro valori veramente condivisi e rispettosi dei principi costituzionali.

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LA REITERATA OMERTÀ DEL GOVERNO CONTE

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9/12/19 - Il Consiglio di Stato annulla la decisione del Tar Lazio ...

È avvenuto quanto segue:
1) prima è stata effettuata la richiesta alla Protezione Civile di rendere pubblici i verbali del Comitato tecnico scientifico riguardo al Covid-19 e dopo il rifiuto da parte della Protezione Civile è stato fatto il ricorso al TAR del Lazio da parte di tre avvocati siciliani (Enzo Palumbo, Andrea Pruiti Ciarello e Rocco Mauro Todero), componenti della Fondazione Luigi Einaudi, che hanno trovato la condivisione ed il sostegno culturale della Fondazione, e poi, nella difesa dinanzi al TAR Lazio, sono stati affiancati da altri tre avvocati, anch’essi di area liberale (Federico Tedeschini, Paolo Ezechia Reale e Nicola Galati);
2) il TAR (sentenza 8615 del 22.07.2020) ha accolto il primo motivo di ricorso dei tre avvocati ricorrenti e dei loro tre codifensori, riconoscendo le loro buone ragioni, e, dichiarando assorbiti gli altri quattro motivi di ricorso (che quindi non sono stati esaminati) ha ordinato alla Presidenza del Consiglio-Protezione Civile di consentire l’accesso agli atti del Comitato Tecnico Scientifico che era stato negato;
3) con atto del 29.07.2020, l’Avvocatura dello Stato, per incarico della Presidenza del Consiglio e della Protezione Civile, ha proposto appello al Consiglio di Stato, e, nelle more della trattazione del ricorso, ha chiesto al Presidente del CdS un provvedimento monocratico, inaudita altera parte, per la sospensione dell’esecutività della sentenza del TAR;
4) il Presidente della Sezione III del CdS, Franco Frattini, non ha annullato, e neppure poteva farlo, la sentenza del TAR, ma ha solo emesso, il 31 luglio, un Decreto monocratico cautelare col quale ha disposto per il momento la sospensione dell’esecutività della sentenza del TAR, sull’ovvia considerazione che l’accesso agli atti e la loro divulgazione, una volta avvenuti, avrebbero reso inutile lo stesso giudizio dinanzi al CdS, perché gli atti, una volta resi pubblici, tali sarebbero rimasti anche in caso di accoglimento dell’impugnativa; si è trattato di un Decreto che era attesissimo, e che non ci ha quindi sorpreso, essendo l’urgenza del medesimo “in re ipsa”;
5) Tuttavia, il Presidente Frattini, nella motivazione del suo decreto cautelare, e pur facendo doverosamente salva la valutazione collegiale della Sezione che si occuperà del giudizio, ha tenuto a evidenziare le sue perplessità in ordine a quasi tutti i motivi dell’impugnazione dell’Avvocatura, facendo solo salva la possibilità di valutare più approfonditamente nel merito un solo specifico motivo d’impugnazione, e ha fissato l’udienza del 10 settembre per la decisione sia sul provvedimento cautelare, sia sul merito.

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IL LIBERALISMO INTEGRALE COME ANTIDOTO CONTRO LA VIOLAZIONE DEI DIRITTI COSTITUZIONALI E LA BUROCRAZIA

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(Articolo scritto da Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno)

Carta da Parati Word cloud per il liberalismo classico • Pixers ...

L’azione governativa incostituzionale che fino ad oggi abbiamo visto concretizzarsi con una inimmaginabile sfrontatezza e accondiscendenza della classe politica e delle istituzioni, non è un fatto casuale, ma figlia di una certa cultura politica radicata in Italia e di un retaggio illiberale che non ha mai abbandonato certe tendenze interventiste e stataliste che hanno sempre fatto prevalere il potere statuale sulla società, nella illusoria concezione che l’intervento dello Stato nella sfera sociale, economica e culturale, possa realizzare la “giustizia sociale”.

In una società pienamente e compiutamente liberale non può sussistere alcun accostamento positivo tra etica e Stato, perché la funzione dello Stato non può essere che quella esclusivamente di garante dei diritti costituzionali e quindi pre-politici, perché esso non deve e non può essere un creatore di diritti e tanto meno di “un’etica pubblica”.

La reiterata violazione costituzionale risponde proprio a quella concezione secondo la quale lo Stato possa decidere il giusto ed il bene dei cittadini derogando anche agli stessi principi e diritti costituzionali.

Questa è la cultura cui appartengono le compagini politiche che compongono l’attuale maggioranza parlamentare, di cui l’attuale governo è l’espressione politica.

Se la principale espressione partitica della sinistra italiana, nella sua evoluzione politica post marxista, ha abbracciato la visione democratica della società, non ha di certo mai sposato i principi del liberalismo, inteso nella sua accezione di liberalismo classico, ma tutt’al più, dopo decenni di ostracismo verso qualsiasi tesi che non rispondesse ai dogmi della cultura marxista, oggi è intenta a voler rappresentare la tradizione liberal, che non ha nulla a che vedere con il liberalismo.

La cultura liberal tenta di subordinare la politica al raggiungimento di finalità etiche (la così detta giustizia sociale) e quindi è completamente indifferente del fatto che ciò porti ad un incremento del potere politico, mentre un liberale valuterà la realizzabilità dei fini alla luce di questo conseguente incremento.

In quanto il liberale contrasta ogni tipo di concezione che mitizza lo Stato come produttore di un ordine tramite la legislazione e la pianificazione economica-sociale, anche durante un’emergenza pandemica.

Sia la difesa intransigente della libertà individuale, la consapevolezza dell’insanabile contrapposizione tra il potere e la libertà di ricercare sempre nuove soluzioni ai problemi sociali, sia la tendenza di diffidente prudenza nella possibilità di incrementare il potere politico per raggiungere fini, dei quali non possiamo conoscere tutte le possibili conseguenze, sono gli assiomi fondamentali della tradizione liberale.

Da ciò si comprende tanto la disinvoltura con cui l’attuale Governo ha violato la Costituzione utilizzando dei dpcm incostituzionali, esautorando completamente la funzione legislativa del Parlamento, consentendosi di attuare la restrizione dei principi inviolabili delle libertà individuali, come la libertà di circolazione, tutelata dall’art. 16 Cost., quanto la complicità della maggioranza che proprio nella sua cultura liberal (post marxista) vede la risoluzione di ogni problema, al punto da giustificare anche la violazione della Costituzione e dei diritti costituzionali.

Quindi, secondo la cultura liberal e post marxista, lo Stato può negare anche le fondamenta del suo ordine giuridico, ossia la Costituzione e da stato di diritto si trasforma in stato di polizia da cui trae origine la cultura dell’Interventionism e del Welfare State, ossia l’odierna situazione che noi cittadini stiamo vivendo grazie ai provvedimenti incostituzionali disposti da Governo.

La proliferazione di commissioni di esperti e soloni scienziati, istituite dal Governo, commissioni a cui è stato affidato il futuro delle nostre libertà, nasce proprio da quella cultura “scientista”, secondo la quale il così detto “metodo scientifico” possa risolvere qualsiasi problema sociale, una concezione che cela quel substrato ideologico socialista e razionalistico che è ancora ben radicato nella cultura dei post marxisti..

Il vero problema che ci si pone in uno stato di diritto e quindi veramente liberale, è quello di evitare che si manifesti un potere legislativo privo di limiti costituzionali che compromettano inevitabilmente le libertà individuali dei cittadini.

Questa deriva illiberale nasce anche dal fatto che esiste una certa cultura, tipicamente italiana che scinde il liberalismo dal liberismo, una distinzione decisamente insostenibile, perché senza libertà economica non può declinarsi alcuna libertà individuale, visto che la maggior parte delle istituzioni sociali, come il linguaggio, l’etica, il diritto, lo Stato, il mercato, i prezzi ed altro ancora sono il risultato non intenzionale di azioni umane che, nel realizzare dei propri interessi soggettivi interagiscono con altre azioni umane con uguali fini, riassunto nella definizione hayekiana di “ordine spontaneo”, ossia quelle situazioni nuove ed impreviste.

Con la rivoluzione “marginalistica” e il sopraggiungere della “teoria dei valori soggettivi”, la concezione secondo la quale il liberalismo etico-politico di stampo crociano prevalga sul liberalismo economico (ossia il liberismo) è priva di senso, oltre ad essere anacronistica.

In uno stato liberale non esiste alcuna emergenza che possa giustificare la violazione della Costituzione e delle libertà individuali , neanche la pandemia del Covid-19, perché in uno stato di diritto per risolvere ogni problema si ricercano quelle soluzioni che direttamente o indirettamente si avvicinano all’obiettivo di ridurre il potere politico statuale che possa offuscare ogni orizzonte alle libertà individuali.

Quello che stiamo vivendo oggi è il prevalere del diritto pubblico sul diritto privato e quindi sulla libertà economica.

La mancanza di attenzione alla tutela della libertà economica deriva proprio da quella concezione secondo la quale può esistere il liberalismo prescindendo dalla libertà economica, ossia dal liberismo.

Infatti esiste un’analogia tra economia di mercato e diritto giurisprudenziale da una parte e tra economia pianificata e legislazione dall’altra parte.

Là dove esiste una libertà di mercato ed il diritto giurisprudenziale vige un sistema liberale compiuto.

In questa crisi sanitaria, oltre ad una grave violazione della Costituzione, abbiamo avuto la conferma di quanto sia pernicioso l’annoso problema che penalizza da sempre lo Stato italiano, ossia l’elefantiaco peso ostativo della burocrazia della pubblica amministrazione.

Se esiste un cambiamento positivo che possa nascere da questa pandemia è proprio quello di attuare una riforma radicale della cosa pubblica e quindi una sua sostanziale sburocratizzazione.

Iniziando dalla semplificazione della nostra legislazione, molto spesso farraginosa e contraddittoria che agevola la corruzione e la non trasparenza.

Il non rispetto dei dettami costituzionali nasce da una cultura illiberale di delegittimazione della facoltà di scelta individuale dei cittadini, che anche dal movimento dei cinque stelle, sono considerati incapaci di essere autonomi nello scegliere i propri interessi e quindi anche nella visione della così detta democrazia, impropriamente chiamata, diretta del movimento cinque stelle si cela un subdolo tentativo di pilotare la volontà dei cittadini tramite la piattaforma Rousseau, esautorando così l’organo costituzionale rappresentativo della sovranità popolare, quale è il Parlamento.

La mancanza di una cultura liberale e costituzionale porta l’attuale maggioranza parlamentare a confondere un istituto di diritto sostanziale come quello della Prescrizione e quindi garantito dalla Costituzione al secondo comma dell’art.25, con un istituto di diritto procedurale.

La legge del ministro della Giustizia Bonafede, non a caso esponente del movimento cinque stelle, rientra in questa visione incostituzionale e illiberale tipica di una cultura giustizialista e giacobina, che sono un retaggio di quella cultura socialista ed intervista e di quella cultura pseudo liberale perché razionalista che vede nella ragione l’infallibilità dell’azione umana, il così detto “razionalismo costruttivistico” continentale, che di liberale ha ben poco, antitetico al vero liberalismo, ossia quello anglosassone evoluzionista, che nel dubbio e non nella certezza della ragione, fonda le basi dell’evoluzione e del progresso dell’umanità.

Su queste basi e su questo strato culturale si è realizzata un’egemonia del diritto pubblico sul diritto privato, che ha trasformato il diritto da un insieme di norme di comportamento aventi carattere generale ed astratto, in un complesso farraginoso di direttive al cui fondamento non ci sono più la certezza del diritto e la prevedibilità dei comportamenti individuali, indispensabili per l’esistenza di un ordine, ma l’esclusiva esistenza di certi comportamenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi che una maggioranza politica ha ritenuto giusti e validi.

In questa situazione di crisi economica derivante dalla pandemia del Covid-19, che molto probabilmente diventerà una depressione economica, il dedalo incontrollato della nostra legislazione contraddittoria, da cui trae origine la dannosa burocrazia , ostacola e ostacolerà ulteriormente tutti i presenti e futuri finanziamenti erogati dalla Bce per aiutare la ripresa dell’economia italiana e le imprese italiane.

Il potere corrotto della burocrazia italiana ricava la sua legittimazione proprio dall’inflazione legislativa, un’inflazione generata da una tendenza decennale della nostra classe politica che utilizza la legislazione come strumento per plasmare il diritto facendogli assumere dei connotati diversi a seconda del mutare delle maggioranze parlamentari e degli accordi dei partiti politici e gruppi sociali che li esprimono.

Al punto che oramai il diritto e quindi la sua certezza, sono stati mortificati da un modus agendi del confronto politico che si è trasformato in una sorta di guerra giuridica, di tutti contro tutti, combattuta tramite il potere legislativo per realizzare fini particolari fondati molto spesso sulla logica del voto di scambio.

Quindi tutte queste forze politiche che azzerano gli istituti di diritto sostanziale, le libertà individuali ed i diritti costituzionali fondano la loro azione sull’idea della pianificazione legislativa, che porta con se anche la pianificazione economica, ossia su dei tentativi di eliminare il processo di formazione spontanea delle istituzioni sociali, come il mercato ed il diritto.

Da questa concezione nasce l’assistenzialismo e le sue declinazioni più abiette e pericolose come il “reddito di cittadinanza”, ossia dal concetto di rendere gli italiani non dei consapevoli cittadini, ma dei sudditi obbedienti e “sfamati” dallo Stato, il cui Governo, come in una Repubblica di Platone, sa scegliere il meglio per loro, su come devono vivere, spostarsi e consumare, anche al costo di violare la Costituzione italiana.

Al posto di regole di condotta generali ed astratte, garantite dalla Costituzione, che permettono la realizzazione dei fini individuali, secondo una concezione liberale della società, progressivamente si sta passando ad un sistema improntato su norme di comportamento e di disposizioni atte a conseguire i fini che gli attuali pianificatori e legislatori ritengono che debbano essere perseguiti.

Questi disposizioni statuali impongono dei comportamenti che prevalgono sulle libertà individuali e quindi sui diritti costituzionali, che non sono considerati degli intoccabili ed universali valori. ma solo delle concessioni statuali conformi alle finalità sociali della pianificazione economica e legislativa dell’attuale Governo.

Una società non può essere realmente liberale e quindi libera se le è impedito di produrre spontaneamente un ordine fondato sulla prevedibilità dei comportamenti e non sulla loro obbligatorietà, come vorrebbe la cultura interventista e costruttivistica del Governo.

In questa drammatica fase storica, l’Italia si trova ad un bivio, continuare ad essere vittima della sua estensione illimitata della legislazione, che genera mostri come l’inefficiente e corrotta burocrazia, compromettendo definitivamente un ordine politico liberale e quindi le sue libertà individuali e uccidendo definitivamente la certezza del diritto o riformare la cosa pubblica in funzione della tutela costituzionale della prevedibilità dei comportamenti e della libertà della loro spontanea espressione, basandosi sempre sulla permanenza nel tempo di regole giuridiche spontaneamente prodotte dall’azione individuale, la cui principale caratteristica è proprio la sua prevedibilità, che rende possibile la convivenza e la realizzazione dei piani individuali, eliminando così definitivamente quella pianificazione legislativa, intesa come insieme di norme dispositive che il legislatore-politico può mutare a suo piacimento e per interessi politici di parte.

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IL PREZZO DELLA LIBERTÀ È L’ETERNA VIGILANZA – LORENZO INFANTINO

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DI EMANUELE RACO DEL 2 MAGGIO 2020 (https://ilcaffeonline.it/2020/05/02/raco-lorenzo-infantino-liberta/)

Professore, quali rischi corrono oggi le libertà personali per effetto dell’incremento dell’invasività della presenza pubblica? I nemici della società aperta approfittano dell’emergenza?
Come i grandi maestri del liberalismo ci hanno insegnato, il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza. Non possiamo distrarci nemmeno per un momento. C’è un’esemplare e nota pagina, in cui David Hume ci esorta a preferire le regole agli uomini. Quando per una qualunque emergenza le regole vengono allentate o addirittura messe da parte, la nostra vigilanza deve aumentare. Non tutti comprendono i vantaggi di cui ci rende beneficiari la società aperta. Molti s’illudono che la semplificazione prodotta dalla centralizzazione delle decisioni possa essere la permanente soluzione di ogni problema. E si rendono in tal modo disponibili alla propaganda di facili demagoghi. Gli impresari della menzogna hanno più volte, nel corso della storia, portato all’imbarbarimento di popoli che pur sembravano percorrere le vie della civiltà. Uno sguardo rivolto al Novecento e alle sue tragedie dovrebbe essere sufficiente a ricordarcelo.

La situazione geopolitica, già in vistosa trasformazione negli ultimi anni, sta subendo delle alterazioni per effetto delle misure adottate dalle varie nazioni in risposta alla diffusione del virus. Sembra che, dall’America di Trump alla Cina di Xi Jinping, ci sia un denominatore comune costituito dal rafforzamento dell’identità collettiva a danno della libertà individuale di scelta.
Gli equilibri fra le nazioni non sono mai definitivi. Anche quando non ce ne accorgiamo, la situazione geopolitica è sempre in trasformazione, perché lo stato di quiete non fa parte della condizione umana. Vedremo come si metteranno le cose. Non collocherei però sullo stesso piano la posizione americana e quella della cinese. Gli Stati Uniti sono un Paese libero. Hanno oggi alla loro guida un uomo che può non piacerci. Ma egli non potrà sovvertire le regole del gioco. Potrà guadagnare un altro mandato presidenziale. Ma l’illusionismo, di cui a volte si serve, non potrà cambiare la storia e le istituzioni americane. Per analizzare il funzionamento della democrazia liberale, Alexis de Tocqueville è andato negli Stati Uniti. Non ha pensato minimamente alla Cina, il cui comunismo è nato sulla solida e lunga tradizione del “dispotismo orientale”. È perciò inquietante sentire talvolta dai commentatori nostrani, con tono molto mite e accondiscendente, che quella cinese è una democrazia diversa dalla nostra. Abbandoniamo ogni infingimento: il comunismo cinese è una versione dello Stato totalitario. Come mostra la sua storia e come mostrano anche le vicende di Hong Kong, è un Paese che non conosce la libertà individuale di scelta e che anzi la conculca sistematicamente, perché questo è il principio di base della stessa esistenza. Vedendo le cose dall’esterno e facendoci ingannare dalla propaganda politica, pensiamo forse che la sua crescita economica sia inarrestabile e che di fronte al Paese ci sia un florido e indisturbato futuro. Nessuno avrebbe pensato che l’impero sovietico sarebbe crollato da un momento all’altro. Ci sono stati economisti occidentali, penso a Paul Samuelson, i quali tranquillamente affermavano che l’economia comunista avrebbe presto superato quella capitalistica. Sappiamo come sono andate a finire le cose. Non diversamente da tutti i regimi che impediscono la libertà, quello cinese ha una sua interna e indubbia fragilità. Proprio lo sviluppo economico potrebbe condurre a insanabili conflitti interni e alla fine di quell’impero.

Venendo al nostro Paese appare macroscopica l’incapacità di coordinamento tra le diverse autorità sanitarie. Com’è possibile far convivere l’autonomia territoriale con le esigenze di coordinamento che si palesano in periodi come quello che attraversiamo?
Molte delle polemiche a cui assistiamo sono frutto di tatticismi politici. Qualcuno potrebbe dire che questo è il calice amaro a cui ci costringe la democrazia. Ma sarebbe una diagnosi frettolosa e piccina: perché non tiene conto che, in mancanza di istituzioni liberali, dovremmo coercitivamente e illimitatamente trangugiare veleno e l’oppio ideologico che spegne ogni capacità critica. L’esasperato tatticismo di oggi è ciò che nasce quando le classi dirigenti smarriscono il significato del compito a cui sono chiamate, o non sono consapevoli delle responsabilità che ricadono su di esse. L’autoreferenzialità di taluni attori politici può sfuggire solamente a chi non vuol capire. Al pari di tutta la vicenda umana, la politica è un dramma. E può facilmente trasformarsi in una tragedia. Scrivendo in una temperie più grave di quella di oggi, Max Weber lamentava che agli attori sociali mancasse la consapevolezza della tragicità di cui è intessuta ogni attività umana, soprattutto l’attività politica. Dovremmo riflettere su ciò.

C’è una grande domanda di una forza politica liberale e manca l’offerta. Cosa fare?
È un interrogativo a cui è non è facile rispondere. C’è indubbiamente un’offerta politica incapace di dare risposte alle richieste dei liberali. Il che è molto grave: perché significa non poter utilizzare l’unica bussola che consentirebbe al nostro Paese di potersi di misurarsi con le sfide che abbiamo davanti a noi. Le forze politiche in campo sono prevalentemente votate a una politica redistributiva, che conduce necessariamente alla dilapidazione delle risorse e alla caduta della produttività. Le vicende di questi giorni ci pongono in una situazione davvero difficile. Nella sua ultima intervista, Friedrich A. von Hayek, lo studioso che nel Novecento ha meglio incarnato l’idea liberale, ha richiamato indietro il suo intervistatore. E gli detto: per sconfiggere l’interventismo statale, i liberali devono essere degli “agitatori”, devono cioè impegnarsi senza risparmio di energie. Ha poi aggiunto: se l’economia globale dovesse bloccarsi, la popolazione di interi Paesi morirebbe di fame. L’ultima lezione di Hayek può gettare una penetrante luce anche sulle nostre attuali giornate e sulle scelte che saremo chiamati a compiere.

Quale libro consiglierebbe di leggere durante quel che rimane dell’isolamento?
Vorrei segnalare le belle pubblicazioni della “Biblioteca Austriaca”, la collana editoriale che ho fondato a metà degli anni Novanta presso l’Editore Rubbettino. Tanto per cominciare, suggerirei Liberalismo, un agile volume di Hayek, che può aiutare coloro che delle idee liberali sanno poco. E può anche confortare il sentimento politico di quanti, come noi, sanno che l’assenza di libertà equivale alla barbarie.

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