CASSAZIONE: NEGA LA CONDIZIONE DI NON TRASFUSIONE DI SANGUE PROVENIENTE DA VACCINATI CONTRO IL COVID-19

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La Corte di Cassazione ha chiarito che la richiesta di trasfusioni di sangue esclusivamente da donatori non vaccinati contro il Covid-19 “appare essenzialmente una scelta di coscienza religiosa […] che non può essere imposta al minore”. Con l’ordinanza n. 2549, depositata oggi, la Suprema Corte ha respinto il ricorso dei genitori di un bambino di due anni contro il decreto del giudice tutelare di Modena. Il provvedimento aveva nominato il direttore generale dell’ospedale come curatore del minore, affinché esprimesse il consenso alla trasfusione al posto dei genitori.

Il caso: genitori contrari a trasfusioni con sangue da vaccinati

I ricorrenti sono i genitori di un bambino nato nel gennaio 2020 con una grave malformazione cardiaca. Per il piccolo era stato programmato un intervento chirurgico a gennaio 2022, con elevata probabilità di necessità di trasfusioni di sangue.

I genitori avevano dato il consenso alla trasfusione solo a condizione che il sangue provenisse da donatori non vaccinati contro il Covid-19. Si erano anche attivati per raccogliere personalmente la disponibilità di donatori che rispondessero a questo requisito. La loro posizione era motivata da due ragioni:

• Il timore per la presunta pericolosità della proteina Spike contenuta nel vaccino.

• Motivi religiosi, legati all’uso di linee cellulari provenienti da feti abortiti nella produzione dei vaccini.

Il ruolo dell’ospedale e l’intervento del giudice

L’azienda ospedaliera aveva comunicato ai genitori che non era possibile garantire la provenienza del sangue da donatori non vaccinati, né aderire alla loro richiesta. Per questo motivo, ha presentato ricorso al Giudice tutelare di Modena, chiedendo l’autorizzazione urgente alla trasfusione.

Il Giudice tutelare, con decreto di febbraio 2022, ha nominato il direttore generale dell’ospedale curatore del minore, rilevando che il consenso condizionato equivale a un “non consenso”. Il provvedimento è stato poi confermato dal Tribunale per i minorenni, portando i genitori a ricorrere in Cassazione.

La decisione della Cassazione

La Prima Sezione Civile della Cassazione, dopo un approfondito esame normativo, ha confermato la decisione del giudice tutelare. La Corte ha sottolineato che:

• Esprimere il consenso a un trattamento sanitario imponendo una condizione irrealizzabile equivale a non esprimerlo.

• Le aziende sanitarie seguono protocolli standard per le donazioni di sangue, basati sulle raccomandazioni del Consiglio d’Europa.

Il nodo dell’obiezione di coscienza religiosa

La Cassazione ha affrontato anche il tema dell’obiezione di coscienza religiosa, motivata dalla possibile origine dei vaccini da linee cellulari di feti abortiti. A tal proposito, la Corte ha richiamato la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, che considera questa cooperazione al male “remota”, e ha ricordato che lo stesso Papa Francesco ha incoraggiato la vaccinazione.

Inoltre, i giudici hanno chiarito che il concetto di “identità religiosa del figlio” non è applicabile in questo caso, poiché il bambino è troppo piccolo per avere una propria fede definita. La sua identità religiosa potrebbe evolversi in futuro e non può essere vincolata dalle scelte dei genitori.

Pertanto, “non è accettabile che i genitori adottino decisioni per il minore in cui la loro fede religiosa sia assolutamente condizionante e prevalga in ogni caso sempre e comunque sugli altri interessi del minore”.

Il principio di cautela e la proteina Spike

Infine, la Corte ha respinto anche l’argomento legato alla presunta pericolosità della proteina Spike. La Cassazione ha evidenziato che:

• Non esiste alcuna evidenza scientifica a sostegno di questa tesi.

• Verificare lo stato vaccinale dei donatori non avrebbe garantito il bambino dalla trasmissione della proteina Spike. Anzi, paradossalmente, lo avrebbe potenzialmente esposto a un rischio maggiore.

Durante la pandemia, infatti, tra i “non vaccinati” vi erano sia persone che rifiutavano il vaccino per scelta, sia individui che avevano già contratto il Covid-19 e che, quindi, potevano essere portatori della proteina Spike.

Conclusioni

La Cassazione ha quindi confermato l’impossibilità per i genitori di imporre il rifiuto di sangue da donatori vaccinati per motivi religiosi o sanitari non scientificamente provati. La decisione riafferma il principio secondo cui l’interesse del minore alla salute prevale sulle convinzioni personali dei genitori.

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Foto

Corte di cassazione, ordinanza n. 2549 integrale:

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