
Mobbing sul lavoro: risarcimento danni per condotte discriminatorie e lesive della dignità personale
Introduzione
La tutela della dignità del lavoratore costituisce un principio cardine dell’ordinamento giuslavoristico italiano, fondato su valori costituzionali (artt. 2, 3, 32 e 41 Cost.) e consolidato da una copiosa giurisprudenza di merito e di legittimità. Comportamenti datoriali reiterati, lesivi e discriminatori – come l’emarginazione professionale e gli insulti, anche a sfondo razziale – possono configurare mobbing lavorativo o discriminazione e giustificano il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, anche in mancanza di un danno patrimoniale o biologico documentato.
Il reiterarsi di comportamenti offensivi nei confronti del lavoratore, configurabili come mobbing o emarginazione lavorativa, anche accompagnati da insulti a sfondo razziale, comporta il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno subito. In particolare, tali condotte determinano un pregiudizio alla dignità personale del dipendente, che legittima l’erogazione di un risarcimento equitativo, proporzionato alla gravità della condotta posta in essere.
Ai fini del riconoscimento del danno non patrimoniale, non è necessaria una specifica prova del pregiudizio subito, né la dimostrazione di danni ulteriori: è sufficiente la dimostrazione del carattere discriminatorio, emarginante o lesivo della condotta datoriale.
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