Quod erat demonstrandum, ogni qualvolta si legifera una riforma legislativa di elevata rilevanza giuridica, nelle more della formazione di una giurisprudenza dominante, si assiste a una variegata interpretazione della riforma in oggetto da parte dei giudici, con provvedimenti contrastanti tra i diversi Tribunali italiani.
Pertanto, ciò è quello che sta emergendo con l’entrata in vigore della riforma sul reato di abuso d’ufficio del governo Meloni.
Il tema della soppressione dell’abuso d’ufficio sta generando decisioni contrastanti nei tribunali italiani. Mentre il tribunale di Firenze ha sollevato questioni di legittimità costituzionale riguardo alla nuova normativa introdotta con la legge Nordio, il tribunale di Reggio Emilia, per la prima volta, ha respinto una richiesta simile da parte della procura.
L’ordinanza dei giudici emiliani ritiene inammissibile la questione di legittimità costituzionale, affermando che un intervento della Corte costituzionale non porterebbe a ripristinare automaticamente il reato di abuso d’ufficio, trattandosi di una scelta legislativa deliberata. Inoltre, il tribunale evidenzia che le esigenze di tutela costituzionale non devono necessariamente essere soddisfatte con sanzioni penali, potendo essere raggiunte con misure di diversa natura.
Un’altra questione sollevata è quella relativa alla presunta violazione della Convenzione ONU di Merida, che, contrariamente a quanto affermato dalla procura, non impone un obbligo di incriminare le condotte riconducibili all’abuso d’ufficio. La Convenzione richiede piuttosto che gli Stati considerino l’adozione di misure legislative in merito, ma lascia loro discrezionalità.
Inoltre, l’ordinanza si sofferma sul nuovo reato di peculato per distrazione, introdotto dal decreto legge n. 92 del 2024. Questo reato, che ricalca in parte il delitto di peculato comune, sembra colmare il vuoto lasciato dalla soppressione dell’abuso d’ufficio, mantenendo la rilevanza penale delle condotte distrattive di denaro o altri beni mobili destinati a scopi pubblici. Tuttavia, emerge un possibile profilo di illegittimità costituzionale, non rilevante nel procedimento, riguardo alla mancata inclusione dei beni immobili, contrariamente a quanto previsto dalla Direttiva Pif dell’Unione Europea.
Queste decisioni dimostrano come la soppressione dell’abuso d’ufficio stia creando incertezze giuridiche e una diversità di interpretazioni tra i tribunali italiani.
*****************************************
Dispositivo dell’art. 314 bis Codice Penale modificato
Note
Articolo introdotto dall’art. 9, comma 1 del D.L. 4 luglio 2024, n. 92, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 2024, n. 112.
<< Fuori dei casi previsti dall’articolo 314, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea e l’ingiusto vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto sono superiori ad euro 100.000. >>
*****************************************
Direttiva Protezione Interessi Finanziari (PIF)
La direttiva dell’Unione europea 2017/1371, nota come “direttiva PIF”, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale, obbliga gli Stati membri: a sanzionare penalmente le frodi lesive degli interessi finanziari dell’Unione europea identificate. La direttiva PIF il cui acronimo significa (Protezione Interessi Finanziari) approvata definitivamente il 5 luglio 2017 ha armonizzato il diritto penale degli Stati membri; in particolare ha di fatto obbligato gli Stati a modificare la disciplina dei reati tributari sulla responsabilità amministrativa delle società.
**************
(Per approfondimenti e consulenza)
STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
Viale Giulio Cesare, 59 – 00192 – Roma
tel. +39 0632110642 – Cell. +39 3469637341