L’IMPRESA IN LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE E L’ART. 2086 C. C.

Condividi:

L’articolo 2086 del Codice Civile italiano stabilisce che l’imprenditore, al fine di assicurare l’organizzazione dell’impresa, deve adottare assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati. Tuttavia, la questione dell’applicabilità di questa disciplina all’impresa in liquidazione è delicata e implica una serie di considerazioni.

Quando un’impresa entra in liquidazione, le sue operazioni quotidiane si concentrano sulla cessazione delle attività e sulla liquidazione dei beni, piuttosto che sull’espansione e sull’organizzazione per la crescita. Tuttavia, il curatore della liquidazione ha dei doveri specifici ai sensi dell’articolo 136 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCII), che prevedono la responsabilità di gestire la liquidazione in conformità con le norme e di mantenere una corretta gestione dell’impresa fino alla conclusione della liquidazione.

In questo contesto, anche se l’impresa è in liquidazione, il curatore deve comunque assicurarsi che le operazioni siano condotte con un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile, sebbene la natura e l’entità di questi assetti possano variare rispetto a quelli richiesti per un’impresa operativa. Il curatore deve garantire che la liquidazione avvenga in modo ordinato e conforme alle norme, rispettando gli obblighi di registrazione e di rendicontazione previsti dalla legge.

In sintesi, anche se il focus della liquidazione è diverso rispetto a quello della gestione ordinaria dell’impresa, i principi di adeguatezza degli assetti organizzativi rimangono rilevanti, con un’attenzione particolare alla gestione corretta e trasparente durante la fase di liquidazione.

La questione dell’applicabilità dell’articolo 2086 c.c. all’impresa in liquidazione giudiziale ai sensi dell’articolo 211 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCII) è complessa e merita un’analisi approfondita.

L’articolo 2086 c.c. impone all’imprenditore di dotarsi di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati. Questo obbligo mira a garantire una gestione efficiente e un’adeguata rilevazione delle performance aziendali. Quando un’impresa entra in liquidazione, la natura della gestione cambia significativamente, focalizzandosi sulla cessazione delle attività piuttosto che sulla crescita.

Indirizzo favorevole: Alcuni studiosi sostengono che anche durante la liquidazione, il principio di adeguatezza organizzativa ex art. 2086 c.c. rimanga applicabile. Questa posizione si basa sull’esigenza di monitorare l’andamento della liquidazione e di prevenire eventuali danni agli interessi dei creditori. L’applicazione dell’articolo 2086 c.c., in questo contesto, garantirebbe che la liquidazione avvenga in modo ordinato e conforme, assicurando che eventuali scostamenti dagli obiettivi programmati possano essere rilevati e corretti tempestivamente.

Altra prospettiva: Un’altra visione considera che l’articolo 2086 c.c. rappresenti un paradigma utile per l’adempimento dei doveri del curatore, che deve dotarsi di una struttura adeguata per una gestione efficiente della procedura di liquidazione, come stabilito dall’articolo 136 CCII. Questa impostazione ritiene che la disciplina di cui all’articolo 2086 c.c., pur non applicandosi direttamente come obbligo all’impresa in liquidazione, rappresenti comunque un riferimento utile per il curatore nel garantire un’adeguata gestione della procedura.

Implicazioni pratiche: La questione ha rilevanza pratica poiché influisce sulle modalità di gestione della liquidazione e sui presupposti per l’autorizzazione alla continuazione dell’attività imprenditoriale. L’articolo 211 CCII stabilisce che la liquidazione può essere autorizzata solo se non è pregiudizievole per i creditori e può prevedere la continuazione dell’attività imprenditoriale solo se opportuno. Le valutazioni del comitato dei creditori e del giudice delegato, in questo contesto, possono essere influenzate dalla sostenibilità economica degli assetti organizzativi.

In sintesi, mentre la disciplina di cui all’articolo 2086 c.c. può non essere direttamente applicabile come obbligo per l’impresa in liquidazione, essa rimane rilevante come riferimento per garantire che la gestione della liquidazione sia effettuata in modo ordinato e conforme agli interessi dei creditori. Il curatore, in base all’articolo 136 CCII, deve comunque adottare misure adeguate per garantire una conduzione efficace della procedura di liquidazione, e l’articolo 2086 c.c. può offrire utili linee guida in tal senso.

La questione dell’applicabilità dell’art. 2086, comma 2, c.c., all’impresa in liquidazione giudiziale è complessa e merita un’analisi dettagliata. Questo articolo impone agli imprenditori collettivi e societari di dotarsi di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Tale obbligo è finalizzato, tra l’altro, alla rilevazione tempestiva della crisi e alla gestione della continuità aziendale.

1. Applicabilità dell’art. 2086 c.c. all’impresa in liquidazione:
L’orientamento favorevole sostiene che la disciplina di cui all’art. 2086 c.c. si applica anche all’impresa in liquidazione. Questo approccio si basa sull’idea che l’adeguatezza organizzativa sia un principio generale e che anche in liquidazione sia necessario garantire una gestione che permetta di rilevare e intervenire tempestivamente in caso di problemi, come la perdita di continuità aziendale o l’insorgere di spese eccessive. Tale applicazione garantirebbe che il curatore possa gestire la liquidazione in modo ordinato e conforme agli interessi dei creditori.

2. Differenze tra imprenditore collettivo e individuale:
Nel Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCII), l’art. 3 distingue tra imprenditori collettivi e individuali. Gli imprenditori collettivi sono tenuti ad adottare assetti organizzativi adeguati ex art. 2086 c.c., mentre gli imprenditori individuali devono solo adottare “misure idonee” per far fronte alla crisi. Questa differenziazione riflette il fatto che le società e le altre forme collettive hanno strutture più complesse e richiedono una regolamentazione più dettagliata.

3. Rilevanza dimensionale e proporzionalità:
L’art. 2086 c.c. impone assetti organizzativi in relazione alla “natura” e alle “dimensioni” dell’impresa. Questo implica che anche le imprese di dimensioni minimali devono avere un assetto organizzativo adeguato, sebbene esso possa essere semplificato rispetto a quello richiesto per imprese di maggiori dimensioni. Le imprese collettive e societarie, anche se piccole, devono comunque rispettare i principi di adeguatezza organizzativa, sebbene in forma semplificata.

4. Ruolo del curatore:
Nel contesto della liquidazione giudiziale, l’art. 136 CCII impone al curatore di gestire l’impresa in modo da garantire un’efficace conduzione della procedura. Anche se l’impresa è in liquidazione, il curatore dovrebbe adottare assetti organizzativi che gli permettano di monitorare e controllare efficacemente la procedura, evitando che l’attività imprenditoriale diventi pregiudizievole per i creditori. Questa esigenza di monitoraggio e verifica è, pertanto, in linea con i principi dell’art. 2086 c.c., sebbene l’applicazione concreta possa variare in base alla situazione specifica dell’impresa in liquidazione.

5. Conformità alla natura e dimensioni dell’impresa:
L’interpretazione prevalente suggerisce che l’obbligo di adeguatezza si riferisca alla natura dell’attività e alle dimensioni dell’impresa. Per un’impresa in liquidazione, questo significa che il curatore deve adottare misure adeguate alla specifica situazione della liquidazione e alle dimensioni dell’impresa, senza che vi siano margini per esenzioni significative basate sulla fase della liquidazione o sulla finalità della procedura.

Conclusione:
In sintesi, l’art. 2086 c.c. potrebbe essere applicabile anche alle imprese in liquidazione, con l’obbligo per il curatore di adottare assetti organizzativi che siano adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Tuttavia, la specifica applicazione degli assetti organizzativi potrebbe essere più flessibile e semplificata rispetto a quella richiesta per le imprese operative, tenendo conto delle particolari esigenze e limitazioni della fase di liquidazione.

L’obbligo di dotarsi di assetti organizzativi adeguati ai sensi dell’art. 2086 c.c. assume una rilevanza significativa anche sotto il profilo della responsabilità del gestore dell’impresa. Questo obbligo, che nella disciplina ordinaria comporta diverse implicazioni legali, può essere trasposto nel contesto della liquidazione giudiziale e valutato alla luce della responsabilità del curatore.

1. Rilevanza della responsabilità del gestore e del curatore:

Nella disciplina ordinaria, l’inadempimento dell’obbligo di dotarsi di assetti organizzativi adeguati può comportare responsabilità patrimoniale per l’amministratore, con conseguenze che vanno dalla denuncia al tribunale alla revoca dell’organo amministrativo. Tuttavia, tali disposizioni non si applicano direttamente al curatore della liquidazione. Invece, è cruciale esaminare la responsabilità patrimoniale del curatore, la quale può includere anche la revoca dell’incarico ai sensi dell’art. 136, comma 3, CCII, se non adempie ai suoi doveri con la diligenza richiesta.

2. Orientamenti sull’obbligo ex art. 2086 c.c.:

Ci sono due principali orientamenti riguardo all’obbligo di dotarsi di assetti organizzativi.

  • Primo orientamento: Questo approccio considera l’obbligo di cui all’art. 2086 c.c. come un onere specifico e oggetto di sindacato da parte del giudice. Il giudice può valutare nel merito se gli assetti adottati siano idonei a soddisfare i requisiti normativi, indipendentemente dalle scelte gestionali dell’imprenditore.
  • Secondo orientamento: Questa visione applica la business judgment rule, limitando il sindacato giudiziario alle sole condotte manifestamente irragionevoli. In tal caso, l’imprenditore è ritenuto responsabile solo se dimostrato che l’assetto adottato era manifestamente inadeguato o se vi è stata una omissione grave.

3. Applicabilità al curatore:

Se si accetta l’applicabilità dell’art. 2086 c.c. anche all’impresa in liquidazione, il curatore è chiamato a rispettare gli stessi principi di adeguatezza organizzativa previsti per gli amministratori. L’art. 136 CCII richiede al curatore di gestire la liquidazione con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, che è equiparabile a quella prevista per gli amministratori delle società per azioni.

4. Responsabilità patrimoniale e verso terzi:

Il curatore può essere ritenuto responsabile non solo verso la società e i creditori per eventuali danni derivanti da un’adeguata gestione, ma anche verso terzi che subiscano danni ingiusti a causa di una cattiva gestione. La responsabilità del curatore può pertanto estendersi anche in caso di carente conformazione o di inadeguatezza operativa degli assetti organizzativi, considerando che la funzione di liquidazione deve essere gestita in modo tale da garantire il miglior soddisfacimento possibile dei creditori.

In sintesi, la responsabilità del curatore nella liquidazione giudiziale include l’obbligo di adottare assetti organizzativi adeguati e la valutazione di tale obbligo può essere influenzata dagli stessi principi applicabili agli amministratori, con specifiche considerazioni sulla diligenza e sulla responsabilità patrimoniale.

Il quesito sull’applicabilità del principio di adeguatezza organizzativa all’impresa in liquidazione giudiziale, come previsto dall’art. 2086 c.c., richiede un’analisi approfondita sul piano normativo e sistematico.

1. Ambito Soggettivo e Applicazione dell’art. 2086 c.c.:

L’art. 2086 c.c. si applica agli imprenditori, sia individuali che collettivi, e stabilisce l’obbligo di dotarsi di assetti organizzativi adeguati. Tuttavia, il curatore della liquidazione giudiziale non è formalmente considerato un imprenditore, ma un pubblico ufficiale che gestisce la procedura concorsuale. La sua posizione non è quella di successore o sostituto dell’imprenditore fallito, ma di gestore dell’impresa nell’ambito della liquidazione. Questo suggerisce che l’obbligo di adeguatezza organizzativa, come previsto dall’art. 2086 c.c., non si estende automaticamente al curatore.

2. Funzione e Rilevanza della Liquidazione Giudiziale:

La liquidazione giudiziale ha come obiettivo principale la massimizzazione del soddisfacimento dei creditori attraverso la vendita dei beni e la gestione efficiente della procedura, piuttosto che la continua operatività dell’impresa come in una situazione di normale gestione imprenditoriale. Il Codice della crisi prevede misure specifiche per garantire la soddisfazione dei creditori e non per la continuità operativa dell’impresa, il che rende meno rilevante l’adeguatezza organizzativa in senso stretto come previsto per l’impresa in bonis.

3. Differenze tra Gestione Ordinaria e Liquidazione:

Nella liquidazione giudiziale, la finalità di preservare e gestire l’impresa non è necessariamente finalizzata alla continuità aziendale, ma alla valorizzazione dell’azienda per ottenere il massimo ricavo per i creditori. Le limitazioni imposte alla gestione dell’impresa in liquidazione (come l’interdizione a partecipare a procedure di affidamento) dimostrano che la logica di gestione è diversa da quella dell’impresa ordinaria.

4. Obbligo di Diligenza e Adempimento del Curatore:

Nonostante l’inapplicabilità diretta dell’art. 2086 c.c., il curatore è comunque tenuto a operare con la diligenza richiesta dalla natura del suo incarico (art. 136 CCII). Questo implica che deve adottare le misure necessarie per una gestione efficace della liquidazione, rispondendo alle esigenze della procedura concorsuale e alle aspettative dei creditori, anche se non secondo i parametri specifici dell’art. 2086 c.c.

5. Conclusione e Responsabilità del Curatore:

Il curatore deve assicurare che la gestione della liquidazione sia conforme agli obiettivi della procedura e deve adottare una minima organizzazione adeguata per evitare danni ai creditori e ottimizzare i risultati della liquidazione. La responsabilità del curatore va valutata in base alla diligenza e alle misure adottate per soddisfare gli obiettivi della liquidazione, piuttosto che rispetto all’adeguatezza organizzativa richiesta per un’impresa in bonis.

In sintesi, mentre il principio di adeguatezza organizzativa non si applica direttamente all’impresa in liquidazione giudiziale, il curatore deve comunque rispettare criteri di diligenza e adeguatezza nella gestione della liquidazione, orientando le sue scelte verso la massimizzazione del soddisfacimento dei creditori.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte può, dunque, prospettarsi l’esonero del curatore, autorizzato ai sensi dell’art. 211 CCII alla prosecuzione dell’impresa del debitore, dall’obbligo di adottare adeguati assetti organizzativi ex art. 2086 c.c. nei termini in cui, sotto il profilo formale, non è riconducibile all’ambito soggettivo di applicazione della disciplina, che indica come destinatario l’imprenditore che esercita in forma collettiva e societaria. Tale esonero, a livello sistematico, trova riscontro nel quadro regolatorio che contraddistingue l’esercizio dell’impresa in liquidazione giudiziale, ove l’interesse al massimo soddisfo dei creditori risulta premiante rispetto a quello alla continuità della gestione e alla efficace presenza sul mercato tutelati dal principio di adeguatezza organizzativa. 
A fronte di tale esonero, è al contempo da ritenersi che, stante la componente organizzativa che connota il fenomeno imprenditoriale (art. 2082 c.c.) e l’azienda (art. 2555 c.c.), il curatore sia tenuto dal dovere di diligenza che ne presiede l’esercizio delle funzioni, ai sensi dell’art. 136 CCII, a programmare e condurre la propria gestione con modalità (misure, processi, sistemi) adeguate a creare le condizioni per l’efficace perseguimento degli obiettivi stabiliti in sede di autorizzazione ex art. 211 CCII. 

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *