CONDOMINIALE: LA CASSAZIONE STABILISCE CHE I COSTI DEL RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO CONDOMINIALE VANNO RIPARTITI IN BASE AI CONSUMI E NON AI MILLESIMI

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Il Tribunale di Rimini, con la sentenza n. 134 del 10 febbraio 2025, ha stabilito che una delibera assembleare che ripartisce i costi del riscaldamento centralizzato in base ai millesimi e non ai consumi effettivi deve essere annullata.

I fatti di causa

Un gruppo di condomini ha impugnato la delibera con cui erano stati approvati il rendiconto di gestione e il preventivo annuale per il riscaldamento e l’acqua calda sanitaria. Secondo gli attori, la ripartizione delle spese non rispettava il D.lgs. 102/2014, che recepisce la direttiva UE sull’efficienza energetica, poiché basata sui millesimi di proprietà anziché sui consumi effettivi registrati dai contabilizzatori di calore installati sui radiatori.

Dopo il fallimento del tentativo di mediazione obbligatoria, il giudice ha esaminato la causa sulla base della documentazione e di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU).

La decisione del Tribunale

Il Tribunale ha accolto l’impugnazione e annullato la delibera. Ha chiarito che l’errore non derivava da una volontà dell’assemblea di derogare ai criteri legali di ripartizione delle spese, ma da un metodo di calcolo errato, con effetti limitati alla singola annualità. Pertanto, la delibera è stata qualificata come annullabile e non nulla, in linea con la giurisprudenza della Cassazione (Sezioni Unite, sentenza n. 9839/2021).

L’importanza della consulenza tecnica

Il CTU ha confermato che il criterio adottato per la ripartizione non rispettava la normativa europea, in quanto:

• non distingueva le spese per riscaldamento da quelle per acqua calda sanitaria;

• non indicava le quote volontarie e involontarie dei consumi;

• non riportava date e letture dei contabilizzatori e dei ripartitori;

• non forniva alcun criterio alternativo ai millesimi di proprietà.

Il principio della Cassazione

Il Tribunale ha ribadito il principio espresso dalla Cassazione n. 28242/2019, secondo cui, nei condomini dotati di contabilizzazione del calore, le spese devono essere suddivise in base ai consumi effettivi e non ai millesimi.

Conclusioni

La sentenza conferma l’obbligo di ripartire le spese di riscaldamento secondo i consumi reali, nel rispetto della normativa vigente. La delibera assembleare che adotta criteri diversi può essere impugnata e annullata, con condanna del condominio alle spese legali.

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Cassazione Civile, sentenza n. 134 del 10 febbraio 2025 integrale, in formato PDF:

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IMMOBILIARE: LA CASSAZIONE CONFERMA CHE BASTA LA REGISTRAZIONE DEL CONTRATTO PER OTTENERE I BENEFICI FISCALI “PRIMA CASA”

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La Corte di Cassazione, con la ordinanza n. 3696 del 13 febbraio 2025, ha chiarito che, ai fini dell’ottenimento delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della “prima casa”, è sufficiente che l’atto di acquisto dell’immobile abbia una data certa, ottenuta tramite registrazione. Non è necessaria la trascrizione dell’atto nei registri immobiliari per mantenere tali benefici. 

Questo orientamento è in linea con precedenti pronunce della Corte, che hanno stabilito come, per evitare la decadenza dalle agevolazioni “prima casa” in caso di vendita dell’immobile e successivo riacquisto entro un anno, sia sufficiente la registrazione dell’atto di acquisto con data certa, senza l’obbligo di trascrizione nei registri immobiliari. 

La trascrizione nei registri immobiliari, prevista dall’art. 2657 c.c., ha la funzione di rendere l’atto opponibile ai terzi, ma non incide sulla validità dell’atto stesso tra le parti né sulla fruizione delle agevolazioni fiscali. Pertanto, per beneficiare delle agevolazioni “prima casa”, è sufficiente che l’atto di acquisto sia registrato e abbia data certa, senza necessità di trascrizione.

Questa interpretazione offre maggiore flessibilità ai contribuenti, consentendo loro di mantenere i benefici fiscali anche in assenza di trascrizione dell’atto nei registri immobiliari, purché l’atto sia registrato e dotato di data certa.

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Corte di Cassazione, con la ordinanza n. 3696 del 13 febbraio 2025 integrale, in versione PDF:

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SOCIETARIO: PER LA CASSAZIONE SUSSISTE CESSIONE D’AZIENDA PER L’ATTITUDINE ALL’ESERCIZIO DELL’IMPRESA DEI BENI CEDUTI

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Cassazione n. 3698: sussiste cessione d’azienda anche se il complesso ceduto ha un’attitudine all’esercizio dell’impresa

La Corte di Cassazione, con la ordinanza n. 3698 del 2025, ha ribadito un principio fondamentale in materia di cessione d’azienda, affermando che la cessione sussiste anche quando il complesso di beni trasferito ha un’attitudine potenziale all’esercizio dell’impresa, indipendentemente dal fatto che l’attività sia effettivamente in corso al momento del trasferimento.

Principi giuridici della sentenza

La Cassazione ha confermato che, per configurare una cessione d’azienda ai sensi dell’art. 2555 c.c., è sufficiente che il complesso di beni ceduto sia idoneo allo svolgimento di un’attività imprenditoriale, anche solo potenzialmente. Non è necessario che l’impresa sia operativa al momento della cessione, né che il cessionario la attivi immediatamente dopo l’acquisto.

Conseguenze fiscali e giuslavoristiche

Dal punto di vista fiscale, il trasferimento di un complesso aziendale ha implicazioni differenti rispetto alla cessione di singoli beni, in particolare per quanto riguarda l’applicazione dell’IVA e delle imposte dirette. Sul piano giuslavoristico, la cessione d’azienda determina l’applicazione dell’art. 2112 c.c., con la continuità dei rapporti di lavoro e il mantenimento dei diritti acquisiti dai lavoratori.

Precedenti giurisprudenziali e orientamenti dell’Agenzia delle Entrate

Questa interpretazione è in linea con precedenti decisioni della Cassazione e con l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, che nella risposta n. 149/2024 aveva chiarito che la cessione d’azienda deve riguardare un insieme organizzato di beni e rapporti giuridici, non singoli asset isolati.

Implicazioni pratiche

Questa sentenza è particolarmente rilevante per operazioni di riorganizzazione aziendale, concordati preventivi e operazioni straordinarie, poiché consente di qualificare come cessione d’azienda anche trasferimenti di beni non immediatamente operativi, purché idonei all’attività d’impresa.

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Cassazione Civile, ordinanza n. 3698 integrale, in versione PDF:

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