GIUSTIZIA DIGITALE E IA: PERICOLO DI SQUILIBRIO TRA EFFICIENZA GIUDIZIARIA E GARANZIE COSTITUZIONALI (ART. 24 COST.)

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Regolamento UE sull’IA (AI Act)

Introduzione: il processo di digitalizzazione dei sistemi giudiziari

La digitalizzazione della giustizia è ormai una realtà in continua evoluzione. Secondo un rapporto della Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia (CEPEJ), le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) rappresentano uno strumento strategico nei sistemi giudiziari moderni. Esse si applicano principalmente a tre ambiti fondamentali:

automazione delle attività ripetitive (elaborazione dei documenti, pianificazione delle udienze, gestione delle notifiche); riorganizzazione e gestione dei procedimenti, con strumenti di case management e monitoraggio delle prestazioni; capacità generative, che consentono di ottimizzare risorse e tempi.

La spinta verso la giustizia digitale è evidente non solo in Europa, ma anche a livello globale: basti pensare all’introduzione di Microsoft AI Copilot nei tribunali del Regno Unito e alle iniziative comunitarie come la Strategia Digitale dell’UE e il Next Generation EU, che promuovono la modernizzazione delle giurisdizioni nazionali. Anche l’Italia sta adottando piani ambiziosi per rinnovare l’infrastruttura digitale dei tribunali.

Tuttavia, accanto a questo entusiasmo emergono questioni cruciali legate alla tutela dei diritti fondamentali e alla compatibilità tra giustizia digitale e garanzie costituzionali.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale nella giustizia

A fianco delle TIC tradizionali, l’intelligenza artificiale (IA) sta entrando con forza nei sistemi giudiziari. Gli algoritmi e le tecnologie di AI generativa vengono già sperimentati in diversi contesti: dalla valutazione del rischio di recidiva, al calcolo degli indennizzi, fino al supporto all’attività giudiziale.

Caso ipotetico: uno scenario problematico

Si immagini che un comune cittadino venga licenziato ingiustamente e ricorre al giudice del lavoro. La decisione del tribunale riconosce un risarcimento, ma l’importo è stato determinato da un algoritmo integrato nella procedura giudiziaria.

Il suddetto cittadino intende impugnare la decisione, ma si trova di fronte a tre ostacoli principali:

– torbidità algoritmica: non ha accesso ai criteri e ai dati utilizzati dall’IA;

oneri di accertamento: dovrebbe incaricare esperti per analizzare il funzionamento dell’algoritmo;

autonomia giudiziaria condizionabile: i giudici sono incentivati ad affidarsi agli strumenti digitali per ridurre l’arretrato giudiziario.

Questo quadro mostra come l’uso di algoritmi opachi possa compromettere l’effettività del diritto di difesa e la possibilità di un ricorso effettivo, pilastri della tutela giurisdizionale sancita dall’art. 24 Cost. e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

La sfida della trasparenza algoritmica

Il nodo centrale è l’assenza di spiegabilità delle decisioni algoritmiche. Senza conoscere i criteri adottati, il cittadino non può contestare la correttezza né l’imparzialità del risultato. Questo fenomeno, noto come black box effect, mina la fiducia nel sistema giudiziario e pone interrogativi sulla stessa indipendenza del giudice, potenzialmente vincolato alle logiche di un sistema automatizzato.

Il Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale

Un elemento normativo decisivo è il Regolamento UE sull’IA (AI Act), che introduce un modello di governance basato sul rischio dei sistemi di intelligenza artificiale:

alto rischio: sistemi soggetti a rigorosi requisiti di trasparenza e controllo; medio-basso rischio: requisiti più limitati.

L’IA applicata al settore giudiziario si colloca in una categoria intermedia, generando dubbi interpretativi. Se il sistema utilizzato dal giudice non rientra tra quelli ad alto rischio, il cittadino potrebbe non avere diritto a una spiegazione ai sensi dell’art. 86 AI Act.

Ciò rischia di ampliare il divario tra esigenze di efficienza e diritti di difesa, incidendo sull’effettività delle garanzie giurisdizionali.

Opportunità e rischi della giustizia digitale

La giustizia digitale presenta indubbi vantaggi: riduzione dei tempi processuali, ottimizzazione delle risorse e accesso più rapido alle informazioni. Tuttavia, senza un adeguato quadro di garanzie, si rischia di sacrificare la centralità della persona e i principi fondamentali dello Stato di diritto.

Punti di forza

maggiore efficienza; riduzione dell’arretrato giudiziario; strumenti di supporto per giudici e avvocati.

Punti critici

rischio di bias e discriminazioni; opacità dei processi decisionali; limitazione della discrezionalità giudiziaria; difficoltà di impugnazione delle decisioni algoritmiche.

Conclusioni: verso una giustizia artificiale responsabile

La storia ipotetica succitata, pur essendo fittizia, rivela i dilemmi concreti che l’algoritmizzazione della giustizia porta con sé. L’uso dell’IA nei tribunali non può essere considerato solo un progresso tecnologico, ma va analizzato come un cambiamento strutturale del diritto processuale e delle garanzie fondamentali.

Per evitare derive distopiche, occorre assicurare:

trasparenza algoritmica, con accesso ai criteri decisionali; controllabilità tecnica, attraverso audit indipendenti; preservazione della discrezionalità giudiziaria, per evitare una giustizia automatizzata priva di umanità.

La giustizia digitale deve essere concepita come uno strumento al servizio dei diritti, non come un ostacolo alla loro tutela. Solo un approccio prudente, bilanciato e giuridicamente consapevole potrà garantire che l’intelligenza artificiale nella giustizia rappresenti davvero un’opportunità e non un pericolo.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
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