INCAPACITÀ NATURALE E ANNULLABILITÀ DELLA PROCURA A VENDERE E DEL CONSEGUENTE CONTRATTO DI COMPRAVENDITA

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Dall’Ordinanza della Corte di Cassazione|Sezione 2|2 dicembre 2022| n. 35466 emerge un argomento già affrontato presso lo studio legale Bonanni Saraceno inerente alla validità di atti giuridici di compravendita immobiliare sottoscritti da un soggetto in uno stato di incapacità naturale, sia permanente che transitorio.

Incapacità naturale

Il tema in oggetto riguarda l’annullamento di una procura a vendere, nonché del successivo contratto di compravendita, fondato sull’incapacità naturale del rappresentato al momento del conferimento della procura. Si tratta di una situazione delicata, in cui la valutazione dell’incapacità naturale richiede una particolare attenzione da parte del giudice civile.

Al centro della questione si trova la presunzione di incapacità “intermedia”, che scaturisce dalla dimostrazione dell’incapacità in due momenti distinti: uno precedente e uno successivo all’atto impugnato. Tuttavia, per riconoscere tale incapacità, è necessaria una prova rigorosa. Il giudice deve esaminare con attenzione le condizioni di incapacità sia al momento della stipula della procura sia negli altri periodi circostanti.

Un aspetto importante riguarda il fatto che non è sufficiente per il giudice civile basarsi su un eventuale giudicato penale, che abbia già dichiarato l’incapacità naturale del rappresentato. Infatti, secondo il principio di separazione e autonomia tra giudizi penale e civile, il giudice civile è chiamato a svolgere un accertamento autonomo, senza essere vincolato dalle conclusioni raggiunte in sede penale.

In altre parole, nonostante l’esistenza di una sentenza penale che riconosca l’incapacità naturale, il giudice civile deve esaminare nuovamente i fatti e la responsabilità con piena autonomia e capacità di cognizione, valutando tutte le circostanze del caso. L’approccio, quindi, è rigoroso e richiede prove solide e specifiche per confermare o smentire l’incapacità naturale al momento del conferimento della procura o durante i periodi immediatamente precedenti e successivi.

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SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

ha pronunciato la seguente: ORDINANZA

sul ricorso 4647-2018 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);

  • ricorrente – contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS);

  • ricorrente incidentale – e contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;

  • controricorrente –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS) S.R.L. e (OMISSIS);

  • intimati –

avverso la sentenza n. 2359/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 12/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/10/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 10.11.2011 (OMISSIS), con l’assistenza di un curatore speciale ex articolo 78 c.p.c., e (OMISSIS) evocavano in giudizio (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.r.l. dinanzi il Tribunale di Trapani, invocando in via principale l’accertamento della nullita’ delle procure a vendere conferite dalla (OMISSIS) al marito, (OMISSIS), e delle compravendite immobiliari da quest’ultimo poste in essere mediante utilizzazione di dette procure; in subordine, invocavano l’accertamento dell’incapacita’ naturale della (OMISSIS) ed il conseguente annullamento delle procure e degli atti di cui anzidetto; in ulteriore subordine, chiedevano accertarsi che gli atti di trasferimento in contestazione dissimulavano donazioni miste, in virtu’ del prezzo vile in essi indicato.

Si costituivano tutti i convenuti, resistendo alla domanda, ed interveniva volontariamente in giudizio (OMISSIS), invocando la rescissione delle compravendite oggetto di causa per lesione ultra dimidium, previo accertamento della validita’ delle procure oggetto della domanda principale.

Con sentenza n. 386/2016 il Tribunale, ravvisata l’incapacita’ della (OMISSIS), accoglieva la domanda di annullamento delle procure a vendere e degli atti di compravendita sottoscritti dal (OMISSIS), nel frattempo deceduto.

Interponevano separati appelli avverso detta decisione (OMISSIS), (OMISSIS), avente causa di (OMISSIS), Societa’ (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS). Si costituiva in seconde cure, per resistere ai gravami, riuniti, (OMISSIS), anche in qualita’ di erede di (OMISSIS). Rimaneva invece contumace (OMISSIS).

Con la sentenza impugnata, n. 2359/2017, la Corte di Appello di Palermo rigettava le impugnazioni, disponendo solo la correzione di un errore materiale riscontrato nella decisione di prime cure.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS), affidandosi a tre motivi.

Propone successivo ricorso, egualmente invocando la cassazione della sentenza di appello, (OMISSIS), affidandosi a sette motivi.

Resiste con separati controricorsi, sia al primo che al secondo ricorso, (OMISSIS).

Le altre parti intimate non hanno svolto attivita’ difensiva nel presente giudizio di legittimita’. In prossimita’ dell’adunanza camerale, tutte le parti costituite hanno depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente (OMISSIS) denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., articoli 90 e 92 disp. att. c.p.c., nullita’ e inutilizzabilita’ della C.T.U., perche’ la Corte di Appello

avrebbe dovuto rilevare che il collegio peritale, nominato in prime cure per l’accertamento dello stato di capacita’ della (OMISSIS), aveva fondato la propria valutazione sulla base di documenti non prodotti dalle parti nei termini all’uopo previsti dal rito. In particolare, i periti avrebbero considerato decisive le risultanze di un verbale di sommarie informazioni rese in sede penale da soggetto non indicato a teste nel processo civile e di una consulenza tecnica disposta dal P.M. nell’ambito del predetto diverso procedimento.

La censura e’ infondata.

La Corte di Appello afferma che i consulenti tecnici avevano risposto alle osservazioni critiche mossegli dalla difesa dell’odierno ricorrente “… rilevandone l’inadeguatezza a contrastare le conclusioni gia’ rassegnate giusta le emergenze documentali e le risultanze delle visite mediche effettuate in persona della (OMISSIS) dai Dott.ri (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nel periodo successivo al conferimento delle procure oggetto di causa” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata). Ha poi proseguito affermando che le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) in sede di sommarie informazioni, nel procedimento penale all’esito del quale il notaio rogante ((OMISSIS)) era stato assolto dall’imputazione del reato di cui all’articolo 479 c.p., e la relazione del Dott. (OMISSIS) resa in tale ambito processuale erano stati “… ritualmente acquisiti agli atti del giudizio” (cfr. ancora pag. 8). Ed infine, ha dato atto che lo stesso ricorrente (OMISSIS) aveva, nella sua comparsa conclusionale in primo grado, tratto argomenti difensivi proprio dalla sentenza della Corte di Appello di Palermo, sezione seconda penale, conclusiva del procedimento penale di cui anzidetto, a sua volta fondata proprio sui documenti di cui si discute (cfr. sempre pag. 8).

La censura in esame non supera tale articolata argomentazione, con particolare riferimento alla statuizione di “rituale acquisizione” dei documenti contestati contenuta nella sentenza della Corte di Appello, che non e’ oggetto di adeguata e specifica confutazione.

Con il secondo motivo, il ricorrente (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 428 e 2697 c.c., in relazione al riparto dell’onere della prova, perche’ la Corte distrettuale avrebbe erroneamente ravvisato la condizione di incapacita’ naturale della (OMISSIS) al momento del rilascio delle procure a vendere oggetto della domanda principale, sulla base di documentazione collocabile a distanza di nove mesi da detto momento. In tal modo, il giudice di merito avrebbe applicato un ragionamento presuntivo, senza considerare che la prova della condizione di incapacita’ deve essere fornita in modo rigoroso.

La censura e’ fondata.

La sentenza impugnata afferma, a pag. 10, che in presenza di prova dell’incapacita’ in due momenti distinti nel tempo, l’incapacita’ nel periodo intermedio si presume, con conseguente inversione dell’onere della prova in relazione agli atti compiuti in detto periodo. L’affermazione, pienamente condivisibile, e’ coerente con l’insegnamento di questa Corte, secondo cui “In tema di incapacita’ naturale conseguente ad infermita’ psichica (nella specie: demenza arteriosclerotica ingravescente), una volta accertata la totale incapacita’ di un soggetto in due determinati periodi prossimi nel tempo, per il periodo intermedio la sussistenza dell’incapacita’ e’ assistita da presunzione iuris tantum, sicche’ in concreto si verifica l’inversione dell’onere della prova, dovendo essere dimostrato dalla parte interessata che il soggetto abbia agito in una fase di lucido intervallo” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17130 del 09/08/2011, Rv. 618900; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4316 del 04/03/2016, Rv. 639411 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4539 del 28/03/2002, Rv. 553364).

Partendo da tale premessa, in se’ corretta, la Corte di Appello incorre tuttavia in un errore di diritto, ravvisando una condizione di generale demenza della (OMISSIS), con eventuali lucidi intervalli ritenuti non rilevanti sul giudizio di capacita’ naturale, senza curarsi di indicare la prova dell’incapacita’ nel momento anteriore al rilascio delle procure.

In tal modo, la Corte territoriale non ha tenuto conto del principio secondo cui “… La prova dei fatti posti a base della domanda di annullamento di un contratto per incapacita’ naturale, ai sensi dell’articolo 428 c.c., pur potendo essere fornita con ogni mezzo istruttorio, deve essere rigorosa e precisa” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3724 del 21/06/1985, Rv. 441299; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4677 del 26/02/2009, Rv. 607231). Per potersi invocare l’operativita’ della presunzione di incapacita’ nel periodo intermedio, dunque, occorre dimostrare, con ogni mezzo, ma con precisione e rigore, la sussistenza di una condizione di incapacita’ anteriore e successiva a detto periodo. A tal fine, “… puo’ essere utilizzato qualsiasi mezzo probatorio ed il rigoroso criterio della dimostrazione circa la rispondenza temporale dell’incapacita’ al compimento dell’atto trova opportuno temperamento nella possibilita’ di trarre utili elementi di giudizio anche dalle condizioni del soggetto anteriori e posteriori all’atto. Pertanto, specialmente nei casi di anormalita’ psichiche dipendenti da malattia, l’accertamento di questa, in un determinato periodo, della sua durata e della sua suscettibilita’ di regresso o di stabilita’ o di peggioramento, puo’ offrire chiare indicazioni sull’alterazione della sfera intellettiva e volitiva al momento dell’atto” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6506 del 04/11/1983, Rv. 431232). Tuttavia, “La decisione del giudice di merito, quando si basa solo su prove indirette, dev’essere sorretta, perche’ possa considerarsi soddisfatta l’esigenza di motivazione della sentenza, da un apparato argomentativo logicamente congruo che colleghi, da un lato, la premessa, costituita dall’indizio o dagli indizi, alla conclusione nella quale si sostanzia l’accertamento del fatto o dei fatti costitutivi della fattispecie (c. d. fatti principali) e che dia conto, dall’altro, della valenza sintomatologica degli indizi stessi, in modo da permettere la verifica della congruita’ logica dei motivi che hanno sostenuto le sue scelte nella valutazione delle contrapposte piste probatorie di cui disponeva” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2865 del 11/03/1995, Rv. 491102).

Nel caso di specie, la Corte di Appello ha tralasciato di condurre l’accertamento della capacita’ nel rispetto dei criteri suindicati, ponendo a base del proprio ragionamento il fatto che il giudice penale avesse ritenuto “… indiscusso che la (OMISSIS) soffrisse di demenza…” (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata). Tale affermazione, tuttavia, avrebbe dovuto essere accompagnata dalla precisa indicazione dell’elemento di prova idoneo a dimostrare la condizione di incapacita’ in un momento anteriore a quello di rilascio delle procure a vendere oggetto della domanda, anche in considerazione della natura autonoma dell’accertamento sulla capacita’ da compiere in sede civile, rispetto a quello svolto in sede penale. In concreto, infatti, le procure a vendere erano state rilasciate tra il 10.1.2011 e l’8.4.2011 (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata) e gli elementi di fatto allegati dall’attore ai fini della prova dell’incapacita’, o comunque valutati dal collegio peritale nell’ambito del giudizio sulla capacita’ naturale della (OMISSIS) si collocano tutti in epoca successiva a tale periodo (certificato Dott. (OMISSIS) del 21.9.2011; certificato Dott. (OMISSIS) del 22.10.2011; perizia (OMISSIS) del 15.9.2011; ordinanze GIP del 13.9.2011 e 20.1.2012: cfr. pag. 20 del ricorso (OMISSIS); nonche’ S.I.T. del Dott. (OMISSIS), che aveva in quella sede indicato il 4.6.2011 come data della sua prima visita alla (OMISSIS): cfr. pag. 25 del ricorso). In assenza della prova di un momento di incapacita’ anteriore al rilascio delle procure di cui anzidetto, dunque, appare scorretto il ricorso alla presunzione di incapacita’ intermedia, operato dalla Corte di Appello nella sentenza impugnata.

Ne’ rileva, a contrario, il fatto che la (OMISSIS) sia stata dichiarata interdetta in data successiva al suo ricovero in casa di cura (verificatosi, come da certificato del Dott. (OMISSIS), al 22.10.2011: cfr. pag. 28 del ricorso) poiche’ sul punto va ribadito che “L’incapacita’ legale derivante dalla sentenza di interdizione decorre soltanto dal giorno della sua pubblicazione (articolo 421 c.c.), con la conseguenza dell’operativita’, fino a tale momento, della generale presunzione di normale capacita’ dell’interdicendo e dell’irretroattivita’ degli effetti della suddetta decisione” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7477 del 31/03/2011, Rv. 619260; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5248 del 30/07/1983, Rv. 430131).

In definitiva, manca la prova rigorosa dell’esistenza di un momento, anteriore al rilascio delle procure, in cui la (OMISSIS) non era capace di intendere e volere; prova rigorosa che non puo’ essere sostituita dal richiamo all’accertamento sulla capacita’ svolto dal giudice penale, proprio alla luce della diversa natura delle due valutazioni, da compiere in sede civile e in sede penale, evidenziata dalla stessa sentenza impugnata, la quale a pag. 8 afferma, condivisibilmente, che “… in applicazione del principio di autonomia e separazione dei giudizi penale e civile, il giudice civile deve procedere ad un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilita’ con pienezza di cognizione, non essendo vincolato alle soluzioni e qualificazioni del giudice penale, pur potendo legittimamente utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in cosa giudicata e fondare la decisione su elementi e circostanze gia’ acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, procedendo, a tal fine, a diretto esame del contenuto del materiale probatorio, ovvero ricavando tali elementi e circostanze dalla sentenza, o se necessario dagli atti del relativo processo, in modo da accertare esattamente i fatti materiali sottoponendoli al proprio vaglio critico”.

Con il terzo motivo, il ricorrente (OMISSIS) lamenta il difetto di motivazione e l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perche’ la Corte di merito non avrebbe tenuto conto delle osservazioni critiche mosse alla C.T.U., rispetto alle quali il collegio peritale aveva sostanzialmente omesso di rispondere, limitandosi a confermare la validita’ delle proprie conclusioni.

La censura e’ assorbita dall’accoglimento del secondo motivo, poiche’ il giudice di merito dovra’ procedere ad un nuovo accertamento della sussistenza della condizione di capacita’, o incapacita’, della (OMISSIS) al momento del rilascio delle procure a vendere oggetto della domanda spiegata in primo grado, tenendo conto, da un lato, del principio secondo cui la capacita’, o incapacita’, va accertata in modo preciso e rigoroso, sia pure con ricorso a qualsiasi elemento di prova, e, dall’altro lato, dell’ulteriore criterio secondo cui, per potersi configurare la presunzione di incapacita’ nel periodo intermedio, occorre che sia dimostrata, con il necessario rigore, la condizione di incapacita’ in due momenti, uno anteriore ed uno successivo rispetto a detto periodo, non potendosi ricavare, dalla sola dimostrazione dell’incapacita’ in un determinato momento, la prova presuntiva dell’incapacita’ anteriore.

Passando all’esame del ricorso (OMISSIS), con il primo motivo quest’ultima denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 1372 e 1478 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato l’inefficacia dell’atto con il quale la stessa (OMISSIS) aveva acquistato dalla (OMISSIS), senza fornire alcuna motivazione sul punto.

Con il secondo motivo, la ricorrente (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte di merito avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di difetto di legittimazione attiva del (OMISSIS), in relazione alla domanda di inefficacia del negozio intercorso tra la (OMISSIS) (diretta avente causa della (OMISSIS)) e la (OMISSIS).

Con il terzo motivo, quest’ultima si duole invece della violazione o falsa applicazione degli articoli 356 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte siciliana avrebbe escluso la sua buona fede, in assenza di riproposizione, da parte dell’appellato (OMISSIS), della relativa domanda, decidendo peraltro sulla base di elementi non ritualmente acquisiti agli atti del giudizio e comunque superati da altre pronunce giudiziali.

Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono infondate.

La Corte di Appello ha fatto derivare l’inefficacia del negozio successivo, con il quale la (OMISSIS) aveva rivenduto alla (OMISSIS) l’immobile acquistato dalla (OMISSIS) con utilizzazione di una delle procure oggetto della domanda di nullita’ e annullamento svolta in prime cure, dalla ravvisata impossibilita’ di configurare la buona fede del terzo subacquirente. Quest’ultima e’ stata esclusa alla luce delle caratteristiche del negozio, effettuato a brevissima distanza dal primo acquisto, per un prezzo incongruo, nonche’ in vista del fatto che la (OMISSIS) neppure si era curata di spiegare domanda di garanzia nei confronti della sua diretta dante causa (cfr. pag. 14 della sentenza). I richiamati argomenti sono idonei ad esprimere una motivazione sufficiente a soddisfare il cd. minimo costituzionale, con conseguente infondatezza della prima delle tre censure in esame.

La seconda doglianza, da parte sua, non e’ fondata in quanto, in presenza di due o piu’ atti di vendita successivi l’uno all’altro, una volta esclusa la buona fede del terzo subacquirente, l’inefficacia del contratto concluso tra quest’ultimo e l’originario acquirente costituisce una conseguenza diretta dell’accoglimento della domanda di nullita’, o annullamento, della prima compravendita. In proposito, va data continuita’ al principio secondo cui “L’articolo 1445 c.c., escludendo gli effetti dell’annullamento nei confronti dei terzi di buona fede che abbiano acquistato a titolo oneroso, sancisce implicitamente l’efficacia dell’annullamento nei confronti degli acquirenti rispetto ai quali non ricorra tale requisito soggettivo. Il giudizio sulla sussistenza o meno della buona fede importa un apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimita’ ove sorretto da esauriente motivazione e ispirato a esatti criteri giuridici” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22585 del 10/09/2019, Rv. 655221; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 318 del 26/02/1965, Rv. 310534; sulla natura di giudizio di fatto dell’apprezzamento sulla sussistenza, o meno, della buona fede, cfr. anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1098 del 17/04/1970, Rv. 346654 e Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1570 del 24/06/1967, Rv. 328348).

La terza censura, invece, e’ infondata in quanto e’ stata la stessa (OMISSIS), mediante la proposizione di appello avverso la decisione di prime cure, a devolvere al giudice di seconda istanza anche la questione inerente l’efficacia del contratto di compravendita intercorsa tra lei e la sua avente causa (OMISSIS). La statuizione della Corte di Appello, dunque, rientra nei limiti del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, anche in assenza di proposizione di appello incidentale da parte del (OMISSIS) sullo specifico punto.

Con il quarto motivo, la ricorrente (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 132 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ il giudice di seconda istanza avrebbe, con percorso motivazionale illogico e contraddittorio, invertito l’onere della prova dell’incapacita’ della (OMISSIS), presumendone la sussistenza, alla data del rilascio delle procure a vendere oggetto del giudizio, sulla scorta di documentazione successiva.

La censura e’ fondata, per le medesime considerazioni gia’ esposte in relazione alla seconda doglianza del ricorso (OMISSIS).

Con il quinto motivo, la ricorrente (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte di merito avrebbe omesso di pronunciarsi sulle eccezioni mosse alla C.T.U., con specifico riferimento all’acquisizione di documentazione al di fuori dei termini processuali all’uopo previsto, finendo in tal modo per decidere in base a prove non ritualmente acquisite agli atti del giudizio.

La censura e’ infondata, per le medesime ragioni di cui al primo motivo del ricorso (OMISSIS).

Con il sesto motivo, la ricorrente (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte isolana avrebbe ritenuto inammissibili le prove che la predetta aveva articolato, sulla base di percorso motivazionale illogico, contraddittorio e carente.

La censura e’ inammissibile per difetto del necessario grado di specificita’, poiche’ la ricorrente non riporta il contenuto delle richieste di prova che erano state formulate in prime cure e ritenute inammissibili dal Tribunale, e dunque non consente al collegio la verifica della decisivita’ del vizio lamentato. In argomento, va ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, e’ necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8569 del 09/04/2013, Rv. 625839; conf. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015 Rv. 636120; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 18679 del 27/07/2017, Rv. 645334; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4980 del 04/03/2014, Rv. 630291).

Con il settimo motivo, la ricorrente (OMISSIS) lamenta infine la violazione e falsa applicazione dell’articolo 476 c.c. e articolo 100 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ il giudice di appello avrebbe dovuto ravvisare la carenza di interesse del (OMISSIS). Secondo la ricorrente, in particolare, la rinuncia all’eredita’ di (OMISSIS) sarebbe nulla, in quanto intervenuta dopo la ricezione dell’atto con il quale il giudizio era stato riassunto dopo la morte del genitore dell’odierno controricorrente; ricezione che, secondo la prospettazione della ricorrente (OMISSIS), implicherebbe accettazione tacita dell’eredita’ del defunto.

La censura e’ infondata.

La ricezione di un atto notificato al (OMISSIS), nella sua qualita’ di chiamato all’eredita’ del padre (OMISSIS), non implica accettazione dell’eredita’ stessa. Va infatti considerato che l’accettazione tacita e’ configurabile soltanto qualora l’erede esperisca una domanda che sarebbe spettata al suo dante causa, o compia un atto che implica necessariamente l’esercizio di un diritto gia’ di pertinenza di quest’ultimo, ma non puo’ essere utilmente configurata dal semplice fatto che egli non rifiuti la notificazione di un atto di riassunzione del giudizio, conseguente al decesso del proprio genitore, poiche’ tale comportamento non integra una condotta dispositiva di un diritto, o di una facolta’, gia’ spettante al de cuius. Infatti “Ai fini dell’accettazione tacita dell’eredita’, sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attese la loro natura e finalita’, non sono idonei ad esprimere in modo certo l’intenzione univoca di assunzione della qualita’ di erede” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 4843 del 19/02/2019, Rv. 652582).

In definitiva, vanno accolti il secondo motivo del ricorso (OMISSIS) ed il quarto motivo del ricorso (OMISSIS); va dichiarato assorbito il terzo motivo del ricorso (OMISSIS); va dichiarato inammissibile il sesto motivo del ricorso (OMISSIS); vanno infine rigettati tutti gli altri motivi di ambedue i ricorsi.

La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, in relazione alle censure accolte, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Palermo, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

la Corte accoglie il secondo motivo del ricorso (OMISSIS) ed il quarto motivo del ricorso (OMISSIS); dichiara assorbito il terzo motivo del ricorso (OMISSIS); dichiara inammissibile il sesto motivo del ricorso (OMISSIS); rigetta i restanti motivi di ambedue i ricorsi. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Palermo, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.

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(Per approfondimenti e consulenza)

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
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