Il Guardasigilli Nordio preannuncia le riforme della Giustizia che intende realizzare, spiegandone le ragioni.
LINK VIDEO INTERVISTA:
https://youtu.be/TLGAmVh9j-s?si=hZiFuDJunYyxWTQb

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Corte Costituzionale, Sentenze n. 128 e n. 129
Le sentenze n. 128 e n. 129 della Corte Costituzionale, depositate il 16 luglio 2024, rappresentano un’importante evoluzione nella disciplina dei licenziamenti in Italia, consolidando e ampliando le tutele per i lavoratori in determinate circostanze. Ecco una sintesi dei punti salienti:
Queste decisioni hanno un impatto significativo sul diritto del lavoro, rafforzando le tutele per i lavoratori ma allo stesso tempo lasciando spazio alla discrezionalità del legislatore. La Corte ha quindi cercato di bilanciare la protezione dei diritti dei lavoratori con l’esigenza di mantenere una certa flessibilità nel mercato del lavoro.

Cassazione, Sentenza n. 31665/2024
Per la Cassazione non sussiste la responsabilità amministrativa dell’ente, che opera in un contesto di generale corretto adempimento degli obblighi antinfortunistici per il singolo comportamento colposo e imprevedibile del manager – dotato di specifiche deleghe in materia di sicurezza di lavoratori all’estero – che determini l’nfortunio di dipendenti. In una tale evenienza non emerge infatti un apprezzabile vantaggio patrimoniale, ossia uno strutturale risparmio di spesa per la prassi di non adeguare alla materia antinfortunstica la vita aziendale. Non scatta quindi la responsabiltà amministrativa dell’ente per il reato commesso dal suo dipendente che di fatto ha generato solo un occasionale ed esiguo vantaggio patrimoniale. Come nel caso concreto dove per attivare velocemente un attività industriale si è scelto di fare un trasferimento di lavoratori adottando una via più veloce ma insicura.
Tra l’altro non rilevano neanche le normali posizioni di garanzia se, come nella vicenda risolta, l’operation manager che si occupa, in zone a rischio, di stabilimenti della società e che provvede agli spostamenti dei lavoratori, omette di osservare le cautele indicategli dagli stessi vertici della società. Ciò ha portato a escludere la responsabilità dei vertici del Cda per l’infortunio dovuto all’imprevedibile mancata diiligenza del manager delegato alla sicurezza.
Con la sentenza n. 31665/2024 la Cassazione penale ha respinto il ricorso del procuratore contro l’assoluzione del presidente di una società e contro l’esclusione della responsabiltà ammnistrativa della stessa per il rapimento di propri dipendenti di cui alcuni deceduti, avvenuto all’estero anche causa della mancata prevenzione del rischio legato alla presenza di bande armate sul territorio del Paese straniero.
Di fatto il rischio di rapimenti di lavoratori stranieri era noto e la prescrizione di sicurezza era quella di non affrontare viaggi via terra, ma via mare. Prescrizione “dettata” tanto dalle autorità nazionali italiane alla società quanto dalla stessa società al proprio operation manager che si occupava del trasferimento finito in tragedia per i dipendenti a lui affidati.
La prova delle indicazioni fornite al manager escludeva un atteggiamento lassista e illecito all’interno della società finalizzato a ottenere consistenti risparmi di spesa da una mancata attivazione di tutti gli strumenti per la sicurezza dei lavoratori. Tale prova del ruolo attivo dei componenti del Cda ha sciolto il nesso tra la posizione di garanzia e l’evento occorso ai dipendenti. E ha anche permesso di superare la contestazione che di fatto lo specifico rischio – per il lavorare che opera in scenari insicuri – non fosse riportato nel documento di valutazione dei rischi della società.
Cassazione, Sentenza n. 18676/2024

Il caso in questione riguarda una sentenza della Corte di Cassazione italiana, la n. 18676 del 9 luglio 2024, che ha confermato l’obbligo del Comune di risarcire i danni subiti dai residenti a causa del rumore eccessivo prodotto dagli eventi culturali notturni organizzati nella piazza del paese durante l’estate. Due proprietari di immobili situati nella piazza hanno lamentato che i rumori provenienti dagli eventi superavano la normale tollerabilità, impedendo loro di usare la casa in modo confortevole.
La Corte di Appello aveva già condannato il Comune al risarcimento dei danni, triplicando la somma iniziale riconosciuta dal tribunale di primo grado, in quanto aveva ritenuto che il diritto dei privati alla quiete domestica non potesse essere sacrificato in nome dell’interesse pubblico agli spettacoli, oltre i limiti della normale tollerabilità del rumore.
La Cassazione ha rigettato il ricorso del Comune, che contestava la valutazione delle immissioni sonore e la quantificazione del danno. Gli Ermellini hanno ribadito che i limiti imposti dai regolamenti comunali sono solo indicativi e che le immissioni possono essere considerate intollerabili se superano la normale tollerabilità in una situazione concreta. Hanno inoltre sottolineato che anche il Comune, in quanto ente pubblico, è tenuto a rispettare il principio del neminem laedere, ossia a non causare danni ingiustificabili ai privati.
In sostanza, la sentenza afferma che il diritto dei cittadini alla quiete domestica prevale sull’interesse pubblico agli eventi culturali, se questi superano i limiti della tollerabilità del rumore. Il Comune è quindi obbligato sia a risarcire i danni subiti dai residenti, sia a ridurre le immissioni rumorose a una soglia accettabile.
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SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere Rel.
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10834/2021 R.G. proposto da:
COMUNE ALBISSOLA MARINA, elettivamente domiciliato in ROMA (…), presso lo studio dell’avvocato SA.TE.
(c.f. Omissis; pec: …), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE.IS. (c.f. Omissis; pec: …)

Sentenza n. 21630/2024
La sentenza della Corte di Cassazione n. 21630 del 2024 ha stabilito che la notifica degli atti tributari deve essere effettuata presso il domicilio fiscale del contribuente, a meno che non sia possibile la notifica a mani proprie. In particolare, la Corte ha chiarito che la notifica deve avvenire presso il domicilio fiscale del contribuente così come risultante all’ultimo aggiornamento dell’anagrafe tributaria, e che eventuali errori o cambi di domicilio non comunicati non possono essere opposti all’amministrazione finanziaria.
Questa pronuncia sottolinea l’importanza della correttezza e della tempestività nelle comunicazioni da parte dei contribuenti riguardo il proprio domicilio fiscale. Se la notifica non viene effettuata a mani proprie, quindi direttamente al contribuente, essa deve avvenire presso il domicilio fiscale registrato. La mancata notifica presso il domicilio fiscale corretto potrebbe invalidare l’atto tributario, a meno che il contribuente non abbia omesso di aggiornare l’anagrafe tributaria con il suo nuovo indirizzo.
In sintesi, questa sentenza rafforza la posizione dell’amministrazione tributaria nella corretta notifica degli atti e pone un onere significativo sui contribuenti affinché mantengano aggiornate le loro informazioni presso l’anagrafe tributaria.
SENTENZA
Numero registro generale 26216/2018 Numero sezionale 2118/2024 Numero di raccolta generale 21630/2024 Data pubblicazione 01/08/2024
Oggetto: TRIBUTI –
CARTELLA DI
P A G A M E N OT –
NOTIFICAZIONE – QUESTIONI.
Ud.10/04/2024 C
ERNESTINO LUIGI
B R U S C H E T T A
ENRICO MANZON GIOVANNI LA ROCCA LUNELLA CARADONNA GIACOMO MARIA NONNO
ha pronunciato la seguente
Presidente
Consigliere Consigliere
Consigliere Consigliere-Rel.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26216/2018 R.G. proposto da:
elettivamente domiciliato
in ROMA, presso lo studio dell’avvocato
rappresentato e difeso dall’avvocato
-ricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliata ni ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587), che al rappresenta e difende
-resistente-
avverso SENTENZA di COMM. TRIB.REG. DEL LAZIO n. 593/16/18 depositata il 05/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal Consigliere GIACOMO MARIA NONNO.
FATTI DI CAUSA
Cassazione, Sentenza n. 21546/2024

La sentenza della Corte di Cassazione n. 21546/2024 tratta un importante principio in materia di responsabilità del contribuente per la violazione delle norme tributarie. Secondo quanto stabilito dalla Corte, la responsabilità del contribuente per tali violazioni non richiede che l’amministrazione finanziaria dimostri concretamente l’esistenza del dolo o della colpa.
In sostanza, ciò significa che il contribuente può essere ritenuto responsabile per le violazioni tributarie anche in assenza di una prova specifica che dimostri l’intenzionalità (dolo) o la negligenza (colpa) del suo comportamento. Questo principio si basa sull’idea che la normativa tributaria impone al contribuente determinati obblighi, e la loro inosservanza può determinare automaticamente la responsabilità, indipendentemente dalla presenza di dolo o colpa.
Questa interpretazione può avere rilevanti conseguenze in termini di accertamenti fiscali e di sanzioni, rendendo più agevole per l’amministrazione finanziaria l’applicazione di sanzioni in caso di violazioni, anche in situazioni dove non sia dimostrabile un comportamento intenzionale o negligente da parte del contribuente.
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SENTENZA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto:
IRPEF ACCERTAMENTO
SINTETICO REDDITOMETRO C 8maggio 2024
LUCIO NAPOLITANO ROBERTA CRUCITTI MARIA LUISA DE ROSA GIAN PAOLO MACAGNO DANILO CHIECA
Presidente
Consigliere Consigliere
Consigliere Consigliere-Relatore
ha pronunciato la seguente ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7625/2015 R.G. proposto da elettivamente domiciliato in Roma
presso lo studio dell’avv. rappresentato e difeso dall’avv.
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 presso gli uffici
dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA n. 4080/2014 depositata li 23 luglio 2014
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’8 maggio 2024 dal Consigliere Danilo CHIECA
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale II di Milano dell’Agenzia delle Entrate notificava a d u e distinti avvisi di accertamento
-ricorrente-
Firmato Da: LUCIO NAPOLITANO Emesso Da: ARUBAPEC EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 2ff4e9c41900364f5fb0fa1174edc712
Firmato Da: LUCA DIONIGI CARISTO Emesso Da: ARUBAPE C. EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 25702481a 6951e2e64122ab8c05642c
Numero registro generale 7625/2015
mediante iquali determinava con metodo sintetico, aluensi del gheraet 215462/024 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, in base aglidandiGilicatione 31/07/2024
capacità di spesa previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e
del 19 novembre 1992 (cd. ‹vecchio redditometro>), li reddito complessivo netto del contribuente da sottoporre a tassazione ai
fini dell’IRPE relativamente agli anni 2007 e 2008.
Il contestava le pretese erariali proponendo separate
impugnazioni avverso i singoli atti impositivi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale, riuniti i procedimenti, accoglieva parzialmente i ricorsi, rideterminando li reddito complessivo netto da sottoporre a tassazione in 75.000 euro per ciascuno dei due anni d’imposta oggetto di accertamento.
La decisione veniva appellata da ambo le parti davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale, con
sentenza n. 4080/2014 del 23 luglio 2014, accoglieva l’appello principale dell’Amministrazione Finanziaria e respingeva quello
incidentale della parte privata; per l’effetto, ni riforma della pronuncia di prime cure, rigettava gli originari ricorsi del contribuente.
Rilevava li collegio di secondo grado, per quanto qui ancora interessa: – che l’atto di appello era stato validamente sottoscritto
dal capo del team legale dell’ufficio finanziario in virtù di delega
conferitagli dal direttore provinciale dell’Agenzia delle Entrate; – che li contribuente non aveva «affatto dimostrato che le spese di
gestione dei vari beni posseduti»-fra i quali anche una barca a vela- e gli incrementi patrimoniali ottenuti (fossero stati finanziati da disinvestimenti patrimoniali o da redditi esenti goduti nel periodo degli accertamenti, per potersi annullare o ridurre i redditi
accertati dall’Ufficio».
Avverso quest’ultima sentenza il ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
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Firmato Da: LUCIO NAPOLITANO Emesso Da: ARUBAPEC EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 2ff4e9c41900364f5fb0fa1174edc712
Firmato Da: LUCA DIONIGI CARISTO Emesso Da: ARUBAPE C. EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 25702481a 6951e2e64122ab8c05642c
Numero registro generale 7625/2015
La causa è stata avviata alla trattazione ni camera di consiglio, zignale 2578/202 Numero di ractolta generale 21546/2024
sensi dell’art. 380-bis. 1 c.p.c..
Data pubblicazione 31/07/2024
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del menzionato articolo il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE