JOBS ACT E LICENZIAMENTI: CORREZIONI COSTITUZIONALI

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Corte Costituzionale, Sentenze n. 128 e n. 129

Le sentenze n. 128 e n. 129 della Corte Costituzionale, depositate il 16 luglio 2024, rappresentano un’importante evoluzione nella disciplina dei licenziamenti in Italia, consolidando e ampliando le tutele per i lavoratori in determinate circostanze. Ecco una sintesi dei punti salienti:

Sentenza n. 128

  • Contesto: La sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del d. lgs. n. 23 del 2015, nella parte in cui non estendeva la tutela reintegratoria ai casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui fosse dimostrata l’insussistenza del fatto materiale.
  • Motivazione: La Corte ha ritenuto irragionevole che l’insussistenza del fatto materiale non avesse rilevanza nei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, a differenza di quanto avviene per quelli disciplinari. Questo difetto di sistematicità è stato considerato lesivo dei principi di ragionevolezza e uguaglianza.

Sentenza n. 129

  • Contesto: Riguarda invece i licenziamenti disciplinari e ha rigettato la questione di legittimità costituzionale dello stesso articolo e comma del d. lgs. n. 23 del 2015. Tuttavia, la Corte ha adottato un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma.
  • Motivazione: La Corte ha chiarito che la norma sulla non rilevanza della sproporzione del licenziamento ai fini della reintegrazione non si applica nei casi in cui specifiche inadempienze del lavoratore, disciplinate dalla contrattazione collettiva, siano soggette solo a sanzioni conservative e non al licenziamento.

Collegamento tra le sentenze

  • Riallineamento delle fattispecie: Entrambe le sentenze stabiliscono un parallelismo tra licenziamenti disciplinari e per giustificato motivo oggettivo. In entrambi i casi, se il “fatto materiale” non sussiste, il licenziamento è privo di giustificazione causale e, quindi, illegittimo.
  • Spazio per la discrezionalità legislativa: Tuttavia, la Corte lascia un margine all’intento del legislatore di limitare l’applicazione della reintegrazione. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, non è prevista la reintegrazione se manca la prova dell’impossibilità di ricollocazione (repechage), così come, nel licenziamento disciplinare, non è prevista se il licenziamento non è proporzionato ma il fatto contestato non è tra quelli puniti con sanzioni conservative dalla contrattazione collettiva.

Impatto

Queste decisioni hanno un impatto significativo sul diritto del lavoro, rafforzando le tutele per i lavoratori ma allo stesso tempo lasciando spazio alla discrezionalità del legislatore. La Corte ha quindi cercato di bilanciare la protezione dei diritti dei lavoratori con l’esigenza di mantenere una certa flessibilità nel mercato del lavoro.

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QUANDO UN ENTE È ESENTE DA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA PER NEGLIGENZA DEL MANAGER DELEGATO

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Cassazione, Sentenza n. 31665/2024

Per la Cassazione non sussiste la responsabilità amministrativa dell’ente, che opera in un contesto di generale corretto adempimento degli obblighi antinfortunistici per il singolo comportamento colposo e imprevedibile del manager – dotato di specifiche deleghe in materia di sicurezza di lavoratori all’estero – che determini l’nfortunio di dipendenti. In una tale evenienza non emerge infatti un apprezzabile vantaggio patrimoniale, ossia uno strutturale risparmio di spesa per la prassi di non adeguare alla materia antinfortunstica la vita aziendale. Non scatta quindi la responsabiltà amministrativa dell’ente per il reato commesso dal suo dipendente che di fatto ha generato solo un occasionale ed esiguo vantaggio patrimoniale. Come nel caso concreto dove per attivare velocemente un attività industriale si è scelto di fare un trasferimento di lavoratori adottando una via più veloce ma insicura.

Tra l’altro non rilevano neanche le normali posizioni di garanzia se, come nella vicenda risolta, l’operation manager che si occupa, in zone a rischio, di stabilimenti della società e che provvede agli spostamenti dei lavoratori, omette di osservare le cautele indicategli dagli stessi vertici della società. Ciò ha portato a escludere la responsabilità dei vertici del Cda per l’infortunio dovuto all’imprevedibile mancata diiligenza del manager delegato alla sicurezza.

Con la sentenza n. 31665/2024 la Cassazione penale ha respinto il ricorso del procuratore contro l’assoluzione del presidente di una società e contro l’esclusione della responsabiltà ammnistrativa della stessa per il rapimento di propri dipendenti di cui alcuni deceduti, avvenuto all’estero anche causa della mancata prevenzione del rischio legato alla presenza di bande armate sul territorio del Paese straniero. 
Di fatto il rischio di rapimenti di lavoratori stranieri era noto e la prescrizione di sicurezza era quella di non affrontare viaggi via terra, ma via mare. Prescrizione “dettata” tanto dalle autorità nazionali italiane alla società quanto dalla stessa società al proprio operation manager che si occupava del trasferimento finito in tragedia per i dipendenti a lui affidati.

La prova delle indicazioni fornite al manager escludeva un atteggiamento lassista e illecito all’interno della società finalizzato a ottenere consistenti risparmi di spesa da una mancata attivazione di tutti gli strumenti per la sicurezza dei lavoratori. Tale prova del ruolo attivo dei componenti del Cda ha sciolto il nesso tra la posizione di garanzia e l’evento occorso ai dipendenti. E ha anche permesso di superare la contestazione che di fatto lo specifico rischio – per il lavorare che opera in scenari insicuri – non fosse riportato nel documento di valutazione dei rischi della società.

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COMUNE CONDANNATO: ECCESSIVI RUMORI DI EVENTI PUBBLICI

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Cassazione, Sentenza n. 18676/2024

Il caso in questione riguarda una sentenza della Corte di Cassazione italiana, la n. 18676 del 9 luglio 2024, che ha confermato l’obbligo del Comune di risarcire i danni subiti dai residenti a causa del rumore eccessivo prodotto dagli eventi culturali notturni organizzati nella piazza del paese durante l’estate. Due proprietari di immobili situati nella piazza hanno lamentato che i rumori provenienti dagli eventi superavano la normale tollerabilità, impedendo loro di usare la casa in modo confortevole.

La Corte di Appello aveva già condannato il Comune al risarcimento dei danni, triplicando la somma iniziale riconosciuta dal tribunale di primo grado, in quanto aveva ritenuto che il diritto dei privati alla quiete domestica non potesse essere sacrificato in nome dell’interesse pubblico agli spettacoli, oltre i limiti della normale tollerabilità del rumore.

La Cassazione ha rigettato il ricorso del Comune, che contestava la valutazione delle immissioni sonore e la quantificazione del danno. Gli Ermellini hanno ribadito che i limiti imposti dai regolamenti comunali sono solo indicativi e che le immissioni possono essere considerate intollerabili se superano la normale tollerabilità in una situazione concreta. Hanno inoltre sottolineato che anche il Comune, in quanto ente pubblico, è tenuto a rispettare il principio del neminem laedere, ossia a non causare danni ingiustificabili ai privati.

In sostanza, la sentenza afferma che il diritto dei cittadini alla quiete domestica prevale sull’interesse pubblico agli eventi culturali, se questi superano i limiti della tollerabilità del rumore. Il Comune è quindi obbligato sia a risarcire i danni subiti dai residenti, sia a ridurre le immissioni rumorose a una soglia accettabile.

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SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere Rel.
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10834/2021 R.G. proposto da:
COMUNE ALBISSOLA MARINA, elettivamente domiciliato in ROMA (…), presso lo studio dell’avvocato SA.TE.
(c.f. Omissis; pec: …), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE.IS. (c.f. Omissis; pec: …)

  • ricorrente –
    contro
    Br.Gr., Ma.Gi., domiciliati ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di
    CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato DU.SA. (c.f. Omissis; pec: …)
  • controricorrenti –
    avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 947/2020 depositata il 13/10/2020.
    Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/04/2024 dal Consigliere GIUSEPPE CRICENTI.
    FATTI DI CAUSA
    1.- Il Comune di Albissola Marina organizza periodicamente, nel periodo estivo, manifestazioni culturali che
    si svolgono in (Omissis).
    Alcuni abitanti, residenti in quella piazza, hanno lamentato tuttavia che, sia per l’allestimento del palco che
    poi per lo svolgimento degli spettacoli, che si protraevano fino a tarda notte, si verificavano rumori che
    superavano la normale tollerabilità e che rendevano difficile il soggiorno pregiudicando il godimento
    dell’appartamento che costoro avevano destinato a loro residenza estiva.
    1.1 Ma.Gi. e Br.Gr., per l’appunto proprietari degli immobili insistenti su piazza (Omissis), hanno citato in
    giudizio il Comune di Albissola Marina per accertare che gli spettacoli producevano immissioni intollerabili e
    per ottenere la condanna del comune al risarcimento del danno.
    Il Tribunale ha effettuato una consulenza tecnica dalla quale è emerso che quei rumori superavano la soglia
    dei decibel consentiti, e dunque ha liquidato equitativamente la somma di 1.000 Euro ciascuno, oltre
    accessori, a ristoro del pregiudizio subito. Il Comune di Albissola ha impugnato questa decisione con appello
    principale, mentre i due attori hanno proposto appello incidentale relativamente all’ammontare del danno
    loro liquidato.
    1.2.- La Corte di appello di Genova ha rigettato l’appello principale ed ha accolto quello incidentale,
    riconoscendo ai due appellanti la somma di 3.000 Euro anziché quella di 1.000 Euro inizialmente liquidata.
    1.3- Questa sentenza è oggetto di ricorso per Cassazione da parte del Comune di Albissola con due motivi.
    Per contro si sono costituiti Br.Gr. e Ma.Gi. per chiedere il rigetto del ricorso.
    RAGIONI DELLA DECISIONE
    2.-La Corte di appello ha confermato la decisione di primo grado. Nel corso del giudizio di primo grado
    infatti era stata espletata una consulenza tecnica, che aveva rilevato il rumore sia a finestre chiuse che a
    finestre aperte, e comunque in diverse ore del giorno, ed erano state altresì assunte prove testimoniali sulle
    immissioni rumorose e sull’attività che le produceva.
    La Corte di appello ha inoltre rigettato l’argomento del comune appellante in base al quale il CTU avrebbe
    fatto riferimento, per le misurazioni, al DPCM del 1997 relativo invece alle attività produttive, e che non
    poteva applicarsi alle manifestazioni culturali, quali erano quelle che il comune organizzava in quella piazza.
    A tale riguardo, la Corte di appello ha osservato che il Tribunale non ha fatto applicazione di quel DPCM,
    quanto piuttosto ha usato il metodo comparativo indicato dalla giurisprudenza secondo cui la tollerabilità va
    valutata caso per caso in relazione alle circostanze concrete.
    Ha inoltre osservato che l’interesse pubblico allo svolgimento degli spettacoli non poteva comportare il
    sacrificio del diritto del privato oltre il limite della tollerabilità.
    Infine, quanto al danno, la corte di merito ha ritenuto che quello non patrimoniale era stato provato per via
    presuntiva dalla impossibilità di utilizzare la casa per le vacanze, ed, in accoglimento dell’appello incidentale,
    ha rideterminato in 3.000 Euro l’ammontare del risarcimento sulla base della considerazione che quel
    risarcimento deve essere integrale e non limitato ai soli giorni di effettivo probabile utilizzo dell’immobile,
    ma deve tener conto della circostanza che l’immobile diventa per i ricorrenti inutilizzabile comunque.
    3.- Questa ratio è contestata con due motivi.
    Con il primo motivo si eccepisce l’illegittima applicazione del DPCM del 1997 e dell’articolo 844 del codice
    civile.
    Il motivo contiene due censure.
    Quanto alla prima censura, la tesi del ricorrente è che il CTU ha erroneamente preso a base delle sue
    valutazioni le immissioni considerate dal DPCM del 1997, senza tener conto però che tale provvedimento è
    relativo alle attività produttive, commerciali e professionali, tra le quali certamente non rientra lo
    svolgimento di manifestazioni culturali e di spettacoli.
    Secondo i ricorrenti l’eccezione non ha tenuto conto del regolamento delle attività rumorose adottato dallo
    stesso consiglio comunale nel 2004, che consente, nell’ipotesi, per l’appunto di manifestazioni e spettacoli
    all’aperto, di arrivare fino al limite di 70 decibel.
    La seconda censura attiene alla liquidazione del danno e mira a dire che erroneamente esso è stato
    liquidato equitativamente e ritenuto sussistente.
    Il motivo va disatteso. Quanto alla prima censura, le ragioni di infondatezza sono due: in generale, i limiti
    posti dai singoli regolamenti, compreso dunque quello richiamato dal comune, e dallo stesso comune
    approvato, sono puramente indicativi in quanto anche immissioni che rientrino in quei limiti possono
    considerarsi intollerabili nella situazione concreta, posto che la tollerabilità è, per l’appunto, da valutarsi
    tenendo conto dei luoghi, degli orari, delle caratteristiche della zona e delle abitudini degli abitanti (Cass.
    28201/ 2018), che è ciò che il consulente ha fatto.
    In secondo luogo, anche un ente pubblico è soggetto all’obbligo di non provocare immissioni rumorose ed
    “è responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionata da immissioni
    provenienti da aree pubbliche, potendo conseguentemente essere condannata al risarcimento del danno,
    così come al “facere” necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale
    tollerabilità, dal momento che tali domande non investono – di per sé – atti autoritativi e discrezionali, bensì
    un’attività materiale soggetta al richiamato principio del “neminem laedere”.” (Cass. 14209/ 2023, in caso
    analogo).
    La seconda censura, invece, è del tutto insufficiente a costituire motivo di ricorso: apoditticamente si
    contesta la prova e la stima del danno, senza indicare quali criteri legali siano stati in concreto violati ed in
    che termini lo siano stati.
    Il secondo motivo prospetta omesso esame di un fatto decisivo e controverso e rimprovera alla decisione
    impugnata di non aver tenuto in alcuna considerazione l’interesse pubblico allo svolgimento di tali
    manifestazioni: ove la Corte lo avesse fatto avrebbe potuto verificare che un tale interesse può costituire
    deroga al limite di tollerabilità delle emissioni. Il motivo è inammissibile.
    La Corte ha tenuto conto dell’interesse pubblico, ed ha correttamente osservato che non può giustificare il
    sacrificio del diritto del privato oltre la normale tollerabilità.
    Dunque, la questione è stata oggetto di esame. La circostanza secondo cui le immissioni sono state imposte
    dal perseguimento di un interesse pubblico è stata esaminata.
    Va da sé che l’apprezzamento circa la prevalenza dell’uno o dell’altro interesse, ossia l’apprezzamento circa
    la tollerabilità delle immissioni, soglia entro la quale e tutelato l’interesse pubblico, e rimessa al giudice di
    merito ed è incensurabile in cassazione.
    Il ricorso va dichiarato inammissibile, e le spese seguono la soccombenza.
    P.Q.M.
    La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 1600,00,
    oltre 200,00 Euro di esborsi, ed oltre spese generali.
    Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228
    del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
    importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello
    stesso articolo 13.
    Così deciso in Roma, il 12 aprile 2024.
    Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2024.
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ATTI TRIBUTARI: OBBLIGO DI NOTIFICA PRESSO IL DOMICILIO DEL CONTRIBUENTE

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Sentenza n. 21630/2024

La sentenza della Corte di Cassazione n. 21630 del 2024 ha stabilito che la notifica degli atti tributari deve essere effettuata presso il domicilio fiscale del contribuente, a meno che non sia possibile la notifica a mani proprie. In particolare, la Corte ha chiarito che la notifica deve avvenire presso il domicilio fiscale del contribuente così come risultante all’ultimo aggiornamento dell’anagrafe tributaria, e che eventuali errori o cambi di domicilio non comunicati non possono essere opposti all’amministrazione finanziaria.

Questa pronuncia sottolinea l’importanza della correttezza e della tempestività nelle comunicazioni da parte dei contribuenti riguardo il proprio domicilio fiscale. Se la notifica non viene effettuata a mani proprie, quindi direttamente al contribuente, essa deve avvenire presso il domicilio fiscale registrato. La mancata notifica presso il domicilio fiscale corretto potrebbe invalidare l’atto tributario, a meno che il contribuente non abbia omesso di aggiornare l’anagrafe tributaria con il suo nuovo indirizzo.

In sintesi, questa sentenza rafforza la posizione dell’amministrazione tributaria nella corretta notifica degli atti e pone un onere significativo sui contribuenti affinché mantengano aggiornate le loro informazioni presso l’anagrafe tributaria.

SENTENZA

Numero registro generale 26216/2018 Numero sezionale 2118/2024 Numero di raccolta generale 21630/2024 Data pubblicazione 01/08/2024
Oggetto: TRIBUTI –
CARTELLA DI
P A G A M E N OT –
NOTIFICAZIONE – QUESTIONI.
Ud.10/04/2024 C
ERNESTINO LUIGI
B R U S C H E T T A
ENRICO MANZON GIOVANNI LA ROCCA LUNELLA CARADONNA GIACOMO MARIA NONNO
ha pronunciato la seguente
Presidente
Consigliere Consigliere
Consigliere Consigliere-Rel.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26216/2018 R.G. proposto da:
elettivamente domiciliato
in ROMA, presso lo studio dell’avvocato
rappresentato e difeso dall’avvocato
-ricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliata ni ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587), che al rappresenta e difende
-resistente-
avverso SENTENZA di COMM. TRIB.REG. DEL LAZIO n. 593/16/18 depositata il 05/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal Consigliere GIACOMO MARIA NONNO.
FATTI DI CAUSA

  1. Con la sentenza n. 593/16/18 del 05/02/2018, la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) rigettava l’appello Firmato Da: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3Serial#: 5b4ae5fecc8c8dbffe40c807 553ae42c • Firmato Da: SCALE SE MARIA Emesso Da: ARUBAPE C. S.P.A. NG CA 3 Serial#: 2419f8d8e2ed21747c497 fbf3f1 081a5
    Numero registro generale 26216/2018 Numero sezionale 2118/2024 Numero di raccolta generale 21630/2024 Data pubblicazione 01/08/2024
    proposto da nei confronti della sentenza n. 6793/62/16 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di
    seguito CTP), che aveva a sua volta rigettato li ricorso proposto dal contribuente avverso una cartella di pagamento concernente IRPEF
    relativa all’anno 2006.
    1.1. La CTR rigettava l’appello proposto da
    evidenziando che: a) l’avviso di accertamento prodromico all’impugnata cartella di pagamento era stato regolarmente notificato
    al contribuente; b) li cambio di domicilio del contribuente era stato protocollato dal Comune di solo nel 2012 (successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento) e li domicilio fiscale in
    decorreva dal 14/10/2014.
  2. Avverso la sentenza di appello proponeva
    ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
  3. L’Agenzia delle entrate (di seguito AE) si costituiva al solo fine
    dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione orale ai sensi
    dell’art. 370 primo comma, cod. proc. civ. RAGIONI DELLA DECISIONE
  4. Il primo complesso motivo di ricorso proposto da
    è affidato ad una triplice censura: a) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 58 e 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 115, 116, e 140 cod. proc. civ., dell’art. 6 della 1. 27 luglio 2000, n. 212 e degli artt. 13 e 18 del d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223; b) in
    relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., omessa e/o erronea valutazione della documentazione versata in atti, in
    violazione dell’art. 115 e 116 cod. proc, civ.; c) in relazione all’art.
    360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.
    2 di 6 Firmato Da: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3Serial#: 5b4ae5fecc8c8dbffe40c807 553ae42c • Firmato Da: SCALE SE MARIA Emesso Da: ARUBAPE C. S.P.A. NG CA 3 Serial#: 2419f8d8e2ed21747c497 fbf3f1 081a5
    Numero registro generale 26216/2018 Numero sezionale 2118/2024
    Numero di raccolta generale 21630/2024 Data pubblicazione 01/08/2024
    1.1. In buona sostanza, il contribuente lamenta di avere trasferito la propria residenza anagrafica i n in data 25/07/2011 e che tale trasferimento sarebbe stato indicato nel modello unico 2011 presentato telematicamente in data 23/09/2011.
    A dispetto di tali indicazioni, l’Amministrazione finanziaria avrebbe notificato l’avviso di accertamento con le modalità previste per
    l’irreperibilità assoluta, ai sensi dell’art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, alla dismessa residenza di
    in data 31/12/2011.
    1.2. Ne conseguirebbe al nullità della notificazione e, pertanto, l’erroneità della sentenza della CTR che non avrebbe rilevato la
    descritta nullità.
  5. Le censure, complessivamente considerate, vanno disattese. 2.1. La ricostruzione della disciplina applicabile può senz’altro
    essere affidata, per semplicità, alla recente Cass. n. 36217 del 28/12/2023, alla cui motivazione, con ampi riferimenti normativi e giurisprudenziali, integralmente si rinvia.
    2.2. In buona sostanza, ai fini delle imposte dirette che interessano la presente fattispecie, l’art. 58 del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede che, per le persone fisiche, al residenza anagrafica coincide con li domicilio fiscale. I cambi di residenza anagrafica, pertanto, comportano li mutamento del domicilio fiscale ed hanno
    effetto entro sessanta giorni dalla data ni cui al variazione è stata effettuata.
    2.2.1. La notificazione degli atti tributari – ove non effettuata a mani proprie – va sempre effettuata presso il domicilio fiscale del
    contribuente (art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973) e, a tal fine, eventuali modifiche dell’indirizzo (e non del domicilio fiscale) hanno
    effetto solo a far data dal trentesimo giorno dalla variazione anagrafica.
    3 di 6 Firmato Da: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3Serial#: 5b4ae5fecc8c8dbffe40c807 553ae42c • Firmato Da: SCALE SE MARIA Emesso Da: ARUBAPE C. S.P.A. NG CA 3 Serial#: 2419f8d8e2ed21747c497 fbf3f1 081a5
    Numero registro generale 26216/2018 Numero sezionale 2118/2024 Numero di raccolta generale 21630/2024 Data pubblicazione 01/08/2024
    2.2.2. Poiché, pertanto, al notificazione degli atti tributari deve
    essere effettuata presso il domicilio fiscale del contribuente, ciò che
    rileva, in via prioritaria, è l’indicazione dello stesso nella dichiarazione
    dei redditi, tanto che la notifica effettuata dall’Amministrazione finanziaria a tale domicilio ha effetto anche in caso di cambio di
    residenza.
    2.3. Ciò posto, nel caso di specie, al CTR ha accertato in fatto che:
    a) dai registri anagrafici risultava unicamente la residenza a
    e
    non il trasferimento a
    protocollato solo nel 2012; b) il nuovo domicilio fiscale dichiarato decorre solo dal 14/10/2014.
    2.4. Ne consegue che la notifica dell’avviso di accertamento è stata eseguita presso il domicilio fiscale risultante all’Am ministrazione
    finanziaria, coincidente con li luogo di residenza del destinatario, con le modalità previste per l’irreperibilità assoluta. Le diverse affermazioni del ricorrente si scontrano con l’accertamento in fatto della CTR e tendono alla rivalutazione nel merito del materiale
    probatorio già esaminato dal giudice di appello. In ogni caso, dette affermazioni sono, comunque, prive di specificità non essendo stati
    trascritti o allegati gli atti relativi, con particolare riguardo alla dichiarazione di domicilio fiscale che sarebbe stata effettuata in data
    23/09/2011.
    2.5. Cio precisato, la notificazione avvenuta con le modalita
    previste per l’irreperibilita assoluta, come correttamente evidenziato dalla CTR, è del tutto legittima.
    2.5.1. Secondo questa Corte, al notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi va eseguita ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. solo ove sia conosciuta la residenza o l’indirizzo del destinatario che,
    per temporanea irreperibilità, non sia stato rinvenuto al momento
    della consegna dell’atto, mentre va effettuata ex art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 quando li notificatore non reperisca il
    4 di 6 Firmato Da: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3Serial#: 5b4ae5fecc8c8dbffe40c807 553ae42c • Firmato Da: SCALE SE MARIA Emesso Da: ARUBAPE C. S.P.A. NG CA 3 Serial#: 2419f8d8e2ed21747c497 fbf3f1 081a5
    Numero registro generale 26216/2018 Numero sezionale 2118/2024
    Numero di raccolta generale 21630/2024 Data pubblicazione 01/08/2024
    contribuente perché trasferitosi in luogo sconosciuto, sempre che
    abbia accertato, previe ricerche, attestate nella relata, che il trasferimento non sia consistito nel mero mutamento di indirizzo
    nell’ambito dello stesso comune del domicilio fiscale (Cass. n. 6788 del 15/03/2017).
    2.5.2. Nelle ipotesi di cd. irreperibilità relativa, il perfeziona mento
    della notifica avviene con il deposito di copia dell’atto nella casa del
    comune in cui la notificazione deve eseguirsi, con l’affissione
    dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione o ufficio o azienda del
    destinatario e, infine, con la comunicazione con raccomandata a.r.
    dell’avvenuto
    deposito nella casa comunale dell’atto; il perfezionamento della notifica avviene entro dieci giorni dalla spedizione di detta raccomandata.
    2.5.3. Per converso, per le ipotesi di cd. irreperibilità assoluta, per li perfezionamento della notifica si richiede, accanto al deposito dell’atto nella casa comunale, l’affissione dell’avviso nell’albo del Comune e li decorso del termine di otto giorni dalla data di affissione.
    2.6. Ciò precisato in termini generali, dalla stessa trascrizione
    della relata di notificazione effettuata da parte ricorrente, si evince che la notificazione dell’atto impositivo al contribuente è a v v e n u t a ,
    nel caso di specie, a mezzo messo notificatore ed eseguita nelle forme previste dall’art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 in
    ragione della irreperibilità assoluta del destinatario, di cui li messo dà conto unitamente all’acquisizione del certificato di residenza
    aggiornato.
  6. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa
    applicazione degli artt. 91 e 92 cod, proc. civ., ni relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR condannato li ricorrente alle spese concernenti il giudizio di appello, sebbene
    quest’ultimo non vi abbia partecipato. 5 di 6 Firmato Da: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3Serial#: 5b4ae5fecc8c8dbffe40:807 553ae42c • Firmato Da: SCALE SE MARIA Emesso Da: ARUBAPE C S.P.A. NG CA 3 Serial#*: 2419f8d8e2ed2f747c497 fbf3f1 081a5
    3.1. Il motivo è infondato.
    3.2. La mancata costituzione nel giudizio di appello costituisce una scelta processuale che non fa venir meno la soccombenza del contribuente, con conseguente legitimità della condanna di quest’ultimo alle spese.
  7. In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese in ragione della mancata costituzione in giudizio di AE.
    4.1. Poiché li ricorso è stato proposto successivamente al 30
    gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto –
    ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto li comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al
    d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per li versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la
    stessa impugnazione, ove dovuto. P.Q.M.
    La Corte rigetta li ricorso.
    Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
    inserito dall’art. 1, comma 17, della .I n. 228 del 2012, dichiara al sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del
    ricorrente del contributo unificato previsto per li ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
    Così deciso ni Roma, li 10/04/2024.
    Il Presidente ERNESTINO LUIGI BRUSCHETTA
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ILLECITO TRIBUTARIO: RESPONSABILITÀ AL DI LÀ DEL DOLO E DELLA COLPA

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Cassazione, Sentenza n. 21546/2024

La sentenza della Corte di Cassazione n. 21546/2024 tratta un importante principio in materia di responsabilità del contribuente per la violazione delle norme tributarie. Secondo quanto stabilito dalla Corte, la responsabilità del contribuente per tali violazioni non richiede che l’amministrazione finanziaria dimostri concretamente l’esistenza del dolo o della colpa.

In sostanza, ciò significa che il contribuente può essere ritenuto responsabile per le violazioni tributarie anche in assenza di una prova specifica che dimostri l’intenzionalità (dolo) o la negligenza (colpa) del suo comportamento. Questo principio si basa sull’idea che la normativa tributaria impone al contribuente determinati obblighi, e la loro inosservanza può determinare automaticamente la responsabilità, indipendentemente dalla presenza di dolo o colpa.

Questa interpretazione può avere rilevanti conseguenze in termini di accertamenti fiscali e di sanzioni, rendendo più agevole per l’amministrazione finanziaria l’applicazione di sanzioni in caso di violazioni, anche in situazioni dove non sia dimostrabile un comportamento intenzionale o negligente da parte del contribuente.

************************

SENTENZA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto:
IRPEF ACCERTAMENTO
SINTETICO REDDITOMETRO C 8maggio 2024
LUCIO NAPOLITANO ROBERTA CRUCITTI MARIA LUISA DE ROSA GIAN PAOLO MACAGNO DANILO CHIECA
Presidente
Consigliere Consigliere
Consigliere Consigliere-Relatore
ha pronunciato la seguente ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7625/2015 R.G. proposto da elettivamente domiciliato in Roma
presso lo studio dell’avv. rappresentato e difeso dall’avv.
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 presso gli uffici
dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA n. 4080/2014 depositata li 23 luglio 2014
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’8 maggio 2024 dal Consigliere Danilo CHIECA
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale II di Milano dell’Agenzia delle Entrate notificava a d u e distinti avvisi di accertamento
-ricorrente-

Firmato Da: LUCIO NAPOLITANO Emesso Da: ARUBAPEC EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 2ff4e9c41900364f5fb0fa1174edc712
Firmato Da: LUCA DIONIGI CARISTO Emesso Da: ARUBAPE C. EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 25702481a 6951e2e64122ab8c05642c
Numero registro generale 7625/2015
mediante iquali determinava con metodo sintetico, aluensi del gheraet 215462/024 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, in base aglidandiGilicatione 31/07/2024
capacità di spesa previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e
del 19 novembre 1992 (cd. ‹vecchio redditometro>), li reddito complessivo netto del contribuente da sottoporre a tassazione ai
fini dell’IRPE relativamente agli anni 2007 e 2008.
Il contestava le pretese erariali proponendo separate
impugnazioni avverso i singoli atti impositivi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale, riuniti i procedimenti, accoglieva parzialmente i ricorsi, rideterminando li reddito complessivo netto da sottoporre a tassazione in 75.000 euro per ciascuno dei due anni d’imposta oggetto di accertamento.
La decisione veniva appellata da ambo le parti davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale, con
sentenza n. 4080/2014 del 23 luglio 2014, accoglieva l’appello principale dell’Amministrazione Finanziaria e respingeva quello
incidentale della parte privata; per l’effetto, ni riforma della pronuncia di prime cure, rigettava gli originari ricorsi del contribuente.
Rilevava li collegio di secondo grado, per quanto qui ancora interessa: – che l’atto di appello era stato validamente sottoscritto
dal capo del team legale dell’ufficio finanziario in virtù di delega
conferitagli dal direttore provinciale dell’Agenzia delle Entrate; – che li contribuente non aveva «affatto dimostrato che le spese di
gestione dei vari beni posseduti»-fra i quali anche una barca a vela- e gli incrementi patrimoniali ottenuti (fossero stati finanziati da disinvestimenti patrimoniali o da redditi esenti goduti nel periodo degli accertamenti, per potersi annullare o ridurre i redditi
accertati dall’Ufficio».
Avverso quest’ultima sentenza il ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
2 di 9

Firmato Da: LUCIO NAPOLITANO Emesso Da: ARUBAPEC EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 2ff4e9c41900364f5fb0fa1174edc712
Firmato Da: LUCA DIONIGI CARISTO Emesso Da: ARUBAPE C. EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 25702481a 6951e2e64122ab8c05642c
Numero registro generale 7625/2015
La causa è stata avviata alla trattazione ni camera di consiglio, zignale 2578/202 Numero di ractolta generale 21546/2024
sensi dell’art. 380-bis. 1 c.p.c..
Data pubblicazione 31/07/2024
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del menzionato articolo il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Va anzitutto rilevato che nella memoria illustrativa ex art. 380-
    ha reso noto di bis.1, comma 1, terzo periodo, c.p.c. il
    aver aderito alla definizione agevolata dei carichi pendenti di cui
    all’art. 6 del D.L. n. 193 del 2016, convertito in L. n. 225 del 2016, con riferimento alle cartelle esattoriali nn.
    e di aver interamente versato le somme
    dovute per li perfezionamento della procedura di , cosi come quantificate dall’agente della riscossione nella comunicazione inviatagli a mente del comma 3 dello stesso articolo.
    Nel ‹ribadire la propria volontà di rinunciare ad ogni precedente
    azione avviata nei confronti dei due atti N.
    e N.
    , gia manifestata con la dichiarazione di
    adesione presentata ai sensi del comma 2 dell’art. 6 innanzi citato,
    e nell’evidenziare che, per effetto di ciò,
    «sembra dovers provvedere alla declaratoria di estinzione della controversia quanto
    meno per la parte relativa ai due carichi ni parola>, li ricorrente ha chiesto ‹di voler disporre… la estinzione del giudizio per cui è causa per cessata materia del contendere>.
    1.1 L’istanza non può essere accolta, in quanto:
    (a)il
    non ha manifestato ni modo chiaro ed esplicito, con apposita dichiarazione resa nelle forme di cui all’art. 390, comma 2, c.p.c., al volontà di rinunciare alla proposta impugnazione, avendo, anzi, adoperato espressioni dubitative () e di incerto contenuto ( Numero registro generale 7625/2015 Numero sezionale 2578/2024
    ( b)ladomandadiadesionealladefinizioneagevolatardilacalayeneiale21546/2024 pendenti, da lui presentata a norma dell’art. 6, comma 2,0denticazione 31/07/2024
    n. 193 del 2016, si riferisce a cartelle di pagamento che, sulla scorta della documentazione versata in atti, non è possibile ricollegare agli avvisi di accertamento impugnati nel presente giudizio.
    1.2 Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., vengono denunciate al
    violazione e al falsa
    applicazione degli artt. 12, comma
    3, 18, comma 3, e 53 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
    1.3 Si contesta alla CTR di aver erroneamente disatteso la sollevata
    eccezione
    di inammissibilità dell’atto di appello dell’Amministrazione, sottoscritto da un funzionario asseritamente incaricato in virtù di delega del direttore provinciale dell’Agenzia
    delle Entrate mai prodotta in atti.
  2. Con li secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è lamentata la violazione dell’art. 112 c.p.c..
    2.1 Viene rimproverato al collegio d’appello di aver omesso di
    statuire sul motivo di gravame del contribuente inteso a denunciare Villegittimità degli impugnati avvisi di accertamento per inosservanza del principio del contraddittorio preventivo.
  3. Con li terzo e li quarto mezzo, introdotti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono prospettate la violazione e la falsa
    applicazione dell’art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973 e degli artt. 2697 e 2727 c.c..
    3.1 Si sostiene che gli atti impositivi per cui è causa sarebbero stati
    illegittimamente confermati dal collegio di secondo grado, sebbene l’Agenzia delle Entrate non avesse offerto ulteriori elementi
    probatori atti a corroborare la presunzione ‹semplice> di capacità contributiva fondata sulla disponibilità dei beni-indice previsti dal cd. < vecchio redditometro>.
    3.2 Viene, altresì, dedotto che la sentenza gravata non avrebbe 4 di 9
    Firmato Da: LUCIO NAPOLITANO Emesso Da: ARUBAPEC EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 2ff4e9c41900364f5fb0fa1174edc712
    Firmato Da: LUCA DIONIGI CARISTO Emesso Da: ARUBAPE C. EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 25702481a 6951e2e64122ab8c05642c Numero registro generale 7625/2015
    tamera sgagnale 2578/2024 adeguatamente valutato la documentazione Numerota alta amerale 21545/2024
    contribuente, la quale dimostrava l’erroneità della determinazioneone 31/07/2024 del reddito effettuata dall’Ufficio con metodo sintetico.
    3.3 Il solo terzo motivo denuncia, inoltre, l’illegittimità degli avvisi
    di accertamento per violazione dell’obbligo del contraddittorio
    endoprocedimentale.
  4. Con li quinto motivo, ricondotto al paradigma dell’art. 360,
    comma 1, n. 4) c.p.c., e nuovamente contestata l’inosservanza dell’art. 112 c.p.c..
    4.1 Si ascrive alla CTR di non aver statuito sul motivo di appello con il quale il si era doluto dell’omessa pronuncia del primo giudice sulla sollevata eccezione di nullità della sanzione
    amministrativa irrogata dall’Ufficio, in quanto disposta in violazione dei principi di legalità, tipicità e colpevolezza.
  5. Con il sesto mezzo, formulato in via subordinata e ricondotto allo schema dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono contestate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 5 del D. Lgs. n. 472 del 1997 e degli artt. 2697 e 2727 c.c.
    5.1 Per l’ipotesi in cui non fosse ritenuto configurabile li vizio di
    omessa pronuncia denunciato con li motivo precedente, viene lamentata l’erroneità della statuizione di implicito rigetto resa dalla
    CTR, obiettandosi che la responsabilità amministrativa del contribuente non può trovare fondamento nella mera presunzione di capacità di spesa introdotta dalla disciplina del redditometro, pena la violazione del divieto di doppie presunzioni.
  6. Il primo motivo è infondato, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, al quale va data ulteriore continuità, secondo cui deve ritenersi validamente apposta la sottoscrizione dell’atto di appello dell’ufficio finanziario da parte del preposto al reparto competente, anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante
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    Firmato Da: LUCIO NAPOLITANO Emesso Da: ARUBAPEC EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 2ff4e9c41900364f5fb0fa1174edc712
    Firmato Da: LUCA DIONIGI CARISTO Emesso Da: ARUBAPE C. EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 25702481a 6951e2e64122ab8c05642c Numero registro generale 7625/2015 Numero sezionale 2578/2024
    Numero di raccolta generale 21546/2024 o, comunque, l’usurpazione del potere di impugnare la Baiapre a ane3107/2024
    (cfr. Cass. n. 23010/2022, Cass. n. 36685/2021, Cass. n.
    2138/2019, Cass. n. 16211/2018, Cass. n. 6691/2014).
  7. Il secondo e il quinto motivo possono essere esaminati
    congiuntamente, in quanto accomunati dalla denuncia del medesimo vizio processuale.
    7.1 Essi sono infondati.
    7.2 Per costante insegnamento giurisprudenziale di legittimità, non ricorre li vizio di omessa pronuncia quando, pur in mancanza di un’espressa statuizione sul punto, la decisione adottata dal giudice
    comporta T’implicito rigetto delle questioni non trattate, presupponendo come suo necessario antecedente logico-giuridico il
    riconoscimento della loro irrilevanza o infondatezza (cfr. Cass. n.
    12476/2024, Cass. .n 24667/2021, Cass. n. 20718/2018, Cass. n. 29191/2017).
    7.3 Nel caso di specie, i motivi di appello in ordine ai quali si
    assume essere stata omessa ogni statuizione nella qui impugnata
    sentenza devono ritenersi implicitamente disattesi dalla CTR, la quale, avendo confermato in toto gli avvisi di accertamento emessi nei confronti del contribuente, ne ha chiaramente e necessariamente riconosciuto la piena legittimità.
    7.4 Peraltro, non risulta formulata in questa sede una specifica censura volta a denunciare l’assoluta mancanza o la mera
    apparenza della motivazione sottesa all’implicita pronuncia di rigetto adottata dal giudice a quo.
  8. Il quarto motivo e la prima censura sviluppata con li terzo mezzo, suscettibili di scrutinio congiunto per la loro intima
    connessione, sono ni parte infondati, ni parte inammissibili: infondati laddove lamentano la violazione degli artt. 2697 e 2727 c.c., atteso che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale iuris tantum di capacita contributiva, a fronte della quale li giudice, lungi dal poter svalutare la rilevanza degli
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    Firmato Da: LUCIO NAPOLITANO Emesso Da: ARUBAPEC EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 2ff4e9c41900364f5fb0fa1174edc712
    Firmato Da: LUCA DIONIGI CARISTO Emesso Da: ARUBAPE C. EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 25702481a 6951e2e64122ab8c05642c Firmato Da: LUCIO NAPOLITANO Emesso Da: ARUBAPEC EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 2ff4e9c41900364f5fb0fa1174edc712
    Firmato Da: LUCA DIONIGI CARISTO Emesso Da: ARUBAPE C. EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 25702481a 6951e2e64122ab8c05642c
    Numero registro generale 7625/2015
    indici presuntivi individuati dal legislatore, deve sole dimital senerael 215482/024 valutare la prova contraria eventualmente offerta dal conbribuenteone 31/07/2024
    (cfr. Cass. n. 3183/2024, Cass. n. 10378/2022, Cass. n. 1980/2020, Cass. n. 26672/2019); inammissibili per li resto, poiché, dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa
    applicazione di legge, mirano, ni realtà, a sollecitare un diverso apprezzamento delle risultanze processuali rispetto a quello operato dal giudice di merito.
    8.1 Il secondo profilo di censura articolato nel contesto del terzo motivo è infondato.
    8.2 A partire dall’arresto delle Sezioni Unite n. 24823/2015, la
    giurisprudenza di questo Supremo Collegio è ormai univoca
    nell’affermare che l’esistenza di un obbligo generalizzato dell’Amministrazione Finanziaria di instaurare il contraddittorio
    endoprocedimentale nei confronti del contribuente è predicabile soltanto nel settore dei tributi cd. «armonizzati», ovvero quelli soggetti alla diretta applicazione del diritto dell’Unione Europea
    (cfr., ex plurimis, Cass. n. 36992/2022, Cass. n. 16374/2022, Cass. n. 9991/2022, Cass. n. 33000/2021, Cass. n. 25266/2020, Cass. n. 6708/2019); per contro, in materia di tributi ca. «non armonizzati» -fra i quali rientra l’IRPEF (cfr. Cass. n. 25778/2023, Cass. n. 27471/2020, Cass. n. 26681/2018)-, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare li contraddittorio preventivo, a pena di invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti espressamente sancito (si pensi, ad esempio, agli artt. 36-bis, comma 3, e 36-ter, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, riguardanti, rispettivamente, li controllo automatizzato e quello formale della dichiarazione dei redditi;
    all’art. 10, comma 3-bis, della L. n. 146 del 1998 sugli studi di settore; all’art. 10-bis, commi 6, 7 e 8, della L. n. 212 del 2000
    concernente l’accertamento di
    operazioni abusive: cir. Cass. n. 33349/2023, Cass. n. 2585/2023, Cass. n. 36992/2022, Cass. n.
    7 di 9 30211/2022).
    Numero registro generale 7625/2015 Numero sezionale 2578/2024 Numero di raccolta generale 21546/2024
    8.3 Nessuna delle dette ipotesi ricorre nel caso di specie, siesheichone 31/07/2024 lagnanza in esame si appalesa priva di consistenza.
    8.4 D’altro canto, se è pur vero che l’attuale testo dell’art. 38,
    comma 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, come modificato dall’art. 22,
    comma 1, del DL.. n. 78 del 2010, convertito ni .L n. 122 del 2010, impone all’Ufficio procedente alla determinazione sintetica del
    reddito l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento, è nondimeno vero che tale norma non è applicabile agli accertamenti di cui trattasi, soggetti alla disciplina previgente.
  9. Il sesto motivo è anch’esso privo di fondamento.
    9.1 Ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. n. 472 del 1997, l’affermazione della responsabilità del contribuente per la violazione di norme tributarie postula soltanto l’esistenza di una condotta cosciente e
    volontaria, senza che occorra, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento), o ancora di una volontà di evasione
    dell’imposta, anche a mero titolo di tentativo: cio in quanto la norma stabilisce una presunzione di colpa a carico di colui che abbia posto in essere l’atto vietato, gravandolo dell’onere della
    prova contraria (cfr. Cass. n. 16463/2020, Cass. n. 25057/2019, Cass. n. 22329/2018, Cass. n. 13068/2011).
    9.2 Giova soggiungere, a confutazione dell’assunto del ricorrente e ni linea con un diffuso indirizzo giurisprudenziale di legittimità, che non esiste nell’ordinamento un divieto di doppia presunzione (cd.
    «praesumptio de praesumpto»), non essendo lo stesso
    riconducibile agli artt. 2697 e 2729 c.c., né a qualsiasi altra norma, e ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea, a sua volta, a fondare l’accertamento del fatto ignoto (cfr. Cass. n. 7145/2023, Cass. n.
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    Firmato Da: LUCIO NAPOLITANO Emesso Da: ARUBAPEC EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 2ff4e9c41900364f5fb0fa1174edc712
    Firmato Da: LUCA DIONIGI CARISTO Emesso Da: ARUBAPE C. EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: 25702481a 6951e2e64122ab8c05642c Numero registro generale 7625/2015 Numero sezionale 2578/2024 37352/2022, Cass. n. 23860/ 2020, Cass. n. 20748/20umerdiracaltagenerale21546/2024
  10. In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
    Data pubblicazione 31/07/2024 11. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
  11. Visto l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1-quater, del
    D . P. R . n. 1 1 5 d e l 2 0 0 2 ( T e s t o U n i c o d e l l e s p e s e di g i u s t i z i a ) ,
    inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
    P.Q.M.
    La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere
    all’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.600 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
    Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per li versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso
    articolo, se dovuto.
    Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, ni data 8 maggio 2024.
    Il Presidente Lucio Napolitano
    9 di 9
    Firmato Da: LUCIO NAPOLITANO Emesso Da:
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