SOCIETARIO: RIPARTO GIURISDIZIONALE SULLE CONTROVERSIE INERENTI AI CONTRATTI DELLE “SOCIETÀ IN HOUSE”

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Criteri costituzionali di riparto della giurisdizione

I criteri di riparto della giurisdizione sono stabiliti dagli articoli 103 e 113 della Costituzione, che distinguono tra diritti soggettivi e interessi legittimi:

• Art. 113, co. 1, Cost.: garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della Pubblica Amministrazione.

• Art. 103, co. 1, Cost.: attribuisce al giudice amministrativo la tutela degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.

Giurisdizione esclusiva e potere pubblico

In relazione alla giurisdizione esclusiva, la Corte Costituzionale ha chiarito che:

1. Il legislatore deve rispettare i limiti fissati dalla Costituzione nella distribuzione delle funzioni giurisdizionali tra giudici ordinari e amministrativi (Corte Cost., 6 luglio 2004, n. 204).

2. Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva devono condividere la natura delle materie attribuite alla giurisdizione generale di legittimità, ovvero essere caratterizzate dall’esercizio del potere pubblico autoritativo (Corte Cost., n. 204/2004).

Profili privatistici e pubblicistici nelle società in house

Il TUSP (Testo Unico sulle Società Partecipate) combina aspetti pubblicistici e privatistici. Questa natura mista assume particolare rilevanza nella ripartizione della giurisdizione tra il giudice amministrativo e quello ordinario.

Controversie sui contratti delle società in house

La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ha chiarito che le controversie relative al rinnovo o alla proroga dei contratti stipulati da società in house rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario.

Principio di diritto enunciato

«Le controversie relative al rinnovo o alla proroga di un precedente contratto stipulato da una società “in house” appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, dal momento che concernono comportamenti rispetto ai quali le parti assumono posizioni paritetiche e non già l’esercizio, anche mediato, di poteri autoritativi della pubblica amministrazione. Non implicano, dunque, un sindacato amministrativo la scelta della società di stipulare polizze senza ricorrere a una gara o a una nuova procedura di affidamento diretto» (Cass. civ., Sez. Un., 28 febbraio 2023, n. 5972, rv. 667016-01).

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
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Tel+39 0673000227

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SOCIETARIO: NATURA GIURIDICA DELLE SOCIETÀ “IN HOUSE PROVIDING”

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Art. 16 del TUSP

Definizione del modello in house providing

L’in house providing è un modello organizzativo di gestione diretta del servizio pubblico, realizzato tramite un ente formalmente distinto dalla Pubblica Amministrazione, ma assimilabile, sul piano sostanziale, a un prolungamento della stessa.

Ontologicamente, rappresenta un modello opposto all’esternalizzazione (outsourcing), coniugando il principio di auto-organizzazione delle autorità pubbliche con la tutela della concorrenza. Questo principio riconosce alle Pubbliche Amministrazioni la facoltà di organizzare e svolgere compiti di interesse pubblico tramite risorse proprie, senza obbligo di ricorrere a soggetti esterni (Corte di Giustizia UE, 13 novembre 2008, causa C-324/07; 10 settembre 2009, causa C-573/2009; 8 dicembre 2016, causa C-553/15).

Origini giurisprudenziali: il caso Teckal

L’istituto dell’in house providing risale al 1999, con il noto caso Teckal (Corte di Giustizia UE, 18 novembre 1999, causa C-107/98).

In tale occasione, i giudici europei hanno individuato due condizioni che legittimano l’affidamento diretto del servizio pubblico in deroga alle regole competitive:

1. Controllo analogo: l’Amministrazione esercita sull’affidatario un controllo simile a quello esercitato sui propri servizi.

2. Prevalenza intra moenia: l’attività dell’affidatario è svolta principalmente a favore dell’ente pubblico affidante.

Questi requisiti escludono un rapporto contrattuale intersoggettivo tra aggiudicante e affidatario, definendo così una relazione organica (Cons. Stato, Ad. Plen., 3 marzo 2008, n. 1; Corte Cost., 20 marzo 2013, n. 46).

Normativa italiana: dal Codice dei Contratti al TUSP

Nel sistema italiano, il modello in house è stato formalizzato con il D.Lgs. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici). Successivamente, il TUSP (Testo Unico sulle Società Partecipate) ha tipizzato ulteriormente il modello, dedicando una norma specifica alle società in house (articolo 16).

Requisiti delle società in house

Secondo il TUSP, una società in house deve rispettare i seguenti requisiti:

1. Prevalenza dell’attività:

• Deve operare prevalentemente con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti.

• Il fatturato derivante da tali attività deve superare l’80% del totale (art. 16, co. 3, TUSP).

• Il mancato rispetto di questa soglia costituisce una “grave irregolarità” (art. 16, co. 4, TUSP), sanabile tramite rinuncia ai contratti eccedenti o agli affidamenti diretti (Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2020, n. 444).

2. Controllo analogo:

• L’Amministrazione deve esercitare sulla società un controllo determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative (art. 2, co. 1, lett. c, TUSP).

• È sufficiente che il controllo sia esercitato dal socio pubblico di maggioranza, senza necessità che tutte le Amministrazioni partecipanti coincidano (Cass. civ., Sez. Un., 1 ottobre 2021, n. 26738).

Compatibilità con il diritto europeo

Il Consiglio di Stato ha confermato la compatibilità delle disposizioni italiane con la direttiva UE 2014/23. In particolare, il limite quantitativo di fatturato garantisce che il funzionamento delle società in house sia improntato a regole interne che ne conformino l’operatività (Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2020, n. 444).

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