PENALE, GOVERNO MELONI ~ PROCURA: CRONACA DI UNA POLEMICA CAUSATA DA UN IMBARAZZANTE EQUIVOCO GIURIDICO-LESSICALE

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In questi ultimi giorni stiamo assistendo ad una querelle tra il Governo e la Procura di Roma che rasenta il grottesco per l’assurdità di un problema sollevato che è assolutamente inesistente sia dal punto di vista giuridico e giudiziario che, di conseguenza, anche dal punto di vista politico. Infatti, la fonte di questo scontro tra l’Esecutivo e la Procura è un imbarazzante equivoco giuridico-lessicale, ossia la confusione tra un’informazione di garanzia e una comunicazione di iscrizione al registro degli indagati.

Pertanto, è proprio questo equivoco tra i due termini suddetti ad aver generato un ridicolo dibattito politico, nonostante che dal punto di vista giuridico la distinzione sia chiara e netta.

A tale proposito, urge fare delle specificazioni tecnico-giuridiche ed entrare nel merito della differenza tra un’informazione di garanzia e una comunicazione di iscrizione al registro degli indagati, che per l’appunto è decisamente sostanziale. L’Associazione Nazionale Magistrati ha voluto chiarire che la comunicazione ricevuta da Meloni, Nordio e Piantedosi non è un’informazione di garanzia, ma un atto dovuto in base alla legge costituzionale n. 1/1989.

In particolare, questa legge prevede che, quando un ministro viene denunciato, la Procura non può svolgere indagini autonomamente ma deve trasmettere gli atti al Tribunale dei Ministri entro 15 giorni, informando gli interessati affinché possano presentare memorie o chiedere di essere ascoltati. L’iscrizione nel registro degli indagati, in questo caso, è un passaggio tecnico obbligato e non implica automaticamente responsabilità penali.

Quindi, se nel video Giorgia Meloni ha parlato di avviso di garanzia, si tratta di un’imprecisione. L’informazione di garanzia, infatti, è uno strumento del codice di procedura penale che viene notificato a un indagato quando si compiono atti che ne pregiudicano la difesa, come un interrogatorio o una perquisizione, mentre la comunicazione ricevuta in questo caso è un atto informativo previsto dalla legge per garantire il diritto di difesa nei procedimenti riguardanti i membri del governo.

Quindi, l’informazione di garanzia (spesso chiamata impropriamente avviso di garanzia) è disciplinata dall’art. 369 c.p.p. ed è finalizzata a garantire il diritto di difesa dell’indagato. Viene notificata quando il pubblico ministero deve svolgere un atto investigativo per il quale è prevista la presenza del difensore.

Nel caso di Giorgia Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi, non è stato emesso alcuna informazione di garanzia, ma una semplice comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati, come atto dovuto dopo la denuncia ricevuta, senza che ciò implichi un’accusa formale o l’avvio di un’indagine attiva da parte della Procura.

Per un maggiore approfondimento del tema in oggetto merita ricordare che le riforme Cartabia e Nordio hanno inciso profondamente sulla disciplina dell’informazione di garanzia e, più in generale, sul rapporto tra diritto di difesa, riservatezza e divulgazione delle indagini preliminari.

Pertanto, dí seguito, si riporta una succinta e schematica spiegazione della natura giuridica dell’informazione di garanzia.

1. L’informazione di garanzia: ratio e funzione

L’art. 369 c.p.p. ha sempre avuto una duplice finalità:

Garantire il diritto di difesa dell’indagato, permettendogli di essere informato del procedimento a suo carico e di nominare un difensore.

Consentire la partecipazione del difensore agli atti di indagine cosiddetti “garantiti”, ossia quelli per cui la legge prevede il diritto di assistere (es. interrogatori, perquisizioni, sequestri, accertamenti tecnici irripetibili).

L’informazione di garanzia, quindi, non è un atto d’accusa, ma un mezzo per assicurare il contraddittorio nelle indagini.

2. Le modifiche della riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022)

La riforma Cartabia ha introdotto il comma 1-ter all’art. 369 c.p.p., obbligando il pubblico ministero ad avvisare l’indagato e la persona offesa che possono accedere ai programmi di giustizia riparativa.

Questa modifica si inserisce in un’ottica di deflazione del contenzioso e di promozione di soluzioni alternative al processo penale.

3. Le novità della riforma Nordio (L. n. 114/2024)

La riforma Nordio ha avuto un impatto significativo sul regime della pubblicità delle indagini, introducendo due nuovi commi:

Comma 1-quater: disciplina la notificazione dell’informazione di garanzia, consentendo alla polizia giudiziaria di effettuarla in caso di urgenza, ma imponendo particolari cautele per garantire la riservatezza.

Comma 1-quinquies: introduce il divieto di pubblicazione del testo dell’informazione di garanzia fino alla conclusione delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare (art. 114, comma 2, c.p.p.), consentendo solo la pubblicazione del contenuto generico (art. 114, comma 7, c.p.p.).

Queste modifiche rispondono alla necessità di proteggere l’indagato dalla gogna mediatica, evitando che l’informazione di garanzia venga strumentalizzata a livello politico o giornalistico. Tuttavia, c’è il rischio che tale riservatezza si traduca in una minore trasparenza sulle indagini che coinvolgono figure pubbliche.

4. Confronto con il passato e implicazioni pratiche

Prima della riforma Nordio, l’informazione di garanzia spesso diventava di dominio pubblico, con conseguenze potenzialmente lesive per l’indagato, anche in assenza di reali sviluppi investigativi. Ad esempio:

• Caso Salvini (Open Arms, 2019): la notizia dell’informazione di garanzia fu subito diffusa sui media, influenzando il dibattito pubblico.

• Caso Conte, Speranza e altri (Covid, 2022): l’iscrizione nel registro degli indagati venne resa nota, nonostante la successiva archiviazione.

Con la riforma Nordio, questi scenari dovrebbero ridursi, almeno in teoria. Tuttavia, rimangono alcuni problemi aperti:

1. Efficacia delle misure di riservatezza – Il divieto di pubblicazione sarà effettivamente rispettato? E quali sanzioni scatteranno in caso di violazione?

2. Equilibrio tra riservatezza e diritto di cronaca – Se da un lato si tutela la presunzione di innocenza, dall’altro si riduce la trasparenza su indagini di interesse pubblico.

3. Possibili effetti sulle indagini – La minore pubblicità delle indagini potrebbe limitare l’emersione di prove o testimonianze spontanee.

5. Considerazioni finali

Le riforme Cartabia e Nordio hanno cercato di bilanciare esigenze diverse:

• La Cartabia ha puntato sul rafforzamento della giustizia riparativa e del diritto di difesa.

• La Nordio ha introdotto garanzie più stringenti per la riservatezza degli indagati, contrastando l’uso politico-mediatico delle indagini.

In finale, resta da vedere come queste modifiche saranno applicate nella pratica e se riusciranno davvero a migliorare il sistema, senza sacrificare la trasparenza e il diritto di informazione.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
Piazza Mazzini, 27 – 00195 – Roma

Tel+39 0673000227

Cell. +39 3469637341

@: avv.bonanni.saraceno@gmail.com

@: info@versoilfuturo.org

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RIFORMA GIUSTIZIA: MALA TEMPORA CURRUNT!

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Avv. Paolo Nesta – Presidente del COA di Roma


Nell’assoluta indifferenza dei media, in riferimento ai gravosi problemi della Giustizia si insiste nel parlare di tutto eccetto l’annosa questione di coinvolgere l’Ordine dell’Avvocatura nel contribuire a trovare delle soluzioni fattive per il miglioramento della Giustizia in generale e dell’attività giudiziaria in particolare.
L’Ordine che garantisce e consente l’esercizio del principio del diritto alla difesa, sancito all’art. 24 della Costituzione, è mortificato da un sistema di conflitti di palazzo tra il potere esecutivo e il potere giudiziario.
Il nostro Presidente del COA di Roma Avv. Paolo Nesta continua a denunciare con tenacia e con grande coraggio questa incresciosa situazione, in rappresentanza di tutti NOI AVVOCATI, ma, ahimè, senza ricevere quell’attenzione e considerazione che il diritto alla difesa e quindi i cittadini tutti meriterebbero.

Dopo aver visto venire alla luce la Riforma Cartabia che a distanza di 2 anni è già stata rimaneggiata con un Correttivo e con tanti altri aspetti normativi che andrebbero emendati, si reitera questa deplorevole condotta da parte del legislatore da un lato e del potere giudiziario dall’altro di nn consultare l’Avvocatura, ossia colui che esercita in udienza e con cognizione di causa acquisisce contezza dei problemi che sorgono.

Negli Uffici legislativi l’avvocato è considerato come un elemento alieno e comunque non necessario, tanto da vedere redigere leggi, che, oltre a risultare sovente sgrammaticate nella loro forma, si dimostrano inefficaci e non funzionali nella sostanza, almeno per il raggiungimento dell’obiettivo riformatore prefissato.

La carenza dei Giudici di prossimità non fa e, purtroppo, non farà altro che peggiorare e ostacolare ulteriormente lo stato di diritto, complicando l’esercizio dell’attività di difesa degli avvocati e di conseguenza limitando il cittadino nel suo legittimo diritto di ricorrere alla Giustizia per far valere i propri diritti.

A tale proposito, si riporta di seguito un intervento del succitato Presidente del Consiglio dell’Ordine Avvocati di Roma l’Avv. Paolo Nesta:

“La voce dell’Avvocatura è stata completamente nascosta, oscurata, quasi che il dibattito sulla Riforma della Giustizia sia un dialogo a due fra Magistratura e Politica. Una situazione intollerabile che rende necessaria una forte mobilitazione della classe forense a livello nazionale.”
A parlare è il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Paolo Nesta, con una dura presa di posizione che non risparmia critiche tanto a certe componenti della Magistratura quanto a talune voci politiche che sembrano dimenticare il ruolo dell’avvocato nell’architettura giurisdizionale.
“All’inaugurazione dell’Anno Giudiziario in Corte d’Appello a Roma abbiamo sentito autorevoli esponenti della Magistratura dire che gli Avvocati sono portatori di interessi privati e dunque non dovrebbero avere voce in capitolo nel dibattito sulla Riforma – attacca Nesta – una posizione intollerabile che denota la totale ignoranza dei principi costituzionali del processo accusatorio che richiede un Giudice terzo e imparziale rispetto al Pubblico Ministero e al Difensore. Sono nozioni da primo anno di giurisprudenza, eppure vengono dimenticate.”
Il tema centrale è semplice: “La nostra Carta fondamentale all’articolo 111, comma 2, della Costituzione prevede la parità tra accusa e difesa – prosegue Nesta – eppure quando si parla di riforme, di separazione delle carriere tra giudici e pm, la voce degli Avvocati non viene minimamente ascoltata. Guardate al trattamento riservato all’Organismo Congressuale Forense, il cui intervento all’Anno Giudiziario è stato relegato in coda. Davanti a tutto questo l’Avvocatura deve reagire con forza.”
“Ci troviamo in una situazione drammatica per la Giustizia – conclude Nesta – in cui nel settore penale il processo telematico arranca, nel civile la durata media effettiva dei procedimenti a Roma in Tribunale è passata dai 433 giorni del 2022 ai 460 giorni del 2023, in cui nelle carceri si registra una drammatica epidemia di suicidi, 88 nel 2024. Davanti a questi brillanti risultati, forse è il caso di ascoltare anche i suggerimenti degli Avvocati. Che, lo ricordiamo a certi giudici, non sono portatori di interessi privati, ma di un interesse superiore: la difesa del Giusto Processo nell’interesse dei cittadini e per la tutela dello Stato di diritto.”

“Ubi societas ibi advocatus…”

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Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
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