
A Roma, il Tribunale di Sorveglianza sta vivendo una crisi senza precedenti. A denunciarlo è il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, che rilancia con forza l’allarme già espresso dalla Presidente dell’ufficio, Marina Finiti. Il problema? Una gravissima carenza di personale, che rischia di bloccare del tutto l’attività giudiziaria legata alle misure alternative alla detenzione.
Secondo i dati ufficiali, all’interno del Tribunale mancano ben 22 unità amministrative sulle 77 previste dalla pianta organica. Una situazione che ha del paradossale: sono rimasti in servizio soltanto 2 cancellieri su 14 e 3 direttori amministrativi su 6. Numeri che raccontano da soli l’enorme difficoltà in cui si trovano a operare magistrati, avvocati e personale giudiziario.
Il Presidente del COA di Roma: “Situazione drammatica e ingiusta”
A farsi portavoce della preoccupazione del mondo forense è il Presidente del COA di Roma, Paolo Nesta, che ha deciso di scrivere direttamente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per chiedere un intervento urgente.
“La situazione è drammatica – ha dichiarato Nesta –. Parliamo di un ufficio giudiziario che ha un ruolo fondamentale: è infatti competente su tutte le decisioni che riguardano la libertà personale dei detenuti. Purtroppo ci arrivano, soprattutto tramite i consiglieri Lepri e Comi, sempre più segnalazioni di casi in cui le persone restano in carcere anche quando avrebbero diritto a misure alternative, semplicemente perché manca il personale che possa lavorare i loro fascicoli”.
Diritti dei detenuti a rischio e carceri sempre più piene
La carenza di personale al Tribunale di Sorveglianza non è solo un problema organizzativo: si traduce in una grave violazione dei diritti delle persone detenute, in particolare di chi potrebbe accedere a forme di pena diverse dal carcere. E tutto ciò accade mentre continua a crescere l’allarme per il sovraffollamento carcerario, un fenomeno che mina la dignità e l’efficacia del sistema penitenziario italiano.
“È una condizione gravissima – ha aggiunto Nesta – che non può essere accettata in un Paese che vuole definirsi uno Stato di diritto. Per questo ho scritto al Ministro, chiedendo, insieme alla Presidente Finiti, che vengano prese tutte le misure necessarie per risolvere al più presto questa situazione intollerabile”.
Un’urgenza che riguarda tutti
La vicenda del Tribunale di Sorveglianza di Roma è solo uno dei tanti segnali di un sistema giustizia che, in Italia, fatica a garantire tempi e condizioni adeguate. Ma qui il problema è ancora più delicato: riguarda la libertà personale, i diritti dei detenuti e la credibilità delle istituzioni.
È urgente intervenire. E, soprattutto, non voltarsi dall’altra parte.
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