PENALE: CASS., IV SEZ., SENT. N. 10656/2024 SUL PRINCIPIO DELL’EQUIVALENZA DELLE CAUSE

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Principio dell’equivalenza delle cause

Il principio dell’equivalenza delle cause (o condicio sine qua non) è un criterio fondamentale del diritto penale utilizzato per valutare il rapporto di causalità tra una condotta e un evento.

Definizione

Secondo questo principio, tutte le condizioni che contribuiscono a determinare un evento sono considerate equivalenti e causali, purché l’evento non si sarebbe verificato senza di esse.

In altre parole, una condotta è causa di un evento se si può affermare che, eliminandola mentalmente, l’evento non si sarebbe verificato (test del conditio sine qua non).

Caratteristiche principali

1. Parità tra le condizioni:

• Non si distingue tra cause dirette, indirette o remote.

• Ogni elemento che abbia concorso a determinare l’evento è considerato causalmente rilevante.

2. Analisi controfattuale:

• Si procede con un ragionamento ipotetico, immaginando che l’azione o l’omissione non si sia verificata, per verificare se l’evento si sarebbe comunque prodotto.

3. Estensione:

• Anche fattori apparentemente secondari possono essere considerati causalmente rilevanti se hanno contribuito al verificarsi dell’evento.

Limiti del principio

• Cause sopravvenute anomale: Una causa sopravvenuta del tutto imprevedibile e straordinaria può interrompere il nesso causale, rendendo irrilevante la condotta iniziale.

Critiche sull’eccessiva ampiezza:

• Questo principio rischia di ampliare troppo il concetto di causalità, attribuendo responsabilità anche per condizioni marginali.

• Per bilanciare, si ricorre ad altri criteri, come il principio della causalità adeguata o il principio della sussunzione sotto leggi scientifiche.

Applicazioni giuridiche

Il principio trova applicazione in molteplici ambiti:

Omicidio colposo: Accertare se una condotta negligente abbia contribuito al decesso.

Responsabilità medica: Verificare se un’omissione o un errore abbiano determinato il peggioramento della salute del paziente.

Infortuni sul lavoro: Determinare il ruolo delle omissioni rispetto all’evento lesivo.

Esclusione del rapporto di causalità: il ruolo delle cause sopravvenute

Le cause sopravvenute idonee a escludere il rapporto di causalità sono solo quelle che:

1. Innescano un processo causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dalla condotta omissiva o commissiva dell’agente.

2. Danno luogo a uno sviluppo anomalo, imprevedibile e atipico, anche se eziologicamente riconducibile alla condotta dell’agente.

Fattispecie analizzata

La Corte ha esaminato un caso di responsabilità per omicidio colposo dovuto a violazione di norme antinfortunistiche.

In questo caso:

• La morte del lavoratore è stata causata da complicanze nosocomiali insorte durante il lungo periodo di immobilizzazione conseguente a gravi fratture vertebrali.

• La Corte ha escluso che le complicanze nosocomiali costituissero una causa esclusiva del decesso, confermando la rilevanza della condotta omissiva del responsabile.

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Foto Sentenza

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
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PIANO DI RISTRUTTURAZIONE SOGGETTO A OMOLOGAZIONE E POTENZIALE NATURA LIQUIDATORIA

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Piano di Ristrutturazione Soggetto a Omologazione (Pro)

Il Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (Pro), introdotto dall’articolo 64-bis del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (Ccii), rappresenta un’importante innovazione nella gestione delle crisi aziendali. Esso consente di derogare agli articoli 2740 e 2741 del Codice Civile, nonché alle norme che regolano la graduazione delle cause di prelazione, a condizione che la proposta ottenga l’approvazione unanime delle classi coinvolte.

Caratteristiche principali del Pro

Questo strumento:

• Si colloca tra gli strumenti di regolazione della crisi previsti dall’articolo 2, comma 1, lettera m-bis, del Ccii.

• Mira a privilegiare la ristrutturazione e la continuità aziendale, relegando la liquidazione giudiziale a una soluzione estrema.

• Presenta una natura ibrida che solleva dubbi interpretativi, specie in assenza di disposizioni normative specifiche per alcune fattispecie.

Il dibattito interpretativo

Un punto controverso riguarda l’applicabilità del Pro a piani di natura esclusivamente liquidatoria:

• Posizione iniziale: Molti interpreti hanno ritenuto che il Pro fosse riservato esclusivamente a progetti di continuità aziendale, sia diretta che indiretta, escludendo finalità meramente liquidatorie.

• Prime aperture giurisprudenziali: I Tribunali di Vicenza (17 febbraio 2023) e Mantova (24 ottobre 2023) hanno evidenziato la mancanza di norme che escludano esplicitamente piani liquidatori.

La decisione del Tribunale di Milano

Con il decreto del 24 ottobre 2024, il Tribunale di Milano ha ammesso un Pro a prevalente natura liquidatoria, sottolineando che:

• Il piano prevedeva la vendita ordinata del patrimonio immobiliare della società:

• Prima fase: Vendite al valore di pronto realizzo entro due anni dall’omologa.

• Seconda fase: Riduzione progressiva del prezzo per garantire l’integrale liquidazione entro tre anni.

• Le modalità di liquidazione devono essere conformi all’articolo 114 del Ccii, come richiamato dall’articolo 64-bis, comma 9, Ccii.

Il Collegio milanese ha ritenuto che il richiamo normativo all’articolo 114 del Ccii consenta di superare i dubbi sull’ammissibilità di un Pro liquidatorio, ampliando così il raggio d’azione dello strumento rispetto ai tradizionali concordati.

Conclusioni

Il PRO si configura come uno strumento dirompente, in grado di ridefinire le regole distributive e creare margini di negoziazione più ampi tra debitore e creditori rispetto al concordato preventivo o liquidatorio. Tuttavia, il controllo giudiziale sulla formazione delle classi rimane cruciale per garantire omogeneità e prevenire abusi.

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CRISI D’IMPRESA: I PRESUPPOSTI PER LE MISURE PROTETTIVE

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Tribunale di Modena, Civile, Sezione 3, Ordinanza del 22-07-2024, n. 6167

La vicenda processuale

Nell’aprile del 2022, la Guardia di Finanza notificava un processo verbale di contestazione al titolare di una società a responsabilità limitata, attiva nel settore del commercio di carburante. A tale episodio seguivano quattro avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, che conducevano a una crisi economica dell’impresa.

L’imprenditore presentava immediato ricorso avverso tali provvedimenti; tuttavia, il Giudice Tributario rigettava la domanda. In sede di gravame, il rigetto dell’istanza cautelare di sospensione della prima decisione faceva sì che l’Erario iscrivesse a ruolo gli ingenti importi dovuti.

Nel giugno del 2024, la società proponeva ricorso ex articolo 19 del Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), chiedendo al Tribunale di Modena:

• la conferma e applicazione delle misure protettive del patrimonio richieste con apposita istanza iscritta nel Registro delle Imprese;

• la sospensione degli obblighi indicati dall’articolo 20 del medesimo Codice, nei confronti dei creditori e delle banche.

Con il medesimo decreto, l’organo monocratico fissava l’udienza e nominava l’Ausiliario.

Le posizioni delle parti

Durante il procedimento:

• Agenzia delle Entrate: chiedeva il rigetto della domanda.

• Esperto: depositava un parere favorevole all’accoglimento delle richieste.

• Ausiliario: evidenziava numerose criticità del piano di risanamento proposto, rilevanti ai fini della decisione.

Esame del piano di risanamento

A metà luglio, il giudice sentiva tutte le parti coinvolte e analizzava il piano di risanamento aziendale, basato su:

1. Regolarizzazione dei debiti fiscali: tramite annullamento degli avvisi di accertamento già impugnati, in un’ottica conciliativa mediante i rimedi transattivi previsti dagli articoli 23 comma II bis, 63 o 88 del CCII.

2. Nuove entrate per la continuità aziendale: tramite prosecuzione delle attività e vendita di beni non necessari.

Il parere dell’Esperto rimodulava gli importi dovuti dalla società, ma il giudice rilevava che il piano non considerava valide alternative liquidatorie e mostrava criticità legate alla negligenza del debitore, come segnalato dalla Guardia di Finanza e dalla Procura della Repubblica.

Decisioni del giudice

1. Misure protettive:

• Sono state confermate con limiti temporali (fino a ottobre 2024) e soggettivi, per favorire trattative già avviate con i creditori.

• È stata esclusa l’operatività verso soggetti non formalmente coinvolti nel procedimento.

2. Misure cautelari:

• Rigettate per genericità o inutilità, in particolare nei confronti delle banche che avevano già concesso la sospensione delle linee di credito.

3. Ulteriori richieste:

• Il giudice ha ordinato maggiore chiarezza nel piano di risanamento aziendale e ha sottolineato l’importanza di un’alternativa liquidatoria in caso di mancato successo del piano.

• L’accertamento delle pretese erariali è stato rimesso alla competenza del giudice concorsuale.

4. Ruolo dell’Esperto e dell’Ausiliario:

• Confermata la facoltà di segnalare eventuali presupposti per la revoca o l’abbreviazione delle misure.

Conclusioni

Il Tribunale ha bilanciato la necessità di tutelare l’impresa con i diritti dei creditori, accogliendo parzialmente le misure protettive e rigettando quelle cautelari. La compensazione delle spese processuali è stata motivata dalla natura non contenziosa del procedimento.

L’ordinanza n. 6167 del 18 luglio 2024 conferma il ruolo centrale del dialogo tra le parti e della supervisione tecnica nel garantire trasparenza e sostenibilità delle soluzioni proposte.

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RESPONSABILITÀ PENALE DEL MEDICO: REATO COLPOSO OMISSIVO IMPROPRIO E LA SENTENZA “FRANZESE”

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Corte di Cassazione, Sezione Unite, Penale, Sentenza dell’11 settembre 2002, n. 30328

Sentenza Franzese del 2002: il rapporto di causalità nel reato colposo omissivo improprio

La Sentenza Franzese del 2002 ha definito i criteri per accertare il rapporto di causalità nel reato colposo omissivo improprio.

In tale contesto, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può essere basato esclusivamente sul coefficiente di probabilità statistica. È necessario verificarlo attraverso un giudizio di alta probabilità logica, che richiede di accertare quanto segue:

• Supponendo come compiuta l’azione che sarebbe stata doverosa, e

• Escludendo l’interferenza di decorsi causali alternativi,

l’evento, con un elevato grado di credibilità razionale:

1. Non si sarebbe verificato, oppure

2. Si sarebbe verificato in un momento significativamente posteriore o con una minore intensità lesiva.

Fattispecie concreta

Nel caso esaminato, è stata affermata la responsabilità di un sanitario per omicidio colposo. Tale responsabilità deriva dall’omissione di una diagnosi corretta, attribuibile a negligenza e imperizia, e dall’assenza di un intervento tempestivo che, se effettuato, avrebbe potuto salvare la vita del paziente.

Accertamento del rapporto di causalità nei reati omissivi impropri in ambito medico-chirurgico: principi di diritto

In relazione all’accertamento del rapporto di causalità, con particolare riferimento ai reati omissivi impropri e al settore medico-chirurgico, è necessario enunciare i seguenti principi di diritto:

a) Il nesso causale può essere riconosciuto quando, sulla base di un giudizio controfattuale condotto secondo una regola di esperienza generalizzata o una legge scientifica (universale o statistica), si accerti che, qualora il medico avesse posto in essere la condotta doverosa impeditiva dell’evento hic et nunc:

• L’evento non si sarebbe verificato, oppure

• Si sarebbe verificato in un momento significativamente successivo o con una minore intensità lesiva.

b) Non è consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso da una legge statistica la conferma o meno dell’ipotesi accusatoria sul nesso causale. Spetta al giudice verificare la validità di tale legge nel caso concreto, considerando le circostanze del fatto e l’evidenza disponibile. Il ragionamento probatorio deve:

• Escludere l’interferenza di fattori alternativi;

• Dimostrare, con un alto grado di credibilità razionale o probabilità logica, che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo.

c) In presenza di insufficienza, contraddittorietà o incertezza delle prove sulla ricostruzione del nesso causale, il ragionevole dubbio circa l’effettiva efficacia condizionante della condotta omissiva rispetto ad altri fattori contribuenti comporta l’assoluzione dell’imputato.

Ruolo della Corte di Cassazione

Alla Corte di Cassazione, in qualità di giudice di legittimità, è affidato il compito di controllare retrospettivamente la razionalità delle argomentazioni giustificative (cosiddetta giustificazione esterna). Tale controllo riguarda:

• I dati empirici utilizzati come prova dal giudice di merito;

• Le inferenze dedotte da tali dati;

• I criteri che sostengono le conclusioni del giudice di merito.

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Foto sentenza “Franzese

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RESPONSABILITÀ MEDICA E NESSO DI CAUSALITÀ: RAPPORTO TRA CONDOTTA OMISSIVA COLPOSA MEDICA ED EVENTO LETALE IN BASE AL CRITERIO DI ALTA PROBABILITÀ LOGICA

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Accertamento del nesso di causalità in caso di condotta omissiva colposa

Per stabilire la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva colposa addebitata al sanitario e l’evento letale, è necessario:

1. Accertare l’evento naturalisticamente accaduto

• È richiesto un giudizio esplicativo preliminare, che consenta di ricostruire cosa sia effettivamente accaduto.

2. Valutare l’efficacia della condotta omessa

• Occorre verificare se l’azione omessa, ove posta in essere, avrebbe potuto:

• Evitare l’evento.

• Ritardarne significativamente la verificazione.

3. Applicare un criterio di alta probabilità logica

• Non basta considerare un mero coefficiente di probabilità statistica.

• È necessario accertare, con un elevato grado di credibilità razionale, che l’azione doverosa:

• Avrebbe evitato l’evento.

• Avrebbe ridotto la gravità o ritardato l’evento in maniera significativa.

4. Tenere conto delle circostanze concrete

• La valutazione deve basarsi su:

• Informazioni scientifiche affidabili.

• Le specifiche condizioni del paziente e le contingenze significative del caso.

Questo approccio trova fondamento nei principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in particolare nella sentenza Franzese (Sezioni Unite, 10 luglio 2002).

Conclusione

Nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può essere affermato sulla base di semplici dati statistici, ma deve essere supportato da un giudizio di alta probabilità logica. Solo così si può affermare che l’evento lesivo non si sarebbe verificato, o si sarebbe verificato con minore intensità o in epoca significativamente posteriore, in assenza di decorsi causali alternativi.

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RESPONSABILITÀ MEDICA ED EVENTO LESIVO: IL MOMENTO INIZIALE DELLA CONDOTTA DEL MEDICO E LA SUCCESSIVA EVOLUZIONE DELLA PATOLOGIA

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Accertamento della responsabilità medica: causalità materiale e giuridica

In tema di responsabilità medica, è indispensabile accertare il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia. Solo così è possibile verificare se, laddove il sanitario avesse posto in essere la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato o differito.

Causalità materiale

Il primo profilo, inerente alla “causalità materiale”, è preliminare e deve essere accertato “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

Causalità giuridica

Il secondo profilo, che riguarda la “causalità giuridica”, si sostanzia in un giudizio controfattuale. Questo giudizio impone di accertare se la condotta omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento. Essendo ipotetico, tale giudizio è connaturato a un determinato tasso di probabilismo.

La giurisprudenza, per ricostruire il nesso causale, richiama il concetto di alta probabilità logica o credibilità razionale (Sezioni Unite, 10 luglio 2002, Franzese). Questo concetto impone di:

1. Tener conto di tutte le caratteristiche del caso concreto.

2. Integrare il criterio della frequenza statistica con elementi idonei a modificarla, poiché la statistica, da sola, non è sempre dirimente.

Complessità nelle patologie probabilistiche

In materia di responsabilità medica, l’accertamento della causalità giuridica diventa particolarmente complesso in relazione a patologie con eziologia probabilistica. Tali patologie, come i meccanismi della cancerogenesi, sono caratterizzate da:

• Incertezze sull’eziologia.

• Risposte individuali alle cure non prevedibili con certezza.

Di conseguenza, non sempre è possibile formulare in termini di alta probabilità logica il giudizio controfattuale.

Caso concreto: il ritardo nella diagnosi

Un esempio emblematico è rappresentato dalla decisione di annullare con rinvio una sentenza di condanna per omicidio colposo a carico di un medico dello sport. Il professionista, avendo in cura una paziente, aveva omesso:

• La richiesta di una consulenza specialistica ortopedica.

• La valutazione del progressivo accrescimento di una massa e del peggioramento delle condizioni della paziente.

Il medico aveva prescritto per mesi trattamenti fisiokinesiterapici per la cura di ematomi, nonostante il continuo accrescimento della neoformazione. Solo dopo circa nove mesi si è rilevato che si trattava di un sarcoma a cellule chiare partito dalla coscia destra.

L’approfondimento richiesto dalla Corte

La Corte ha sollecitato un approfondimento sulla base dell’accertamento tecnico, che aveva concluso:

• Anche con una diagnosi tempestiva, la probabilità di sopravvivenza a cinque anni non avrebbe superato il 25%.

Nel 75% edei casi, anche con una diagnosi e una terapia tempestive, la paziente sarebbe deceduta.

Questi elementi non hanno consentito di formulare, in termini di alta probabilità logica o credibilità razionale, il giudizio controfattuale richiesto per confermare la condanna.

Conclusioni

Questo caso evidenzia l’importanza di un approccio rigoroso nell’accertamento del nesso causale, tenendo conto delle peculiarità di ogni singolo caso e delle incertezze scientifiche che possono influenzare l’analisi della responsabilità medica.

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Foto dell’Ordinanza

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INAIL E VITTIME DELL’AMIANTO: RIVALUTAZIONE LIMITATA AL PERIODO DI EFFETTIVA E PROVATA ESPOSIZIONE AL RISCHIO

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Interpretazione dell’art. 13, comma 8, della Legge n. 257/1992: Rivalutazione del Periodo di Esposizione all’Amianto

Il disposto dell’art. 13, comma 8, della Legge n. 257/1992 va interpretato nel senso che, per i lavoratori esposti al rischio amianto per un periodo ultradecennale, è rivalutabile esclusivamente il periodo di lavoro di effettiva e provata esposizione al rischio.

Non si applica, invece, una rivalutazione all’intero periodo coperto da assicurazione obbligatoria contro l’amianto (ossia l’intero periodo di assicurazione all’INAIL, che include anche altri rischi oltre a quello dell’amianto). Tale interpretazione si basa su due considerazioni principali:

1. Evitare discriminazioni: Un’estensione generalizzata creerebbe un’ingiustificata discriminazione nei confronti dei lavoratori delle cave e miniere di amianto, nonché di quelli colpiti da malattie correlate a tale materiale.

2. Finalità della norma: La locuzione “intero periodo lavorativo” deve essere intesa, alla luce degli obiettivi della Legge n. 257/1992 (come evidenziato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 5 del 12 gennaio 2000), come il periodo effettivamente caratterizzato dal rischio di contrarre malattie. In altre parole, il periodo rivalutabile coincide con quello di esposizione qualificata al rischio di asbestosi.

Questa interpretazione garantisce una corretta applicazione della normativa in linea con le sue finalità di tutela dei lavoratori esposti al rischio amianto.

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AIGA: LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE DEI MAGISTRATI FUNZIONALE ALL’ATTUAZIONE DEL GIUSTO PROCESSO (EX ART. 111 COST.)

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La separazione delle carriere: tra giusto processo e riforme costituzionali

La separazione delle carriere rappresenta la concreta attuazione del giusto processo previsto dall’articolo 111 della nostra Costituzione”, ha affermato Carlo Foglieni, presidente nazionale di AIGA, durante un intervento a Bergamo presso la Fondazione Serughetti La Porta. L’occasione è stata il convegno dedicato alle proposte di riforma costituzionale e alla loro incidenza sugli equilibri tra i poteri dello Stato.

L’evento, organizzato da Laura Cocucci, referente locale dell’Area democratica per la giustizia, si inserisce nell’ambito della presentazione del libro “Loro dicono, noi diciamo”.

Il dibattito

Il convegno ha visto un’ampia partecipazione di cittadini ed è stato arricchito dagli interventi di esperti del settore, tra cui:

Barbara Pezzini, portavoce del Comitato Bergamasco per la difesa della Costituzione e costituzionalista dell’Università di Bergamo;

Maurizio Romanelli, procuratore di Bergamo;

Armando Spataro, coautore del libro.

Questi relatori hanno espresso preoccupazioni riguardo alle proposte di riforma costituzionale, come il premierato forte, l’autonomia differenziata e la separazione delle carriere. Secondo loro, tali riforme rischiano di violare tre principi fondamentali della Costituzione italiana:

1. La partecipazione democratica;

2. L’indipendenza della magistratura;

3. L’uguaglianza dei cittadini.

La posizione di AIGA

In risposta, il presidente Foglieni ha sottolineato che la giustizia rimane una materia di competenza esclusiva statale, dunque esclusa sia dall’autonomia differenziata sia dal premierato forte. Ha poi ribadito l’importanza della separazione delle carriere per garantire un processo equo:

“Essenziale per rendere il processo più equo e giusto perché lo assegna a un giudice terzo a garanzia dell’imparzialità della decisione”.

Infine, ha auspicato che la proposta di legge sulla separazione delle carriere possa essere approvata al più presto.

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OCF E AIGA CONTRO LA SANZIONE DI IMPROCEDIBILITÀ PER MANCATO PAGAMENTO DEL CONTRIBUTO UNIFICATO

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Riforma 2025: L’OCF e l’AIGA contro l’introduzione della sanzione sull’improcedibilità per mancato versamento del Contributo Unificato

L’Organismo Congressuale Forense (OCF) ha espresso con forza la propria contrarietà all’introduzione della sanzione di improcedibilità legata al mancato pagamento del Contributo Unificato, prevista dall’articolo 105 della Legge Finanziaria 2025. Anche gli emendamenti proposti, che introducono il versamento di un importo minimo per l’iscrizione della causa al ruolo, non riscuotono consensi, venendo definiti dall’OCF come una “barriera fiscale alla domanda di giustizia”, ritenuta di dubbia legittimità costituzionale.

Le critiche dell’Organismo Congressuale Forense

Secondo l’OCF, la norma crea discriminazioni e mina il principio dell’accesso universale alla giustizia, rendendo difficoltoso per molti cittadini avviare procedimenti legali. L’organismo sottolinea la necessità di rivedere radicalmente questa misura, proponendo invece un potenziamento delle attività di recupero delle somme già previste per i soggetti inadempienti.

“È fondamentale garantire il rispetto delle obbligazioni economiche senza violare il diritto all’accesso alla giustizia,” spiegano i rappresentanti dell’OCF, sottolineando come questa normativa rischi di compromettere i principi fondamentali del sistema giuridico italiano.

Anche l’Associazione Italiana Giovani Avvocati (AIGA) ha espresso il proprio dissenso. Carlo Foglieni, presidente nazionale dell’AIGA, ha dichiarato:

“Ci sembra l’ennesimo tentativo di subordinare l’amministrazione della giustizia a un semplice adempimento fiscale.”

Foglieni ha evidenziato come questa norma, così formulata, abbia l’unico obiettivo di favorire la riscossione fiscale, senza considerare le conseguenze processuali e sostanziali che potrebbe comportare. Tra queste, spicca la mancata iscrizione a ruolo di un giudizio, con ripercussioni gravi per i diritti dei cittadini.

Effetti negativi per la classe forense

La norma non solo penalizza i cittadini, ma colpisce anche gli avvocati, che si troverebbero “moralmente obbligati” ad anticipare gli oneri fiscali per conto dei propri assistiti, secondo Foglieni. Questo svilirebbe la funzione del mandato difensivo, trasformando gli avvocati in esattori per conto dello Stato.

L’ANF: “Un provvedimento ingiusto e privo di logica”

Giampaolo Di Marco, segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense (ANF), ha definito questa misura una “gabella ingiusta e ingiustificata”. Aggiunge inoltre che l’obiettivo sembrerebbe essere quello di ridurre artificialmente il contenzioso per mostrare risultati in linea con il PNRR, mascherando un reale problema di gestione della giustizia.

Di Marco critica anche altre disposizioni legate alla norma, tra cui:

• L’iscrizione a ruolo immediata da parte di Equitalia Giustizia senza avvisi bonari preliminari.

• Una nuova sanzione economica per il superamento non autorizzato dei limiti dimensionali degli atti, che potrebbe arrivare fino al doppio del Contributo Unificato già versato.

Conclusioni

L’OCF, l’AIGA e l’ANF si oppongono fermamente a questa normativa, sottolineandone i risvolti negativi sia per i cittadini che per la classe forense. Chiedono con urgenza un ripensamento che eviti di trasformare l’accesso alla giustizia in un privilegio riservato a pochi. La riforma, così com’è, rischia di compromettere gravemente il sistema giuridico e la fiducia dei cittadini nello Stato di diritto.

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PROCESSO TRIBUTARIO: CASSAZIONE N. 32657 SULLA LEGITTIMITÀ DELL’AVVISO DI ACCERTAMENTO E SULLA DELEGA DI FIRMA

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La Cassazione, nella recente ordinanza n. 32657 del 2024, , ha affrontato un tema cruciale nel processo tributario relativo alla legittimità dell’avviso di accertamento e alla necessità di una corretta delega di firma ai sensi dell’art. 42, comma 1, del d.P.R. 29/09/1973 n. 600. In particolare, la Corte ha esaminato il caso in cui il contribuente, nel ricorso in primo grado, abbia sollevato il vizio di illegittima sottoscrizione dell’atto impositivo, sostenendo che il documento fosse privo di una rituale delega di firma.

Legittimità dell’Avviso di Accertamento: Il Ruolo della Delega di Firma

La questione centrale della sentenza riguarda la delegazione di firma in relazione agli atti impositivi. Secondo l’art. 42, comma 1, d.P.R. 600/1973, per la validità dell’avviso di accertamento, è necessario che l’atto sia sottoscritto da un soggetto che abbia una delega adeguata a tale scopo. La delega deve essere espressamente conferita per l’atto specifico e non per le funzioni generali.

Il Potere del Giudice di Verificare la Delega

Quando un contribuente solleva la questione della mancanza di legittimazione del soggetto che ha firmato l’avviso di accertamento, il giudice tributario è investito del potere di verificare il contenuto della delega prodotta dall’Agenzia delle Entrate. Il giudice ha il dovere di accertare se la delega sia idonea a garantire la corretta sottoscrizione dell’atto impositivo e se rispetti i requisiti previsti dalla legge. Tale verifica è fondamentale per stabilire se l’atto impugnato sia legittimo o meno.

La Sentenza e l’Appello: La Non Ultra Petizione

Nel caso in cui il contribuente sia contumace (ovvero non partecipi attivamente al processo), la Corte ha chiarito che il giudice d’appello non incorre in ultra petizione quando si pronuncia sulla delega di firma. Anche in assenza di un appello attivo da parte del contribuente, il giudice può comunque esaminare il contenuto della delega, poiché questa questione è essenziale per la validità dell’avviso di accertamento e per il corretto svolgimento del processo tributario.

Implicazioni Pratiche della Sentenza

  • Per i contribuenti: La sentenza della Cassazione sottolinea l’importanza di verificare la corretta delega di firma per gli avvisi di accertamento ricevuti. Qualora il documento impositivo risulti carente sotto questo profilo, il contribuente potrebbe contestarne la legittimità.
  • Per l’Amministrazione finanziaria: L’Amministrazione deve assicurarsi che la delega di firma sia conforme alla normativa e che i soggetti preposti alla sottoscrizione degli atti impositivi abbiano l’autorizzazione specifica.
  • Per i giudici tributari: La Cassazione ha ribadito il potere-dovere del giudice di esaminare la legittimità della delega, anche in assenza di una contestazione diretta da parte del contribuente.

Conclusioni

La Cassazione, nella recente ordinanza n. 32657 del 2024, conferma l’importanza di una corretta delega di firma per la validità degli atti impositivi e chiarisce che i giudici hanno il potere di esaminare la delega prodotta, anche in fase di appello, per garantire la legittimità dell’avviso di accertamento. Questa sentenza costituisce un importante riferimento per le imprese e i professionisti del settore tributario, offrendo maggiore chiarezza sui diritti dei contribuenti e sugli obblighi dell’Amministrazione finanziaria.

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