PROCEDURA PENALE: CASS. SS.UU. SULLA RIFORMA CARTABIA E I NUOVI TERMINI DI COMPARAZIONE IN APPELLO EX ART. 601, COMMA 3, C.P.P.

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La sentenza delle Sezioni Unite penali n. 42124/2024 si propone di chiarire alcuni aspetti fondamentali della riforma Cartabia, in particolare riguardo ai termini di comparizione nei giudizi di appello, come disciplinati dall’articolo 601, comma 3, del codice di procedura penale.

1. Tempi di comparizione: dalla vecchia alla nuova disciplina

Con l’entrata in vigore della riforma, il termine per la comparizione nei giudizi di appello è stato elevato da venti a quaranta giorni. Tuttavia, la Corte ha stabilito che questa nuova disciplina si applicherà solo agli atti d’impugnazione presentati a partire dal 1 luglio 2024. Fino a quella data, continueranno ad applicarsi i venti giorni previsti dalla normativa precedente. Questo chiarimento è particolarmente rilevante in un contesto caratterizzato da incertezze interpretative sulle disposizioni transitorie della riforma.

2. Regime transitorio e principio del tempus regit actum

La Corte ha affrontato una seconda questione, quella dell’applicazione del principio del “tempus regit actum” in relazione alle diverse norme processuali che si sono succedute. Si è stabilito che, nel caso di successione di leggi processuali, bisogna fare riferimento alla data della proposizione dell’impugnazione, piuttosto che a quella della deliberazione della sentenza impugnata. Questo perché il termine di comparizione è collegato alla tempistica del procedimento d’appello.

3. Conseguenze sanzionatorie e nullità di ordine generale

La sentenza ha anche chiarito che il mancato rispetto del termine di comparizione di quaranta giorni comporta una nullità di ordine generale, che deve essere eccepita entro i termini previsti dall’articolo 180 Cpp, ovvero prima della deliberazione della sentenza di secondo grado. Questa disciplina serve a garantire il diritto di difesa e a prevenire che l’imputato possa essere pregiudicato da una scadenza processuale che non ha avuto modo di conoscere adeguatamente.

4. Riflessione sulla disciplina “cartolare”

In conclusione, la Corte ha sottolineato la necessità di un’interpretazione coerente e omogenea delle norme per garantire la certezza del diritto. Si è evidenziato come la nuova disciplina si inserisca in un contesto di riforma più ampia della procedura penale, con l’obiettivo di semplificare e snellire i procedimenti, garantendo al contempo diritti e garanzie fondamentali per gli imputati.

L’importanza di questa sentenza risiede nel tentativo di armonizzare le diverse interpretazioni giurisprudenziali e fornire chiarimenti pratici per gli operatori del diritto, riflettendo sull’evoluzione della normativa processuale italiana.

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Le Sezioni Unite penali con la sentenza n. 42124/2024 hanno risolto il contrasto giurisprudenziale nato con l’entrata in vigore della riforma

Digitare il download sottostante per la lettura integrale della sentenza in formato pdf:

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RESPONSABILITÀ SANITARIA: VALIDITÀ DELLA CLAUSOLA “CLAIMS MADE”

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La recente ordinanza della Cassazione, n. 29483, ribadisce la legittimità della clausola “claims made” nei contratti assicurativi, in particolare in contesti di malpractice sanitaria. Questo tipo di clausola implica che la copertura assicurativa è attivata solo se la richiesta di risarcimento del danno da parte di un terzo viene presentata durante la validità del contratto. La Cassazione ha chiarito che tale clausola non deve essere considerata una decadenza convenzionale come previsto dall’art. 2965 del codice civile, poiché si basa su un evento non controllato dall’assicurato, ossia la denuncia di un danno da parte di un terzo.

Nella fattispecie, il tribunale di primo grado aveva ritenuto valida la clausola “claims made” e aveva rigettato la domanda di manleva fornita dall’azienda Ulss. Tuttavia, la Corte d’appello aveva dichiarato tale clausola nulla, definendola vessatoria e contraria alla normativa che regola le decadenze, portando a una parziale accettazione del gravame e condannando gli istituti assicurativi al pagamento dell’indennizzo.

La Cassazione, accogliendo parzialmente il ricorso, ha sostanzialmente rigettato l’interpretazione della Corte d’appello, richiamandosi a precedenti pronunce delle Sezioni Unite. Ha sottolineato che la clausola “claims made” rientra nella normale operatività del contratto di assicurazione contro i danni, poiché la sua efficacia dipende dall’iniziativa di un terzo, il che è coerente con la struttura del contratto stesso.

Pertanto, la Cassazione ha cassato la sentenza della Corte d’appello, rinviando la questione a un nuovo esame presso la stessa corte, ma in diversa composizione, per una decisione sul merito e sulle spese, sempre tenendo conto del principio di diritto appena affermato.

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La Suprema corte, ordinanza n. 29483 ha statuito che “non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 cod. civ.”

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