SOCIETARIO: SPOIL SYSTEM E LE SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA

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L’incarico di amministratore di società pubbliche e lo spoil system

Lo spoil system, o sistema delle spoglie, è un meccanismo di decadenza automatica degli incarichi dirigenziali. Tale decadenza non dipende dalle vicende del rapporto instaurato con il titolare dell’incarico, bensì dal rinnovo dell’organo politico.

Un quesito importante affrontato dalla Magistratura contabile riguarda l’equiparabilità tra l’incarico di amministratore di società a partecipazione pubblica e quello dirigenziale apicale. Se l’equiparazione non sussiste, la revoca dell’amministratore per applicazione dello spoil system potrebbe risultare illegittima.

Le società a partecipazione pubblica: uno statuto differenziato

La Riforma Madia e il Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica (Tusp)

Il settore delle società a partecipazione pubblica è stato riordinato con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Tusp), che ha:

• Razionalizzato e ridotto le partecipazioni pubbliche.

• Assicurato chiarezza normativa e promozione della concorrenza.

• Contenuto i costi pubblici e prevenuto la proliferazione di enti inefficienti.

Elementi di contaminazione pubblicistica

Le società pubbliche sono soggette a norme speciali che le differenziano dalle società private:

• Selezione pubblica per i soci privati (art. 17 Tusp).

• Limiti ai compensi e alla composizione degli organi sociali (art. 11 Tusp).

• Giurisdizione della Corte dei Conti per danno erariale nelle società in house (art. 12 Tusp).

L’articolo 4 del Tusp specifica che le amministrazioni pubbliche possono costituire o partecipare a società solo per attività strettamente legate alle loro finalità istituzionali.

La procedura di deliberazione pubblicistica e privatistica

Il Tusp stabilisce un doppio iter per la costituzione o acquisizione di partecipazioni:

1. Fase pubblicistica:

• Motivazione analitica sulla necessità della società rispetto alle finalità istituzionali (art. 5, Tusp).

• Compatibilità con principi di efficienza, sostenibilità finanziaria e norme europee sugli aiuti di Stato.

2. Fase privatistica:

• Stipula del contratto societario.

La Corte di Cassazione ha chiarito che le decisioni pubblicistiche si esauriscono nella scelta iniziale, mentre l’attività successiva segue il diritto privato (Cass. civ., Sez. Un., 19 febbraio 2024, n. 4413).

La natura giuridica delle società pubbliche

La giurisprudenza ha a lungo dibattuto la natura giuridica delle società pubbliche. Attualmente prevale l’orientamento che le considera soggetti di diritto privato, con un rapporto autonomo rispetto all’ente pubblico socio (Cass. civ., Sez. Un., 14 marzo 2022, n. 8186).

Lo spoil system e le società pubbliche

I presupposti dello spoil system

Lo spoil system si applica agli incarichi:

• Dirigenziali apicali.

• Fondati su rapporti fiduciari legati all’indirizzo politico dell’organo nominante.

Tuttavia, la Consulta ha limitato l’uso dello spoil system per salvaguardare i principi di buon andamento e continuità amministrativa (art. 97 Cost.).

Inapplicabilità agli amministratori delle società pubbliche

Secondo la Magistratura contabile, la revoca degli amministratori di società pubbliche non può basarsi su considerazioni politiche, ma deve seguire le regole del diritto societario. Gli atti di gestione restano autonomi dall’ente pubblico socio, che non può esercitare poteri autoritativi o discrezionali (Cass. civ., Sez. Un., 19 febbraio 2024, n. 4413).

In sintesi: gli amministratori delle società pubbliche non sono equiparabili ai dirigenti apicali soggetti allo spoil system.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
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SOCIETARIO: RIPARTO GIURISDIZIONALE SULLE CONTROVERSIE INERENTI AI CONTRATTI DELLE “SOCIETÀ IN HOUSE”

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Criteri costituzionali di riparto della giurisdizione

I criteri di riparto della giurisdizione sono stabiliti dagli articoli 103 e 113 della Costituzione, che distinguono tra diritti soggettivi e interessi legittimi:

• Art. 113, co. 1, Cost.: garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della Pubblica Amministrazione.

• Art. 103, co. 1, Cost.: attribuisce al giudice amministrativo la tutela degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.

Giurisdizione esclusiva e potere pubblico

In relazione alla giurisdizione esclusiva, la Corte Costituzionale ha chiarito che:

1. Il legislatore deve rispettare i limiti fissati dalla Costituzione nella distribuzione delle funzioni giurisdizionali tra giudici ordinari e amministrativi (Corte Cost., 6 luglio 2004, n. 204).

2. Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva devono condividere la natura delle materie attribuite alla giurisdizione generale di legittimità, ovvero essere caratterizzate dall’esercizio del potere pubblico autoritativo (Corte Cost., n. 204/2004).

Profili privatistici e pubblicistici nelle società in house

Il TUSP (Testo Unico sulle Società Partecipate) combina aspetti pubblicistici e privatistici. Questa natura mista assume particolare rilevanza nella ripartizione della giurisdizione tra il giudice amministrativo e quello ordinario.

Controversie sui contratti delle società in house

La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ha chiarito che le controversie relative al rinnovo o alla proroga dei contratti stipulati da società in house rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario.

Principio di diritto enunciato

«Le controversie relative al rinnovo o alla proroga di un precedente contratto stipulato da una società “in house” appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, dal momento che concernono comportamenti rispetto ai quali le parti assumono posizioni paritetiche e non già l’esercizio, anche mediato, di poteri autoritativi della pubblica amministrazione. Non implicano, dunque, un sindacato amministrativo la scelta della società di stipulare polizze senza ricorrere a una gara o a una nuova procedura di affidamento diretto» (Cass. civ., Sez. Un., 28 febbraio 2023, n. 5972, rv. 667016-01).

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SOCIETARIO: NATURA GIURIDICA DELLE SOCIETÀ “IN HOUSE PROVIDING”

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Art. 16 del TUSP

Definizione del modello in house providing

L’in house providing è un modello organizzativo di gestione diretta del servizio pubblico, realizzato tramite un ente formalmente distinto dalla Pubblica Amministrazione, ma assimilabile, sul piano sostanziale, a un prolungamento della stessa.

Ontologicamente, rappresenta un modello opposto all’esternalizzazione (outsourcing), coniugando il principio di auto-organizzazione delle autorità pubbliche con la tutela della concorrenza. Questo principio riconosce alle Pubbliche Amministrazioni la facoltà di organizzare e svolgere compiti di interesse pubblico tramite risorse proprie, senza obbligo di ricorrere a soggetti esterni (Corte di Giustizia UE, 13 novembre 2008, causa C-324/07; 10 settembre 2009, causa C-573/2009; 8 dicembre 2016, causa C-553/15).

Origini giurisprudenziali: il caso Teckal

L’istituto dell’in house providing risale al 1999, con il noto caso Teckal (Corte di Giustizia UE, 18 novembre 1999, causa C-107/98).

In tale occasione, i giudici europei hanno individuato due condizioni che legittimano l’affidamento diretto del servizio pubblico in deroga alle regole competitive:

1. Controllo analogo: l’Amministrazione esercita sull’affidatario un controllo simile a quello esercitato sui propri servizi.

2. Prevalenza intra moenia: l’attività dell’affidatario è svolta principalmente a favore dell’ente pubblico affidante.

Questi requisiti escludono un rapporto contrattuale intersoggettivo tra aggiudicante e affidatario, definendo così una relazione organica (Cons. Stato, Ad. Plen., 3 marzo 2008, n. 1; Corte Cost., 20 marzo 2013, n. 46).

Normativa italiana: dal Codice dei Contratti al TUSP

Nel sistema italiano, il modello in house è stato formalizzato con il D.Lgs. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici). Successivamente, il TUSP (Testo Unico sulle Società Partecipate) ha tipizzato ulteriormente il modello, dedicando una norma specifica alle società in house (articolo 16).

Requisiti delle società in house

Secondo il TUSP, una società in house deve rispettare i seguenti requisiti:

1. Prevalenza dell’attività:

• Deve operare prevalentemente con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti.

• Il fatturato derivante da tali attività deve superare l’80% del totale (art. 16, co. 3, TUSP).

• Il mancato rispetto di questa soglia costituisce una “grave irregolarità” (art. 16, co. 4, TUSP), sanabile tramite rinuncia ai contratti eccedenti o agli affidamenti diretti (Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2020, n. 444).

2. Controllo analogo:

• L’Amministrazione deve esercitare sulla società un controllo determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative (art. 2, co. 1, lett. c, TUSP).

• È sufficiente che il controllo sia esercitato dal socio pubblico di maggioranza, senza necessità che tutte le Amministrazioni partecipanti coincidano (Cass. civ., Sez. Un., 1 ottobre 2021, n. 26738).

Compatibilità con il diritto europeo

Il Consiglio di Stato ha confermato la compatibilità delle disposizioni italiane con la direttiva UE 2014/23. In particolare, il limite quantitativo di fatturato garantisce che il funzionamento delle società in house sia improntato a regole interne che ne conformino l’operatività (Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2020, n. 444).

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CRISI D’IMPRESA: LIMITI FUNZIONALI DELLA FINANZA ESTERNA NEL CONCORDATO IN CONTINUITÀ

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Art. 112, comma 2, CCII

Il meccanismo dell’omologazione trasversale e le incertezze applicative: analisi giurisprudenziale e normative

Il meccanismo dell’omologazione trasversale (cross class cram down) – che distribuisce il valore di liquidazione seguendo la regola della priorità assoluta, mentre il surplus rispetto al valore di liquidazione può essere ripartito secondo la priorità relativa – presenta ancora, nonostante le recenti modifiche al Codice della crisi, diversi profili di incertezza applicativa.

Pertanto, si evidenzia come l’individuazione del concetto di «valore di liquidazione» sia stata una delle questioni più complesse affrontate negli ultimi anni dalla giurisprudenza. Il decreto correttivo ter ha chiarito che il valore di liquidazione è quello ottenibile dalla vendita di beni e diritti in sede di liquidazione giudiziale, includendo l’eventuale maggior valore derivante dalla cessione dell’azienda in esercizio e le ragionevoli prospettive di realizzo di azioni legali.

La definizione del surplus concordatario: dibattito giurisprudenziale

In assenza di un intervento legislativo chiaro, il concetto di surplus concordatario continua a essere oggetto di dibattito. Un recente caso affrontato dalla Corte d’Appello di Brescia (sentenza del 13 novembre 2024) ha fornito un’importante interpretazione dell’articolo 112, comma 2, del Codice della crisi. La Corte ha rigettato un ricorso che sosteneva un’erronea interpretazione del valore «eccedente quello di liquidazione».

La reclamante riteneva che tale valore dovesse includere anche gli apporti di finanza esterna, sostenendo che questi ultimi, essendo destinati alla continuità aziendale, rappresentassero un surplus concordatario. Tuttavia, i giudici bresciani hanno evidenziato due aspetti chiave:

1. Mancanza di indicazione del valore di liquidazione: La proposta della società non riportava con precisione il valore di liquidazione, impedendo una valutazione certa del surplus concordatario.

2. Non assimilabilità della finanza esterna al surplus concordatario: La Corte ha richiamato l’articolo 84, comma 6, del Codice della crisi, che permette la distribuzione delle risorse esterne in deroga alle regole ordinarie, escludendole dal valore eccedente quello di liquidazione.

Tre regole distributive e implicazioni sul concordato preventivo

La previsione di tre diverse regole distributive – assoluta priorità (APR), priorità relativa (RPR) e libera distribuzione delle fonti – conferma che la finanza esterna non può essere assimilata al surplus concordatario. Tale conclusione ha implicazioni rilevanti per l’omologazione del concordato preventivo con continuità, poiché le risorse esterne non possono essere considerate nell’applicazione del meccanismo dell’omologazione trasversale.

La questione assume particolare rilevanza in relazione al voto della classe “maltrattata” o “svantaggiata” ai sensi dell’articolo 112, comma 2, del Codice della crisi. Secondo i giudici bresciani, se la proposta di concordato non prevede la generazione di un surplus da continuità ma si limita a prevedere apporti di finanza esterna, questa non disporrà di un valore distribuibile secondo priorità relativa, escludendo così l’applicabilità dell’omologazione trasversale.

Conclusioni

In base a questa interpretazione, il ruolo della finanza esterna nei concordati in continuità risulta limitato. Essa rileva principalmente per la verifica della convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria, senza però consentire deroghe alle regole ordinarie di approvazione del concordato previste dall’articolo 109 del Codice della crisi.

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CRISI D’IMPRESA (CORRETTIVO TER): LE MISURE DI RILEVAZIONE DELLA CRISI O DELL’INSOLVENZA PREVISTE DAL NUOVO IV COMMA DELL’ART. 4 DEL CCII

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La rilevanza del comma 4 dell’art. 4 del CCII

Il nuovo comma 4 dell’articolo 4, del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, come modificato dal Dlgs 13 settembre 2024, n. 136, stabilisce che i segnali indicati, anche prima dell’emergere della crisi o dello stato di insolvenza, facilitano la previsione descritta al comma 3. Tra questi segnali rientrano:

• L’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni, pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni.

• L’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni, di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti.

• L’esistenza di esposizioni verso banche o altri intermediari finanziari, scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti concessi, purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni.

• L’esistenza di una o più esposizioni debitore previste dall’articolo 25-novies, comma 1.

Novità introdotte

Un’importante novità rispetto alla versione precedente è l’introduzione dell’obbligo di predisporre misure idonee e assetti organizzativi adeguati, capaci di rilevare segnali di crisi o insolvenza prima che si manifestino.

Alla luce delle recenti modifiche normative, l’integrazione di tali informazioni in report periodici formalizzati è diventata ancora più indispensabile rispetto a quanto previsto nella precedente formulazione del comma 3 dell’articolo 3 del Codice della crisi.

Aspetti operativi

L’inserimento di questi dati nei report economici, finanziari e patrimoniali, da redigere almeno su base trimestrale e inseriti in un sistema più ampio di pianificazione, programmazione e controllo, rappresenta:

• Una prassi utile per una corretta gestione aziendale.

• Un comportamento responsabile da parte degli organi delegati e del Consiglio di amministrazione.

Obblighi degli organi aziendali

Gli organi delegati e il Consiglio di amministrazione sono tenuti a:

• Garantire l’adeguatezza degli assetti organizzativi aziendali.

• Prevenire eventuali inadempienze formali.

• Assicurare una gestione aziendale improntata alla prevenzione e al controllo continuo.

Questi obblighi mirano a rafforzare una governance responsabile e orientata alla tutela della continuità aziendale.

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CRISI D’IMPRESA: POSTERGAZIONE DEI FINANZIAMENTI INESIGIBILI DEI SOCI E RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI

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Art. 2467 Cod.Civ., I comma: << Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori>>

Erogazione di finanziamenti da parte dei soci

L’erogazione di finanziamenti da parte dei soci, in qualsiasi forma effettuati, se concessi in un momento di eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto, o in una situazione finanziaria che avrebbe richiesto un conferimento, comporta, ai sensi dell’articolo 2467 del Codice civile, la postergazione del rimborso rispetto alla soddisfazione degli altri creditori.

La norma è volta a contrastare il fenomeno della sottocapitalizzazione, ovvero la tendenza dei soci a trasferire sui creditori il rischio derivante dalla continuazione delle attività in crisi attraverso finanziamenti rimborsabili, anziché conferimenti irredimibili (salvo liquidazione).

Responsabilità degli amministratori e postergazione

In questo contesto, è rilevante la responsabilità dell’amministratore che rimborsi al socio un finanziamento postergato (ex articolo 2467) e di chi, successivamente subentrato, non richieda la restituzione.

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 1729 del 15 ottobre 2024, ha affrontato la questione. La sentenza riforma la decisione del Tribunale di Firenze (n. 1048 dell’11 aprile 2022), che aveva imputato al liquidatore l’omessa azione di ripetizione per il recupero di somme rimborsate illegittimamente alla socia controllante.

Secondo i giudici d’appello, la postergazione determina l’inesigibilità temporanea del diritto del socio alla restituzione del finanziamento fino al superamento della difficoltà economico-finanziaria. I crediti postergati, pur esistenti, certi e liquidi, non sono esigibili. Divengono tali solo quando la situazione di squilibrio è risolta o gli altri creditori sono soddisfatti.

L’amministratore che effettua il rimborso nonostante l’inesigibilità temporanea rischia di essere chiamato a risarcire i danni pari ai debiti non soddisfatti dei creditori.

Limiti all’azione di restituzione

Non vi è dubbio sulla responsabilità degli amministratori che abbiano rimborsato finanziamenti postergati in violazione dell’articolo 2467. Tuttavia, secondo la Corte fiorentina, non è possibile agire contro il successore che ometta di richiedere la restituzione di somme rimborsate illegittimamente.

La postergazione ex articolo 2467 opera durante la vita della società e non solo con l’apertura del concorso formale con i creditori. La normativa limita l’obbligo di restituzione ai rimborsi effettuati nell’anno precedente la domanda di apertura della procedura concorsuale, con azione esperibile dal curatore ai sensi dell’articolo 164, comma 2, del Codice della crisi.

Azione revocatoria fallimentare e limiti normativi

L’azione di inefficacia prevista dall’articolo 164 del Codice della crisi non è una semplice azione di ripetizione di indebito, ma una revocatoria fallimentare ex lege, analoga a quella dell’articolo 65 della legge fallimentare.

La Suprema Corte (Cassazione, n. 15196/2024) ha chiarito che non è configurabile un’ordinaria azione di ripetizione per i rimborsi effettuati in violazione dell’articolo 2467. Questo deriva dall’articolo 1185 del Codice civile, che impedisce la ripetizione di pagamenti anticipati. Il rimborso di un finanziamento postergato è infatti un pagamento di un debito esistente, anche se temporaneamente inesigibile, e quindi irripetibile.

Possibile responsabilità omissiva

Seguendo la logica della Corte, potrebbe ipotizzarsi una responsabilità omissiva per l’amministratore che, dopo un rimborso illegittimo, non abbia avviato tempestivamente il concorso dei creditori. Questo consentirebbe di legittimare l’azione ex articolo 164 per la restituzione dei finanziamenti indebitamente riscossi.

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CRISI D’IMPRESA (CORRETTIVO TER): STRUMENTI RISOLUTIVI DELLA CRISI PER LE IMPRESE AGRICOLE

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La legge fallimentare del 1942 e la tutela dell’imprenditore agricolo

La legge fallimentare del 1942 ha introdotto una distinzione significativa tra imprenditori commerciali e imprenditori agricoli: solo i primi erano soggetti a fallimento. Gli imprenditori agricoli (compresi i coltivatori diretti) erano esonerati dal fallimento, in quanto esposti non solo al rischio d’impresa, ma anche a rischi ambientali, come calamità naturali, stagioni avverse, piogge e grandinate.

Questo principio è rimasto immutato nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), istituito con il Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, e aggiornato dal D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (Correttivo Ter).

Obiettivi del CCII

Il CCII mira a:

• Intercettare tempestivamente stati di crisi reversibili.

• Fronteggiare insolvenze irreversibili.

• Offrire strumenti deflattivi come le dottrine internazionali “second chance” (seconda opportunità) e “fresh start” (ripartenza pulita).

Imprese agricole e strumenti di ristrutturazione

Data la peculiarità del rischio ambientale oltre che d’impresa, le imprese agricole, incluse quelle di grandi dimensioni, accedono agli strumenti deflattivi della crisi riservati alle imprese minori.

Criteri per definire le imprese minori (sottosoglia):

Un’impresa è definita “minore” se, nei tre esercizi antecedenti il deposito del piano di ristrutturazione, rispetta simultaneamente i seguenti requisiti:

• Attivo patrimoniale inferiore a 300.000 euro annui.

• Ricavi inferiori a 200.000 euro annui.

• Ammontare debitorio, anche non scaduto, inferiore a 500.000 euro.

Segnali di crisi nelle imprese agricole

Individuare segnali di crisi nelle imprese agricole è complesso, soprattutto per quelle con contabilità semplificata. Tuttavia, il professionista può rilevare squilibri economico-finanziari osservando:

• Mancati pagamenti di stipendi, mutui, leasing e fornitori.

• Ritardi nei pagamenti di fitti o altri obblighi finanziari.

Strumenti legislativi per le imprese agricole in crisi

Gli strumenti disponibili rientrano principalmente nelle procedure di sovraindebitamento (ex Legge 3/2012, ora disciplinate dagli artt. 67 e seguenti CCII), tra cui:

• Concordato minore (art. 74 CCII), con possibile conversione in procedura liquidatoria (art. 83 CCII).

Composizione negoziata della crisi (art. 17 CCII)

Accessibile solo alle aziende agricole iscritte in Camera di Commercio, offre vantaggi significativi, tra cui:

• Misure protettive e cautelari (artt. 18-19 CCII) selettive verso specifici creditori, per preservare il raccolto e la produzione.

• Possibilità di avviare una transazione fiscale (art. 23, comma 2-bis CCII), introdotta dal D.Lgs. 136/2024, per proporre il pagamento parziale o dilazionato dei debiti tributari.

Ruolo dell’esperto nella composizione negoziata

L’esperto, nominato dalla Camera di Commercio, svolge un ruolo cruciale nel processo:

• Media tra l’imprenditore e i creditori.

• Rafforza la credibilità dell’imprenditore.

• Valuta la fattibilità della ristrutturazione.

Strumenti operativi per la continuità aziendale (art. 22 CCII)

Il tribunale può autorizzare l’imprenditore a:

• Contrarre finanziamenti prededucibili (anche da soci).

• Trasferire azienda o rami d’azienda senza gli effetti dell’art. 2560, comma 2, c.c., tutelando lavoratori e creditori.

Conclusione

Il progressivo aumento dell’utilizzo della composizione negoziata dimostra la sua efficacia come strumento di continuità aziendale, differenziandosi nettamente dalle procedure liquidatorie. La sua integrazione nel CCII segna una nuova era per la gestione delle crisi, specialmente per le imprese agricole, valorizzandone la specificità e fornendo soluzioni moderne per la loro ripresa economica.

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