COMPOSIZIONE NEGOZIATA: È AMMESSA IN CASO DI PIANO LIQUIDATORIO?

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Tribunale di Verona

La questione: composizione negoziata e mancata continuità aziendale

Una delle tematiche più discusse in materia di composizione negoziata della crisi riguarda la possibilità di accedere alle misure protettive anche quando il piano dell’impresa non prevede la prosecuzione dell’attività aziendale. È il caso della cosiddetta composizione negoziata liquidatoria.

Molti tribunali si sono già espressi su domande di accesso alla composizione negoziata in assenza di concrete prospettive di risanamento operativo.

Il precedente di Mantova: composizione negoziata anche in fase liquidatoria

Con ordinanza del 4 dicembre 2024, il Tribunale di Mantova ha ammesso che la composizione negoziata possa essere utilizzata anche in presenza di insolvenza conclamata, non solo di stato di crisi. Secondo i giudici mantovani, la procedura può essere funzionale anche a una liquidazione ordinata del patrimonio, purché accompagnata da iniziative concrete, come l’apporto di beni personali da parte del debitore.

In quel caso, la prosecuzione dell’attività era solo temporanea e strumentale alla dismissione degli asset.

Il caso opposto di Verona: misure protettive negate

Di segno opposto è il decreto del Tribunale di Verona del 10 marzo 2025, che ha rigettato la conferma delle misure protettive per un’impresa la cui proposta aveva finalità esclusivamente liquidatorie.

La società ricorrente:

era inattiva; non aveva dipendenti né risorse; intendeva cedere l’unico immobile a un terzo (che non aveva nemmeno presentato un’offerta vincolante); non indicava modalità di soddisfazione dei creditori.

Il piano non conteneva alcuna prospettiva di continuità aziendale, né in proprio né tramite cessione dell’attività. I giudici hanno rilevato la mancanza di dati economici e patrimoniali prospettici (come ricavi, costi e fonti di finanziamento). Di fatto, si trattava di una mera liquidazione del patrimonio, priva di una vera strategia di risanamento.

I requisiti del piano di risanamento secondo il Codice della crisi

Il piano di risanamento ex art. 19, comma 2, lett. d), del Codice della crisi d’impresa deve:

illustrare in modo completo ed esaustivo le iniziative dell’impresa; contenere una prospettiva di continuità aziendale, anche per cessione a terzi.

Non è sufficiente un piano “di facciata”: l’obiettivo liquidatorio non può essere dissimulato in un piano teoricamente volto alla continuità.

Quando è possibile un esito liquidatorio?

Un esito liquidatorio nella composizione negoziata è ammissibile solo se:

vi erano, al momento dell’avvio delle trattative, ragionevoli possibilità di risanamento; tali possibilità si sono rivelate impraticabili, come attestato dall’esperto; le trattative sono state svolte con correttezza e buona fede.

In tal caso, può trovare applicazione il concordato semplificato (art. 25-sexies del Codice della crisi).

Conclusione: coerenza tra misure protettive e finalità del risanamento

La composizione negoziata è concepita per favorire il risanamento dell’impresa. Di conseguenza, le misure protettive che la accompagnano devono essere coerenti con questo obiettivo, non con finalità puramente liquidatorie.

Una soluzione liquidatoria è possibile, ma solo come extrema ratio, e non come approdo “naturale” della composizione negoziata.

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Per ulteriori approfondimenti su questo tema o sulle relative implicazioni pratiche potete contattare:

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
Piazza Giuseppe Mazzini, 27 – 00195 – Roma

Tel+39 0673000227

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PENALE: L’ART. 634 BIS C.P. STABILISCE IL REATO DI OCCUPAZIONE ARBITRARIA DI IMMOBILE DESTINATO A DOMICILIO ALTRUI

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Occupazione arbitraria di immobile: cosa prevede il nuovo articolo 634-bis c.p.

Descrizione:

Il nuovo reato di occupazione arbitraria di immobile introdotto dall’art. 634-bis c.p. prevede pene fino a 7 anni e nuove misure cautelari. Di seguito si declina una spiegazione su come funziona e cosa cambia.

Il nuovo reato di occupazione arbitraria di immobile

Con l’introduzione dell’articolo 634-bis del Codice penale, è stato tipizzato il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui. La norma prevede la reclusione da due a sette anni per chi:

occupa o detiene senza titolo, con violenza o minaccia, un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze; impedisce il rientro del proprietario o di chi ne ha legittimo possesso.

La stessa pena si applica anche a chi:

si appropria dell’immobile con artifici o raggiri; cede l’immobile occupato ad altri; si intromette o coopera nell’occupazione; riceve o corrisponde denaro o altri benefici in relazione all’occupazione.

Il reato è generalmente perseguibile a querela, ma si procede d’ufficio nei seguenti casi:

la vittima è incapace per età o infermità; l’immobile è pubblico o destinato a uso pubblico.

È prevista una causa di non punibilità se l’occupante:

collabora con l’autorità giudiziaria per l’accertamento dei fatti; rilascia spontaneamente l’immobile.

L’elevato massimo edittale consente l’uso di intercettazioni nel corso delle indagini.

Nuova misura cautelare reale: reintegrazione nel possesso

Il nuovo articolo 321-bis del Codice di procedura penale introduce una misura cautelare reale speciale: la reintegrazione nel possesso dell’immobile e delle sue pertinenze.

Come funziona:

Il giudice, su richiesta del Pubblico Ministero, può disporre con decreto motivato la reintegrazione. La polizia giudiziaria, ricevuta la denuncia, può: intimare il rilascio dell’immobile; in caso di rifiuto, assenza o resistenza dell’occupante, procedere coattivamente.

Procedura:

Tutte le operazioni devono essere verbalizzate. Entro 48 ore, il verbale è trasmesso al P.M., che può: disporre la restituzione dell’immobile; chiedere la convalida al giudice e l’emissione del decreto di reintegrazione.

Dubbi applicativi:

Resta da chiarire – in attesa di una legge di conversione o di indicazioni giurisprudenziali – se sarà ammissibile il riesame contro questa nuova misura cautelare reale.

Hai bisogno di assistenza legale?

Se ti trovi coinvolto in una situazione di occupazione arbitraria di immobile – sia come parte lesa che come indagato – è fondamentale agire rapidamente e con il supporto giusto.

Contatta un avvocato specializzato in diritto penale per ricevere una consulenza qualificata e tutelare al meglio i tuoi diritti.

Un professionista esperto potrà:

valutare la situazione concreta; assisterti nella denuncia o nella difesa; seguire l’intero iter procedurale, incluse eventuali misure cautelari o richieste di rilascio dell’immobile.

Non aspettare: una consulenza tempestiva può fare la differenza.

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DIRITTO DELLA CRISI: GLI ADEGUATI ASSETTI PREVISTI RIGIDAMENTE DALL’ART. 3, CCII

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https://edizioniduepuntozero.it/prodotto/codice-della-crisi-dimpresa-e-dellinsolvenza-2/

Maggiore rigidità nella predisposizione degli adeguati assetti

Rispetto ad altri ambiti gestionali, nella predisposizione degli adeguati assetti per la rilevazione tempestiva della crisi l’imprenditore ha meno discrezionalità. Il Tribunale di Brescia distingue chiaramente tra:

Intervento dell’Avv. Fabrizio V. Bonanni Saraceno

Assetti per le decisioni imprenditoriali Presidi per la diagnosi precoce della crisi

Per questi ultimi, la soggettività è limitata da precise disposizioni normative.

Le quattro funzioni richieste dall’art. 3 del Codice della crisi

Secondo l’art. 3 del Codice della crisi, l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile deve:

Rilevare squilibri patrimoniali, economici e finanziari. Verificare la sostenibilità dei debiti per almeno i 12 mesi successivi. Fornire informazioni per il test di perseguibilità del risanamento. Rilevare i segnali specifici indicati al comma 4 dello stesso articolo.

L’imprenditore mantiene libertà organizzativa, ma un assetto definibile come “adeguato” non può prescindere da queste informazioni.

Diagnosi precoce: un ambito meno opinabile

Nella diagnosi precoce della crisi, l’adeguatezza dell’assetto è meno opinabile. Alcuni risultati sono previsti esplicitamente dalla legge. Resta comunque applicabile la business judgment rule per:

L’individuazione di ulteriori elementi informativi L’approccio metodologico per raccogliere in modo affidabile le informazioni obbligatorie

Squilibri patrimoniali, economici e finanziari

L’assetto amministrativo deve segnalare tempestivamente se l’andamento aziendale garantisce:

Volume d’attività e marginalità adeguati Copertura dei costi di struttura Redditività ragionevole

Il solo bilancio non è sufficiente per il monitoraggio. Serve un sistema informativo che generi:

Quadri economici affidabili, consuntivi e previsionali Informazioni patrimoniali e finanziarie, per rilevare segnali di difficoltà

Contenuti, frequenza e modalità sono decisi dall’imprenditore, in base a:

Dimensione Complessità Natura dell’attività

Sostenibilità del debito

Questo indicatore è complesso, ma essenziale. Il sistema deve permettere di:

Prevedere l’andamento dei flussi finanziari nei successivi 12 mesi Entrate da vendite e affidamenti Uscite operative e finanziarie

Prima del D.lgs. 83/2022, la proiezione richiesta era di 6 mesi. Ora è di 12 mesi, in linea con la Direttiva Insolvency. Ciò comporta maggiori difficoltà per le imprese meno strutturate. Tuttavia, si tratta di un obbligo di legge, non eludibile.

Rilevazione di sintomi specifici

Il comma 4 dell’art. 3 elenca quattro sintomi per la diagnosi della crisi:

Ritardo > 30 giorni nel pagamento delle retribuzioni Debiti verso fornitori scaduti superiori a quelli non scaduti Sconfino > 5% negli affidamenti bancari, in modo continuativo Debiti verso erario e previdenza, nei termini dell’art. 25-novies

Si tratta di segnali che indicano una fase avanzata della crisi, più che una diagnosi precoce. Sono facilmente individuabili anche da piccole imprese, ma risultano poco utili per una prevenzione tempestiva. Restano comunque obbligatori.

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MEDIAZIONE IMMOBILIARE: RICONOSCIMENTO PROVVIGIONE PER CAUSALITÀ ADEGUATA SE SUSSISTE IDENTITÀ TRA AFFARE PROPOSTO E AFFARE CONCLUSO

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Mediazione immobiliare: quando spetta la provvigione al mediatore? La Cassazione fa chiarezza

Ordinanza n. 9431/2025 – Diritti e obblighi nel contratto di mediazione

Nel contratto di mediazione immobiliare (ma anche commerciale o aziendale), il diritto alla provvigione sorge solo se l’affare effettivamente concluso corrisponde a quello proposto dal mediatore.

A ribadirlo è la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9431/2025, chiarendo i presupposti fondamentali per il riconoscimento del compenso previsto dall’articolo 1755 del Codice civile.

Mediazione: cos’è e quando si matura la provvigione

Per la giurisprudenza, il mediatore è colui che mette in contatto due o più soggetti al fine di favorire la conclusione di un affare.

Il diritto alla provvigione del mediatore matura ogniqualvolta l’affare concluso sia effetto diretto dell’attività di intermediazione. Il legame deve fondarsi su una relazione causale adeguata, ovvero l’intervento del mediatore deve aver agevolato in modo determinante l’accordo tra le parti.

Sostituzione delle parti: provvigione comunque dovuta

La sostituzione di una parte con un’altra nel corso della trattativa non esclude il diritto alla provvigione, purché l’affare concluso resti identico per contenuto a quello oggetto di mediazione.

Come chiarito dai giudici,

Quando la provvigione può essere negata

Il diritto alla provvigione può tuttavia essere negato se l’affare risulta inattuabile, come previsto dall’articolo 1757, terzo comma, del Codice civile.

Un caso tipico è quello di un immobile in costruzione, non ancora ultimato e privo di agibilità, situazione che rende l’accordo inefficace ai fini pratici.

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Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9431/2025 integrale, in formato Pdf:

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LA GIUSTIZIA CIVILE SECONDO LA CAMERA CIVILE DI ROMA

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La Giustizia civile è sempre più compromessa dalla mancanza di magistrati e ausiliari, soprattutto per ciò che concerne la Giustizia di prossimità, come gli Uffici del Giudice di Pace, che si trovano in un stato di grande difficoltà da quando il valore delle cause di competenza è aumentato in modo inversamente proporzionale al numero di giudici a disposizione.

La riforma Cartabia non ha raggiunto gli obiettivi per cui era stata legiferata, anche e soprattutto a causa della miopia tanto reiterata quanto sconcertante di un Legislatore che persevera nel non consultare all’interno degli uffici legislativi esponenti dell’Avvocatura.

Infatti, a distanza di circa due anni dall’entrata in vigore della succitata riforma è stato applicato un correttivo.

Inoltre, urge evidenziare il surreale stato dell’arte delle piattaforme telematiche giudiziarie che oltre a essere contraddistinte da numerose inefficienze, ammontano a otto, con una eterogeneità deleteria per l’operatività degli avvocati.

L’uniformità del sistema telematico è una battaglia portata avanti dall’associazione forense Tradizione e Innovazione Forense (TIF), che con il suo presidente Avv. Gaetano Parrello è riuscita a intercettare le istanze dell’avvocatura ed è intervenuto anche alla Camera dei Deputati sulla gravosa questione.

Di tutto si è argomentato durante la nuova puntata di Societas con il neoeletto presidente della Camera Civile di Roma, l’Avv. Angelo Cugini,

L’Avv. Cugini ha parlato in modo costruttivo e propositivo riguardo alle possibili soluzioni per risolvere gli annosi problemi della Giustizia civile.

SOCIETAS

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IA E LA GIURISDIZIONE: L’OSSERVATORIO PERMANENTE PROPOSTO DALL’UNCC

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Verso una giustizia con l’Intelligenza Artificiale: l’avvocatura chiede regole chiare

L’approvazione del disegno di legge sull’Intelligenza Artificiale da parte del Senato – si legge in una nota dell’UNCC – rappresenta un passo importante verso una regolamentazione che consideri le sfide e le opportunità offerte da questa tecnologia. Tuttavia, restano aperti interrogativi rilevanti sulla sua applicazione nell’ambito giudiziario.

Il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Francesco Greco, ha posto alcune domande fondamentali:

“Se il giudice utilizza un sistema di intelligenza artificiale, che cosa succede? Il provvedimento scritto con l’IA, senza che ciò sia ammesso, che fine fa? E il giudice che viola le limitazioni previste dalla norma, a quali conseguenze va incontro?”

Greco ha anche evidenziato la necessità di istituire un Osservatorio permanente sulla giurisdizione, con la partecipazione congiunta di magistratura e avvocatura. Ha sottolineato:

“Quando parliamo di diritti – che non sono numeri – delle persone fisiche o giuridiche, servono sempre momenti di grande ponderazione.”

Sulla stessa linea è l’intervento di Alberto Del Noce, Presidente dell’Unione Nazionale Camere Civili (UNCC), che ha ribadito l’importanza della decisione umana nel processo giudiziario:

“L’UNCC ha sempre sostenuto l’importanza di una normativa che tuteli i diritti fondamentali, riconosca il ruolo centrale dell’avvocatura e affermi il primato della decisione umana. Siamo d’accordo con il Presidente del CNF sulla necessità di un confronto costante tra tutti gli attori del sistema giuridico, affinché l’innovazione tecnologica si sviluppi nel pieno rispetto delle garanzie costituzionali e del diritto di difesa.”

Secondo Del Noce, l’uso dell’IA nella giustizia deve essere guidato da principi chiari e condivisi, per evitare derive che possano compromettere il ruolo del giudice e dell’avvocato:

“L’Osservatorio potrebbe offrire un contributo decisivo nella definizione di linee guida, nel monitoraggio dell’uso degli strumenti digitali e nella tutela dell’indipendenza della giurisdizione.”

L’auspicio dell’UNCC è che la proposta si traduca in azioni concrete e che il legislatore riconosca il valore di una riflessione continua e partecipata su un tema che incide profondamente sull’amministrazione della giustizia e sulla tutela dei diritti dei cittadini.

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INPS – BENEFICI AMIANTO: LA PRESCRIZIONE DECORRE DALLA CONOSCENZA E NON DAL PENSIONAMENTO

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Il termine di prescrizione decennale per chiedere di poter godere dei benefici contributivi per l’esposizione all’amianto da parte del lavoratore (o da chi ne ha diritto) decorre dalla conoscenza del fatto e non dalla data di pensionamento, che di per sé non ha valore probante.

Lo ha chiarito la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 8630 depositata, accogliendo il ricorso del coniuge superstite che aveva presentato la domanda nel 2016, otto anni dopo la morte del marito (avvenuta nel 2008).

La Corte d’appello di Potenza, invece, aveva fissato il dies a quo alla data del pensionamento del lavoratore, ritenendola la “data ultima a partire dalla quale il diritto può essere fatto valere”. Con ciò aveva dichiarato tardiva la domanda all’INPS, presentata nel 2016, rispetto al collocamento in quiescenza avvenuto nell’agosto 2003.

Per la Sezione lavoro della Suprema corte, il ragionamento del giudice d’appello è errato, in quanto prescinde dall’effettivo accertamento della consapevolezza dell’esposizione all’amianto da parte dell’interessato. Secondo consolidata giurisprudenza (Cass. n. 10225/2024), il diritto alla rivalutazione contributiva – previsto dall’art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992 – è soggetto a prescrizione decennale, con decorrenza dal momento in cui il soggetto ha avuto o avrebbe potuto avere conoscenza dell’esposizione qualificata all’amianto.

La fattispecie, prosegue l’ordinanza, è stata chiaramente tipizzata dal legislatore: consapevolezza o conoscibilità del fatto sono elementi necessari per individuare la decorrenza della prescrizione, e devono essere puntualmente accertati.

La Corte d’appello ha quindi errato nel limitarsi a prendere in considerazione la data del pensionamento, priva di efficacia probatoria, omettendo una rigorosa verifica della reale conoscenza del fatto da parte della richiedente.

È stato invece rigettato il motivo di ricorso con cui la vedova sosteneva l’imprescrittibilità del diritto, ritenendo che la natura autonoma del beneficio contributivo lo sottraesse a termini decadenziali. La Cassazione ha chiarito che il beneficio in questione, pur previsto ai fini pensionistici, ha natura distinta e autonoma rispetto al diritto a pensione. Esso sorge dal fatto dell’esposizione all’amianto e comporta una maggiorazione pensionistica di tipo risarcitorio.

Anche per i lavoratori già pensionati alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 269/2003, resta valida la prescrittibilità del diritto. Ciò che si fa valere non è il ricalcolo della prestazione pensionistica, ma un beneficio specifico e autonomo, con presupposti diversi e propri.

Tale orientamento è stato recentemente confermato anche con l’ordinanza n. 7446/2024.

Benefici amianto: quadro sintetico

I benefici contributivi per esposizione all’amianto sono misure previste dall’art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992, finalizzate a compensare il rischio sanitario legato all’esposizione professionale a tale sostanza. Ecco una panoramica essenziale:

1. Cosa prevedono

• Una maggiorazione dell’anzianità contributiva pari a 1,5 per ogni anno di esposizione riconosciuta oltre soglia.

• Sono utili ai fini del diritto e della misura della pensione.

2. Requisiti

• Esposizione professionale all’amianto superiore alla soglia prevista dalla normativa.

• Periodi lavorativi documentati con:

• Atti d’ufficio,

• Certificazioni INAIL,

• Sentenze giudiziarie,

• Accertamenti tecnici o perizie.

3. Termini per la domanda

• Il diritto è prescrittibile in 10 anni, con decorrenza dal momento in cui:

• Il lavoratore ha avuto o avrebbe potuto avere conoscenza dell’esposizione qualificata (Cass. n. 8630/2024, n. 10225/2024).

• Il pensionamento non fa scattare automaticamente la decorrenza del termine.

4. Soggetti legittimati

• Il lavoratore esposto, anche se già pensionato.

• Gli aventi diritto (es. coniuge superstite) in caso di decesso.

5. Natura del diritto

• È un diritto autonomo rispetto alla pensione.

• Ha una funzione risarcitoria e previdenziale.

• È prescrittibile, anche per chi è già in quiescenza al momento della domanda.

6. Riferimenti giurisprudenziali

• Cass. civ., Sez. lav., ord. n. 8630/2024

• Cass. civ., Sez. lav., ord. n. 10225/2024

• Cass. civ., Sez. lav., ord. n. 7446/2024

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Corte di cassazione con l’ordinanza n. 8630 integrale, in formato Pdf:

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DL NORDIO SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: LA GIUSTIZIA PENALE SECONDO LA CAMERA PENALE DI ROMA

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In un periodo storico in cui non si fa altro che parlare della riforma della Giustizia penale in generale e del disegno di legge del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, l’Avv. Giuseppe Belcastro, presidente dell’associazione a tutela dei cittadini, ossia la Camera penale di Roma, ospite del programma Societas condotto dall’Avv, Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno, spiega la posizione dell’associazione sul tema della divisione delle carriere dei magistrati e sul problema del numero esiguo dei magistrati e dei loro ausiliari in rapporto alla mole di cause pendenti.

Nel finale, il presidente Avv. Giuseppe Belcastro ha affrontato l’annosa questione del sovraffollamento delle carceri italiani, denunciando lo stato di degrado in cui si trovano i detenuti e della conseguente lesione dei loro diritti e della loro dignità umana.

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Di seguito si riassume il disegno di legge del Ministro della Giustizia Carlo Nordio:

La riforma della Magistratura: analisi e modifiche costituzionali

Da sempre l’opinione pubblica e la politica discutono della riforma dell’ordine costituzionale della Magistratura, senza mai giungere a una soluzione concreta. Nessun esecutivo, finora, è riuscito a realizzare un cambiamento strutturale. L’attuale governo, con il ministro della Giustizia Carlo Nordio, sembra intenzionato ad affrontare la questione attraverso un disegno di legge (dl) che propone modifiche significative all’assetto costituzionale della Magistratura.

Contesto storico e necessità della riforma

La Magistratura, a seguito dell’esperienza del ventennio fascista, è stata dotata di un’autonomia particolarmente tutelata dalla Costituzione. Finché la politica manteneva un ruolo centrale, il disequilibrio tra i poteri dello Stato non era evidente. Tuttavia, con lo scandalo di Tangentopoli e la conseguente crisi della politica, la Magistratura ha occupato il vuoto di potere lasciato dal sistema partitico.

Molti governi hanno tentato di riformare la Magistratura, ma le resistenze interne e la deferenza verso l’ordine giudiziario hanno sempre impedito cambiamenti radicali.

Le principali modifiche proposte

La riforma costituzionale si concentra su sette articoli fondamentali.

1. Divisione delle carriere e creazione di due CSM (modifica art. 87 Cost.)

Il Presidente della Repubblica continuerà a presiedere il Consiglio superiore della magistratura (CSM), che verrà sdoppiato in due organi distinti:

• CSM giudicante

• CSM requirente

Questa separazione sancisce formalmente la divisione tra magistratura giudicante e requirente.

2. Regolamentazione della funzione giurisdizionale (modifica art. 102 Cost.)

Il nuovo testo dell’articolo 102 Cost. specifica che i magistrati giudicanti e requirenti avranno carriere separate e che le norme sull’ordinamento giudiziario disciplineranno questa distinzione.

3. Sistema elettivo per i CSM basato sul sorteggio (modifica art. 104 Cost.)

I membri dei due CSM saranno selezionati tramite sorteggio:

• Un terzo da un elenco di professori universitari in materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esercizio, compilato dal Parlamento.

• Due terzi tra i magistrati giudicanti e requirenti, secondo procedure stabilite dalla legge.

4. Creazione dell’Alta Corte disciplinare (modifica art. 105 Cost.)

Un nuovo organo, l’Alta Corte disciplinare, si occuperà della giurisdizione disciplinare sui magistrati. Sarà composta da 15 membri, nominati attraverso una combinazione di designazione presidenziale, sorteggio ed elezione parlamentare.

5. Sistema binario per la nomina dei magistrati (modifica art. 106 Cost.)

Si introduce una netta distinzione tra le carriere giudicante e requirente anche nelle nomine per il ruolo di consigliere di Cassazione.

6. Sospensione dei magistrati su decisione del CSM (modifica art. 107 Cost.)

Viene confermata l’inamovibilità dei magistrati, ma con l’introduzione della possibilità di sospensione su decisione del rispettivo CSM.

7. Ridefinizione dei poteri del Ministro della Giustizia (modifica art. 110 Cost.)

Al Ministro della Giustizia spetteranno competenze sull’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, nel rispetto delle prerogative dei CSM.

Disposizioni transitorie

Il dl prevede un anno di tempo per adeguare la legislazione vigente alle nuove norme.

Conclusioni

Questa riforma introduce cambiamenti radicali, sia sul piano organizzativo che funzionale, nel sistema giudiziario italiano. Il suo iter legislativo sarà complesso, richiedendo il rispetto delle procedure di revisione costituzionale, oltre a dover affrontare inevitabili resistenze politiche e istituzionali.

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