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Introduzione
Con la sentenza n. 25825/2025, la Corte di Cassazione penale affronta una questione fondamentale in materia di reati contro la fede pubblica e, in particolare, di dichiarazioni mendaci e uso di documenti falsi: quando più documenti contengono la stessa dichiarazione, si configura un reato unico o una pluralità di reati?
La Corte ribadisce un importante principio di diritto: se la dichiarazione è unica, il reato deve essere considerato unico, a prescindere dal numero dei documenti su cui essa è materialmente riprodotta. Si esclude quindi il concorso materiale tra più reati, riconoscendo l’unitarietà della condotta criminosa.
Il caso: una dichiarazione, più documenti
Nel caso esaminato, l’imputato aveva reso una dichiarazione mendace, che era stata poi riprodotta in più documenti distinti. Il giudice di merito aveva ritenuto sussistente una pluralità di reati di falso, ritenendo che ciascun documento costituisse una autonoma offesa all’interesse tutelato.
La difesa, ricorrendo in Cassazione, ha sostenuto che si trattava di una condotta unitaria, articolata su più supporti documentali ma riferibile a un’unica manifestazione di volontà o conoscenza.
La decisione della Corte: unicità del fatto
La Cassazione accoglie il ricorso, affermando che:
“In tema di falsità ideologica, va esclusa la pluralità di reati quando la dichiarazione mendace è unica, anche se viene riprodotta su più documenti. In tal caso si configura un reato unico, trattandosi di una condotta unitaria sotto il profilo oggettivo e soggettivo.”
La motivazione si fonda su due pilastri:
Unità della dichiarazione: ciò che rileva è l’unicità della condotta lesiva, ossia la falsa rappresentazione della realtà compiuta in un unico momento o contesto decisionale. Concorso apparente di norme: in presenza di più norme astrattamente applicabili, si applica solo quella che regola in modo più specifico il fatto, evitando duplicazioni sanzionatorie non giustificate.
Conseguenze giuridiche
La sentenza ha un impatto significativo:
Evita il cumulo sanzionatorio in caso di condotte unitarie, impedendo una duplicazione artificiosa dei reati. Ribadisce il principio di offensività, secondo cui non rileva il numero di supporti cartacei, ma l’effettiva lesione dell’interesse tutelato (in questo caso, la fede pubblica). Si inserisce nel solco di giurisprudenza che tende a ricondurre a unità reati formalmente plurimi, quando essi si fondano su una medesima volontà antigiuridica (cfr. Cass. pen., sez. V, n. 20161/2017; Cass. pen., sez. VI, n. 3845/2022).
Applicazioni pratiche
Questa pronuncia può avere ricadute rilevanti nei seguenti ambiti:
Falsità nelle dichiarazioni fiscali, previdenziali o amministrative. Autocertificazioni contenenti dati mendaci ripetuti su più moduli o allegati. Falsi in sede di appalti pubblici, dove la stessa dichiarazione viene inserita in diversi elaborati.
Conclusioni
La sentenza n. 25825/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un importante punto di riferimento in tema di concorso apparente tra reati di falso. Essa invita gli operatori del diritto e i giudici a valorizzare l’aspetto qualitativo della condotta – l’unicità della dichiarazione – piuttosto che il dato meramente quantitativo rappresentato dalla pluralità dei documenti.
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Fonti
Cass. pen., Sez. V, sentenza 25825/2025 Art. 81 c.p. – Reato continuato Art. 476 e ss. c.p. – Falsità materiale e ideologica in atto pubblico Art. 49 e 51 c.p. – Concorso apparente di norme
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Cass. Pen., Sez. V, Sent. N. 25825/2025 integrale, in formato pdf:
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