REATI TRIBUTARI: LA CASS. PEN., SEZ. III, SENT. N. 2654572025 SULLA COMPETENZA DICHIARATIVA AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI NEI PERIODI POST-FALLIMENTARI SPETTANTE AL CURATORE

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Reati Tributari e Fallimento: La Competenza Dichiarativa del Curatore nei Periodi Post-Fallimentari – Nota a Cass. pen., Sez. III, n. 26545/2025



La sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III penale, n. 26545/2025 affronta la questione della titolarità dell’obbligo dichiarativo ai fini delle imposte sui redditi in caso di fallimento dell’imprenditore. La Corte ha chiarito che, a decorrere dalla sentenza dichiarativa di fallimento, la competenza a presentare le dichiarazioni fiscali – compresa quella relativa all’anno in cui il fallimento è stato dichiarato – spetta al curatore fallimentare. Si approfondiscono i riflessi penal-tributari della pronuncia, con particolare attenzione all’omessa dichiarazione ex art. 5 del d.lgs. n. 74/2000, e alle ricadute pratiche per la gestione del passivo fiscale fallimentare.


1. Introduzione: il reato di omessa dichiarazione nel contesto del fallimento

L’art. 5 del d.lgs. n. 74/2000 punisce il contribuente che omette di presentare, entro il termine previsto dalla legge, la dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi o dell’IVA, qualora l’imposta evasa superi determinate soglie di punibilità. Tale norma assume connotati particolari quando l’obbligato si trovi in stato di fallimento.

In questo contesto si inserisce la sentenza Cass. pen., Sez. III, 24 giugno 2025, n. 26545, che si pronuncia sul soggetto legittimato a presentare la dichiarazione fiscale per i periodi d’imposta successivi – e compreso quello in cui è intervenuta – la sentenza di fallimento. La pronuncia si sofferma sul rapporto tra obblighi dichiarativi e subentro del curatore fallimentare nella gestione del patrimonio del fallito, contribuendo a chiarire un punto nevralgico della responsabilità penale in materia tributaria.


2. La vicenda processuale e il principio di diritto affermato

Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte riguarda un’imputazione per omessa dichiarazione dei redditi ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 74/2000, contestata all’imprenditore dichiarato fallito. La difesa dell’imputato ha sostenuto l’inapplicabilità della norma al fallito, ritenendo che l’obbligo di presentazione della dichiarazione, per l’anno in cui è stata pronunciata la sentenza di fallimento e per quelli successivi, dovesse ritenersi trasferito in capo al curatore.

La Corte ha accolto tale impostazione, affermando il seguente principio di diritto:

“La competenza alla presentazione delle dichiarazioni fiscali, per i periodi di imposta successivi alla sentenza di fallimento – compreso quello in cui la stessa è intervenuta – spetta al curatore fallimentare, in quanto unico soggetto legittimato alla gestione del patrimonio del fallito e all’adempimento degli obblighi fiscali riferiti alla procedura concorsuale.”


3. La posizione del curatore fallimentare e l’estinzione della soggettività fiscale del fallito

Ai sensi degli artt. 31 ss. l. fall., il curatore assume la gestione dell’intero patrimonio del fallito, subentrando nella titolarità degli obblighi fiscali connessi all’attività imprenditoriale pregressa. In particolare, la Circolare Agenzia delle Entrate n. 38/E/2008 ha chiarito che il curatore è tenuto a presentare le dichiarazioni fiscali relative all’annualità in cui è intervenuta la dichiarazione di fallimento, nonché a quelle successive, anche se riferite a redditi o operazioni maturati in parte prima della procedura.

Pertanto, sul piano penalistico, la titolarità dell’obbligo dichiarativo si sposta dal soggetto fallito al curatore. Ne deriva che l’omessa presentazione della dichiarazione, da parte del curatore, potrà dar luogo a responsabilità penale solo in capo a quest’ultimo, ove ne ricorrano gli estremi soggettivi.


4. Le conseguenze in punto di responsabilità penale

La pronuncia in commento si pone in linea con l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, a seguito della dichiarazione di fallimento, il fallito perde la capacità di disporre del proprio patrimonio e di compiere atti giuridicamente rilevanti anche nei confronti dell’erario.

Il reato di omessa dichiarazione, che presuppone la sussistenza di un obbligo personale in capo al soggetto agente, non può pertanto essere contestato all’imprenditore fallito per i periodi post-fallimentari, in quanto tale obbligo grava, ex lege, sul curatore.

Si delinea così una linea di demarcazione netta tra i periodi ante e post fallimento, che assume rilievo non solo sotto il profilo della titolarità dell’obbligo fiscale, ma anche ai fini dell’individuazione del soggetto penalmente responsabile in caso di omissioni dichiarative.


5. Riflessioni critiche e implicazioni pratiche

La sentenza n. 26545/2025 rappresenta un importante punto di riferimento per gli operatori del diritto tributario e concorsuale. In primo luogo, rafforza la centralità del curatore fallimentare quale soggetto titolare degli obblighi dichiarativi post-fallimentari, confermando un principio già accolto dalla prassi amministrativa.

In secondo luogo, chiarisce i confini della responsabilità penale per omessa dichiarazione, escludendola in capo al fallito nei casi in cui il periodo d’imposta sia coperto, anche solo parzialmente, dalla procedura concorsuale.

Ciò impone al curatore una maggiore attenzione nella gestione dei rapporti con l’Agenzia delle Entrate, dovendo egli assicurare la tempestiva presentazione delle dichiarazioni anche in presenza di carenza documentale o incertezza circa la composizione attiva e passiva del patrimonio del fallito.


6. Conclusioni

La Cassazione penale, Sez. III, n. 26545/2025 si inserisce in un filone interpretativo volto a delimitare con precisione la responsabilità penale tributaria nel contesto della procedura fallimentare. Ribadendo che la competenza alla dichiarazione fiscale post-fallimentare spetta al curatore, la Corte esclude la punibilità del fallito per l’omessa presentazione della dichiarazione ex art. 5 d.lgs. n. 74/2000, a meno che l’omissione si riferisca a un periodo d’imposta integralmente precedente alla dichiarazione di fallimento.

Tale indirizzo appare coerente con i principi della materia concorsuale e con il principio di personalità della responsabilità penale, restituendo certezza applicativa in un settore caratterizzato da frequenti incertezze interpretative.

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Corte di Cassazione, Sez. III penale, Sent. n. 26545/2025 integrale, in formato pdf:


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