Il decreto legislativo n. 164 del 31 ottobre 2024, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 264 dell’11 novembre 2024, presenta un ampio correttivo alla Riforma Cartabia, introducendo modifiche significative al codice civile e al codice di procedura civile. L’obiettivo principale di questo intervento è quello di migliorare l’efficienza del processo civile e la disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, nonché di razionalizzare i procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie.
Nel contesto di queste novità, emerge la volontà di coordinare e perfezionare le procedure già esistenti, attraverso otto articoli che toccano non solo norme procedurali ma anche leggi speciali. Tra i cambiamenti più rilevanti si trovano:
Modifiche al rito in materia di stato delle persone e famiglia, con particolare attenzione a migliorare la chiarezza dei testi e risolvere dispute applicative.
Riforme riguardanti l’efficacia delle udienze pubbliche e la possibilità di sostituirle con scambi cartolari, rendendo più snelle le pratiche processuali.
L’introduzione dell’obbligo di garantire una gestione telematica efficace delle pratiche legali e di favorire la digitalizzazione della giustizia.
Il correttivo ha registrato anche alcune lacune, come il mancato recepimento di alcune osservazioni delle Commissioni Giustizia delle Camere, in particolare riguardo la revoca della provvisoria esecuzione e le modalità di trattazione delle cause. Problematiche recenti riguardano anche il nuovo rito semplificato, la cui applicazione e le preclusioni legate sono state oggetto di dibattito tra gli esperti.
Dal punto di vista della mediazione e della negoziazione assistita, il decreto ha rivisto la durata dei procedimenti e chiarito i requisiti formali delle deleghe, migliorando l’operatività del sistema di mediazione. Tuttavia, ci sono preoccupazioni riguardanti le condizioni di procedibilità, che potrebbero creare disparità nel trattamento delle richieste legali.
In sintesi, mentre il decreto ha l’ambizione di semplificare e razionalizzare i processi legali, suscita anche preoccupazioni per la complessità e potenziale confusione nelle nuove norme, evidenziando una crescente esigenza di migliorare l’organizzazione e l’efficienza del lavoro umano nel contesto giuridico. La speranza è che queste riforme possano effettivamente portare a una giustizia più equa e rapida, al di là delle difficoltà interpretative e pratiche che comportano.
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STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno Viale Giulio Cesare, 59 – 00192 – Roma
Nella responsabilità civile vige un principio basilare per stabilire il nesso di causalità tra la condotta compiuta e il danno causato, ossia il canone de “il più probabile che non”. Nell’analisi sottostante sono declinati gli aspetti caratteristici del suddetto principio.
Il passaggio che hai riportato chiarisce alcuni principi fondamentali riguardanti il nesso di causa nella responsabilità civile. Analizziamo i punti principali.
Nesso di Causa: In campo giuridico, per accertare la responsabilità di un soggetto rispetto a un evento dannoso, è necessario verificare se esista un nesso causale tra la sua condotta e l’evento stesso. La prova di questo nesso si basa sulla teoria del “più probabile che non”, dove l’ipotesi che un fatto sia causa di un altro deve essere più probabile rispetto all’idea contraria.
Plurime Cause: Quando l’evento dannoso può derivare da una molteplicità di cause, il giudice deve:
Escludere le ipotesi meno probabili.
Esaminare solo quelle ritenute più probabili.
Scegliere tra queste ultime quella che ha ricevuto il maggior numero di conferme basate su fatti concreti ed evidenze, che devono essere gravi, precisi e concordanti.
Valutazione delle Probabilità: Non è necessaria la certezza assoluta né una probabilità molto elevata per stabilire il nesso causale. È sufficiente che l’ipotesi favorevole alla parte attrice abbia un grado di probabilità superiore rispetto all’ipotesi contraria, anche se non molto significativa.
Indizi e Ipotizzazione: La decisione del giudice deve basarsi su indizi e prove concrete, evitando di fondarsi su supposizioni o ipotesi deboli. È il compito del giudice analizzare le varie alternative causali e selezionare quella che risulta più convincente, basandosi sul principio di maggiore probabilità.
Considerazione delle Probabilità: Le probabilità devono essere considerate in un contesto più ampio, dove la somma delle probabilità di tutte le possibili spiegazioni non deve necessariamente arrivare al 100%. Ciò significa che è possibile avere un’ipotesi con una probabilità del 30% e un’altra del 20%, e nel caso in cui non ci siano spiegazioni più probabili, la prima può essere accettata come valida.
Questi principi sono fondamentali nel diritto civile, poiché forniscono un quadro per la valutazione della responsabilità e la gestione delle prove in contesti complessi. La Suprema Corte ha chiarito che l’importante è la stima della probabilità maggiore e la capacità di dimostrare il nesso causale attraverso indizi e fatti concreti, piuttosto che cercare una certezza assoluta.
————— Fattispecie concreta ————-
Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Sentenza|26 aprile 2023| n. 10978
SENTENZA N. 10978
Nel processo di gravame contro le decisioni del Tribunale di Novara riguardante un incidente stradale mortale, la Corte Suprema di Cassazione si pronuncia su importanti questioni relative alla responsabilità per il danno, alla legittimazione attiva e alla prova del nesso causale.
Riflessioni principali
Responsabilità e Causa dell’Incidente: La Corte di Appello aveva inizialmente riconosciuto una responsabilità concorrente tra il motociclista deceduto e il difetto del manto stradale, ripartendo la responsabilità del danno (60% a carico della vittima e 40% per il difetto stradale). Tuttavia, il ricorso ha sollevato questioni sull’applicazione dei principi di probabilità nel determinare la causa dell’incidente.
Onere della prova: Si è discusso se fosse corretta la decisione della Corte di Appello che, per escludere la responsabilità del difetto del manto stradale, avesse richiesto un grado elevato di certezza. La Cassazione ha sottolineato il principio del “più probabile che no” per stabilire il nesso di causalità nelle cause concorrenti, evidenziando che non è necessaria una prova di certezza o di elevata probabilità.
Legittimazione attiva: È stata esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dalla controparte. La Corte ha chiarito che la ricorrente ha agito in qualità di erede, potendo far valere non solo i diritti ereditari, ma anche diritti propri.
Presunzioni e Indizi: La Corte ha richiamato la necessità di fondare le conclusioni su indizi gravi, precisi e concordanti, in contrasto con l’approccio della Corte di Appello, che sembra basarsi su elementi di mero sospetto. La Corte ha sancito che, nel caso di concorso di cause, il giudice deve escludere le ipotesi meno probabili e confermare quella ritenuta più attendibile sulla base di un ragionamento inferenziale supportato da prove sufficientemente solide.
Dispositivo
La Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato la decisione impugnata e disposto il rinvio alla Corte di Appello di Torino per una nuova valutazione della questione, ordinando di tener conto dei principi giuridici chiariti nella presente sentenza e di esaminare nuovamente le prove alla luce di tali indicazioni.
Conclusione
La sentenza della Corte Suprema di Cassazione ha confermato principi fondamentali nell’ambito della responsabilità civile, sottolineando l’importanza della prova nel determinare il nesso di causalità e chiarendo le modalità di valutazione delle prove indiziarie. Ciò potrà influenzare significativamente il futuro delle controversie in materia di incidenti stradali e responsabilità da cose in custodia.
Sentenza integrale
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Nell’analisi del quadro normativo e giuridico inerente alla responsabilità medica, è necessario focalizzare l’attenzione sull’obbligo di diligenza richiesto nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie. Vediamo di riassumere i punti principali.
Nesso Causale e Onere della Prova
Nesso Causale: Quando si verifica un evento dannoso in seguito a un intervento sanitario, spetta al professionista e alla struttura sanitaria dimostrare di aver eseguito le prestazioni in conformità agli standard richiesti e di non essere stati negligenti.
Onere della Prova: Non è sufficiente dimostrare l’alta probabilità statistica di errore; i medici devono fornire prove convincenti che escludano la loro responsabilità.
Diligenza Qualificata
Art. 1176 c.c.: Il codice civile italiano richiede che, nell’adempimento delle obbligazioni, il debitore utilizzi la diligenza del “buon padre di famiglia”. Per i professionisti, il parametro di riferimento è rappresentato da un professionista medio, piuttosto che da un’eccellenza.
Responsabilità Professionale: Il debitore (professionista) deve dimostrare di aver adempiuto correttamente, o di non aver potuto adempiere per causa non imputabile.
Responsabilità della Struttura Sanitaria
Contratto di Spedialità: La responsabilità della struttura sanitaria è di tipo contrattuale, scaturendo dall’accettazione del paziente e dalla conseguente obbligazione di fornire assistenza sanitaria.
Obbligazione di Vigilanza: La struttura è responsabile non solo per le prestazioni mediche, ma anche per altri doveri di protezione nei confronti del paziente.
Evoluzione Normativa
Legge Gelli-Bianco: La legge ha modificato il panorama della responsabilità medica, spostando la responsabilità del medico in un ambito extracontrattuale, a meno che non ci sia una specifica obbligazione contrattuale. Questo ha come obiettivo quello di ridurre il rischio di medicina difensiva e di semplificare i requisiti per dimostrare la diligenza.
Conclusioni
In sintesi, il sistema giuridico italiano richiede che, nel contesto delle responsabilità professionali, in particolare per quanto riguarda gli operatori sanitari, ci sia un chiaro rispetto degli obblighi di diligenza e una definizione altrettanto chiara dei nessi causali. L’evoluzione normativa ha cercato di bilanciare le esigenze di protezione dei pazienti con la necessità di evitare comportamenti di eccessiva difensiva da parte dei professionisti del settore.
A tale proposito, la della Corte di Cassazione n. 22996 del 21 agosto 2024 chiarisce alcuni principi fondamentali in tema di responsabilità medica, in particolare riguardo alla figura dei medici ecografisti.
In definitiva, la Corte stabilisce che è onere del medico dimostrare di aver eseguito la prestazione diagnostica con la dovuta diligenza e competenza. Questo significa che, in caso di contenzioso per presunto errore diagnostico, non è sufficiente fare riferimento alla probabilità statistica degli errori diagnostici per escludere la responsabilità.
In altre parole, la valutazione della diligenza del medico non può essere mitigata o attenuata dalla mera esistenza di una probabilità di errore nel campo diagnostico. Ogni caso deve essere valutato in base alle circostanze specifiche e alle modalità con cui il medico ha svolto il proprio compito, evidenziando la necessità di un comportamento conforme agli standard di diligenza richiesti della professione.
Questa posizione sottolinea l’importanza della responsabilità professionale dei medici nel garantire che gli esami diagnostici vengano effettuati in modo appropriato e scrupoloso, evidenziando che una valutazione qualitativa della prestazione medica è fondamentale per determinare eventuali responsabilità in caso di errori o omissioni.
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Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|21 agosto 2024| n. 22996:
La sentenza della Cassazione n. 40682 evidenzia un principio fondamentale in materia di responsabilità penale degli amministratori di società, in particolare nel contesto della sicurezza sul lavoro. La Corte ha infatti confermato la condanna di tutti i membri del consiglio di amministrazione di una società attiva nel settore edilizio per omicidio colposo, nonostante l’esistenza di deleghe di funzione e gestione.
L’episodio che ha portato a questa condanna riguarda la morte di un operaio travolto da una lastra di cemento, evento causato da gravissimi errori nelle fasi di produzione e installazione, che la Corte ha ritenuto responsabilità dirigenziale. Questo è un esempio emblematico di come la Cassazione possa stabilire che carenze organizzative significative possano far sì che i membri del consiglio di amministrazione non possano considerarsi esenti da responsabilità solo perché hanno delegato compiti a terzi.
La difesa degli amministratori si è basata sull’argomento che le deleghe di gestione e funzione avrebbero dovuto alleggerire le loro responsabilità, ma la Corte ha respinto questa tesi. Ha affermato che, nonostante le deleghe, la responsabilità ultima della gestione dei rischi e della sicurezza sul lavoro rimane comunque in capo al consiglio di amministrazione. Questo implica un obbligo di vigilanza attiva sui processi aziendali e di intervenire quando si manifestano situazioni di pericolo.
La sentenza mette quindi in luce l’importanza di un adeguato sistema di controlli e di procedure operative per garantire la sicurezza dei lavoratori, evidenziando come la frenesia del profitto e il rispetto dei tempi di consegna non possano mai prevalere sulla salvaguardia della vita e della salute degli operai. La Corte chiarisce che una gestione responsabile dell’azienda deve sempre tenere in considerazione la sicurezza come priorità assoluta, distinta e non sacrificabile rispetto agli obiettivi economici.
In conclusione, il messaggio della Cassazione è chiaro: la responsabilità degli amministratori è intrinsecamente legata alla cultura aziendale e alla capacità di assicurare un ambiente di lavoro sicuro, e non possono cercare di sottrarsi a tale responsabilità tramite la delega a terzi.
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Corte di Cassazione|Sezione 4|Penale|Sentenza|6 novembre 2024| n. 40682:
Suprema Corte di Cassazione, ordinanza n. 28691 depositata oggi, ha confermato la condanna della Asl di Bari
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28691, ha confermato la condanna della ASL di Bari al risarcimento di 10.000 euro ai genitori di un bambino che ha subito una vaccinazione non obbligatoria. La decisione si basa sulla constatazione che l’ASL non ha rispettato le norme sul consenso informato riguardo ai rischi associati alla vaccinazione. Tuttavia, la Corte ha ribadito che non esiste un nesso causale tra la somministrazione del vaccino e la diagnosi di autismo del bambino, come sostenuto dai genitori.
Nel 2013, i genitori avevano fatto causa alla ASL dopo che al loro figlio di 13 mesi era stata somministrata una vaccinazione esavalente obbligatoria seguita da un vaccino non obbligatorio per morbillo, rosolia e parotite, che avrebbe provocato gravi reazioni avverse. In primo grado, il tribunale aveva respinto la richiesta di risarcimento, mentre la Corte d’appello di Bari aveva accolto parzialmente la richiesta, riconoscendo la mancanza di un consenso informato adeguato e concedendo un risarcimento limitato.
I genitori hanno poi presentato ricorso in Cassazione, ma la Corte ha rigettato la loro richiesta, affermando che, sebbene ci fosse un deficit informativo da parte dell’ASL, non erano stati forniti elementi sufficienti per dimostrare un collegamento causale tra il vaccino e i problemi di salute del bambino, che sono stati attribuiti a condizioni legate all’autismo, per il quale non esiste evidenza scientifica di correlazione con le vaccinazioni.
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La sentenza della Corte di Cassazione del 6 dicembre 2021, n. 44943, affronta il tema della responsabilità penale in relazione all’omicidio colposo derivante dall’esposizione dei lavoratori all’amianto all’interno di un’azienda. In particolare, la corte sottolinea che il rilascio di deleghe ai direttori di stabilimento in materia di prevenzione e sicurezza non esonera gli amministratori e i datori di lavoro dalla responsabilità per eventuali condotte illecite legate all’impiego di materiali nocivi.
Secondo la decisione, gli amministratori rimangono responsabili delle scelte “politico-imprenditoriali” che possono mettere in pericolo la salute dei lavoratori, anche se hanno delegato poteri ad altri. Questo principio evidenzia l’importanza della responsabilità dirigenziale e il dovere di vigilanza sui diritti e la sicurezza dei lavoratori, sottolineando che l’assegnazione di deleghe non deve ridurre l’attenzione verso le scelte strategiche che impattano sulla sicurezza e sulla salute nei luoghi di lavoro.
In sintesi, il documento ribadisce che la delega di poteri non può fungere da scudo per evitare responsabilità in caso di esposizione a rischi lavorativi gravi, come quelli legati all’amianto.
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Il report del 2023 sullo stato degli avvocati iscritti alla Cassa Forense nella regione Lazio evidenzia una serie di tendenze significative riguardanti il numero di avvocati, la loro ripartizione per genere, e la situazione economica della professione.
In particolare:
Numero di Avvocati: Gli avvocati attivi nella regione Lazio sono diminuendo, passando da 31.141 nel 2022 a 30.748 nel 2023, con una flessione dell’1,3%. Questa diminuzione è allineata con il trend nazionale che mostra un calo dell’1,8%. La contrazione è più evidente negli ordini di Roma e Cassino.
Disparità tra Ordini: Nel Distretto di Roma, l’Ordine di Roma ha registrato un calo relativamente contenuto (-0,4%). Al contrario, l’Ordine di Cassino ha visto il calo più marcato (-3,1%). La percentuale di avvocate è varia all’interno degli ordini, con Rieti che mostra una delle percentuali più alte di rappresentanza femminile (59,5%) e Roma che ha la percentuale più bassa (44,7%).
Reddito degli Avvocati: Nonostante la riduzione del numero di iscritti, il reddito medio degli avvocati nel Lazio è aumentato del 4,2%, portando il reddito da 52.986 euro nel 2022 a 55.192 euro nel 2023. Questo posiziona la regione al terzo posto in Italia per reddito medio, dietro Lombardia e Trentino-Alto Adige.
Disparità di Genere nel Reddito: La percentuale di avvocate è rimasta stabile al 48,1%, ma c’è una notevole disparità di genere nei guadagni. Nel 2023, le avvocate guadagnano il 57,6% in meno rispetto agli avvocati uomini, con rispettivamente 31.959 euro e 75.295 euro. Questo rende il Lazio la seconda regione per disparità reddituale, dopo la Lombardia.
Densità degli Avvocati in Italia: A livello nazionale, il numero totale di avvocati è sceso a 221.523, iscrivendo un trend fisiologico in un contesto di alta densità legale in Europa. Solo paesi come il Lussemburgo, Cipro e Grecia presentano una densità superiore.
Il presidente dell’Associazione Italiana Avvocati d’Impresa, Antonello Martinez, ha sottolineato che questo calo è funzionale a un mercato saturo e ha suggerito la necessità di rivedere i percorsi formativi e di accesso alla professione per affrontare le sfide del settore.
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Tribunale Amministrativo Regionale|UMBRIA – Perugia|Sezione 1 |Sentenza|16 gennaio 2024| n. 12
La sentenza in oggetto riguarda l’interpretazione delle ordinanze contingibili e urgenti, in particolare nel contesto della protezione degli interessi pubblici. In particolare, sottolinea che il presupposto per l’emissione di tali ordinanze non dipende dall’origine del pericolo (cioè se sia preesistente o nuovo) ma dall’attualità e dall’urgenza della situazione che richiede intervento.
Punti chiave:
Situazione eccezionale e imprevedibile: La necessità di un intervento urgente deve essere basata sull’esistenza di un pericolo attuale, senza necessità di accertare la prevedibilità della situazione.
Attualità del pericolo: Essenziale è la dimostrazione dell’esistenza attuale di un pericolo. Il Sindaco deve intervenire tempestivamente quando si verifica una situazione di pericolo, indipendentemente dal fatto che questa situazione sia esistita da tempo.
Rilevanza della tempistica: La persistenza di un pericolo nel tempo non implica necessariamente che non ci sia urgenza nell’intervenire; al contrario, potrebbe addirittura intensificare i rischi per la salute pubblica o la sicurezza.
Giurisprudenza: Citando una decisione del T.A.R. Campania, si evidenzia che la sorveglianza su manufatti pericolosi, come quelli contenenti amianto, deve essere continua, poiché le condizioni ambientali possono alterare la loro sicurezza.
In sintesi, il concetto centrale della sentenza in analisi si basa sulla necessità di una risposta immediata ad un pericolo che, pur essendo conosciuto, potrebbe diventare più grave se non affrontato tempestivamente. Questo principio è fondato sulla protezione della salute pubblica e della sicurezza dei cittadini, e riflette l’importanza di un’azione preventiva nel contesto della gestione del rischio.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 750 del 2021, proposto da
G.O. Agricoltura Sas di Lu. Mi., So. Ag. del Tr. Ss, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Ma. Bu. Vi., Ma. Fr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Ma. Bu. Vi. in Pe., via (…);
contro
Comune di (Omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. Ze., Ro. Ma., Sa. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura comunale in Perugia, via Oberdan 50;
nei confronti
Usl Umbria 1, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
delle ordinanze n. 895 del 20.09.2021 e n. 924 del 01.10.2021 del Sindaco del Comune di (Omissis) in materia di rimozione e smaltimento dell’amianto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (Omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2023 la dott.ssa Elena Daniele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La So. G.o. Ag. s.a.s. di Lu. Mi., nella qualità di proprietaria di alcuni immobili siti in (Omissis) e adibiti ad allevamento di suini, impugna le due ordinanze sindacali del Comune di (Omissis) con le quali le veniva intimato, rispettivamente, di provvedere immediatamente alla bonifica, rimozione e smaltimento delle coperture dei fabbricati contenenti amianto, nonché di reintrodurre gli animali all’interno dei fabbricati opportunamente bonificati solo al termine delle operazioni di bonifica.
2. Espone la ricorrente che nell’agosto 2017 la USL Umbria 1 all’esito di apposito sopralluogo redigeva un verbale di ispezione in cui imponeva la bonifica dell’amianto contenuto negli edifici di cui all’allevamento di sua proprietà; la società chiedeva una proroga degli obblighi per l’elevato costo degli interventi, programmando comunque una specifica scansione temporale dei lavori. Il successivo 2 settembre 2021, a seguito di nuovo sopralluogo l’Asl accertava la mancata rimozione e bonifica delle coperture in cemento amianto e chiedeva al Comune l’emanazione di apposita ordinanza; l’ente locale adottava quindi le ordinanze contingibili e urgenti n. 895 del 20 settembre 2021 e 924 del 1° ottobre 2021.
3. La società, a quel punto, chiedeva una nuova proroga dell’esecuzione degli incombenti, vista la prossima consegna di circa 1700 nuovi suini e l’impossibilità di collocarli altrove; inoltre la ditta proprietaria presentava contestualmente istanza di autotutela, non derivando, a suo dire, alcun pericolo per la salute pubblica dall’amianto presente sui fabbricati in oggetto. Il Comune non accordava la proroga e rigettava l’istanza di autotutela, ribadendo l’attualità dei rischi segnalati dall’Usl.
4. La G.o., unitamente alla gestrice dell’allevamento So. Ag. del Tr. s.s., ha quindi impugnato le summenzionate ordinanze con un unico articolato motivo, allegando la violazione dell’art. 50 del d.lgs. 267/00 e dell’art. 3 della l. 241/90, nonché la violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, il travisamento della situazione di fatto e lo sviamento della causa tipica. Le ordinanze gravate sarebbero state adottate in violazione dei presupposti legittimanti il potere: in particolare l’avvenuto accertamento da parte delle Autorità della presenza dell’amianto sin dal 2017 e la concessione della proroga degli obblighi di bonifica e smaltimento escluderebbero in radice la presenza di qualsiasi urgenza di provvedere. Inoltre lo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente, volto a fronteggiare pericoli in materia di salute e incolumità pubblica, sarebbe stato utilizzato in sviamento di potere, vista l’assenza dei paventati pregiudizi, come certificato da apposita relazione di parte da cui emergeva il rispetto dei livelli di emissione in aria di particelle di amianto. Infine il provvedimento di bonifica avrebbe dovuto essere adottato dalla Regione, dotata di specifica competenza al riguardo.
5. Si è costituito in giudizio il Comune di (Omissis), il quale ha riaffermato la pacifica sussistenza del pericolo per la salute pubblica derivante dalla presenza di amianto sulle coperture degli immobili, come segnalato più volte dall’Usl Umbria 1, che, in dichiarata osservanza del principio di precauzione, invitava il Comune ad imporre il rispetto degli obblighi di rimozione; inoltre il fatto che la situazione di pericolo fosse nota da tempo non ne elideva l’attualità, potendosi essere determinato, al contrario, medio tempore, un aggravamento delle condizioni di urgenza.
6. All’esito dell’udienza in camera di consiglio del 21 dicembre 2021 questo Tribunale con ordinanza n° 230 del 2021 ha rigettato l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente, tenuto conto “dell’eccessivo protrarsi della situazione di rischio per la salute pubblica”; il suddetto provvedimento veniva in seguito confermato dal Consiglio di Stato con ordinanza 1019 del 4 marzo 2022, ove si chiariva che “- i provvedimenti sono motivati in ragione di una situazione non più rinviabile a tutela della salute pubblica (l’indice di degrado dei rivestimenti da risanare è particolarmente elevato, secondo i parametri delle tabelle annesse alla delibera di G.R. n. 10 marzo 2004 n. 234; la bonifica è impellente; l’intervento è contiguo a luoghi con presenza di persone);- l’urgenza va apprezzata in relazione al pericolo in atto”.
7. In vista della discussione in pubblica udienza il Comune ha depositato una memoria in cui ha segnalato che i lavori di bonifica sono stati svolti e sono terminati il 24 maggio 2022; in sede di sopralluogo del 9 giugno 2022 l’Ente ne accertava inoltre la regolarità. La consegna del certificato di smaltimento dei rifiuti avveniva il successivo 6 settembre 2023, a comprova dell’integrale adempimento degli obblighi imposti con le ordinanze impugnate. La ricorrente nulla deduceva.
8. All’udienza del 21 novembre 2023 la causa veniva trattenuta in decisione.
9. Il ricorso è infondato e meritevole di rigetto.
Ai sensi dell’art. 50 del TUEL il Sindaco può adottare ordinanze extra ordinem per fronteggiare pericoli legali alla salute e all’incolumità pubblica, provvedimenti dal contenuto atipico che devono ritenersi legittimi in presenza di stringenti presupposti di legge, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione: tali presupposti giustificano la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 07 aprile 2023, n. 2160, C.d.S., Sez. V, 21 febbraio 2017 n. 774; id., 22 marzo 2016, n. 1189; id., 5 settembre 2015, n. 4499).
9.1. Con specifico riferimento ai presupposti di adozione delle ordinanze sindacali gravate – che la società ricorrente contesta in prima battuta con riguardo all’attualità della situazione di pericolo per la salute pubblica – è stato chiarito che “anche il riscontro di uno stato dei luoghi che potrebbe divenire potenzialmente pericoloso per l’incolumità pubblica può legittimare il ricorso al potere extra ordinem da parte del Sindaco, non essendo necessario attendere l’attualizzarsi della minaccia. Difatti, la potenzialità di un pericolo grave per l’incolumità pubblica è sufficiente a giustificare il ricorso all’ordinanza contingibile e urgente, anche qualora essa sia nota da tempo o si protragga per un periodo senza cagionare il fatto temuto, posto che il ritardo nell’agire potrebbe sempre aggravare la situazione, nonché persino allorquando il pericolo stesso non sia imminente, sussistendo, comunque, una ragionevole probabilità che possa divenirlo, ove non si intervenga prontamente in seguito al riscontrato deterioramento dello stato dei luoghi” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 11 luglio 2022, n. 4653, nonché, conformi, C.d.S., sez. IV, 22 marzo 2023, n. 2895, e T.A.R. Toscana, sez. III, 08 aprile 2023, n. 362,).
Nel caso di specie, per stessa ammissione di parte ricorrente, la vicenda in contesa è originata da un sopralluogo del 2017 dell’Usl Umbria 1 – titolare dell’interesse all’igiene e alla salute pubblica – che accertando la presenza nelle stalle per l’allevamento di suini di coperture in cemento amianto, imponeva alla società proprietaria obblighi di bonifica e di rimozione, poi prorogati solo a seguito della presentazione da parte della G.o. di apposito DUVRI che recava un cronoprogramma degli interventi a scadenza annuale; seguiva nel 2021 un nuovo sopralluogo dell’Autorità sanitaria, che accertando l’inadempimento degli obblighi precedentemente assunti, interessava il Comune di (Omissis) affinché ne esigesse l’immediato rispetto, visti i potenziali e noti rischi per la salute derivanti dall’amianto. E’ indubitabile quindi la sussistenza di un potenziale pericolo per la salute pubblica, derivante dalle coperture in cemento amianto site sulle stalle e sugli altri fabbricati interessati, che quindi poteva legittimamente essere affrontato in via contingibile e urgente con le ordinanze impugnate.
Non solo. Si legge nel DUVRI presentato dalla ditta il 22 settembre 2017 a seguito del sopralluogo dell’Usl, che tutti e quattro gli edifici facenti parte del compendio adibito ad allevamento e sottoposti a valutazione dell’indice di degrado (che teneva conto dello stato di danneggiamento delle coperture in amianto, della vetustà e della friabilità delle stesse nonché della potenzialità del pericolo derivante dalla vicinanza con luoghi sensibili) davano esito superiore al valore di 45 (nello specifico, 72, ovvero “pessimo”): tale risultato secondo la tabella allegata richiedeva un intervento di bonifica da effettuarsi entro dodici mesi, privilegiando la soluzione della rimozione. Peraltro in caso di vicinanza a luoghi in cui vi fosse la presenza di persone o a scuole e ospedali il termine si riduceva a sei mesi.
Allorché l’Asl nel 2021 accertava l’inadempimento a tali incombenti, erano trascorsi ben quattro anni dal primo sopralluogo, pertanto l’attualità del pericolo per la salute pubblica si era sicuramente aggravato, inducendo l’autorità a richiedere al Comune un intervento immediato.
9.2. Anche la tesi di parte ricorrente secondo cui, essendo la presenza dell’amianto cosa nota da tempo ed essendo stati prorogati gli obblighi di bonifica, non esisteva alcuna necessità di provvedere in via d’urgenza ai sensi dell’art. 50 TUEL, è infondata, proprio perché “la sorveglianza sui manufatti in amianto o contenenti amianto va svolta di continuo, non potendosi mai escludere del tutto che nel corso del tempo i fenomeni atmosferici e naturali rendano pericolosi per la salute pubblica manufatti che fino a quel momento potevano definirsi sicuri ai sensi della l. n. 257/1992” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 01 giugno 2020, n.2087).
Quindi il presupposto circa l’esistenza di una situazione eccezionale ed imprevedibile va interpretato nel senso che non rileva la circostanza che il pericolo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero a un evento nuovo e imprevedibile, bensì la sussistenza della necessità e urgenza attuali di intervenire a difesa degli interessi pubblici coinvolti, a prescindere dalla prevedibilità della situazione di pericolo che il provvedimento è volto a rimuovere. “In definitiva, quindi, il decorso del tempo non consuma il potere di ordinanza, perché ciò che rileva è esclusivamente la dimostrazione dell’attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a porvi rimedio, sicché l’immediatezza dell’intervento urgente del Sindaco va rapportata all’effettiva esistenza di una situazione di pericolo al momento di adozione dell’ordinanza. Cosicché, la circostanza che la situazione di pericolo perduri da tempo può addirittura aggravare la situazione di pericolo”. (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 04 dicembre 2019, n. 13898, nonché, C.d.S., sez. II, 22 luglio 2019, n. 5150).
Se anche è decorso del tempo dall’insorgenza della situazione di pericolo (nel caso di specie ben quattro anni) ciò non esclude l’attualità della stessa e l’urgenza di provvedere con ordinanza extra ordinem, perché proprio la reiterata inottemperanza all’ordine della P.A. rendeva ancora più stringenti ed indifferibili le necessità di bonifica accertate per la prima volta anni addietro e mai soddisfatte.
9.3. E’ infine infondato anche l’argomento secondo cui il Sindaco sarebbe incompetente a provvedere con ordinanza ex art. 50 del d.lgs. 267/2000 riguardo agli obblighi di bonifica in tema di cemento amianto, in quanto spetterebbe alla Regione provvedere in via ordinaria mediante l’emissione del provvedimento descritto dall’art. 12, comma 3, della l. 257/92: infatti, come già chiarito, è precisamente la presenza di un pericolo attuale che giustifica l’urgenza di provvedere con ordinanza contingibile e urgente, radicando la competenza del sindaco ai sensi del TUEL, qualora sia sconsigliabile attendere l’espletamento delle procedure ordinarie.
10. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente alla refusione delle spese di giudizio, che liquida in 1.500,00 (millecinquecento/00) euro, oltre oneri e accessori di legge, in favore del Comune di (Omissis). Nulla per le spese nei confronti della USL Umbria 1, non costituita.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Pierfrancesco Ungari, Presidente
Daniela Carrarelli, Primo Referendario
Elena Daniele, Referendario, Estensore
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Dopo lo storico arresto giurisprudenziale delle storiche sentenze di San Martino emesse dalla Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione Civile, in cui si è stabilito che il risarcimento del danno non patrimoniale deve essere onnicomprensivo di tutte le fattispecie, che la medesima Corte ha definito meramente descrittive e non considerabili sottocategorie, la sentenza in oggetto, riportata di seguito, ha chiarito che le sentenze di San Martino non hanno escluso il riconoscimento di ciascuna accezione di danno non patrimoniale, ma si sono semplicemente limitate a escludere il risarcimento per un danno non patrimoniale duplicato.
Infatti, come confermato dalla sentenza della Cassazione Civile n. 1361 del 2023, il concetto di danno non patrimoniale si riferisce a quelle forme di danno che non possono essere quantificate in termini economici. La sua categoria generale si articola in diverse voci, ognuna delle quali mira a tutelare aspetti specifici della sfera personale dell’individuo.
Danno Morale: Questo tipo di danno si riferisce alla sofferenza emotiva, al dolore e al turbamento psicologico che la vittima dell’illecito può subire. Si riconosce al danno morale una forte connotazione qualitativa, poiché colpisce la dignità e l’integrità morale della persona, fondamentali per la sua identità e benessere.
Danno Biologico: Qui si prende in considerazione la lesione del bene salute, il che implica non solo la valutazione della sofferenza fisica, ma anche l’impatto sulla qualità della vita. La valutazione di questo danno può tenere conto di invalidità temporanea o permanente, necessità di cure e riabilitazione.
Danno Esistenziale: Questo aspetto riguarda l’effetto che la lesione ha sullo stile di vita e sulle abitudini della persona danneggiata. Si può pensare a come un incidente possa alterare radicalmente le routine quotidiane, le relazioni sociali e la capacità di svolgere attività precedentemente normali per il soggetto.
Il principio dell’integralità del risarcimento implica che tutte queste voci di danno devono essere considerate in sede di liquidazione, sempre che esse si presentino in modo distinto e non sovrapposto. Ciò significa che se più aspetti del danno non patrimoniale si manifestano contemporaneamente, ciascuno di essi deve essere risarcito senza che ciò comporti una duplicazione di valutazione. La liquidazione deve quindi riflettere precisamente il complesso delle sofferenze e delle perdite subite dal soggetto danneggiato, evitando che l’unitarietà del risarcimento diventi un motivo per negare la riconoscibilità di ciascuna voce di danno quando essa esprime situazioni di sofferenza o privazione distinte.
Pertanto, è fondamentale notare che, mentre le categorie di danno non patrimoniale possono essere adoperate per descrivere e analizzare gli effetti di un illecito, la loro applicazione pratica può variare e richiede una valutazione attenta e contestualizzata ai singoli casi concreti.
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Il Fondo per le vittime dell’amianto, istituito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per gli anni 2023-2026, rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei lavoratori esposti all’amianto, in particolare per coloro che hanno svolto attività presso i cantieri navali. Con una dotazione annua di 20 milioni di euro, il fondo è destinato a supportare i lavoratori delle società partecipate pubbliche che hanno contratto malattie correlate all’esposizione all’asbesto.
Le risorse messe a disposizione serviranno a garantire assistenza economica, oltre ad altri tipi di supporto per le vittime e le loro famiglie. L’iniziativa sottolinea l’impegno del governo nella lotta alle conseguenze devastanti dell’amianto, una sostanza pericolosa che ha causato numerosi casi di malattie gravi. È fondamentale che i lavoratori colpiti possano accedere facilmente a queste risorse e ricevere il giusto riconoscimento per le patologie contratte in ambiente di lavoro.
Se desideri ulteriori dettagli su come accedere a questo fondo o sulle modalità di richiesta di assistenza, fammi sapere!
Pertanto, si tratta dell’istituzione e la gestione del Fondo per le vittime dell’amianto in favore dei lavoratori di società partecipate pubbliche che hanno contratto patologie asbesto-correlate durante l’attività lavorativa presso cantieri navali, inclusi i dettagli normativi e procedurali per accedere a tale fondo, sia per i lavoratori sia per i loro eredi e per le società partecipate pubbliche debitorie.
Sintesi delle informazioni principali:
Istituzione del Fondo:
Fondata tramite il D.L. 34/2023 e la legge di conversione 56/2023.
Dotazione di 20 milioni di euro all’anno per il periodo 2023-2026.
Beneficiari:
Lavoratori di società partecipate pubbliche che abbiano contratto malattie asbesto-correlate.
Eredi di lavoratori deceduti a causa di tali patologie.
Società partecipate pubbliche condannate a risarcire danni.
Requisiti di accesso:
Necessità di sentenze esecutive o verbali di conciliazione risalenti al 31 dicembre 2023.
Domanda da presentare all’INAIL tramite PEC entro il 15 gennaio 2024 per il 2023, con specifica documentazione.
Procedure di Domanda:
I lavoratori e gli eredi devono compilare moduli specifici e inviarli all’INAIL con le prove necessarie.
Le società partecipate pubbliche devono seguire le stesse procedure.
Indennizzi:
Determinati secondo fasce di grado stabilite in tabelle allegate al decreto del 5 dicembre 2023.
L’indennizzo per i lavoratori è basato sul grado di inabilità riconosciuto dall’INAIL.
Novità Legislativa:
Con la legge 213/2023, il fondo è stato esteso, mantenendo gli stessi stanziamenti, agli anni 2024, 2025 e 2026.
Le coperture per i costi derivanti dall’attuazione di tale estensione provengono da riduzioni al Fondo sociale per occupazione e formazione.
Chiarimenti INAIL:
Diffusi tramite circolare n. 58 del 29 dicembre 2023, specificando modalità e scadenze per l’invio delle istanze.
Osservazioni conclusive:
Il Fondo per le vittime dell’amianto rappresenta una misura importante per fornire supporto ai lavoratori colpiti da malattie legate all’amianto, evidenziando l’impegno del governo italiano nel garantire assistenza a chi ha subito danni professionali. Il processo per accedere al fondo prevede una serie di requisiti e procedure formali, il che può richiedere attenzione per ottenere i risarcimenti dovuti.
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