La recente introduzione dell’articolo 307-bis del Codice di Procedura Civile, previsto dal Disegno di legge di bilancio per il 2025, ha suscitato un acceso dibattito tra gli operatori del diritto. Questo articolo stabilisce che il processo si estingue in caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato, una misura che ha l’obiettivo di combattere l’evasione contributiva.
All’udienza iniziale, il giudice avrà il compito di verificare la correttezza del pagamento; se rileva irregolarità, potrà concedere un termine di trenta giorni per sanare la situazione, al termine del quale, in caso di inadempienza, il processo sarà dichiarato estinto. Questo meccanismo si applica anche in situazioni di impugnazione e di altre domande, con alcune esclusioni riguardanti i procedimenti cautelari e possessori.
Le reazioni dell’Avvocatura sono state immediate e negative. L’Organismo Congressuale Forense ha dichiarato che la norma è incostituzionale, sostenendo che attribuisce ai giudici poteri di gestione finanziaria e disconosce il diritto alla giustizia, garantito dalla Costituzione. Anche il Movimento Forense ha espresso preoccupazione, sottolineando che il pagamento del contributo unificato è una responsabilità del cittadino, non dell’avvocato. L’Associazione Nazionale Forense ha fatto notare che tentativi simili sono già stati ritirati in passato per questioni di incostituzionalità.
In aggiunta, la Manovra prevede un aumento del contributo unificato a 600 euro per le controversie di accertamento della cittadinanza italiana e introduce modifiche al diritto di copia di atti e documenti nei procedimenti penali, con l’intento di ridurre costi e rendere più accessibile il diritto di difesa.
In generale, la norma sembra essere vista come un attacco al diritto di accesso alla giustizia, in particolare per i cittadini meno abbienti, e le reazioni dei rappresentanti del settore legale evidenziano un forte timore che l’aspetto fiscale vada a compromettere i diritti fondamentali nel contesto giudiziario.
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