CCII: IL NUOVO RUOLO DEL REVISORE LEGALE SECONDO IL CORRETTIVO TER

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Il tema della distinzione tra le funzioni del revisore legale dei conti e quelle del collegio sindacale è cruciale, specialmente alla luce delle recenti modifiche introdotte dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Mentre il collegio sindacale ha specifici obblighi previsti dal CCII, il revisore non è soggetto a tali obblighi, risultando in una certa dissonanza nell’applicazione dei controlli.

Molte società, tenute alla nomina del revisore legale ai sensi dell’art. 2477 c.c., non hanno ancora adempiuto a questo obbligo, complicando ulteriormente il rispetto delle disposizioni del CCII, che ha abbassato i limiti per la nomina del sindaco o del revisore.

Teoricamente, il controllo del revisore è distinto da quello del collegio sindacale, in quanto il revisore esercita un controllo esterno, fondato su procedure formalizzate, e non può svolgere attività per conto della società vigilata. Inoltre, il CCII e le sue modifiche non chiariscono il rapporto tra il d.lgs. 39/2010 (che regola la revisione legale) e il CCII, lasciando il revisore escluso da specifici obblighi di rilevazione della crisi.

Tuttavia, il revisore deve comunque esprimere un giudizio sulla continuità aziendale e, per farlo, ha bisogno di un sistema amministrativo-contabile adeguato. In caso di pre-crisi, il revisore è obbligato a rivedere gli indici di compromissione e a riportare tali osservazioni nella relazione al bilancio. Sebbene non abbia poteri diretti per rilevare omissioni da parte dell’organo amministrativo, deve comunque interagire con il collegio sindacale e segnalare eventuali criticità nella sua relazione.

In sintesi, mentre le funzioni di revisione e vigilanza si sovrappongono in alcuni aspetti, i loro obblighi e responsabilità sono chiaramente delineati, richiedendo una maggiore integrazione e chiarezza normativa per evitare lacune nel controllo e nella gestione delle crisi aziendali.


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(Per approfondimenti e consulenza) 

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
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INFO-AVVOCATI: PER IL CNF È INAMMISSIBILE L’IMPUGNAZIONE TELEMATICA SENZA FIRMA DIGITALE

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Il Consiglio Nazionale Forense (CNF), con la sentenza n. 149/2024, ha ribadito l’inammissibilità dell’impugnazione telematica al CNF se inviata direttamente nel corpo della PEC o come immagine allegata, senza firma digitale. Nel caso esaminato, un’avvocatessa aveva contestato una sanzione di sospensione di due mesi per mancata formazione, ma il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile per la mancanza della firma digitale, necessaria per garantire la validità dell’atto. Il CNF ha confermato che ogni impugnazione deve essere digitalmente firmata, sottolineando l’importanza di seguire le procedure stabilite per la corretta presentazione dei ricorsi.

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SANATORIA FISCALE: A CHI CONVIENE PROPORRE ISTANZA DI CONCORDATO PREVENTIVO

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A partire dal 14 ottobre, i contribuenti possono consultare online i calcoli del Fisco per valutare i costi dell’adesione al ravvedimento speciale, utile per regolarizzare i redditi non dichiarati dal 2018 al 2022. Gli autonomi possono aderire al ravvedimento, pagando un’imposta sostitutiva che varia tra il 10% e il 15% in base all’affidabilità fiscale (Isa), fino al 65% di risparmio fiscale.

L’aliquota per i forfettari è del 3% per le nuove attività o del 10% per le altre. La base imponibile si riduce significativamente in base al punteggio Isa: per un punteggio di 10, si applica un 5% per ogni anno evaso, mentre per punteggi inferiori le percentuali aumentano fino al 50%.

Nel frattempo, il Fisco sta monitorando i redditi di alcune categorie, come bar e ristoranti, che hanno dichiarato redditi medi relativamente bassi nel 2022. Gli autonomi ora hanno l’opzione di aderire al concordato biennale o affrontare accertamenti fiscali.

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LA CASSAZIONE ACCOGLIE RICORSO CONTRO SANZIONI AMMINISTRATIVE PER MANCATO PAGAMENTO DELLE STRISCE BLU E IL TAR-LAZIO LEGITTIMA LA CIRCOLAZIONE DEI VEICOLI STORICI IN AREE ZTL

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Quante volte ci confrontiamo con l’indisponibilità di luoghi ove parcheggiare all’interno delle città, soprattutto in quelle grandi, al punto da essere costretti a “creare” dei parcheggi abusivi sia per non ritardare a un appuntamento di lavoro sia per il costo degli unici parcheggi disponibili come quelli delimitati dalle cosiddette “strisce blu”.

Ebbene, i nostri clienti che molto spesso si rivolgono allo studio legale Bonanni Saraceno per ricevere un parere riguardo all’ipotesi di ricorrere contro una sanzione amministrativa irrogata loro dall’Amministrazione locale per non aver effettuato il pagamento di un parcheggio a strisce blu, potranno avere uno ulteriore strumento giuridico a favore, grazie a una recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione al riguardo.

Pertanto, la Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|23 luglio 2024| n. 20293 riconosce la possibilità di contestare le sanzioni pecuniarie per mancato pagamento della sosta, quando il Comune non offre un adeguato numero di spazi gratuiti. La Cassazione ha stabilito che deve esserci una proporzione ragionevole tra aree a pagamento e gratuite, eccetto in centri storici e Ztl. Gli enti locali devono giustificare le loro decisioni e non possono limitarsi a richiamare la legge.

Altresì, una recente sentenza del Tar del Lazio consente una maggiore tollerabilità di circolazione per gli autoveicoli storici all’interno della zona Ztl.

Invero, la succitata sentenza, del Tar del Lazio, riconosce ai veicoli storici (con più di 20 anni) un giorno in più di circolazione nella Ztl “Fascia Verde” di Roma. Questi veicoli erano inizialmente trattati come i più inquinanti. Il Tar ha affermato che devono essere considerati beni culturali e che la loro circolazione può essere compatibile con le esigenze ambientali, a patto che venga valutato l’impatto specifico sull’inquinamento.

A Milano, invece, il Tar Lombardia ha mantenuto un approccio più rigido, continuando a considerare i veicoli storici alla stregua di quelli più inquinanti nel centro storico.

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