DOMANDA DI RIVENDICA E RESTITUZIONE DEI BENI ACQUISTI PER L’ESECUZIONE CONCORSUALE NEL CCII

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La transizione dal fallimento alla liquidazione giudiziale operata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) ha portato novità significative, senza però rinunciare a principi fondamentali come quello del concorso formale dei creditori. La disciplina del CCII, infatti, conserva la necessità di verificare tutte le pretese avanzate da terzi nel corso della procedura, siano esse di natura reale o personale, con il rispetto del contraddittorio tra i creditori. Questo aspetto riguarda in particolare le domande di rivendica o restituzione di beni, con lo scopo di sottrarli all’attivo della procedura concorsuale.

Novità introdotte dal Codice e la questione della cognizione extraconcorsuale

Una delle innovazioni più rilevanti apportate dal CCII è il passaggio da una cognizione meramente endoconcorsuale (valida solo all’interno del concorso) delle decisioni sulle domande di rivendica e restituzione, a una nuova valenza extraconcorsuale di tali decisioni. Questo mutamento deriva dall’art. 204, ultimo comma, che attribuisce a queste decisioni la possibilità di produrre effetti di giudicato anche al di fuori della procedura concorsuale, consolidando così la stabilità degli atti compiuti in sede concorsuale.

In passato, le decisioni prese dal giudice delegato o dal tribunale in sede di verifica del passivo erano vincolanti solo “ai fini del concorso”. Con la nuova disciplina, tali decisioni possono vincolare anche i rapporti extraconcorsuali, per garantire maggiore sicurezza giuridica nelle vendite immobiliari successive. Tuttavia, rimane un rischio residuo di evizione per l’acquirente nel caso in cui il terzo, che non abbia presentato rivendicazione in sede concorsuale, agisca successivamente contro di lui.

Riflessioni sul ruolo del debitore tornato in bonis

Un tema di grande rilevanza riguarda la possibilità per il debitore, tornato in bonis, di contestare decisioni favorevoli ottenute da terzi pretendenti durante la procedura di liquidazione giudiziale. La riforma ha cercato di chiarire questo punto, riconoscendo al debitore la facoltà di intervenire e proporre impugnazione contro le decisioni relative alle domande di rivendica o restituzione, sancendo così una forma di partecipazione diretta del debitore anche durante la procedura.

Critiche e risposte normative

La proposta di una lettura “minimalista” della riforma, secondo cui le decisioni concorsuali favorevoli ai terzi pretendenti sarebbero vincolanti solo nei confronti dei creditori o dell’aggiudicatario, ma non nei confronti del debitore, è stata criticata. Infatti, la nuova disposizione dell’art. 204 sembra chiarire che anche il debitore è vincolato dalle decisioni rese durante la procedura concorsuale, se ha avuto la possibilità di partecipare e difendersi.

Conclusioni

La riforma operata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha quindi confermato la validità extraconcorsuale delle decisioni assunte sulle domande di rivendica e restituzione. La nuova disciplina, pur introducendo meccanismi di maggiore protezione per gli acquirenti nelle vendite concorsuali, non elimina completamente il rischio di evizione, ma cerca di ridurlo. Allo stesso tempo, la possibilità per il debitore tornato in bonis di trarre giovamento dalle decisioni concorsuali a lui favorevoli è riconosciuta e confermata dal sistema normativo.

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(Per approfondimenti e consulenza) 

STUDIO LEGALE BONANNI SARACENO
Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno
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L’ABROGAZIONE DEL REATO DI ABUSO D’UFFICIO ALLA MERCÉ INTERPRETATIVA DEI GIUDICI

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Quod erat demonstrandum, ogni qualvolta si legifera una riforma legislativa di elevata rilevanza giuridica, nelle more della formazione di una giurisprudenza dominante, si assiste a una variegata interpretazione della riforma in oggetto da parte dei giudici, con provvedimenti contrastanti tra i diversi Tribunali italiani.

Decreto legge carceri, il n. 92 del 2024

Pertanto, ciò è quello che sta emergendo con l’entrata in vigore della riforma sul reato di abuso d’ufficio del governo Meloni.

Il tema della soppressione dell’abuso d’ufficio sta generando decisioni contrastanti nei tribunali italiani. Mentre il tribunale di Firenze ha sollevato questioni di legittimità costituzionale riguardo alla nuova normativa introdotta con la legge Nordio, il tribunale di Reggio Emilia, per la prima volta, ha respinto una richiesta simile da parte della procura.

L’ordinanza dei giudici emiliani ritiene inammissibile la questione di legittimità costituzionale, affermando che un intervento della Corte costituzionale non porterebbe a ripristinare automaticamente il reato di abuso d’ufficio, trattandosi di una scelta legislativa deliberata. Inoltre, il tribunale evidenzia che le esigenze di tutela costituzionale non devono necessariamente essere soddisfatte con sanzioni penali, potendo essere raggiunte con misure di diversa natura.

Un’altra questione sollevata è quella relativa alla presunta violazione della Convenzione ONU di Merida, che, contrariamente a quanto affermato dalla procura, non impone un obbligo di incriminare le condotte riconducibili all’abuso d’ufficio. La Convenzione richiede piuttosto che gli Stati considerino l’adozione di misure legislative in merito, ma lascia loro discrezionalità.

Inoltre, l’ordinanza si sofferma sul nuovo reato di peculato per distrazione, introdotto dal decreto legge n. 92 del 2024. Questo reato, che ricalca in parte il delitto di peculato comune, sembra colmare il vuoto lasciato dalla soppressione dell’abuso d’ufficio, mantenendo la rilevanza penale delle condotte distrattive di denaro o altri beni mobili destinati a scopi pubblici. Tuttavia, emerge un possibile profilo di illegittimità costituzionale, non rilevante nel procedimento, riguardo alla mancata inclusione dei beni immobili, contrariamente a quanto previsto dalla Direttiva Pif dell’Unione Europea.

Queste decisioni dimostrano come la soppressione dell’abuso d’ufficio stia creando incertezze giuridiche e una diversità di interpretazioni tra i tribunali italiani.

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Dispositivo dell’art. 314 bis Codice Penale modificato

Note

Articolo introdotto dall’art. 9, comma 1 del D.L. 4 luglio 2024, n. 92, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 2024, n. 112.

<< Fuori dei casi previsti dall’articolo 314, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea e l’ingiusto vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto sono superiori ad euro 100.000. >>

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Direttiva Protezione Interessi Finanziari (PIF)

La direttiva dell’Unione europea 2017/1371, nota come “direttiva PIF”, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale, obbliga gli Stati membri: a sanzionare penalmente le frodi lesive degli interessi finanziari dell’Unione europea identificate. La direttiva PIF il cui acronimo significa (Protezione Interessi Finanziari) approvata definitivamente il 5 luglio 2017 ha armonizzato il diritto penale degli Stati membri; in particolare ha di fatto obbligato gli Stati a modificare la disciplina dei reati tributari sulla responsabilità amministrativa delle società.

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